Disposizioni per garantire la
riservatezza dei dati personali in ambito sanitario
Prima analisi del decreto legislativo 282/99
di Luca-M.
de Grazia e Silvia
Ottaviano - 07.10.99
Da tempo si attendeva, in materia di dati
inerenti la salute, questo decreto legislativo che, in attuazione della legge 6
ottobre 1998 n. 344, avrebbe dovuto
prevedere, entro il 31 luglio 1999, alcune norme integrative riguardanti i dati
sensibili, anche in attuazione delle raccomandazioni adottate in materia dal
Consiglio d'Europa.
Il Decreto è quindi alla fine arrivato il 30 luglio 1999, n.
282, ad un passo dallo scadere del
termine ed ha apportato alcune modifiche alla legge 675/96, soprattutto in tema
di semplificazione del procedimento di richiesta dell'autorizzazione al
Garante dei dati personali per il trattamento dei dati sulla salute.
Inoltre il suddetto decreto inserisce una procedura particolare per gli
organismi sanitari pubblici e gli organismi in regime di convenzioni o
accreditamento con il Servizio sanitario nazionale.
Per inquadrare in termini generali il problema va
ricordato che questi dati (cioè quelli concernenti la salute) sono definiti
dalla legge 675/96 come "sensibili", in quanto formano una categoria
particolarmente delicata di informazioni che riguardano la sfera personale del
soggetto.
I dati sensibili sono ad esempio quelli che danno informazioni circa le opinioni
politiche, le origini etniche, le convinzioni religiose, la vita sessuale di un
individuo e anche il suo stato di salute.
Ovviamente, data la particolarità delle informazioni, il regime previsto per il
loro trattamento e la loro diffusione è diverso e più ferreo rispetto ai cd.
dati "non sensibili", ed ulteriormente diverso è poi a seconda dei
soggetti che rivestono la qualifica di titolari del trattamento, pubblici e
privati.
Tornando ora al decreto in questione esso va
sostanzialmente a modificare l'art.
23 della legge 675/96, che si riferisce
proprio ai dati riguardanti la salute, in tema di informativa e consenso;
infatti dopo il comma 1 dell'articolo, che si riferisce alla possibilità per
gli esercenti le professioni sanitarie e per gli organismi sanitari pubblici di
trattare i dati anche senza la prescritta autorizzazione del Garante per
i dati personali, per finalità di tutela dell'incolumità fisica e della
salute dell'interessato, è stato inserito un ulteriore comma 1 bis:"..sono
individuate modalità semplificate per le informative di cui all'art.
10 e per la prestazione del
consenso nei confronti di organismi sanitari pubblici, di organismi sanitari e
di esercenti le professioni sanitarie convenzionati o accreditati dal Servizio
sanitario nazionale, nonché per il trattamento dei dati da parte dei medesimi
soggetti.".
Come si evince chiaramente dal testo dell'articolo
2, la vera novità di fondo del decreto
è proprio la semplificazione di tutto l'iter di richiesta e di trattamento
dei dati inerenti la salute, quando ad effettuarli sono organismi sanitari
all'uopo preposti.
Il legislatore ha evidentemente risolto il problema di contemperare il diritto
alla riservatezza del soggetto per quanto riguarda i suoi dati sensibili e l'esigenza
di celerità della conoscenza degli stessi da parte di organismi a ciò preposti
dalla legge per finalità anche di pubblico interesse, nel netto favore per
questi ultimi.
Non sembra più configurabile così il cosiddetto
"diritto all'oblio" per l'interessato, contenuto all'inizio
essenziale della legge sulla privacy, perché quando si fa in qualche modo
questione di interessi che vanno al di là della mera individualità del
soggetto, le garanzie che normalmente sono apprestate dall'ordinamento vengono
a diminuire.
È però anche vero che l'individuo non viene completamente lasciato senza
tutela in quanto sono comunque previste a suo carico delle garanzie, solo che l'esigenza
di rendere più fluido e celere il procedimento di raccolta dei dati sanitari è
ritenuto preminente.
