Il Palazzo non è di vetro
di Manlio Cammarata (Dall'articolo pubblicato
sul n. 135 di MCmcrocomputer - dicembre 1993)
Le strutture informatiche del Senato e della
Camera dei Deputati contengono tutte le informazioni sull'attività
parlamentare. Potrebbero essere un importante strumento di democrazia, ma in
realtà la trasparenza è molto scarsa. Perché?
"Il Senato approva... la Camera
approva". I grandi tabelloni elettronici che riassumono i risultati delle
votazioni parlamentari sono ormai conosciuti da tutti gli italiani. E nelle
cronache televisive molti hanno notato diversi parlamentari, incuranti di quello
che si svolge nell'aula, attaccati al telefonino o intenti a digitare su un
notebook aperto sul banco.
Una sera, guardando un TG, mi è venuto un dubbio: quel deputato che lavora con
il computerino portatile, è così impegnato con la sua informatica personale
che non ha il tempo di occuparsi di quella che interessa tutti noi cittadini?
Perché, se nel Parlamento siedono persone che conoscono la materia, non vengono
emanate le leggi che aspettiamo da anni, sulle banche dati e sui crimini
informatici? Perché le recenti norme sulla protezione del software sono state
fatte così male?
Il tarlo del dubbio, una volta entrato, continua a rodere: ma l'informatica del
Palazzo è solo un tabellone elettronico, o c'è qualcosa di più? Poi, un
giorno, arriva una notizia interessante: alla Camera dei Deputati è stato
installato un sistema che presenta in rete i resoconti solo due o tre ore dopo
la conclusione degli interventi. Dunque c'è una rete, c'è un sistema
informativo. Non resta che andare a vedere.
La prima sorpresa è che non c'è "un" sistema informativo del
Parlamento. A ciascuno il suo cervellone, uno alla Camera e uno al Senato. Due
sistemi, due strutture tecniche, due direttori, a poche centinaia di metri di
distanza. Dunque doppio lavoro anche per il cronista, che deve visitare due CED,
intervistare due personaggi...
In compenso l'ambiente è di alto livello e l'accoglienza è cordiale. Negli
antichi palazzi al centro di Roma si respira un'aria antica. Parquet tirati a
lucido, mogani, tappezzerie, commessi dall'aria nobile e austera. Qui, forse,
hanno tessuto le loro trame gli alti prelati della Roma papalina, qui hanno
lavorato gli amministratori piemontesi quando la città è diventata capitale
d'Italia. E stonano i terminali appoggiati sulle scrivanie di legno, mentre il
ronzio delle stampanti laser disturba l'atmosfera ovattata delle antiche stanze.
Ma la realtà è questa: anche dove la tradizione è custodita più gelosamente,
dove le regole di un tempo sono seguite quasi con devozione, la tecnologia si fa
strada. Non se ne può fare a meno. La domanda è se viene utilizzata in maniera
efficace.
Compiti divisi
I sistemi informativi parlamentari sono nati
nella seconda metà degli anni '70, naturalmente con i compiti che allora
venivano affidati ai computer: gestione contabile, raccolta di dati di tipo
amministrativo. È stato necessario attendere una decina di anni perché si
affermasse un utilizzo anche per l'attività parlamentare in senso stretto, e si
costituissero le prime banche di dati utili per la funzione legislativa e di
controllo del Governo che la Costituzione assegna alle Camere.
Tuttavia la presenza di due sistemi simili non ha portato a doppioni di banche
dati e procedure. I compiti sono stati divisi: al Senato tutto quello che
riguarda l'attività legislativa, alla Camera dei Deputati l'attività di
"sindacato e controllo", cioè la documentazione relativa a
interpellanze, interrogazioni e mozioni. All'inizio i due CED dialogavano
attraverso normali collegamenti via cavo, ma dal 1984 sono stati posti in
"Cross Domain". Questo significa che i terminali di un CED possono
accedere direttamente all'altro. Naturalmente ogni centro mantiene la propria
autonomia per la struttura di sua competenza, per quanto riguarda la gestione
amministrativa, e vi sono anche alcune differenze per procedure simili, che
però riguardano soprattutto le singole strutture. E ognuno sviluppa all'interno
il proprio software.
