Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza del 30 gennaio 2006
N. della Sezione:
31/2006
OGGETTO:
presidenza del consiglio dei ministri - dipartimento per l'innovazione e
LE tecnologie - Schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive e
integrative al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, (Codice dell'amministrazione
digitale).
La Sezione
Vista la relazione trasmessa con nota prot. 1019/MIT/GAB del 12 dicembre
2005, con la quale il Ministro per l'innovazione e le tecnologie ha chiesto il
parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo indicato in
oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Mario Luigi Torsello;
Ritenuto quanto esposto dall'Amministrazione riferente;
PREMESSO
1. Il Ministro per l'innovazione e le tecnologie ha trasmesso uno schema di
provvedimento normativo recante modifiche (rectius: correzioni) ed
integrazioni al Codice dell'amministrazione digitale (d'ora in poi: Codice),
di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, emanato ai sensi dell'articolo
10 della legge delega 29 luglio 2003, n. 229, recante interventi in materia di
qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione.
Lo schema è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri nella
seduta del 2 dicembre 2005.
L'intento perseguito - riferisce l'Amministrazione - è quello di
apportare alcune variazioni al Codice, che è entrato in vigore il 1° gennaio
2006, tenendo presente gli approfondimenti svolti nel frattempo, dando ulteriore
applicazione a quanto esposto dal Consiglio di Stato (parere della Sezione
consultiva per gli atti normativi 7 febbraio 2005, n. 11995/04) sullo schema di
decreto legislativo n. 82/2005, nonché considerando quanto emerso dall'intenso
dibattito dottrinale cui ha dato luogo l'emanazione del Codice medesimo.
In particolare, l'Amministrazione intende dare una più completa realizzazione
ai principi e criteri direttivi di cui al comma 1 dell'art. 10 della legge
delega n. 229/2003, tentando nel contempo di eliminare incertezze o dubbi
interpretativi emersi in dottrina o posti dai più diretti destinatari del
Codice.
In merito, risulta che sia stato chiesto il parere della Conferenza unificata
ma, alla data dell'Adunanza, esso non è stato ancora formalmente reso.
Non risulta neanche trasmesso il parere del Dipartimento della funzione
pubblica, cui pure fa cenno la nota di trasmissione dello schema di decreto
legislativo in oggetto del 12 dicembre 2005 del Capo di gabinetto del Ministro
per l'innovazione e le tecnologie.
La relazione illustrativa segnala le principali novità introdotte, che verranno
esaminate singulatim, secondo quanto si dirà.
CONSIDERATO
2. In primo luogo - riferisce l'Amministrazione - è stata recepita l'osservazione
espressa dal Consiglio di Stato nel citato parere, di un testo più completo e
leggibile sull'argomento centrale della disciplina, quello dell'amministrazione
digitale, che ricomprenda anche la normativa sul Sistema pubblico di
connettività.
Questa Sezione, nel precedente parere, aveva evidenziato che una delle
caratteristiche del Codice deve essere quella della sua esaustività e
sistematicità, quantomeno in relazione agli strumenti portanti dell'innovazione
digitale nelle pubbliche amministrazioni.
Orbene, in questa sede occorre ribadire che, pur se l'idea della codificazione
è mutata e dal modello illuministico si è passati alla costruzione di
micro-sistemi legislativi, è comunque coessenziale all'idea medesima la
necessità di raccogliere le leggi di settore al fine di garantire l'unità e
la coerenza complessiva della disciplina (Adunanza generale, 25 ottobre 2004, n.
10548/04).
Il che evoca, in ogni caso, il principio della esaustività e sistematicità del
testo, nonché della sua stabilità cioè della tendenziale intangibilità.
Solo se completo ed esaustivo, infatti, un testo normativo può assurgere alla
qualificazione di Codice in senso proprio; altrimenti può perdere la sua stessa
ragion d'essere.
2.1 In questa prospettiva, si deve prendere atto che l'osservazione di
questo Consiglio, di cui al parere del febbraio scorso, è stata parzialmente
recepita.
E' vero, infatti, che l'attuale testo prevede, all'articolo 22, l'introduzione
di un nuovo Capo VIII nel decreto legislativo n. 82/2005, riguardante la
disciplina del Sistema pubblico di connettività e della rete internazionale
della pubblica amministrazione.
E' vero anche, però, che medio tempore, sono intervenute altre
disposizioni che, in qualche caso, contraddicono il Codice.
A titolo d'esempio, l'art. 1, comma 51, della legge 23 dicembre 2005, n.
266, "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato" (legge finanziaria 2006) si pone in contrasto con il Codice
nella parte in cui prevede che un concessionario di pubblico servizio (postale)
- e non un pubblico ufficiale - abbia la facoltà di dematerializzare i
documenti cartacei attestanti i pagamenti in conto corrente.
