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SCO contro IBM: l'inutile guerra contro il codice aperto
di Nicola Walter Palmieri* - 02.10.03

Prima parte

Il tribunale del Terzo Distretto Giudiziario di Salt Lake City (Utah) è chiamato a decidere su una controversia che potrebbe avere conseguenze di grande rilievo per il futuro della "proprietà" intellettuale sul software. La questione è complessa e la posta in gioco è altissima, poiché coinvolge, fra l'altro, il principio della brevettabilità del software, che viene oramai concesso da una ventina d'anni negli USA (vedi il numero della settima scorsa, Diritti digitali, qualcosa si muove?).
Per capire i termini della questione, è necessario ricostruire la storia di Unix e dei suoi "derivati": lo facciamo in questo numero, mentre sul prossimo vedremo i dettagli della causa.

Caldera Systems, Inc. d/b/a The SCO Group (SCO - già "The Santa Cruz Operation, Inc.") ha, il 6 marzo 2003, iniziato una causa per violazione di diritti di proprietà intellettuale contro la IBM sostenendo che il sistema operativo (SO) Linux sarebbe un derivato non autorizzato di Unix, i cui diritti spetterebbero a SCO. Quando si parla di Unix occorre distinguere fra una famiglia di sistemi operativi formati sullo schema di, ma non derivati dall'Unix inventato nei Bell Labs nel 1969 (Unix patterned), i sistemi operativi derivati dall'originale Bell Labs Unix (genetic Unix) e il marchio di fabbrica "Unix" appartenente all'Open Group, dal 1992 (trademark Unix). La SCO probabilmente possiede diritti sul genetic Unix, non ne ha certamente sul trademark Unix, e - questo è il nocciolo della controversia - non possiede probabilmente diritti sull'Unix patterned, in quanto da sempre in dominio pubblico, con il tacito assenso di tutti, inclusa la SCO. L'operativo Linux, oggetto della disputa, è Unix patterned (vedi http://www.opensource.org/sco-vs-ibm.html)

La SCO ha disdetto la licenza AIX alla IBM, e ha inviato, e continua a inviare, lettere minatorie agli utilizzatori di Linux sostenendo che li terrà responsabili per danni se continuano a usare i programmi senza una licenza che SCO generosamente offre loro. Gli analisti avvertono che accettare una licenza sarebbe la peggior cosa (perché i contraenti limiterebbero il loro campo d'azione).

Questa lite si profila come l'inizio di un terremoto che coinvolgerà tutto il sistema del codice chiuso. La causa non può essere compresa se non si guarda al retroscena che si sta verificando nell'industria del software. Dalla metà degli anni '70, la capacità dell' hardware approssimativamente raddoppia ogni 18 mesi. Questo ha per effetto che la complessità tipica del software da sviluppare per utilizzare a pieno lo hardware d'avanguardia deve anche raddoppiare ogni 18 mesi, il che porta le difficoltà del software engineering a limiti inimmaginabili fino a poco tempo fa. Negli anni '90 si parlò di "crisi del software" per descrivere l'inabilità dei produttori di software di offrire prodotti con un accettabile livello di errori. La crisi continua.

Si cercò di risolvere il problema con vari tentativi di miglioramenti di processo: introduzione di maggiore formalismo, centralizzazione, controlli statistici nei processi di sviluppo, che tutti fallirono. La soluzione venne da dove nessuno se la aspettava: dalla comunità di programmatori e ingegneri informalmente aggregati nei sistemi operativi Internet e Unix. Gli hacker di Internet e Unix erano stati fin dagli anni '60 pionieri di uno stile di software engineering "a ritroso" (rispetto alle premesse dello sviluppo di software industriale). Invece di centralizzare grandi gruppi di programmatori, lo "stile" Internet utilizzava piccoli gruppi di programmatori largamente sparpagliati; invece di controlli di processo e gerarchia, lo stile Internet usava standard aperti e peer review. Lo stile Internet tolse di mezzo il segreto, favorendo trasparenza e codice aperto. Fra i primi esempi di questo stile furono Berkeley Unix, GNU, X Consortium; e poi appunto Linux.

Si capì allora quale sarebbe stata la risposta (o parte della risposta) alla crisi: la percentuale di errori e il costo per lo sviluppo di software a codice aperto si dimostrarono largamente più bassi di quelli associati al software a codice chiuso. I programmatori più dotati aderirono al nuovo "credo". Il successo esplosivo di Linux (e la sua adozione da parte della IBM) è uno degli effetti del dinamico sviluppo del codice aperto. Disse Eric Raymond: si tratta di un "cambiamento sismico" perché, come nel caso di rivoluzioni tecnologiche del passato, un effetto immediato è stato quello che Joseph Schumpeter chiamò distruzione creativa, in questo caso il prevedibile collasso del modello economico-commerciale delle grandi società di software rimaste attaccate allo sviluppo di software a codice chiuso.