L'architettura dei due sistemi è praticamente identica, rigidamente
centralizzata: due mainframe IBM della serie ES/9000 con alcune centinaia di
terminali non intelligenti, secondo l'impostazione tradizionale. Anche i
numerosi PC, quando sono collegati agli elaboratori centrali, funzionano in
emulazione IBM 3270, quindi con interfaccia a carattere e senza nessuna
possibilità di elaborazione locale. Inutile dire che le procedure sono quelle
tipiche dell'ambiente mainframe IBM (Sistema operativo MVS/ESA, monitor TP CICS,
DB2 ecc.), con in prima linea il linguaggio di interrogazione delle banche dati
STAIRS (STorage And Information Retrieval System). Si tratta di un prodotto di
vecchia concezione, pensato ai tempi dell'informatica in camice bianco, che
richiede un addestramento piuttosto lungo e comunque non offre la facilità e la
rapidità di interrogazione dei moderni sistemi basati sulla grafica
interattiva. D'altra parte le banche dati sono state costituite proprio sulla
base di STAIRS, i terminali sono di tipo "stupido" e privi di
capacità grafiche, quindi non appare a portata di mano l'introduzione di
un'interfaccia più amichevole.
L'utenza è piuttosto articolata: prima di tutto i due uffici per le
informazioni parlamentari, i servizi studi, le commissioni, i gruppi e così
via, infine una serie di utenti esterni istituzionali, collegati tramite linee
dedicate o Itapac: ISTAT, Istituto Poligrafico dello Stato, Presidenza del
Consiglio, Presidenza della Repubblica, Corte dei Conti, Guardia di Finanza;
sono collegati anche alcuni ministeri e un piccolo numero di regioni.
Quest'ultimo dato è strano, perché tutti i ministeri e tutte le regioni
dovrebbero essere interessati all'attività del Parlamento, ma bisogna tener
presente che per tutto quanto riguarda la legislazione sono attivi molti
collegamenti con il CED della Corte di Cassazione. Il disinteresse per
l'attività parlamentare da parte di istituzioni di tale importanza è comunque
singolare.
In ogni caso, chiunque può chiedere un collegamento alle banche dati della
Camera e del Senato, purché ci siano linee disponibili, chiedendo le
autorizzazioni ai rispettivi Segretariati Generali. Ne parliamo più avanti.
Archivi e procedure
Abbiamo visto che i compiti dei due CED sono
divisi: al Senato i dati sull'attività legislativa, alla Camera gli atti non
legislativi, con il sistema di accesso incrociato che mette in comune le
rispettive procedure.
Al Senato troviamo quindi tutte le informazioni relative alla formazione delle
leggi. La banca dati fino a oggi più importante è appunto un sistema di
archivi denominato Iter Legis, che contiene tutte le informazioni che servono a
identificare un disegno di legge e a seguirne il percorso, sia all'interno delle
commissioni parlamentari, sia in aula. Tutti i passaggi sono registrati, divisi
secondo le "fasi procedurali". L'input dei dati viene svolto da
un'apposita struttura, che estrae le informazioni significative dagli atti
ufficiali (resoconti sommari delle commissioni, resoconti stenografici delle
assemblee) indicizzandoli secondo una procedura comune a tutti gli archivi.
Nella prima parte di ogni documento così formato sono riportati i termini usati
per la classificazione; in questo modo è facile la ricerca di tutti i documenti
correlati, come altri disegni di legge sullo stesso argomento.
È particolarmente interessante la procedura che porta alla composizione del
testo definitivo da mettere in linea: esso viene letteralmente
"scritto" dal sistema, che parte dalle informazioni classificate e
codificate per giungere automaticamente a una perfetta prosa in italiano, con
rispetto della grammatica e della sintassi. Sembra un testo libero, ma in
realtà è un documento strutturato come un record; il principale vantaggio è
dato dall'uniformità dei termini e delle espressioni nelle diverse banche dati,
con l'evidente maggiore semplicità delle ricerche "full-text".
L'elemento fondamentale dell'archiviazione e della ricerca è quindi un
"thesaurus" dei termini e delle loro correlazioni. Si chiama TESEO (TEsauro
SEnato per l'Organizzazione dei documenti parlamentari). TESEO è strutturato
secondo diversi tipi di indici con struttura ad albero, basati sulla CDU
(Classificazione Decimale Universale), usata in campo internazionale. Ci sono
una lista alfabetica strutturata, una lista gerarchica, una lista strutturata
CDU alfabetica, una lista alfabetica dei Top Term (descrittori radice) e un
indice KWOC (Key Word Out of Contest, parola chiave fuori dal contesto), che
elenca i singoli termini contenuti nei descrittori, normalmente composti da più
parole. Comprende anche i sinonimi non classificati CDU, ed è quindi utile ai
ricercatori alle prime armi.