Tale disposizione pertanto, opportunamente modificata, va collocata all'interno
nel Codice, anche in ossequio al criterio della legge-delega secondo cui vanno
apportate, a fini di coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la
coerenza logica e sistematica della normativa in materia.
3. L'Amministrazione ritiene inoltre che, dalle integrazioni apportate,
conseguirebbe un rafforzamento della portata precettiva del Codice.
Sul punto questa Sezione aveva evidenziato la necessità di accompagnare, alle
enunciazioni di principio, disposizioni che non rimettessero l'attuazione dei
principi codicistici esclusivamente alla volontà delle singole amministrazioni.
Era stato anche sottolineato che la norma di delega, alla lett. b) del
comma 1 dell'art. 10, consentiva di innovare la legislazione vigente per "garantire
la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica" dalle
P.A. e "di assicurare ai cittadini e alle imprese l'accesso a tali
servizi".
Da qui la necessità che il Codice non si limitasse a ribadire tali finalità,
ma dovesse darne concreta ed effettiva attuazione.
3.1 A ben vedere le indicazioni della Sezione trovavano il loro fondamento
nella valutazione complessiva dell'esperienza dell'informatica pubblica nel
nostro Paese fin dall'inizio degli anni '90.
Il presupposto di fondo di tale valutazione, entrato ormai nella consapevolezza
comune, è che la diffusione dell'informatica e della telematica (Information
and Communication Technology-ICT) può radicalmente modificare l'assetto
dei pubblici poteri e l'esercizio dei compiti da essi assolti.
L'informatica pubblica può cioè dare un enorme apporto al complessivo
ammodernamento delle Amministrazioni e all'evoluzione dei rapporti tra
cittadino ed istituzioni, e può indirizzarle verso modalità di esercizio delle
competenze realmente efficienti, efficaci e trasparenti.
Tale considerazione è tanto più vera alla luce dei mutati assetti
costituzionali: l'ICT, in tale nuovo quadro, può divenire essenziale
strumento di raccordo tra i vari livelli di governo e mezzo fondamentale di
attuazione del principio di sussidiarietà.
In questa chiave l'art. 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59,
introdusse il principio - all'epoca profondamente innovativo nel contesto
mondiale - di generale rilevanza e validità dell'attività giuridica in forma
elettronica. Gli atti della pubblica amministrazione e i negozi privati emanati
e stipulati mediante l'utilizzo di sistemi informatici e telematici, sono
dunque validi e rilevanti a prescindere dalla loro trasposizione sul supporto
cartaceo.
E nella medesima direzione si sono sviluppate le iniziative normative
successive.
Oggi, dunque, nell'era della completa integrazione dei sistemi basati
sull'elaborazione automatica delle informazioni e della diffusione della rete Internet,
il supporto informatico non è più un semplice strumento tecnico ma diviene,
dal punto di vista organizzativo, risorsa strategica dell'agire pubblico.
D'altro canto, dal punto di vista strettamente giuridico, esso è uno dei modi
- il più moderno -in cui si esprime l'azione amministrativa; è la sua stessa
forma non separabile dal contenuto, e dunque è esplicazione diretta di
competenze pubbliche.
In questo senso mantiene ancora validità la considerazione secondo cui,
allorché la gestione dell'insieme dei flussi informativi e, in particolare,
documentali, viene affidata alla tecnologia informatica e telematica, questa non
si presenta più quale mero strumento tecnico di automazione delle attività di
ufficio (office automation) ma come vera e propria risorsa strategica,
necessaria per la migliore efficacia delle politiche della singola
amministrazione.
3.2 Il punto è però che, pur in presenza di un panorama normativo all'avanguardia,
sono mancate, nel corso di questi anni, quelle azioni collaterali - ma
evidentemente essenziali - che fanno sì che un complesso di disposizioni così
innovativo e di così ampio respiro sia effettivamente e concretamente attuato.
Anche il Codice (e le sue attuali correzioni e integrazioni) sembra non
affrontare realmente il problema della fattibilità, in senso tecnico, del corpus
normativo, cioè dell'attuabilità concreta ed effettiva delle disposizioni,
sia con riferimento alla valutazione preventiva dell'impatto sull'organizzazione
delle amministrazioni (cd. impatto interno), sia con riguardo ai cittadini e
alle imprese (cd. impatto esterno).
La questione in realtà è più ampia - e non riguarda certo solo il Codice- e,
con tutta evidenza, si traduce nella mancanza di un'approfondita e meditata
Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) o se si vuole, più in
generale - sfiorando aspetti di paradosso - di una effettività delle
disposizioni che disciplinano tale istituto (art. 5 della legge 8 marzo 1999, n.
50; direttive del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000 e 21
settembre 2001, e via di seguito, fino a giungere al recentissimo decreto-legge
10 gennaio 2006, n. 4, in attesa di conversione).
