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Protezione dei dati personali

Telemarketing: il governo allarga il buco

di Paolo Ricchiuto* - 19.02.09

 
Il Senato ha approvato 10 febbraio il testo della legge di conversione del "decreto milleproroghe" (DL 30.12.08 n. 207), che è in queste ore all’esame della Camera dei Deputati.
Accanto alle norme che erano già previste nel decreto d’urgenza, una manina (la solita manina, che il nostro legislatore non riesce proprio a trattenere quando si profila una approvazione blindata dal voto di fiducia) ha pensato di inserire in sede di conversione alcune previsioni del tutto nuove rispetto al testo originario, fra le quali spicca quella relativa al telemarketing: una norma definita dai più gentili come una sanatoria di stato che vanifica i principi del codice dei dati personali ed il lavoro del Garante, e dai più arrabbiati (tra i quali il presidente dell’autorità) come una “selvaggia aggressione che rischia di vanificare una conquista di civiltà” (la Repubblica del 13.02.09 – pag. 41).

Ora, per capire cosa sta succedendo, cominciamo dalla fine: e cioè dall’analisi del testo della norma approvata dal Senato, che nella sua formulazione non ha trovato spazio in nessun organo di informazione (specializzato o generalista), e che è stato possibile reperire soltanto consultando il sito del Parlamento:
All'articolo 44, dopo il comma 1, è inserito il seguente: 1-bis. I dati personali presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici pubblici formati prima del 1o agosto 2005 sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali sino al 31 dicembre 2009, anche in deroga agli articoli 13 e 23 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dai soli titolari del trattamento che hanno provveduto a costituire dette banche dati prima del 1o agosto 2005.

Individuare l’effetto di questa previsione è abbastanza semplice: se io, o una qualsiasi azienda o una società che vende sul mercato le liste di numeri di telefono, abbiamo creato un nostro data base utilizzando gli elenchi del telefono pubblicati prima dell’agosto del 2005, e cioè prima che fosse entrata a regime la nuova disciplina relativa agli elenchi telefonici, allora possiamo utilizzare quei dati a nostro piacimento, anche se non abbiamo dato nessuna informativa (art. 13 del DLGV 196/03) ed anche se non abbiamo acquisito alcun consenso preventivo (art. 23).

La norma, quindi, creerebbe formalmente una sorta di doppio binario:

1. I dati presenti negli elenchi telefonici formati dopo l’agosto del 2005 sulla base del nuovo assetto previsto dal codice (e dai successivi provvedimenti dell’AGCOM e del Garante (vedi il provvedimento del 15.07.04) possono essere utilizzati soltanto se l’abbonato, debitamente informato, ha rilasciato il proprio consenso esplicito affinché il suo numero ed il suo indirizzo siano utilizzati per comunicazioni commerciali (consenso graficamente rappresentato, negli elenchi di nuova generazione, dalla famosa bustina e dalla famosa cornetta): considerando che soltanto 750.000 mila abbonati hanno dato il loro consenso in esito a tale assetto normativo, si può affermare che la barriera così costruita sulla base di un rigidissimo opt-in, di fatto rende inutilizzabili il 97 % dei dati presenti nei nuovi elenchi;

2. Accanto, se la norma sarà approvata nella sua nuova formulazione, esisteranno invece milioni e milioni di dati, già presenti nei vecchi elenchi telefonici (attenzione: compresi anche i milioni e milioni che nel nuovo elenco non sono affiancati da nessuna cornetta e nessuna bustina) che chiunque potrà liberamente utilizzare fino al 31.12.09 senza aver dato alcuna informativa e senza aver acquisito alcun consenso: unica condizione è che il titolare del trattamento (io, qualsiasi azienda o le società che vendono le liste) sia in grado di poter dimostrare di aver “costituito la banca dati “ prima dell’agosto del 2005, operazione questa non particolarmente complessa (lascio ad ognuno la possibilità di immaginare le modalità più o meno truffaldine con le quali si può far risultare formata prima del 2005 anche una banca dati creata ieri mattina utilizzando come base i vecchi elenchi telefonici).