Tutto in linea
Altre importanti banche dati del Senato sono le
Informazioni su senatori e organi del Senato e Informazioni sui Governi, in
pratica un'anagrafe articolata; l'archivio ATSE (Attività non legislativa
senatori e membri di governo); l'archivio ATRE (Annunci per resoconto), che è
un elenco degli annunci di documenti ricavato dai resoconti sommari delle
sedute. Come sottoprodotto dell'elaborazione di questi archivi si ottengono, con
una particolare procedura, le Schede dell'attività dei senatori e dei membri
del Governo, una specie di implacabile diario automatico che segue giorno per
giorno il lavoro di ogni componente del Senato e del Governo.
Gli archivi della Camera dei Deputati, come abbiamo visto, sono complementari a
quelli del Senato. In pratica per l'utente interno non ci sono differenze tra
gli uni e gli altri, grazie al collegamento incrociato dei due CED; la
distinzione riguarda solo la struttura che elabora le informazioni. Tra gli
archivi della Camera i più importanti sono: Informazioni Camera, che contiene
notizie continuamente aggiornate sulle convocazioni e sull'andamento dei lavori
dell'aula e delle commissioni; il Resoconto Sommario Telematico, che contiene il
testo prodotto nel corso delle sedute nella sua formulazione originale in
"strisce", e ha come "allegati" i testi dei documenti di
volta in volta esaminati; Attività dei deputati, divisa in due archivi, uno dei
quali consente la ricerca su tutte le attività svolte alla Camera in ambito non
legislativo; Atti di controllo e indirizzo politico, che consente la ricerca per
materia, per autore, per gruppo parlamentare e così via, di tutti gli atti non
legislativi (interrogazioni, interpellanze, mozioni ecc.) svolti sia alla
Camera, sia al Senato.
La Banca Generale dei Testi (BGT) costituisce l'ultima e più importante
innovazione del sistema informativo del Senato, perché fino ad ora tutte le
banche dati parlamentari erano "di riferimento", presentavano cioè i
riferimenti ai testi originali, che dovevano essere consultati nella
tradizionale forma cartacea sulle pubblicazioni stampate dalle tipografie del
Parlamento. È una realizzazione di grande interesse, soprattutto per il sistema
di indicizzazione e ricerca, che scavalca molte difficoltà insite nel sistema
STAIRS e consente un accesso "full text" da ogni terminale. La BGT è
alimentata giorno per giorno dalla tipografia, che trasmette il prodotto della
fotocomposizione. È stato studiato un intelligente sistema di elaborazione, che
trasforma le indicazioni tipografiche sussidiarie (grassetto, sottolineatura
ecc.) in indicazioni sulla struttura e sui contenuti, consentendo
l'indicizzazione automatica di ogni documento su cinque livelli.
Tutti gli atti del Senato sono riportati nella BGT: resoconti sommari, resoconti
stenografici e bollettini delle commissioni. La situazione della Camera dei
Deputati è diversa, perché la banca generale dei testi, non ancora
completamente in linea, è strutturata in maniera differente e mantiene STAIRS
come linguaggio di interrogazione.
Comunque dall'insieme delle banche dati del Senato e della Camera è possibile
risalire a qualsiasi informazione sull'attività del Parlamento, giorno per
giorno: questo non è solo un ausilio importantissimo per l'attività dei
parlamentari, ma è soprattutto un formidabile strumento potenziale di
democrazia, perché rende possibile un controllo completo di tutto quello che
avviene ufficialmente all'interno di uno dei più importanti Palazzi della
Repubblica.
Va detto, infine, che le informazioni complete disponibili in linea partono, per
ogni banca dati, dal momento in cui essa è stata attivata. La storia completa
del Parlamento è quindi, in buona parte, ancora cartacea.
Voglia di trasparenza
L'insieme delle banche dati e delle procedure è
senza dubbio ben studiato, anche se all'interno di una struttura informatica di
vecchia concezione. L'informazione è completa, dettagliata e tempestiva,
perché i dati sono disponibili in linea al più tardi dopo quarantotto ore dopo
che sono stati prodotti, e il sistema di consultazione, anche se farraginoso per
la maggior parte degli archivi, permette ricerche approfondite.
