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Attualità

Prove tecniche di non-trasmissione

di Manlio Cammarata - 09.09.04

 
Riprendiamo il lavoro dopo la pausa estiva, affrontando un tema che non dovrebbe riguardare un Paese democratico: quello della censura e, in generale, del controllo dell'informazione. Se ne parla, di solito, a proposito del cosiddetto "conflitto di interessi" che vede di fatto nelle mani di un solo soggetto la quasi totalità dell'informazione televisiva. Ma ci sono altri aspetti preoccupanti, dei quali invece si parla poco o nulla, che riguardano la libertà dell'informazione. Il più recente è quello del monopolista della TV satellitare e della sua scelta di imporre una tecnologia e un ricevitore "chiusi": ne parliamo più avanti.

Ora facciamo un salto indietro, fino al 1. maggio scorso, quando per la cronaca televisiva della tradizionale festa sindacale di piazza San Giovanni a Roma fu inventata la singolare formula della "diretta-differita". Come qualcuno ricorderà, le riprese non andavano in onda in diretta, ma con un piccolo ritardo durante il quale un'apposita commissione valutava se qualche sequenza non dovesse essere trasmessa. Perché, fu spiegato, si temeva che dal pubblico si levasse qualche voce contraria all'azione del nostro Governo in Iraq nella vicenda dei primi italiani sequestrati.

D'accordo sul fatto che la situazione era molto delicata, che Fabrizio Quattrocchi era stato ucciso e si temeva per gli altri tre, e che i sequestratori chiedevano proprio una contestazione popolare della decisione italiana di inviare truppe in Iraq. Ma una vera e propria censura di eventuali voci contrarie all'operato del Governo è intollerabile in una nazione democratica. Ricordiamoci dunque del 1. maggio 2004, di questa prima "prova tecnica di non-trasmissione", perché potrebbe essere vista come la data in cui nel nostro Paese è incominciata - ufficialmente - la fine della libertà di manifestazione del pensiero.

Dai canali nazionali ai canali "di strada". La notizia della fine di luglio è il rinvio a giudizio dei responsabili di Disco Volante (una "televisione di strada" sequestrata lo scorso anno), rei di aver trasmesso i loro programmi (nel raggio di qualche centinaio di metri...) senza i bolli prescritti dalle norme in materia di autorizzazioni. D'accordo che la legge va rispettata e fatta rispettare, ma il fatto è che per le piccole televisioni di quartiere non si è voluta emanare una normativa adeguata alla loro realtà: una forma di censura "a monte", che di fatto rende difficile persino la nascita di organi di informazione spontanea (per saperne di più si veda il sito Telestreet).

E siamo alla questione di Sky TV: all'inizio dell'estate la società ha fatto sapere che entro il 31 dicembre i suoi programmi saranno irradiati solo con una tecnica di cifratura proprietaria, denominata NDS. I programmi saranno quindi visibili solo con un decoder proprietario, perché Sky non divulga le specifiche tecniche e non fornisce i dispositivi necessari a decodificare i propri canali con gli apparecchi già in possesso degli utenti. E il decoder Sky non permette di ricevere canali che adottano sistemi diversi, sicché chi vuole accedere a tutti i contenuti disponibili via satellite deve usare due decoder, con tutte le relative complicazioni.

Si tratta di una palese, indiscutibile violazione di una legge dello Stato, la 78/99, che all'art. 2, c. 2, dice: "I decodificatori devono consentire la fruibilità delle diverse offerte di programmi digitali con accesso
condizionato e la ricezione dei programmi radiotelevisivi digitali in chiaro mediante l'utilizzo di un unico apparato. Dal .1 luglio 2000 la commercializzazione e la distribuzione di apparati non conformi alle predette caratteristiche sono vietate" (per saperne di più vedi sul sito Digital Sat l'esposto presentato all'AGCOM).

Ma fino a qui potrebbe essere solo una strategia commerciale, scorretta e illegale quanto si vuole, ma pur sempre solo una strategia commerciale. Invece c'è un aspetto molto più grave: il decoder è programmato (e può essere riprogrammato sempre via satellite) in modo di ricevere facilmente solo i canali che decide Sky, in un ordine che non può essere modificato dall'utente. Per ricevere gli altri, purché "in chiaro" occorre una lunga sequenza di operazioni (vedi Sky: troppe sorprese vengono... dal cielo di Dr. K).

Insomma, un'altra forma di censura. Che dovrebbe essere oggetto di un fulmineo intervento dell'apposita autorità, detta appunto per le garanzie nelle comunicazioni, oltre che dell'antitrust europeo e nazionale per gli aspetti relativi alla "chiusura" del sistema. Ma fino a ora non risulta che qualcuno si sia mosso.

 

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