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 Attualità

Una proposta sbagliata da ritirare subito
di Manlio Cammarata - 09.03.2000

D'Alema on-line, come Clinton, D'Alema tecno-entusiasta che fa promesse per lanciare l'Italia nella società dell'informazione. Che bello!
L'iniziativa dell'associazione Puntoit di invitare in Rete (oltre che a cena) il Presidente del Consiglio potrebbe segnare un momento di svolta nel cammino del nostro Paese verso la web-economy. Peccato che da un anno a questa parte di momenti così ce ne siano stati altri, e poi non è successo più nulla, o quasi.
Ricordate il lancio del Comitato dei Ministri, il Forum per la società dell'informazione, il mega-convegno dell'estate scorsa...?

E poi l'uscita del Presidente del Consiglio sembra far parte di campagna di promozione del commercio elettronico che suscita non poche perplessità.
La prima notizia è di una settimana fa: "Destinare risorse per creare dei portali che siano delle vetrine per far vedere e entrare nel mercato risorse della microproduttività", dice Letta, ministro dell'industria,  e sembra una buona idea. Che significa "destinare risorse"? Potrebbero essere contributi statali, sgravi fiscali o cose del genere.

Lo spiega - anzi, non lo spiega - il giorno dopo, 3 marzo, il Ministro delle finanze in un'intervista a la Repubblica, nella quale vanta i meriti delle reti telematiche del ministero e dice: "Abbiamo presentato alla Presidenza del Consiglio il progetto, che è quello al quale ha fatto riferimento il collega Letta, per utilizzare tutto ciò a beneficio delle imprese, in particolare delle piccole, di quelle che sarebbero schiacciate dalla new economy e che invece potremo difendere e valorizzare".
Chiede l'intervistatore in che cosa consisterà il progetto, se sarà un portale per l'e-commerce. "Non voglio dire di più. Il progetto coinvolgerà il mercato, alcuni ministeri e l'uso di risorse, peraltro già stanziate, sarà presentato nei prossimi giorni dalla Presidenza del Consiglio". Sembra chiaro che tutti hanno in mente quel "Portale Italia" al quale anche D'Alema si sarebbe riferito in un incontro con la Confapi.

In sostanza, il Governo starebbe progettando di mettere a disposizione delle piccole imprese, gratis, dei portali sulla rete del Ministero delle finanze.
Se è così, si tratta di una "proposta indecente" da bocciare senza appello. La disponibilità di una vetrina sulla rete non è un problema, sono molti i fornitori di servizi Internet che la offrono del tutto gratis o in cambio di una modesta percentuale del fatturato. Il costo è nel lavoro di "allestimento della vetrina", ma è sostenibile anche da una piccolissima impresa. Basta prendere uno dei tanti prodotti standard (anche questi disponibili gratis) e dedicare qualche ora alla compilazione del catalogo e del listino prezzi. Tutte le procedure sono messe a disposizione da chi ha interesse allo sviluppo del commercio elettronico: operatori di telecomunicazioni, internet provider, banche eccetera. E in molti casi sono anche ben fatte.

Ci sono però molti aspiranti operatori che vogliono un servizio personalizzato, hanno bisogno di consulenze e di soluzioni tecniche particolari. Questo è il business dei piccoli e medi fornitori di servizi internet, quelli che in questo modo riescono a sopravvivere dopo i colpi inferti alla loro attività dalla concorrenza di Telecom Italia e dalle offerte free internet.
E' questo il compito che, spendendo soldi pubblici, si vorrebbe affidare alla rete del fisco, sempre che le nostre deduzioni siano corrette. E non si pensa che in questo modo, fra l'altro, si finirebbe col mettere un bel carico di burocrazia in un settore che ora fila velocissimo con semplici accordi tra privati

Il progetto avrebbe anche un altro aspetto negativo. E' bene ricordare che non esiste una rete "fisica" del Ministero delle finanze: si tratta, come è ovvio, di una rete "logica" della rete telefonica generale, realizzata e gestita dalla Sogei, il fornitore "istituzionale" dei sistemi informatici del fisco. La Sogei  è controllata al 100 per cento dalla Finsiel, l'ex finanziaria pubblica per l'informatica, confluita nel gruppo Stet e quindi acquistata dall'Olivetti con la Telecom (almeno così si deduce dalle informazioni che si trovano sul sito della stessa Finsiel e dalle visure camerali).
In sostanza il progetto Visco-Letta toglierebbe lavoro alle piccole imprese, proprio quelle che si vorrebbero favorire, per dare soldi pubblici a una società di Telecom Italia!
Se le cose stanno così, sarebbe bene che la Presidenza del Consiglio abbandonasse subito il progetto e destinasse le "risorse già stanziate" indicate da Ministro a qualcosa di più utile. Per esempio, a corsi di formazione per gli operatori del commercio elettronico.

Risulta infatti chiaro, anche dalle numerose lettere che giungono a questa rivista, che il problema degli aspiranti "e-commercianti" non è nelle disponibilità economiche, ma nel capire tutte le complesse questioni legali e amministrative legate alla nuova attività. Occorrono quindi formazione e informazione. Su questo punto l'intervento statale potrebbe essere molto utile, magari con la collaborazione delle Camere di commercio e delle associazioni di categoria.
Del resto lo riconosce anche Visco. Nell'intervista citata poco fa afferma: "Le attività della new economy sono ad alta redditività, e quindi non hanno bisogno di soldi". E allora?

C'è una cosa che la Presidenza del Consiglio dovrebbe fare subito, per questo e per altri progetti: elaborare una bozza e pubblicarla sul suo sito Internet, per raccogliere i suggerimenti degli interessati. Ne verrebbe sicuramente fuori qualcosa di più efficace del piano dei "portali di Stato".