Il problema è vedere se e come queste possibilità possono essere sfruttate. E
qui incominciano... le dolenti note. Secondo quello che è stato possibile
capire dai funzionari della Camera e del Senato, veri campioni di riservatezza,
l'utilizzo delle banche dati da parte dei parlamentari è meno esteso di quanto
si potrebbe supporre. In teoria ogni deputato e ogni senatore possono mettersi
davanti a un terminale e compiere liberamente qualsiasi ricerca. In realtà
sembra che siano pochissimi quelli che lo fanno. Quando i gruppi parlamentari
dispongono di personale addestrato, questo è incaricato delle ricerche, ma
nella maggior parte dei casi il compito viene scaricato sui due servizi di
informazioni parlamentari. Non c'è dubbio che in questo modo si possono avere
molti dati ultili, ma manca il valore aggiunto di una ricerca compiuta
direttamente dall'interessato, navigando nel mare delle informazioni
disponibili. Chiunque abbia qualche pratica di information retrieval su grandi
banche dati, sa quanto sia utile anche la ricerca pseudo-casuale, quella che si
può fare trovandosi davanti a indici che prospettano percorsi alternativi, a
correlazioni e scelte inizialmente non previste.
In parte questa "pigrizia" deriva dall'insufficiente diffusione della
cultura informatica, ma certo non aiuta il sistema di ricerca, complesso e
farraginoso, inadatto a un'utenza di non specialisti
Per quanto riguarda poi l'accesso del pubblico alle informazioni parlamentari,
la situazione è ancora più deludente. La materia è regolata, per il Senato,
da un decreto del Presidente della Repubblica, che prevede la possibilità di
collegamento per una serie di categorie, dagli organi istituzionali ai privati
cittadini "per finalità professionali o di studio". Le tariffe di
abbonamento non sono elevate, al massimo due milioni l'anno per enti come banche
o ordini professionali, mentre al privato è richiesto un milione e mezzo (un
po' troppo, per "motivi di studio"). L'accesso alla Camera per ora è
gratuito, ma il servizio è ancora in fase di avvio, e chi vuole consultare
ambedue gli archivi deve presentare due istanze separate ai rispettivi
Segretariati generali. L'accesso isolato, la consultazione saltuaria, non sono
previsti, né sono allo studio soluzioni basate su sportelli automatici
interattivi. Dunque il singolo cittadino che vuole un'informazione
sull'attività delle Camere oggi non ha scelta, deve procurarsi e leggere gli
atti parlamentari, con tutte le difficoltà di una ricerca su supporti cartacei,
senza l'aiuto dell'informatica.
Se è vero che la democrazia deve essere fondata anche sulla trasparenza, non si
può dire che il Parlamento italiano sia un modello di democrazia. Di chi è la
responsabilità? Se ne parla nelle interviste che completano questo articolo.
Dalle quali emerge, al di là delle risposte date dai due responsabili dei
sistemi informativi, che c'è un grave ritardo nella concezione stessa
dell'accesso dei cittadini ai dati della politica, e che nell'intero complesso
della vita politica e sociale non c'è ancora un interesse diffuso a chiedere e
a dare informazioni. La telematica popolare, già diffusa in altri paesi, da noi
è ancora inesistente.
Per esempio, quando in Italia è stato varato il Videotel, è stata prospettata
la possibilità di un accesso alle informazioni parlamentari attraverso questo
mezzo, ma al varo è seguito subito il naufragio e il progetto è stato
abbandonato. Oggi solo alcune pagine del Televideo Rai (350 e seguenti)
contengono scarne informazioni sull'approvazione delle leggi più importanti. Ma
è una soluzione del tutto insufficiente.
Nel riquadrato pubblicato in queste pagine si descrive a grandi linee la
situazione negli USA; da noi non ci sono neanche vaghi progetti di questo tipo,
e anche se ci fossero i progetti mancherebbero le infrastrutture telematiche per
realizzarli. E la tanto decantata trasparenza dell'attività politica resta, con
un triste gioco di parole, "sulla carta": il Palazzo non è di vetro.
La
trasparenza negli USA: il
diritto di sapere
In Italia si parla continuamente di
"trasparenza" della politica, si fanno convegni, si emanano leggi,
come la 142 e la 241 del '90, per lo più inapplicate o inapplicabili. Vediamo
invece qual è la situazione in un paese di più consolidata democrazia: gli
Stati Uniti (le informazioni che seguono sono tratte dalla relazione di Emilia
Lamaro, "La documentazione dell'attività parlamentare attraverso gli
archivi on-line bibliografici e legislativi", presentata al quinto
congresso internazionale "Informatica e attività giuridica",
organizzato dalla Corte Suprema di Cassazione nello scorso mese di maggio).
Il Primo Emendamento della Costituzione americana contiene l'affermazione del
"Right to know", il diritto di sapere. Questo principio è stato
ribadito nel 1967 con il "Freedom of Information Act" (legge sulla
libertà di informazione), sulla base del quale l'università di Stanford ha
elaborato il progetto "Government Documents Reference Aid" (aiuto alle
ricerche sui documenti governativi). Questo progetto, riferisce Emilia Lamaro,
ha lo scopo di mantenere e migliorare la qualità dei servizi di reference sui
documenti governativi attraverso l'applicazione di un sistema esperto, che
consenta agli utenti di consultare con linguaggio naturale i documenti prodotti
da agenzie locali, federali, estere o internazionali, indipendentemente
dall'argomento, dalla lingua o dal formato.