Subito dopo, alle lettere a), b), c), d) e) sono
indicati i criteri semplificativi del procedimento che ruotano tutti intorno
alla figura del medico di medicina generale dell'interessato:
"a) previsione di informative effettuate
da un unico soggetto, in particolare da parte del medico di medicina generale
scelto dall'interessato, per conto di più titolari di trattamento;
b) validità, nei confronti di più titolari
di trattamento, del consenso prestato ai sensi dell'art. 11, comma 3, per
conto di più titolari di trattamento, anche con riguardo alla richiesta di
prestazioni specialistiche, alla prescrizione di farmaci, alla raccolta di dati
da parte del medico di medicina generale detenuti da altri titolari, e alla
pluralità di prestazioni mediche effettuate da un medesimo titolare di
trattamento;
c) identificazione di casi di urgenza nei
quali, anche per effetto delle situazioni indicate nel comma 1-ter, l'informativa
e il consenso possono intervenire successivamente alla richiesta della
prestazione;
d) previsione di modalità di applicazione del
comma 2 del presente articolo ai professionisti sanitari, diversi dai medici,
che intrattengono rapporti diretti con i pazienti;
e) previsione di misure volte ad assicurare
che nell'organizzazione dei servizi e delle prestazioni sia garantito il
rispetto dei diritti di cui all'art. 1".
Lettera a)
Particolari problemi interpretativi non sembra porli la lettera a), in
quanto si fa menzione delle informative che sono effettuate per il tramite del
medico di medicina generale scelto dall'interessato; anche qui è quindi
ribadita la necessità, peraltro inserita anche nel comma 2 dell'articolo in
esame, che vi sia il filtro del medico generale per tutti i contatti tra
interessato e responsabile del trattamento dei dati.
Rimane il problema del coordinamento di fatto tra
medico "generale" e specialista; in effetti la normativa richiamata si
applica soltanto nei casi in cui il paziente si rechi prima dal medico generico
e dopo dallo specialista; nel caso in cui si rechi direttamente dallo
specialista la 675/96 si applicherebbe nel "vecchio" stile ossia le
semplificazioni apportate dal decreto non dovrebbero essere applicabili.
Ciò vuol dire, ad esempio che in caso di più titolari di trattamento sarà
sempre dovuta la prestazione del consenso dell'interessato volta per volta ed
in questo caso lo specialista non potrà, ad esempio svolgere quella funzione di
"mediatore" al pari del medico generale.
Ora, a modesto parere di chi scrive, questa che forse deve essere interpretata
come una mera dimenticanza del legislatore, rischia di vanificare la portata
semplificativa del decreto, in quanto appare fortemente probabile che casi di
questo genere saranno all'ordine del giorno.
Perché allora, viene spontaneo chiedersi, non si
è pensato di estendere la portata del decreto a tutti gli esercenti le
professioni sanitarie, invece di limitarsi a prevedere una disciplina
particolare solo per una categoria di medici?
È vero sì che il risalto attribuito al rapporto di fiducia tra il medico ed il
paziente appare coerente con gli orientamenti espressi anche dal codice
deontologico medico del giugno 1995, ma non si vede il motivo per cui la
categoria degli specialisti ne debba rimanere fuori.
Lettera b)
Forti problemi interpretativi li pone invece la lettera b), in quanto sembra
che qui la chiarezza non abbia assistito il legislatore.
Quale il concetto che si voleva esplicitare ?
Il testo è quanto mai nebuloso, e consente diverse interpretazioni a seconda
dell'ottica in cui ci si pone; se infatti si parte dal presupposto che l'intento
del legislatore sia stato quello di semplificare al massimo le procedure atte ad
ottenere il consenso dell'interessato al trattamento dei suoi dati sanitari,
allora tutto l'articolo dovrebbe essere interpretato nel senso che è
sufficiente che il soggetto manifesti il suo consenso al medico generale perché
questo si intenda validamente prestato in generale nei confronti di tutti quei
soggetti1,
ai quali il decreto si riferisce, senza la necessità di reiterazioni
successive.
Ma in questo modo, non si rischia però di
svilire troppo le garanzie che dovrebbero essere prestate dalla legge 675/96 all'interessato,
che, una volta prestato il suo consenso non può più sapere quanti soggetti,
pubblici e privati, trattino i suoi dati?
In questo caso assurgerebbe sicuramente ad un valore ancora maggiore la c.d.
"informativa", che sostanzialmente è il documento contenente gli
scopi per cui i dati sono forniti; per poter correttamente applicare la norma in
esame, appare abbastanza evidente come l'informativa fornita dal medico di base
debba essere molto analitica e completa, proprio per non incorrere nelle
sanzioni della legge e per non svuotare completamente il contenuto della norma.
E non si rischia allo stesso modo di dare troppo potere alla figura del medico
generale, legato sì da un rapporto di fiducia al paziente, ma reso quasi come l'unico
"arbitro" nel dispensare i suoi dati?