Certamente, tale analisi, nel caso in esame, presenta aspetti di notevole
complessità, considerato che si tratta di mutamenti per molti versi epocali
dell'Amministrazione tradizionalmente intesa.
Ma, proprio per questo, tale adempimento era tanto più necessario, anche
riflettendo sulla circostanza che, nel corso di questi anni, non sempre le
pubbliche amministrazioni hanno reagito positivamente alla spinta verso il
cambiamento e l'esperienza recente sembra dimostrare che alla rapidità della
produzione normativa non è seguita un'altrettanto celere capacità delle
strutture di assecondare il processo di ammodernamento.
E' stato più volte constatato come le amministrazioni hanno evidenziato
difficoltà nella definizione, avvio e realizzazione di progetti di
informatizzazione capaci di ottenere miglioramenti dei servizi offerti ai
cittadini e alle imprese e troppo spesso i processi elettronici hanno affiancato
quelli cartacei invece di sostituirli, con l'effetto che, talvolta, le
procedure amministrative sono diventate addirittura più complesse.
3.3 In effetti, per rendere concrete le innovative disposizioni del Codice,
occorre, prima di tutto, una profonda innovazione nei cd. processi
organizzativi, in grado di conciliare i tempi e i modi dell'agire
amministrativo con l'integrazione informatica e telematica, superando la
frattura tra innovazione tecnologica e innovazione amministrativa.
Se la scelta informatica non è solo strumento tecnologico, una possibile
soluzione - sperimentata con successo in altri Paesi avanzati - è quella di
promuovere, secondo un approccio aziendalistico, la cd. reingegnerizzazione
dei processi di servizio (Business Process Reengineering-BPR) partendo
dalla missione e dalle strategie e agendo contemporaneamente e globalmente su
tutte le altre componenti del processo di servizio (flusso, organizzazione,
personale, logistica, informazioni trattate; si veda, al riguardo, "La
reingegnerizzazione dei processi", in www.cnipa.gov.it.), pur,
ovviamente, nella consapevolezza della peculiarità dell'organizzazione
pubblica, astretta, per dettato costituzionale, dal principio di legalità.
Non sia tratta quindi, come è evidente, solo di rimodulare la "forma"
del procedimento amministrativo ma anche di ripensare la realtà organizzativa
- intesa in una dimensione olistica - in cui esso si cala e le possibili
interazioni con il dato normativo.
In questo senso, sostanzialmente, si era espresso anche il parere della Camera
dei deputati sullo schema di Codice del 23 febbraio 2005 (lett. a) del
parere).
Così come anche il Presidente della Repubblica, con un messaggio inviato al
Ministro riferente in data 9 febbraio 2005, ha sottolineato che occorrono "procedure
e comportamenti della Pubblica Amministrazione finalizzati alla
razionalizzazione dei processi".
Nella medesima direzione, del resto, si muovono anche le "Linee guida del
Governo per lo sviluppo della Società dell'informazione nella legislatura"
(parte II, n. 5): dalla premessa che l'organizzazione pubblica è composta da
un insieme di elementi (cultura, struttura, processi tecnologici, risorse umane
e norme) si prospettano una serie articolata di interventi su tutte le
componenti dell'Amministrazione, evidenziando, in particolare, la necessità
della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica.
Ecco perché, nel precedente parere della Sezione, era stata più volte
richiesta una stretta sinergia tra Dipartimento per l'innovazione e le
tecnologie e Funzione pubblica (punti 4.1, 5.2, 8.2, 10.2 del parere).
Ma dalla relazione illustrativa non risulta che tale Dipartimento abbia fornito
il proprio essenziale contributo all'iniziativa normativa.
Certo l'art. 15 del Codice (Digitalizzazione e riorganizzazione), soprattutto
al comma 2, sembra muoversi in questa nuova prospettiva ("..le
pubbliche amministrazioni provvedono in particolare a razionalizzare e
semplificare i procedimenti amministrativi, le attività gestionali, i
documenti, la modulistica, le modalità di accesso e di presentazione delle
istanze da parte dei cittadini e delle imprese..").
Ma si tratta di una previsione - come altre - di mero auspicio, priva di
qualsiasi forza precettiva e destinata presumibilmente ad essere disattesa.
Analoghe caratteristiche pare assumere anche la direttiva del Ministro riferente
del 4 gennaio 2005, nella parte in cui prevede (punto 2, La seconda fase della
digitalizzazione della P.A. Nuovi principi) che "le amministrazioni, nel
programmare i loro interventi di digitalizzazione, dovranno segnalare al
Dipartimento della funzione pubblica e al Ministro per l'innovazione e le
tecnologie, sia le opportunità/necessità di semplificazione dei procedimenti
amministrativi e delle regolamentazioni interne sia i fabbisogni di nuove
competenze, ai fini dell'adozione degli interventi conseguenti".