C'è inoltre un progetto denominato "Gov-Doc-L", nato all'interno
dell'iniziativa "PACS-L" (Pubblic Access Computer System Discussion
Forum), basato su un sistema di posta elettronica. Questa permette una
conferenza telematica continua sui documenti ufficiali, sfruttando la rete
BITNET. I costi sono più bassi di quelli delle normali conversazioni
telefoniche e in più c'è la possibilità di stampare ogni comunicazione.
L'obiettivo di Doc-Gov-L è condividere le risorse disponibili nei centri di
documentazione collegati per conoscere e utilizzare ogni informazione
riguardante la legislazione del Congresso e le decisioni delle agenzie federali
comprese nelle pubblicazioni ufficiali... fornendo anche un forum dove poter
discutere l'accesso alla documentazione governativa.
Tutto questo è nato ancora prima che l'amministrazione Clinton varasse il piano
delle "autostrade telematiche" (ne parliamo più avanti su questo
stesso numero, in Informatica e Professioni), che hanno anche lo scopo di
migliorare i rapporti tra uffici governativi e cittadini.
Migliorare! Da noi in questo campo non c'è nulla da migliorare: bisogna partire
da zero.
[INTERVISTA]
Beretta: arriveremo al cittadino
Il dottor Gianfranco Beretta è il capo del
Servizio informatico della Camera dei Deputati. Un umanista che dirige una
struttura tecnica può avere una visione molto ampia dei problemi che nascono
dall'inserimento delle nuove tecnologie in un ambiente tradizionale come quello
parlamentare. Ecco le sue opinioni.
Dottor Beretta, lei ha una formazione
umanistica. Come mai si trova a dirigere un servizio informatico?
Tutti i funzionari del Parlamento hanno una
formazione umanistica, perché l'apparato tradizionale della nostra
amministrazione non conosceva funzioni tecniche, se non a livello subordinato.
Solo una decina d'anni fa è nato un ruolo di funzionari direttivi tecnici,
però non è ancora maturo. Fino a ora il Servizio informatica è sempre stato
diretto da un funzionario del ruolo generale, io non sono che l'ultimo della
serie.
Ma come si inserisce l'informatica in
strutture come queste, in un ambiente così tradizionale, che sembra poco aperto
all'innovazione?
Il nostro ambiente non è impermeabile
all'esterno, perché siamo sottoposti alle sollecitazioni che provengono sia dal
corpo politico, che periodicamente si rinnova, sia dalla società. Nelle ultime
legislature il personale politico è tutt'altro che digiuno di informatica,
spesso proviene da esperienze informatiche, e quindi è portatore di una domanda
di informatica ben precisa. E poi, anche prescindendo dall'impulso politico, noi
stessi siamo aperti verso il mondo esterno e le innovazioni. Non le adotteremo
magari con la velocità di un'azienda produttiva, ma anche da noi queste cose
attecchiscono. Anzi siamo stati abbastanza precoci nel processo di
informatizzazione, perché abbiamo incominciato negli anni '70. Allora nel corpo
dei funzionari di ruolo non c'erano professionalità tecnologiche, e i tecnici
furono assunti dall'esterno. Così si è formato un primo nucleo, e dopo alcuni
anni si è formato un ruolo particolare di funzionari. Il servizio è diretto da
un funzionario del ruolo generale, ma tutti gli altri, a parte qualche unità di
personale di segreteria, sono personale informatico: ingegneri, sistemisti,
analisti, programmatori, operatori.
Ma qual è oggi il grado di efficacia
dell'informatica nella gestione della Camera?
Il cammino dell'informatica alla Camera è stato
abbastanza laborioso, perché inizialmente c'era la tendenza a considerare la
struttura come un centro meccanografico. Si faceva il calcolo degli stipendi,
non si accumulavano dati prodotti nel vivo del processo legislativo; in quegli
anni non era una stranezza. Piano piano questa concezione si è modificata, e
già da un decennio siamo in qualche modo il cuore delle attività dell'apparato
amministrativo, nel senso che non si concepisce nessuna forma di
razionalizzazione dei processi se non con l'informatica. Il bilancio della
Camera ha destinato investimenti significativi in questa direzione e i risultati
sono generalmente riconosciuti di livello notevole, sia nel panorama generale
della pubblica amministrazione, sia nel confronto con i parlamenti stranieri,
con i quali abbiamo frequenti contatti e scambi di informazioni.
