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Firma digitale

Se il giudice è distratto, il documento informatico non vale

di Manlio Cammarata - 08.03.04

 

La firma digitale non è valida per i rapporti con l'autorità giudiziaria?
La domanda nasce dalla pubblicazione su una rivista giuridica di un commento a una decisione del 
giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Firenze, che risale al 27 maggio 2003.
Il fatto è di ordinaria amministrazione: la Giunta provinciale di Firenze si costituisce parte civile in un processo, con una delibera firmata digitalmente (la Toscana è all'avanguardia nell'adozione delle procedure informatiche nella pubblica amministrazione ed è la prima regione ad aver emanato una legge ad hoc).

Ecco il testo della decisione:

Il Giudice,
vista la copia della delibera n. 167 della Giunta Provinciale osserva che le disposizioni del DPR 445/00 disciplinano, in ossequio alle leggi di semplificazione degli atti amministrativi, la emanazione di atti con firma digitale, cui è riconosciuta giuridica esistenza ed efficacia soltanto nei rapporti tra la P.A. ed i privati ed i concessionari con esplicita eccezione, come risulta dalla Legge Bassanini bis N° 127/99, nei rapporti a valere con l’autorità giudiziaria.
Pertanto e di conseguenza il documento informatico di cui è stata prodotta copia non ha efficacia probante  della provenienza e della volontà autorizzativi dell’Ente. Necessariamente dunque, la dichiarazione di costituirsi PC oggi prodotta è mancante di prova di quella volontà e quindi non può essere ammessa
.

C'è qualcosa che non va, perché la seconda legge di semplificazione che porta il nome dell'allora ministro della funzione pubblica è la n. 127 del 1997, e non del 1999, e comunque non contiene alcuna disposizione che limiti la portata del secondo comma dell'art. 15 della "Bassanini 1", la 59/97: "Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge...".

Per dovere di cronaca, uno strano tentativo di escludere l'uso del documento informatico nell'ordinaria giurisdizione si era verificato con una prima versione del testo unico sulla documentazione amministrativa, poi corretto nella stesura finale (vedi Testo unico: corrette le disposizioni sulla firma digitale e gli articoli precedenti). Successivamente sono state emanate le disposizioni sull'invio telematico degli atti nel processo civile e amministrativo, sicché l'affermazione del GUP di Firenze appare come il frutto di un momento di distrazione.
A conferma di questa interpretazione c'è il fatto che in un altro processo, poco tempo dopo, lo stesso giudice ha pacificamente accolto la costituzione di parte civile della stessa Provincia di Firenze, presentata con le stesse modalità.

Incidente chiuso, dunque. Ma se ne può trarre una lezione importante: l'uso della firma digitale è ormai obbligatorio per molti atti della pubblica amministrazione (soprattutto dopo l'adozione del protocollo informatico) e ora anche dei privati, come si vede dal recentissimo recepimento della direttiva 2001/115/CE (Decreto legislativo 52/04). Ma lo strumento è ancora troppo poco conosciuto e, soprattutto, non sono chiare le sue implicazioni e i suoi effetti, anche apparentemente secondari.

Un significativo esempio di questa situazione è nella lettera inviata a questa rivista da un'amministrazione comunale, in cui si chiede come fare a mantenere procedure contorte e al limite della legalità anche dopo l'adozione della gestione informatica dei procedimenti (Aiuto! La firma digitale rivela le irregolarità). Non è la sola domanda di questo tipo giunta negli ultimi tempi. Le vecchie abitudini sono dure a morire ed è difficile cogliere tutti gli aspetti più significativi dell'innovazione. Che non sono solo la maggiore efficienza ed efficacia delle procedure, ma anche la loro intrinseca regolarità e trasparenza.

Le soluzioni tecnologiche hanno dunque anche una funzione "moralizzatrice", una sorta di effetto collaterale che, come capita per molte medicine, non è per nulla gradito all'ammalato.

 

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