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 Attualità

Nel silenzio del Governo i punti critici dello sviluppo
di Manlio Cammarata - 04.05.2000

Quando scoppiano polemiche su argomenti non essenziali, a volte si perdono di vista temi di ordine più generale, che meriterebbero maggiore attenzione e discussioni costruttive. Un esempio è quello, recentissimo, della diatriba sui nomi a dominio: prima Grauso a dire che non ci sono regole (affermazione falsa), poi tutti a sparare ad alzo zero sulle regole elencate nel "DDL Passigli", che erano appunto la ripetizione di quelle esistenti. Mentre il problema reale era, ed è ancora, quello di mettere la burocrazia dell'ente di registrazione al passo coi tempi.
Un altro esempio riguarda il cosiddetto "portale Italia", vagheggiato dall'ex Presidente del Consiglio  poche settimane fa. Evidentemente l'idea era nata come una ritirata strategica di fronte alla pioggia di critiche che si era abbattuta sulla proposta del "portale di Stato" avanzata dai ministri delle finanze e dell'industria. Anche sul "portale Italia" ci sono state critiche a non finire, ma in realtà si trattava di una specie di non-proposta, dal momento che un punto di accesso unico alla pubblica amministrazione è già in progetto, e se non lo fosse si dovrebbe farlo partire subito, senza tanti proclami.

In realtà l'annuncio che il Governo avrebbe dovuto dare era un altro: "Guardate che sta partendo la Rete unitaria della pubblica amministrazione". Notizia di rilievo, anche se ci vorrà molto tempo prima che la RUPA funzioni a un regime soddisfacente, perché è un passo importante del progresso del nostro Paese verso la società dell'informazione.
Tutto questo significa che, tra una polemica e l'altra, stiamo perdendo di vista il quadro generale, proprio nel momento in cui è necessario avere le idee chiare sui problemi che il nuovo Governo non può non affrontare, anche se l'argomento non è entrato nelle dichiarazioni programmatiche.
Dunque dedichiamo queste note a una sommaria ricognizione dei problemi sul tappeto, in modo di poter inquadrare nel giusto contesto le singole questioni sulle quali di volta in volta si punta l'attenzione.
Possiamo facilmente individuare un paio di punti significativi.

L'internet "piatta" e veloce per tutti

Assistiamo a una fioritura di offerte di accesso alla Rete a tariffa flat, sia sulle normali linee commutate, sia con l'ADSL. A ben guardare, le offerte all'utenza domestica non sono del tutto convincenti, perché non viene garantita la banda effettivamente utilizzabile, o la disponibilità della linea, nelle fasce orarie di maggior traffico. Anche i prezzi potrebbero essere più bassi, ma tutto il sistema è ancora frenato dal monopolio di Telecom Italia sul cosiddetto "ultimo miglio". L'Unione europea preme affinché venga eliminata questa strozzatura, il nostro Governo risponde con ampie rassicurazioni, ma la vera liberalizzazione non sembra vicina. E fino a quando non sarà sciolto questo nodo, l'accesso all'internet "all'americana" (cioè a un prezzo ragionevole e senza scatti, neanche alla risposta) non sarà realizzabile su scala generale.

Ora si parla dei "numeri 700..." che dovrebbero risolvere il problema. Non sono ancora chiari i termini della proposta, che ha l'aria di essere l'ennesimo espediente per portare comunque ulteriori guadagni a Telecom Italia: tutto si gioca sul prezzo all'utente finale, come sul prezzo e sulle condizioni che il monopolista uscente praticherà ai suoi concorrenti (vedi le questioni sull'ADSL).
E a proposito dell'ADSL si devono fare due osservazioni: a) indipendentemente dalla potenziale larghezza di banda del sistema adottato in Italia, per la maggior parte dell'utenza domestica attuale non sono indispensabili centinaia di kbit al secondo; b) l'ADSL non è disponibile, e probabilmente non lo sarà mai, al di fuori delle grandi aree urbane, anche perché quando sarà venuto il momento di installarlo in tutte le centrali la tecnologia sarà obsoleta. Ma in questo modo si torna alla vecchia discriminazione tra gli utenti che avevano un provider nel proprio settore telefonico e quelli che non lo avevano.