La sensibilità del Parlamento verso
l'informatica non sembra molto sviluppata, se si considera l'arretratezza della
nostra legislazione: mancano ancora le leggi sui reati informatici e sulla
riservatezza, mentre sulla protezione del software è stata varata in fretta e
furia una normativa pasticciata. Lei poco fa diceva che c'è una forte richiesta
di informatica da parte dei parlamentari. Mi sembra una contraddizione.
Forse è limitativo confrontare la sensibilità
del personale parlamentare con i problemi e lo stato, indubbiamente non di
avanguardia, della legislazione. Su questo non c'è bisogno di spendere molte
parole, noi stessi abbiamo avuto la sensazione, partecipando a incontri
internazionali, che la nostra arretratezza ci stia creando forti problemi con la
Comunità Europea. È vero che la legislazione si fa nel Parlamento, ma il
principale motore è sempre il Governo.
Il Governo, che è sempre stato composto
quasi esclusivamente da parlamentari...
Ma ci sono anche i dirigenti delle
Amministrazioni! Qui forse la sensibilità è stata scarsa. È chiaro anche che
qualche volta sull'informatica si sono create delle distorsioni, talora è stata
vista come un fatto di "status", e altre volte, secondariamente,
un'occasione per forniture lucrose. Sono convinto, e lo dimostrano anche le
cifre, che noi come amministrazione parlamentare abbiamo lavorato con
sufficiente alacrità in questo campo. Il problema che ci preoccupa di più è
che la richiesta è molto vivace da parte di tutti gli uffici della nostra
amministrazione, ma qualche volta siamo poco soddisfatti di come le nostre
realizzazioni vengono impiegate: c'è una notevole sottoutilizzazione delle
risorse. Del resto, non accade soltanto da noi, la tendenza ad adoperare il
computer come una volta si usava la macchina da scrivere è dura da eliminare.
E per quanto riguarda i rapporti con i
cittadini? Se il solito signor Rossi vuole sapere a che punto è l'iter di una
legge, come può accedere al sistema informativo parlamentare? O, se non al
sistema informativo, alle informazioni?
L'accesso al sistema per il singolo cittadino non
è un traguardo a portata di mano, perché è vero che noi abbiamo centinaia di
utenze esterne che, provvisoriamente, non facciamo pagare, ma è vero anche che
le richieste da parte di singoli cittadini sono sempre state molto poche. E
anche quelle poche non abbiamo potuto accoglierle, perché dobbiamo organizzare
l'utenza esterna attraverso punti significativi di concentrazione. Per esempio
una federazione che rappresenta una categoria professionale va benissimo, noi
allacciamo un rapporto con loro, e loro fanno da sub-distributori. Abbiamo una
politica di questo genere con alcuni consigli regionali, la Lombardia, l'Emilia,
il Friuli-Venezia Giulia, la Sicilia. Ma ci sono regioni dove
l'informatizzazione è quasi assente, magari si appoggiano a società esterne, e
quindi non riusciamo a raggiungerle. Ma, oltre alle forme tradizionali,
cartacee, dei resoconti e degli atti parlamentari, c'è un notiziario sul
Televideo, alle pagine 351 e seguenti, che però non dà un panorama completo.
Perché non usare il Videotel, che offre la
possibilità di una consultazione interattiva?
Avevamo accettato un approccio iniziale della Sip,
tanti anni fa, ma si è arenato con la prima falsa partenza del Videotel. La
seconda partenza, non voglio dire che sia stata del tutto infelice, ma mi pare
non abbia colto nel segno in maniera proprio brillantissima, e nel frattempo noi
avevamo preso altre strade, come quella di Televideo. Da tempo si sta coltivando
un altro progetto: sono state poste le premesse legislative per creare un quarto
canale radiofonico nazionale, dedicato all'informazione sui lavori parlamentari.
Ma la capillarizzazione del servizio è legata anche al miglioramento delle
infrastrutture pubbliche di telecomunicazione. Nello stato in cui sono
attualmente, è un problema.
[INTERVISTA]
Pinzani: è un problema di cultura
I sistemi informativi sono efficienti, le banche
dati sono costruite con intelligenza, le informazioni ci sono e sono
disponibili. Ma la sensazione è che tutto questo non sia sfruttato abbastanza,
né all'interno per il lavoro del Parlamento, né verso l'esterno per il dialogo
tra istituzioni e cittadini. Come mai? Lo chiedo al professor Carlo Pinzani,
capo del Servizio informatica del Senato.