3.4 Particolarmente delicato è anche il profilo della fattibilità delle
norme sotto l'aspetto finanziario, fattibilità non tanto intesa nel senso
tradizionale di copertura finanziaria appalesata delle singole disposizioni ai
sensi dell'art. 81 della Costituzione, quanto, piuttosto, sotto il profilo
della necessità di risorse indispensabili affinché la realtà organizzativa
- sotto tutti i profili - su cui tali norme sono destinate ad operare, sia
predisposta a recepirle ed attuarle.
Al riguardo, pertanto, non può non ribadirsi quanto rilevato nel precedente
parere (punto 5.1). Permane nel Codice il problema della concreta fattibilità
delle innovazioni, in assenza di contestuale previsione di risorse aggiuntive e
di copertura finanziaria.
Si vedano, in questo senso, anche i pareri della Conferenza unificata del 20
gennaio 2005 e 13 gennaio 2005, secondo cui, tra l'altro, "qualsiasi
intervento di riassetto normativo in materia comunque non è sufficiente se
contestualmente non vengono definiti impegni economici e investimenti che
dovrebbero trovare copertura nelle leggi finanziarie per dare continuità ai
piani di azione per l'e-government italiani ed europei".
Permane altresì (punto 7 del parere precedente) la necessità che vengano
definiti i necessari programmi di sperimentazione, di formazione e di graduale
messa a regime delle innovazioni annunciate.
Inutile, ovviamente, sottolineare l'importanza decisiva che assume soprattutto
il tema della formazione delle risorse umane.
3.4.1 Più in generale, mentre l'Amministrazione ha seguito l'indicazione
di questa Sezione diretta a stabilire un congruo termine per l'entrata in
vigore del Codice, si prende atto che, in tale amplissimo lasso temporale, non
risulta che siano state poste in essere tutte le iniziative necessarie per
disporre delle risorse umane e finanziarie necessarie per l'effettiva
realizzazione della riforma e per raggiungere le finalità della delega (punti
4.1 e 4.2 del precedente parere).
3.5 Per quanto concerne il ruolo dell'autorità politica e della dirigenza
in tale processo di ammodernamento, con il decreto correttivo ed integrativo,
oggi all'esame, è stato modificato l'art. 12 del Codice, riguardante "Norme
generali per l'uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni
nell'azione amministrativa", richiamando espressamente, nel promuovere l'attuazione
delle disposizioni, la responsabilità politica degli organi di governo ex
art. 14, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001.
Al riguardo, va ribadita la centralità della figura dirigenziale nel
raggiungimento degli obiettivi sopra detti: il ruolo del dirigente appare
decisivo per sollecitare un atteggiamento di disponibilità all'uso delle
tecnologie informatiche che le faccia cogliere in tutte le loro positive
potenzialità e non come dei lacci imposti a chi deve utilizzarle.
Del resto ciò è anche riconosciuto dalla recente direttiva del Ministro
riferente del 4 gennaio 2005 (Linee guida in materia di digitalizzazione dell'
amministrazione, punto 4).
In tale prospettiva, il decreto correttivo appare troppo tenue e quasi meramente
ottativo, là dove prevede che gli organi di governo, nell'esercizio delle
funzioni di indirizzo politico ed in particolare nell'emanazione delle
direttive generali per l'attività amministrativa, promuovano l'attuazione
delle disposizioni del Codice.
Occorre prevedere quindi una norma più incisiva, modulata sull'analoga
disposizione contenuta nella legge 9 gennaio 2004, n. 4 - Disposizioni per
favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici - il cui
art. 9 prevede che "L'inosservanza delle disposizioni della presente
legge comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai
sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme
vigenti.".
3.6 Sempre sotto l'essenziale profilo della fattibilità delle
disposizioni, va segnalato il delicato problema dell'assolvimento degli
obblighi fiscali relativi ai documenti informatici.
Appare difatti evidente che la disciplina normativa di tale materia è
propedeutica all'effettiva funzionalità del sistema. E, d'altro canto,
proprio la mancata tempestiva emanazione della disciplina ne ha impedito, ad
oggi, la piena operatività.
La materia è comunque attualmente regolata dal decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 23 gennaio 2004 (Modalità di assolvimento degli
obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione in
diversi tipi di supporto), peraltro emanato con sensibile ritardo rispetto alla
disciplina sostanziale che risale al d.P.R. n. 513/1997.
In particolare, l'art. 7 di tale decreto prevede che l'imposta di bollo sui
documenti informatici sia corrisposta mediante versamento nei modi di cui al
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237, e che l'interessato presenti
all'Ufficio delle entrate competente una comunicazione contenente l'indicazione
del numero presuntivo degli atti, dei documenti e dei registri che potranno
essere emessi o utilizzati durante l'anno, nonché l'importo e gli estremi
dell'avvenuto pagamento dell'imposta.