Se invece non è questa l'interpretazione esatta, si deve ritenere corretta la
procedura che impone per ogni titolare di trattamento di richiedere tramite il
medico di medicina generale, il consenso di volta in volta specifico per il
trattamento dei dati? E se è così, dove sta allora la semplificazione
affermata nell'art. 2 del decreto?
Lettere c), d) ed e)
La lettera c) prende in considerazione i casi di urgenza in cui per
ovvie ragioni il consenso può anche essere manifestato successivamente; la
lettera d) estende la normativa in esame anche ai professionisti diversi dai
medici che intrattengano rapporti con i pazienti e la lettera e) richiama l'attenzione
sulle finalità di tutta la disciplina, tesa ad assicurare una più celere
tutela della salute dell'interessato, laddove procedure troppo lunghe e
complicate risulterebbero solo perdite di tempo prezioso.
Continuando l'esame del decreto, gli articoli
1-ter e 1-quater si riferiscono rispettivamente ai limiti che gli organismi
pubblici devono comunque osservare nel rendere pubblici - quindi
conoscibili da chiunque, senza alcun tipo d limitazione - i dati sulla salute
dei cittadini: sono infatti consentite le sole operazioni strettamente
pertinenti e necessarie in relazione alle finalità perseguite nei singoli
casi; naturalmente anche in questo caso rimane il problema della definizione
"dinamica" del limite.
Individuare quali siano le operazioni strettamente pertinenti e necessarie
in mancanza di norme esplicite rimane una fatica invero assai improba, anche
perché - come ho scritto in un altro articolo (I
procedimenti para giurisdizionali innanzi alle Authority
- ISSN: 1127-8579) - non è ancora stata correttamente individuata la funzione e
la portata "giurisprudenziale" delle pronunzie del Garante.
L'articolo 1-quater si riferisce invece alla
possibilità da parte dei soggetti che esercitano legalmente la tutela sulle
persone incapaci di agire, o incapaci di intendere e di volere, di manifestare
al loro posto il consenso al trattamento dei dati ai responsabili:
"1 ter: il decreto di cui al comma 1 disciplina anche quanto previsto
dall'art. 22, comma 3 bis, della legge".
"1 quater: in caso di incapacità di agire, ovvero di impossibilità fisica
o di incapacità di intendere o di volere, il consenso al trattamento dei dati
idonei a rivelare lo stato di salute è validamente manifestato nei confronti di
esercenti le professioni sanitarie e di organismi sanitari, rispettivamente, da
chi esercita legalmente la potestà ovvero da un familiare, da un prossimo
congiunto, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura
presso cui dimori".
L'art.
4 del decreto inserisce invece
una normativa nuova questa volta in tema di prescrizioni mediche; con esso si
affida ad un decreto del Ministro della Sanità, da adottarsi entro sei mesi, il
compito di individuare i medicinali, che non prevedono un contributo statale,
per i quali non sono richieste le indicazioni riguardo le generalità dell'interessato.
Resta così da vedere, quando il decreto sarà emanato, quale criterio verrà
seguito.
Per i medicinali che prevedono un contributo anche parziale a carico del
Servizio sanitario nazionale, invece, si stabilisce la redazione di un apposito
modello, che permetterà di risalire all'interessato solo in caso di
necessità connesse al controllo della correttezza della prescrizione, ovvero a
fini di verifiche amministrative o per scopi epidemiologici e di ricerca.
L'art.
5 del decreto in tema di ricerca
medica ed epidemiologica, consente il trattamento dei dati idonei a rilevare lo
stato di salute anche senza il consenso dell'interessato, ma solo quando la
ricerca sia prevista con una espressa previsione di legge o rientri nel
programma di ricerca biomedica o sanitaria di cui all'art. 12-bis del 30
dicembre 1992, n. 502 "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a
norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421".
La norma è ovviamente in linea con l'esigenza di fondo che traspare da
tutta la normativa in materia di privacy, ossia, il soggetto è tutelato fino
al momento in cui non sorgano interessi superindividuali necessariamente
preminenti.
L'art.
6, infine, inserisce la
sperimentazione delle carte sanitarie elettroniche per le quali sono previste
informative ai sensi dell'art. 10 legge 675/96 e nelle quali l'interessato
può rifiutarsi di inserire i dati idonei a rilevare il suo stato di salute e
che eccedano i dati relativi alla gestione amministrativa o a situazioni di
interventi di urgenza:
2 - Gli interessati possono opporsi all'inserimento nelle carte di cui al
comma 1 dei dati idonei a rivelare lo stato di salute che li riguardano e che
eccedano i dati relativi alla gestione amministrativa e alle situazioni di
interventi di urgenza, quali definiti a livello internazionale.