Professor Pinzani, mi sembra di capire che i
sistemi informativi del Senato e della Camera non vengano sfruttati abbastanza
per quella che dovrebbe essere la loro funzione più importate all'interno del
Parlamento, il supporto alle decisioni. Probabilmente è un problema di scarsa
diffusione della cultura informatica, ma non sarà anche un effetto delle
interfacce utente da specialisti, poco "amichevoli"?
Il problema di una ricerca pilotata e aiutata ce
lo siamo posti e stiamo valutando le possibilità di un'interfaccia di questo
tipo. Ma questo non risolverebbe il problema, per una ragione molto semplice:
non solo c'è c'è una scarsa diffusione della cultura informatica, c'è anche
un atteggiamento culturale abbastanza negativo nei confronti dell'informatica, a
causa della prevalente formazione giuridica del nostro personale.
È stato detto più volte che la logica del
calcolatore non è lontana dalla logica giuridica, anzi...
Questo lo pensano i magistrati del CED della
Cassazione, Borruso, Novelli, Fanelli... Ma lì discorso è diverso, perché il
sistema della Cassazione nasce dall'istituzione del linguaggio formalizzato più
antico, che è quello della "massima". La massimazione, che risale
agli anni '20, è già un pre-trattamento a fini di ricerca con strumenti
informatici, anche se a quei tempi evidentemente non se ne parlava. C'era già
una strutturazione con la formazione dell'abstract, che è il supporto testuale
più vicino alle esigenze dell'informatica.
Ma c'è una altro punto di contatto molto
importante, tra logica giuridica e logica informatica: l'applicazione della
norma è il tipico procedimento "if... then" che è alla base della
programmazione.
Non c'è dubbio. Ma il fatto è che non solo non
si riesce a far entrare l'informatica nella testa dei giuristi, ma che il
giurista ha il problema di far quadrare la fattispecie concreta con la norma,
cioè fa un'attività prevalentemente classificatoria. Ma l'attività
informatica va oltre la classificazione, investe la procedura, i metodi e gli
obiettivi per i quali si fanno le cose. È questa la differenza, non è tanto un
difetto di cultura informatica, è il rifiuto del principio organizzativo. Detto
questo, cambiamo pure le interfacce, magari usiamo la stessa, con la Cassazione,
la Presidenza del Consiglio... Noi Windows lo abbiamo, lo utilizziamo e possiamo
lavorare tranquillamente in questa direzione. Ma non risolveremmo il problema.
Potremmo discutere a lungo su questo punto,
ma c'è un altro aspetto ancora più importante. La disponibilità in linea di
tutte le informazioni sull'attività parlamentare dovrebbe essere uno strumento
per la trasparenza, chiunque dovrebbe poter accedere alle principali banche
dati, le Camere potrebbero essere palazzi di vetro. Invece tutto questo non si
verifica.
Il Palazzo non è di vetro perché l'Italia non
è un Paese cablato, se ci fossero reti di trasmissione dati, un Videotel
efficiente, e quant'altro alla portata dei cittadini, non ci sarebbero problemi
di trasparenza. Se il Palazzo non è di vetro, non deriva da una preclusione.
Anzi, siamo pronti a dare il massimo di informazioni, con un'apertura totale nei
confronti dell'esterno. Il Palazzo non è di vetro, non perché è di cemento,
ma perché chi vorrebbe guardare dentro non ha gli strumenti per farlo.
Ma chi è il responsabile di tutto questo, se
non chi siede in queste aule, eletto dai cittadini?
Ma è tutto il sistema economico italiano che
preferisce fare i soldi con i tessili e non con le telecomunicazioni. È un
discorso di modello di sviluppo. Forse la colpa è dei politici, degli elettori,
dei burocrati, degli imprenditori, ciascuno per la sua parte. Se l'Italia non è
cablata, il fatto della trasparenza dei lavori parlamentari conta per lo zero
virgola cinque per cento. Per il resto ci sono altri problemi.
D'accordo. Ma da qualche parte bisognerà pur
incominciare. E il Parlamento potrebbe essere un punto di partenza.