Molti sono confusi, dice Raymond, perché l'evoluzione dell'industria del software si muove in direzione opposta a quella delle rivoluzioni tecnologiche che la hanno preceduta: in passato, la razionalizzazione è stata ottenuta muovendosi da attività decentralizzate verso sistemi di concentrazione di capitali. Nel caso del software, il movimento va in senso contrario: da concentrazione verso una forma nuova di artigianato e individualismo, basato sui PC a basso costo e l'Internet. È il caso di Linux.

La domanda su chi possiede Unix, o su chi può vantare diritti su Unix va al di là della componente puramente monetaria. Essa coinvolge il senso di paternità, di appartenenza rispetto al proprio lavoro della comunità "Unix", un legame fortissimo e profondamente sentito. Unix è nato nel 1969, frutto di ricercatori di scienze dei computer. Dal 1975 in poi, gran parte del suo sviluppo venne portato avanti da contributi esterni, specialmente della UC Berkeley e di altre università. La AT&T continuò a mantenere la titolarità legale dei risultati ottenuti da questo lavoro collettivo. Fin dai primi tempi della commercializzazione di Unix, il suo codice era considerato frutto di attività comune, e il possesso di una licenza sorgente, conferita da AT&T, veniva considerato più come gesto pro-forma di deferenza alla storia che riconoscimento di un continuo coinvolgimento attivo della AT&T.

E questo fu tanto più il caso dopo che hacker di Berkeley aggiunsero a Unix la capacità Internet, intorno agli anni '80. La comunità degli "Unix hacker", che si era formata dal tempo anteriore alla commercializzazione, credeva fermamente che, eticamente, il codice Unix apparteneva a loro, la gente che aveva le idee e aveva scritto il codice, e ciò indipendentemente da quello che dicevano le carte che riflettevano semplicemente l'espressione "estrema" del copyright, il premio "legale" a chi era stato più veloce, più scaltro, e anche più disonesto nell'appropriarsi le idee altrui, facendosele riconoscere tecnicamente come sue proprie, perché è così che funzionano le regole della proprietà intellettuale.

La conclusione della causa USL v. Berkeley, nel 1993, tranciò le pretese di AT&T e del suo successore Novell sul codice sorgente della BSD: questa vittoria venne percepita, nella comunità Unix, come puro e semplice - e da lungo dovuto - atto di giustizia. Era stato il primo grande confronto giudiziario; e gli hacker prevalsero. In base alle condizioni della transazione conclusa al termine della causa, il codice sorgente Berkeley - e quindi la tradizione Unix - ottenne così, anche legalmente, quella autonomia che le spettava, da sempre, nella mente dei programmatori Unix.

Fra il 1975 e il 1995 i distributori Unix e gli hacker Unix vissero in una specie di mezza simbiosi e mezzo antagonismo. Gli hacker asserivano l'espressione di titolarità sul codice sorgente Unix passandoselo liberamente per studio e soluzione dei problemi; i distributori davano il benvenuto a comportamenti che tecnicamente erano massicce violazioni di proprietà intellettuale, ma non creavano problemi perché tutto rimaneva in famiglia, senza effetto sul risultato operativo di alcuno. Nessuno avrebbe pensato di avanzare pretese di segreto d'affari basato sul codice sorgente storico della Bell Labs. E così, dopo che il codice base storico dei Bell Labs era diventato sempre più obsoleto, due eventi concomitanti - l'affermazione di Linux e l'open source BSD - condussero alla realizzazione che le licenze per l'ancestrale sorgente Unix erano ormai diventate formalismo legale senza significato. Le tecnologie avanzate della tradizione Unix si erano spostate verso Linux, e né i distributori né gli hacker avevano più alcun interesse nei codici sorgente dei Bell Labs.

Il cofondatore della SCO, Doug Michels, espresse il suo pensiero in un comunicato stampa: "L'idea dello sviluppo condiviso ha contrassegnato Unix per molti anni. L'internet ne ha ingigantito le proporzioni; e il codice aperto sta portando lo sviluppo cooperativo a nuovi livelli". Disse anche che i distributori Unix dovrebbero continuare a rimanere uniti alla comunità open source, in particolare Linux.
Quando Caldera acquistò il nome SCO, nel 2001, il collegamento con la storia si disperse; la gestione non era più nelle mani dei "vecchi" di Unix.