La vera e propria levata di scudi che è seguita alla pubblicazione del testo dell'emendamento (dalle associazioni dei consumatori ai paladini della privacy dell’ultima ora), è senza dubbio sacrosanta, essendo del tutto evidente la inspiegabilità di una asimmetria di sistema (verrebbe da dire, di un vero e proprio strabismo istituzionale), che certo non può esser mitigato dal fatto di esser previsto ad tempus, come soluzione-ponte (così l’hanno spiegata i relatori del provvedimento), messa sul piatto per salvare 30.000 posti di lavoro degli operatori dei call center in attesa che venga ridefinito il quadro normativo.
Nessun dubbio, quindi: la norma è sbagliata.

Ma facciamoci una domanda: da dove viene questa soluzione? E’ il frutto di un afflato creativo del legislatore della legge di conversione, o le basi sono da ricercare altrove?
Per capirlo, torniamo all’inizio: a ridosso della entrata in vigore del nuovo regime degli elenchi telefonici, si pose immediatamente il problema di come gestire le liste che erano già state formate (o vendute), e che erano state costruite sulla base dei vecchi elenchi.
Fu in quella fase che proprio dall’interno del Garante, emerse una lettura interpretativa che peraltro non ha mai assunto la forma di un vero e proprio provvedimento (esiste un mero richiamo nella relazione annuale 2005) e che dunque non saprei come altro definire. Ma che comunque è stata presa, da quel momento in poi, come indiscusso punto di riferimento sia dall’autorità sia da tutti gli operatori del settore.

Si leggeva, in particolare, nella relazione 2005 (par. 15 pag. 101): È stato inoltre rilevato che la nuova disciplina può non operare con riguardo ai dati personali estratti precedentemente dai vecchi elenchi e già effettivamente (e non elusivamente) registrati sempre in precedenza in una banca dati, eventualmente inseriti insieme ad altre informazioni tratte da ulteriori fonti. L'utilizzazione di questi dati è lecita solo se, al momento della loro registrazione, è stata fornita un'idonea informativa agli interessati, instaurando così con gli stessi un "rapporto" nell'ambito del quale il titolare del trattamento è rimasto comunque obbligato a cancellare i dati di chi lo richieda. Se, però, la predetta informativa non è stata resa tempestivamente a norma di legge, il trattamento è stato ed è rimasto illecito; il titolare non può in alcun modo utilizzare i dati e deve necessariamente cancellarli per non incorrere in serie sanzioni. Per quanto concerne il necessario aggiornamento delle informazioni contenute nelle menzionate banche dati, è stato ribadito che lo stesso potrà avvenire soltanto sulla base delle nuove regole sull'uso degli elenchi telefonici.

Cito, inoltre, dall’ultimo importantissimo provvedimento del 26.06.08: la vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede l'utilizzo, per attività di carattere promozionale, pubblicitario o commerciale (fermo restando quanto previsto dall'art. 130 del Codice riguardo a talune modalità di contatto degli interessati) di alcune categorie di dati e, in particolare: a) di quelli presenti negli elenchi c.d. "alfabetici" per i quali l'interessato ha manifestato il proprio consenso; b) di quelli presenti negli elenchi c.d. "categorici"; c) di quelli presenti nelle banche dati costituite utilizzando anche dati estratti da elenchi telefonici formati precedentemente al 1° agosto 2005, sempre che il titolare del trattamento sia in grado di dimostrare di aver fornito effettivamente, prima di tale data, l'informativa agli interessati ai sensi dell'art. 13 del Codice.

Era stato quindi il Garante, nel tentativo di reperire una soluzione percorribile (il cui obiettivo era presumibilmente quello di interrompere il mercimonio incontrollato delle liste) ad aprire un piccolo buco nel muro dell’opt-in che stava entrando in vigore: qualunque titolare del trattamento che avesse formato un data base utilizzando i vecchi elenchi, sulla base di quella lettura, poteva e può, a prescindere dagli odierni emendamenti governativi, utilizzare liste così formate a condizione che fosse o sia in grado di dimostrare di aver dato all’epoca l’informativa agli interessati.