Appare evidente, al riguardo, che l'assolvimento dell'imposta di bollo solo
per una serie di atti in via presuntiva appare un sistema alquanto macchinoso ed
inutilizzabile dal comune cittadino, il quale normalmente non conosce in
anticipo il numero di atti informatici che invierà all'Amministrazione.
Occorrerà pertanto che l'attuazione dell'art. 21, comma 5, del Codice ("Gli
obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su
diversi tipi di supporto sono assolti secondo le modalità definite con uno o
più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro
delegato per l'innovazione e le tecnologie") avvenga al più presto,
individuando modalità attuative quanto più è possibile semplici e sicure.
Al riguardo è inutile rammentare che, da tempo, è possibile l'assolvimento
immediato on line degli obblighi fiscali (Unico on line sul sito
della stessa Amministrazione finanziaria, mediante conti correnti postali
intestati alle Tesorerie sul sito delle Poste italiane, mediante modelli F24
elettronici sui siti degli istituti bancari che hanno sistemi di home banking).
Non sussiste, pertanto, nessun ostacolo tecnico per consentire il pagamento
anche di piccole somme direttamente al momento dell'invio dell'atto informatico,
ad es. con carta di credito o con la cd. moneta elettronica.
3.7 Ancora nella prospettiva di attribuire effetti giuridici più espliciti a
talune disposizioni, che potevano apparire come mere dichiarazioni di intenti, l'Amministrazione
ha recepito l'indicazione della Sezione, che aveva suggerito l'espressa
previsione della possibilità del ricorso da parte dei cittadini ed imprese agli
ordinari strumenti di tutela giurisdizionale, in caso di inerzia o di
inadempimento alla nuova disciplina.
Al riguardo è stato integrato l'art. 3 del Codice, prevedendo che le
controversie concernenti l'esercizio del diritto di richiedere ed ottenere
l'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le amministrazioni,
siano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.
3.7.1 Orbene, sembra che l'Amministrazione intenda attribuire al "diritto"
(di richiedere ed ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle
comunicazioni con le amministrazioni) la consistenza di una posizione giuridica
soggettiva tutelata in sé, ancorché priva di immediati contenuti sostanziali e
ciò al commendevole fine di incentivare - con il supporto giurisdizionale -
tali modalità di comunicazione.
La costruzione non appare in contrasto con i principi della materia, dal momento
che, come è noto, l'ordinamento amministrativo conosce altre situazioni
soggettive in cui è attribuita tutela ad una posizione che può apparire priva
di contenuti direttamente sostanziali. Si pensi (almeno secondo un'impostazione)
al diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Sembra però alla Sezione che la giurisdizione debba appartenere al giudice
amministrativo, giudice "naturale" della pubblica amministrazione.
E' possibile che l'Amministrazione sia stata indotta alla diversa soluzione
dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, in materia di
riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo.
In effetti, però, in tale sentenza la Corte ha ritenuto che le materie per le
quali il legislatore ordinario può prevedere l'attribuzione alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle relative controversie
debbano essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla
giurisdizione generale di legittimità, nel senso che "devono partecipare
della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la P.A.
agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino
davanti al giudice amministrativo".
Ma l'esercizio del potere organizzatorio della pubblica amministrazione -
per costante orientamento - è esercizio di poteri autoritativi.
Pertanto - proprio seguendo l'iter argomentativo della Corte - a
fronte dell'azione della P.A. come "autorità" non si possono
ordinariamente scorgere diritti soggettivi in senso proprio, se non per quanto
riguarda i limiti esterni del potere, ma solo interessi legittimi.
Se ne deduce che appare più coerente con i principi della materia l'attribuzione
della giurisdizione al giudice amministrativo.
Tale soluzione sembra anche confermata dalla nuova formulazione dell'art. 3,
comma 1.
Al di là di quanto si dirà infra su tale novellazione (punto 4.2), la
disposizione, così modificata, prevede che tale "diritto" possa
essere esercitato anche nei confronti delle amministrazioni regionali e locali
"nei limiti delle risorse tecnologiche disponibili".
Con il che si conferma che la situazione soggettiva tutelata non è un diritto
soggettivo in senso proprio, poiché tale situazione non è tutelata nella sua
pienezza allorché non vi siano le necessarie risorse.
Né, ovviamente, sarebbe costituzionalmente consentito differenziare la
situazione soggettiva in relazione alla diversa amministrazione (statale o meno)
cui il cittadino o l'impresa chiede l'uso delle tecnologie.
3.7.2 E' appena il caso di segnalare che l'individuazione del giudice
competente riverbererà i suoi effetti anche sull'interpretazione di altre
disposizioni già presenti nel sistema, quali quelle contenute nell'art. 1
della legge 9 gennaio 2004, n. 4, (Disposizioni per favorire l'accesso dei
soggetti disabili agli strumenti informatici) che prevede, al comma 1, che "La
Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le
fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si
articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.", e , al
comma 2, secondo cui "È tutelato e garantito, in particolare, il diritto
di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e
ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza
al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione".