3 - Il decreto del Ministro della sanità di cui all'articolo 2, comma 1, del
decreto legge 28 dicembre 1998, n. 4502,
convertito con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1999, n. 39, determina
anche, tra le altre garanzie previste dall'articolo 6, comma 4, del decreto
legislativo 29 aprile 1998, n. 124, le categorie di incaricati delle aziende
sanitarie locali e di operatori sanitari che possono accedere alle diverse
categorie di dati inseriti nelle carte, nonché le categorie professionali
tenute ad inserire i dati e il periodo massimo entro i quali i dati devono
essere aggiornati."
Non rimane quindi che aspettare e vedere, in
questo caso, come alla fine andrà ad operare questa disposizione che prevede
una sperimentazione di queste "carte sanitarie"; certo è che già
adesso, fermandosi anche solo ad una prima lettura, alcuni dubbi si pongano in
merito.
E' appena il caso di notare come la normativa sulle c.d. "carte
sanitarie" vada poi integrata con quella relativa al c.d. "documento
elettronico" di cui al DPR 513/97 ed alle regole tecniche, approvate con
DPCM dell'8.2.1999; il quesito che occorre porsi in prima battuta è: come sarà
possibile effettuare dei controlli "effettivi" sui dati inseriti,
vista la potenziale enorme quantità di dati stessi e la "non
fisicità" di tali dati?
Per tornare all'articolo in esame, oltre al fatto
di essere particolarmente "complicata" come norma, dati i
sovrabbondanti riferimenti a leggi, decreti e modifiche che sono inseriti e che
portano l'interprete a cimentarsi in un complicato gioco di scatole cinesi
alla scoperta dei testi fondamentali da considerare, alcune indicazioni
risultano completamente oscure.
Come intendere, infatti, il riferimento alla normativa internazionale? Prima di
tutto, infatti, non soltanto non si esplicita quale tipo di normativa si
intenda, direttive3,
raccomandazioni o quant'altro ma non si danno nemmeno riferimenti al povero
interprete che voglia conoscere la materia; anche il c.d. "Codice
deontologico medico" non è
certamente di sempre facile reperibilità per il "cittadino comune",
anche se ultimamente è stato reso disponibile in rete .
Come possono allora gli interessati opporsi all'inserimento
dei loro dati sanitari nelle carte se non sanno quale è il loro parametro di
riferimento?
Anche qui, allora si deve attendere fiduciosi in un chiarimento del legislatore,
ovvero della magistratura ordinaria.
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1)
Ipotesi probabilmente preferibile alla luce di una interpretazione letterale
della norma
2)
Art. 2, comma 1 , del decreto - legge28 dicembre 1998, n. 450: Disposizioni per
assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale
1998-2000. "Il Ministro della sanità, ferme restando le competenze
delle regioni di cui all'articolo 6, comma 2, lettera b), del decreto
legislativo 29 aprile 1998, n. 124, è autorizzato ad individuare, con proprio
decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con le modalità e le
procedure di cui all'articolo 2, comma 10, della legge 15 maggio 1997, n. 127,
come modificata dalla legge 16 giugno 1998, n. 191, in ordine alle
caratteristiche della carta di identità e di altri documenti di riconoscimento
muniti di supporto magnetico o informatico, le specifiche tecniche, le
progettazioni e le procedure finalizzate alla realizzazione della tessera
sanitaria di cui all'articolo 59, comma 50, lettera i), della legge 27 dicembre
1997, n. 449. Per la progettazione e l'adozione, in via sperimentale, della
tessera sanitaria è autorizzata la spesa di lire 30.000 milioni, di lire 81.000
milioni e di lire 50.000 milioni, rispettivamente, per gli anni 1998, 1999 e
2000. 4".
3)
E' appena il caso di notare che, lessicamente, si dovrebbe intendere il
riferimento citato soltanto ai c.d. "regolamenti comunitari" in quanto
soltanto tale "normativa" si applica direttamente ai rapporti
interpersonali; infatti, come sappiamo, le direttive si applicano soltanto ai
rapporti tra Stati, e non direttamente ai rapporti tra i cittadini degli stessi
Stati.
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