Si può fare anche un'altra serie di
considerazioni. Per esempio, il tipo di informazione che abbiamo è legato al
fatto che, in questo assetto politico, ciascuna forza ha preferito avere i
propri canali di informazione, e di conseguenza nessuno si è posto il problema
dell'informazione generale. Nelle amministrazioni parlamentari soltanto negli
ultimi anni si è cominciato a porsi in maniera seria il problema della
documentazione e dell'informazione. Prima perché c'era una frattura così netta
tra maggioranza e opposizione, che la maggioranza aveva i suoi canali di
informazione e non voleva dividerli con l'opposizione; l'opposizione aveva i
suoi e considerava false e tendenziose le informazioni che provenivano
dall'altro campo. Questo secondo me è importante, perché non a caso ci sono
due strutture informatiche, non a caso ci sono due biblioteche, non a caso ci
sono due servizi studi: proprio perché non c'è mai stata la coscienza della
possibilità di un'informazione, non dico oggettiva, ma meno tendenziosa. Non
esiste l'informazione oggettiva, l'oggettività non è di questo mondo, tutte le
informazioni sono soggettive, perché la scelta di un argomento invece di un
altro è già un'operazione tendenziosa. Ma se si va verso un assetto politico
diverso, in cui maggioranza e opposizione si alterneranno, probabilmente si
porrà il problema di una struttura meno tendenziosa, perché dovrà servire di
volta in volta l'una o l'altra delle parti.
Lei ha toccato un altro argomento che merita
di essere discusso: la doppia struttura informatica. Quando è nata, negli anni
'70, si poteva già pensare a un solo CED per i due rami del Parlamento.
Certo, ma in buona sostanza il sistema è uno
solo. Ci sono aspetti marginali che rendono diversi i sistemi, perché si può
entrare nel sistema parlamentare da una qualsiasi delle due parti, si possono
consultare indifferentemente gli archivi dell'uno e dell'altro ramo. Fino a
questo momento non abbiamo fatto doppioni...
O quasi...
E non li faremo. Gli aspetti che non sono comuni,
non lo sono perché non lo debbono essere. Nell'attività parlamentare c'è una
serie di procedure monocamerali, com'era prima per le autorizzazioni a
procedere. Gli atti di sindacato ispettivo, ancorché monocamerali, sono stati
messi in comune perché è un'area abbastanza omogenea...
Ma la Banca generale dei Testi, che è una
delle più importanti, è del Senato, mentre la Camera sta sviluppando una
procedura differente.
Stiamo lavorando insieme per integrare le due
banche dati. Può darsi che non arriveremo a un'integrazione al cento per cento,
ma l'integrazione ci sarà.
Ma non si poteva studiare una procedura sola,
invece di due da integrare successivamente?
No, non si può! Perché le megaprocedure, i
megaprogetti non vanno in porto. In questo Paese non si può pretendere di fare
un progetto in cui siano coinvolte tre tipografie (due della Camera e una del
Senato) e due rami del Parlamento, nei quali ci sono almeno sette o otto
interlocutori diversi. Se io metto insieme un gruppo di lavoro che prevede
sedici interlocutori tra Camera e Senato, più i tre interlocutori delle
tipografie, il progetto non vedrà mai la luce. L'informatica, secondo me, va
avanti, come qualsiasi altra attività, affrontando problemi concreti, ben
delimitati e ben definiti, senza ambizioni eccessive. Poi, quando si sono fatti
i mattoni, si fanno le case. Ricordo il progetto "Camera '72": un
megaprogetto per avere i testi delle leggi tutti insieme. Fallì. Come il
progetto "Atena", alla stessa epoca, per la prima anagrafe tributaria.
I megaprogetti non si possono fare.
Torniamo al problema della trasparenza,
professor Pinzani. Lei poco fa ha detto: se ci fossero le infrastrutture
telematiche, noi saremmo pronti ad avere un ufficio "elettronico" per
le informazioni al pubblico.
Non c'è dubbio.
Avete pensato agli sportelli automatici?
Potreste collegarvi a quelli che stanno nascendo un po' dappertutto.
In teoria non c'è nessun problema. Ma io ho
fatto diversi tentativi in diverse direzioni per utilizzare la tecnologia
videotext, ma non è decollata, in pratica ancora non c'è. Non ci sono
interlocutori validi e sufficientemente diffusi e organizzati, perché il
Videotel non è solo un problema di diffusione, è un problema di
organizzazione. Vorrei parlare con un interlocutore unico, non per un monopolio
dell'informazione, ma per non disperdere le energie. Fossimo in Francia, saremmo
da un pezzo su Minitel. Per me il punto chiave resta quello di cablare il paese.
L'amministrazione del Senato, sia con il precedente segretario generale, sia con
l'attuale, e con chi le parla a livello più modesto, è per la massima apertura
e trasparenza. Noi lavoriamo, e abbiamo il gusto di lavorare e dare
informazioni, a tutti. Ma ci devono essere le condizioni per farlo. Anche la
gente, se vuole essere informata, deve darsi da fare per procurarsi le
informazioni.
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