3.8 Rimangono ancora irrisolte le rilevanti problematiche esposte nel
precedente parere connesse alla necessità di misure concrete per limitare il
fenomeno del cd. digital divide, cioè di azioni che favoriscano coloro
che non sono in possesso degli strumenti e delle conoscenze necessarie per
utilizzare le tecnologie dell'informazione.
Pur prendendo atto della recente emanazione della citata legge 9 gennaio 2004,
n. 4 - Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti
informatici, si ribadisce che - più in generale - esiste la concreta
possibilità che un rilevante numero di cittadini possa risultare escluso dal
passaggio ad un'amministrazione esclusivamente digitale.
Sotto tale profilo, la disposizione di cui all'art. 9 del Codice (Alfabetizzazione
informatica dei cittadini), secondo cui "Lo Stato promuove iniziative volte
a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo
alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l'utilizzo dei
servizi telematici delle pubbliche amministrazioni", introdotta all'esito
del precedente parere di questa Sezione, appare, ancora una volta, una mera
previsione programmatica e di principio.
E analogamente - sotto altro versante - meramente programmatica è la
disposizione di cui all'art. 14, comma 3, ultima parte, del Codice secondo cui
"Lo Stato, .previene il divario tecnologico tra amministrazioni di
diversa dimensione e collocazione territoriale".
Pertanto, a tal fine, si ripete che occorrono specifiche e concrete iniziative
che richiedono una adeguata copertura finanziaria e amministrativa.
4. Nel precedente parere era stata evidenziata la necessità che il Codice,
pur nell'opportuna centralizzazione di alcuni profili della disciplina,
tenesse in maggiore considerazione le esigenze di raccordo con le reti regionali
e locali integrando - sul modello del Sistema pubblico di connettività - a
livello statale, la disciplina generale del procedimento amministrativo come
disciplina generale valevole anche per le Regioni ma consentendo anche ai
sistemi informatici pubblici regionali e locali di svilupparsi e migliorare le
prestazioni, nella compatibilità con l'intero sistema ma nel rispetto dell'autonomia.
In questa prospettiva la Sezione aveva ritenuto che il Codice sembrava
prescindere, nella sostanza, dal ruolo delle Regioni e delle autonomie locali
(soprattutto dei comuni), che costituiscono invece il livello principale sul
quale agire per una effettiva erogazione on line dei servizi pubblici -
quantomeno di quelli prioritari - a cittadini ed imprese.
Inoltre la Sezione, condividendo le osservazioni del parere della Conferenza
unificata del 20 gennaio 2005, riteneva di raccomandare l'istituzione di un'"Agenzia
nazionale federata" per l'e-government.
Con il decreto attualmente all'esame, il Governo - come si legge nella
relazione illustrativa - ha ritenuto di ampliare anche alle amministrazioni
regionali e locali l'ambito di applicazione del disposto di cui all'art. 3
del decreto legislativo n. 82 del 2005, che prevede il diritto dei cittadini e
delle imprese all'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni.
4.1 Come è noto, sulla questione del riparto delle competenze tra lo Stato e
le Regioni in materia, è intervenuta recentemente la Corte costituzionale con
alcune decisioni.
Con la sentenza n. 17 del 2004 la Corte ha definito il coordinamento informativo
statistico ed informatico come una tipica ipotesi di coordinamento tecnico,
finalizzato ad assicurare "una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard
omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici
della pubblica amministrazione".
Con la successiva sentenza n. 31 del 2005, la Corte ha poi chiarito che il
coordinamento tecnico può ricomprendere anche profili della legislazione
relativi ai seguenti aspetti: a) garantire l'interoperabilità e la
cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni; b) assicurare una
migliore efficacia della spesa informatica e telematica; c) generare
significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le
migliori pratiche e favorendo il riuso; d) indirizzare gli investimenti
nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata
strategia.
Si vedano anche le sentenze n. 307/2004, n. 50/2005 e n. 271/2005.
Certamente tale impostazione della Corte appare diretta conseguenza del (nuovo)
dettato costituzionale.
Ma è altrettanto vero che occorre considerare lo stretto collegamento esistente
tra scelte informatiche e scelte organizzative - come sopra si è detto - e
che pertanto una scelta (pur di coordinamento) informatica non è mai
finalisticamente neutra sotto un profilo organizzativo, a meno di non voler
ridurre - secondo una visione ormai abbandonata - essa scelta ad una mera e
semplice automazione di base, che affianca ma non sostituisce le modalità
tradizionali dell'azione dell'amministrazione.