Dal punto di vista sistemico, quindi, le lamentele in ordine alla portata aggressiva dell’ultima iniziativa del Governo sono abbastanza incomprensibili, se si considera che una soluzione non molto lontana (ripeto, in termini di scelta di fondo) era stata ideata e messa in campo proprio dalla stessa Autorità che oggi sente messe in discussione conquiste di civiltà.
La differenza vera e sostanziale, allora, non sta nella linea strategica seguita prima dal Garante ed oggi dal Governo: in entrambi i casi si tratta di soluzioni di puro compromesso.

Vediamo in che cosa consiste la divaricazione.
Da un lato il Garante legava la possibilità di utilizzare i vecchi elenchi alla prova della esistenza di una informativa ante agosto 2005, prova che non è affatto semplice da dare anche per chi a quell’adempimento avesse dato regolarmente seguito in seno ad un contatto con l’interessato e che, comunque, coinvolgendo il terzo interessato, non può agevolmente essere costruita “in casa”. Si trattava, ripeto, di una scelta sistemica discutibilissima, ma che almeno in sede interpretativa consentiva di fissare degli argini non semplici da superare, come dimostrato proprio dal provvedimento 26.06.08, con il quale il Garante, una volta acclarata la insussistenza di tali (ed altri) presupposti per l’utilizzo delle liste formate prima dell’agosto 2005, è arrivato a vietare il trattamento di quei dati ad uno dei più grossi operatori nel settore della vendita delle liste (ed a grandi aziende che da questo le avevano acquistate).

Dall’altro lato il Governo, infilando il dito in quel buco, ed allargandolo a dismisura, di fatto manda esente chi utilizza quei dati da qualsiasi dimostrazione specifica relativa al modo in cui erano state formati i data base creati dagli elenchi ante agosto 2005, legando ipocritamente tale libera utilizzazione ad un non-presupposto, come quello della mera prova del fatto che la lista fosse stata formata prima (prova, questa sì, facilmente costruibile in casa, non essendoci il problema del coinvolgimento di un terzo).

Questo, al di là delle lamentazioni più o meno qualificate, è il quadro reale all’interno del quale si colloca l'iniziativa governativa. Un’iniziativa sbagliata, senza dubbio ispirata dalla stessa matrice che anima questo nuovo medioevo delle regole con il quale ci dobbiamo misurare ogni giorno (e che comunque, mediante il riferimento ai “soli titolari”, lascia aperto il problema della cessione dei data base a terzi). Ma, diciamolo senza false premure, una iniziativa che è figlia (o nipote) di una soluzione mediana che già era in onda.
Saranno le prossime ore a dirci se la norma diventerà o meno realtà: dopo i primi annunci di una approvazione lampo con il voto di fiducia, sono emersi talmente tanti dubbi sulla conversione del decreto mille-proroghe che i relatori alla Camera hanno annunciato possibili modifiche, e quindi un nuovo necessario passaggio al Senato.

Il decreto deve esser convertito entro il 1. marzo. Il tempo scorre. Nessuno canti vittoria o sconfitta. Vediamo che succede.

ULTIM'ORA. Nonostante l'ipotesi di qualche ripensamento, della quale avevamo dato conto poche ore fa, il Governo è andato dritto per la sua strada. Il 19 febbraio la Camera ha approvato con la fiducia il testo del decreto milleproroghe nella sua versione iniziale. La norma sul telemarketing diventa quindi a tutti gli effetti realtà.
Strano mondo, il nostro: se i responsabili di Facebook (notizia di una decina di giorni fa) cambiano unilateralmente le condizioni di accesso eliminando la possibilità di cancellare definitivamente i propri dati al momento della cancellazione del proprio account, il popolo degli utenti insorge. Effetto: le modifiche vengono ritirate nell’arco di due giorni. Se invece  il nostro governo vara una norma sulla quale sono piovute solo critiche, il Garante insorge, i commentatori insorgono, i consumatori insorgono. Effetto: la legge viene approvata con il voto di fiducia, senza che ci sia nemmeno la possibilità di discuterla. Visto che siamo in pieno Sanremo, una sola citazione di una vecchia canzone: Voglia, voglia di andare via..... (20.02.09)
 

* Avvocato in Roma

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