Sull'ISDN c'è da mettere in evidenza un altro punto: non è equo far pagare l'abbonamento esattamente il doppio di una normale linea analogica, perché la linea d'utente - quella che, stando alle cifre, rappresenta il costo più rilevante per il fornitore - rimane una sola. Abbassando il costo dell'abbonamento ISDN si potrebbe contribuire alla diffusione dell'internet.
Ormai è necessario assicurare alla generalità dei cittadini un accesso alla Rete economico e veloce. Se n'è accorta anche l'Unione europea (vedi Punto Informatico di oggi), che ha in agenda una proposta francese per comprendere nel servizio universale anche un accesso "di qualità"... entro il 2004. Il termine è troppo lontano, il problema è vecchio e va risolto in fretta senza aspettare i tempi biblici della burocrazia comunitaria. (vedi Internet come servizio universale: una battaglia da vincere, del lontano dicembre 1997).

I compiti del Governo

Sempre ieri, Milano Finanza riferiva con grande evidenza: "Amato archivia la new economy". La notizia merita una riflessione, al di là del criticabile sensazionalismo del titolo. Il Presidente del Consiglio, dopo aver evitato con cura ogni accenno alla società dell'informazione e alla nuova economia nelle dichiarazioni programmatiche, ha smantellato le strutture messe in piedi ad hoc dal suo predecessore, in particolare l'inutile sottosegretariato all'innovazione tecnologica e la fabbrica di chiacchiere pomposamente chiamata "Forum per la Società dell'Informazione". Il giornale riporta anche lo stralcio di un discorso di Amato dal quale si capisce che il nuovo capo dell'Esecutivo diffida della  new economy "astratta" e preferisce favorire lo sviluppo delle tecnologie applicate all'economia tradizionale.

E' un approccio interessante, perché va sul concreto e riduce drasticamente il vapourware. Ma non basta. Ci sono cose che il Governo deve fare per lo sviluppo delle tecnologie dell'informazione. Che operi direttamente, o che adotti misure per favorire le iniziative dei privati - in particolare delle piccole e medie imprese - può essere oggetto di dibattiti, ma ci sono cose che possono e devono essere fatte subito. Vediamo un piccolo elenco, che per i nostri lettori non è nuovo, ma che va ripetuto fino a quando non ci sono risposte soddisfacenti.

  • Il Governo e il Parlamento devono disegnare un quadro generale - al quale si riferiscano le iniziative descritte nei punti seguenti - un quadro che favorisca e acceleri la diffusione delle tecnologie dell'informazione. Il concetto dell'uso dell'internet come "diritto del cittadino", al di là di futuribili disposizioni sul servizio universale, deve essere affermato come presupposto di ogni ulteriore progetto.
  • Lo Stato deve entrare nel ruolo di fornitore di contenuti per tutte le informazioni che sono in mano pubblica. Quindi deve fornire gratis le fonti normative delle istituzioni e di tutta la pubblica amministrazione e le norme tecniche il cui rispetto è obbligatorio per legge. Deve attivare sportelli amministrativi  telematici per le imprese e per i privati, deve accelerare dello sviluppo della RUPA con particolare attenzione all'interazione tra uffici e cittadini.
  • Il Governo deve favorire l'alfabetizzazione telematica non solo dei singoli, ma soprattutto delle imprese (qui la new economy si innesta sulla  old), senza la quale non hanno senso i presunti sgravi fiscali o gli improbabili incentivi per le aziende che mettono in piedi progetti di commercio elettronico o altre iniziative sulla Rete, anche di tipo editoriale o, in senso lato, culturale.
  • Il Governo deve premere, nei limiti della sua competenza, per l'emanazione più rapida possibile delle regole necessarie per lo sviluppo effettivo della concorrenza sul mercato delle telecomunicazioni, con particolare attenzione ai "lacci e lacciuoli" che frenano l'innovazione (un esempio per tutti, lo scandaloso ritardo nelle autorizzazioni generali per i fornitori di servizi di telecomunicazioni).
  • Infine, ma non ultima, va ricordata una questione che è stata recentemente affrontata in Francia (vedi la notizia su Punto Informatico): svincolare la pubblica amministrazione dall'obbedienza alle major del software (leggi: Microsoft) e  promuovere l'uso dell'open source. In questo modo non solo si risparmierebbero molti soldi, ma si favorirebbe lo sviluppo di applicazioni "made in Italy", con evidenti benefici anche sull'occupazione.

A molti sarebbe piaciuto leggere questi punti nelle dichiarazioni programmatiche del nuovo governo. Va però rilevato che i governi precedenti hanno fatto proclami, ma poi non hanno combinato niente di utile. Che il silenzio sia il segno di un impegno reale?