Del resto, secondo l'iter argomentativo della stessa Corte, se il
coordinamento è necessario per "garantire l'interoperabilità e la
cooperazione applicativa tra pubbliche amministrazioni", esso presuppone
(come si dirà al punto 8.1) oltre alle norme tecniche ed alle risorse
tecnologiche, anche una profonda modifica nei processi interni.
In sostanza, non può separarsi il coordinamento informatico dall'organizzazione
amministrativa delle Regioni e delle autonomie territoriali.
Ma se ciò è vero, allora non può non ribadirsi l'impossibilità di
prescindere dal ruolo delle Regioni e delle autonomie locali, che costituiscono
il principale vettore per la trasmissione dei pubblici servizi al cittadino e
alle imprese, risultando indispensabile il loro coinvolgimento nelle strategie
generali e il loro diretto apporto per raggiungere un livello omogeneo di
sviluppo nell'offerta di servizi (art. 117, quarto comma, art. 117, sesto
comma, art. 118 Cost.).
Sotto tale profilo si prende atto delle modifiche apportate, dopo il precedente
parere, all'attuale art. 14 del Codice, il cui comma 2 delinea un ruolo più
significativo della Conferenza unificata, prevedendo che "Lo Stato, le Regioni
e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso
la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di
digitalizzazione dell'azione amministrativa coordinato e condiviso e per
l'individuazione delle regole tecniche.".
Si tratta, però, pur sempre, di soluzioni meramente procedimentali e pertanto,
di per sé, inevitabilmente episodiche, laddove la complessità e la rilevanza
della materia sembrano richiedere stabili soluzioni organizzative.
Da questo punto di vista è stato rilevato che "L'attuazione dell'e-government
nel contesto di una profonda riorganizzazione dell'Amministrazione pubblica in
senso federale, richiede necessariamente un'intensa ed efficace cooperazione
tra tutte le diverse tipologie di amministrazione pubblica. Tale cooperazione
per essere efficace non deve limitarsi al livello della concertazione politica
ma deve trasferirsi nei processi di attuazione e di gestione mediante la
costituzione di specifiche strutture amministrative condivise" (v. il
documento, approvato dalla Conferenza unificata il 24 luglio 2003, "L'e-government
per un federalismo efficiente" del Comitato tecnico della Commissione
permanente per l'innovazione e le tecnologie costituita tra i Presidenti delle
regioni e il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in www.innovazione.gov.it).
4.2 In assenza di elementi da parte della relazione illustrativa al decreto
legislativo in esame, è presumibile che l'Amministrazione abbia ritenuto che
una possibile sede di composizione degli interessi dello Stato, delle Regioni e
delle altre autonomie territoriali possa essere costituita anche dalla
Commissione di coordinamento del Sistema pubblico di connettività, di cui al
decreto legislativo n. 42 del 28 febbraio 2005, traslato nell'attuale Codice.
In questo senso si veda il parere della Camera dei deputati sullo schema di
Codice del 23 febbraio 2005.
Tale soluzione, però, non appare pienamente idonea allo scopo, poiché la
Commissione è preposta esclusivamente agli indirizzi strategici del Sistema
pubblico di connettività (art. 79, comma 1, del nuovo testo del Codice).
Pertanto, la strettissima connessione tra profilo informatico e profilo
organizzativo, per quanto sopra detto, ripropone ed impone - ad avviso della
Sezione - la necessità che venga istituito un organismo, di alto profilo e con
caratteristiche non solo tecniche, quale sede stabile di raccordo e,
soprattutto, di decisione, delle iniziative dello Stato, delle Regioni e delle
autonomie locali, ovvero che tale sede venga individuata in uno degli organismi
già esistenti nel panorama istituzionale.
4.3 In questa prospettiva potrebbe giustificarsi l'ampliamento soggettivo
della previsione di cui all'art. 3 (Diritto all'uso delle tecnologie) anche
alle amministrazioni regionali e locali nonché quella di cui all'art. 54
(Contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni).
Anzi, su questa linea, appare limitativo condizionare l'applicabilità della
disposizione di cui all'art. 3 nei confronti delle Regioni - atteso il ruolo
e il rilievo che esse hanno assunto - alla circostanza che sussistano "risorse
tecnologiche disponibili".
Appare più opportuno riservare, invece, tale condizione alle amministrazioni
locali che, come è noto, hanno dimensioni, rilievo e disponibilità finanziarie
minori e diversificate.
Qualche perplessità suscita, inoltre, l'ulteriore limite oggettivo della
disposizione, sempre dell'art. 3, che prevede l'azionabilità del diritto
all'uso delle tecnologie nei soli aspetti concernenti la comunicazione e non,
in una visione più ampia, all'intero spettro dei rapporti tra
cittadino-impresa e amministrazione a partire dall'avvio del procedimento,
passando per i momenti partecipativi, fino all'accesso agli atti.
5. Il Dipartimento riferente ha poi apportato talune modifiche agli articoli
20 e 21 del Codice, che disciplinano il "documento informatico",
fissando - secondo quanto si legge nella relazione - i requisiti che
soddisfano le disposizioni di legge, che impongono la forma scritta, come
requisito di validità dell'atto, chiarendo nel contempo quali tipologie di
documento informatico soddisfano le disposizioni dell'ordinamento che
impongono la forma scritta quale modalità specifica di assolvimento di obblighi
di natura essenzialmente informativa.
Anche sotto il profilo della efficacia probatoria del documento informatico, di
cui all'articolo 21 del Codice, si sono volute introdurre alcune modifiche.
Per quanto riguarda l'efficacia probatoria del documento informatico,
sottoscritto con firma digitale o con altra firma qualificata, si è voluto
mantenere il richiamo all'articolo 2702 del codice civile, puntualizzando al
comma 2, la previsione di riconducibilità dell'utilizzo del dispositivo di
firma allo stesso, salvo che questi dia la prova contraria.
5.1 Su tale ultimo punto la Sezione rileva che la direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 1999/93/CE, recepita nell'ordinamento interno dal
d.lgs. n. 10/2002, oggi interamente sostituito dalle disposizioni del Codice è
- com'è noto - ispirata ai principi della neutralità tecnologica e della
parità di trattamento, detto anche principio di "non discriminazione",
tra documento informatico e documento su supporto cartaceo.
Da un lato, pertanto, tutte le disposizioni della direttiva sono ispirate al
principio che vieta al legislatore nazionale di condizionare (anche
indirettamente, attraverso il riferimento a standard tecnologici adottati
da specifici prodotti) la libera circolazione dei prodotti e dei servizi
utilizzabili per le firme elettroniche; dall'altro, la direttiva impone agli
Stati membri di provvedere affinché le firme elettroniche avanzate, basate su
un certificato qualificato e create mediante un dispositivo per la creazione di
una firma sicura ".posseggano i requisiti legali di una firma in
relazione ai dati in forma elettronica così come una firma autografa li
possiede per dati cartacei" e "siano ammesse come prova in giudizio",
nonché ".una firma elettronica non sia considerata legalmente inefficace
e inammissibile come prova in giudizio unicamente a causa del fatto che è in
forma elettronica, non basata su un certificato qualificato o non basata su un
certificato qualificato rilasciato da un prestatore di servizi di certificazione
accreditato, ovvero non creata da un dispositivo per la creazione di una firma
sicura" (articolo 5, comma 2).
Nell'ordinamento italiano, la firma elettronica avanzata, descritta nella
direttiva comunitaria coincide, sul piano tecnico e giuridico, col sistema di
firma digitale basata su un sistema crittografico a chiave pubblica descritto
nel Codice.
La direttiva comunitaria, in sostanza, impone agli Stati membri di equiparare
alla sottoscrizione autografa, quanto agli effetti probatori, una firma
elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e generata con un
dispositivo sicuro e di non escludere la rilevanza giuridica di una firma
elettronica per il solo fatto che essa non può essere apposta su un documento
cartaceo.
La direttiva non prevede, dunque, che le firme elettroniche possano conferire al
documento informatico una efficacia probatoria maggiore di quella che assume,
nel processo, una scrittura privata munita di sottoscrizione autografa.
Il testo risultante dalle modifiche introdotte dal decreto integrativo -
invece - rafforza, particolarmente sotto il profilo probatorio, il valore
legale del documento informatico sottoscritto con firma digitale a scapito del
documento formato sul tradizionale supporto cartaceo.
Le norme del decreto legislativo (che sono soprattutto norme di recepimento,
nella specifica materia, delle disposizioni comunitarie) non sembrano recepire
correttamente il diritto comunitario nel diritto interno e, soprattutto,
sembrano alterare il sistema delle prove nel processo civile.
Com'è noto, nell'intento di non stravolgere il delicato equilibrio del
sistema delle prove documentali del processo civile, collaudato da secoli di
cultura giuridica, l'articolo 4 del d.P.R. n. 513 del 1997 attribuiva al
documento informatico, sottoscritto con firma digitale, "L'efficacia di
scrittura privata ai sensi dell'art. 2702 del codice civile",
semplicemente equiparando al documento scritto, sottoscritto con firma
autografa, il documento scritto su supporto informatico sottoscritto con firma
digitale.
In altri termini, come dalla sottoscrizione autografa si ricava la presunzione
di legge, sino a prova contraria, del consenso del firmatario sul contenuto del
documento, così dalla sottoscrizione del documento informatico, mediante la
firma digitale, l'ordinamento dovrebbe trarre le medesime presunzioni legali,
identificando nell'autore della firma digitale l'autore del documento
informatico a cui attribuire gli effetti dell'atto.
Nel testo del decreto correttivo, invece, la parità di condizioni è soltanto
apparente, poiché l'efficacia probatoria della scrittura informatica è
rafforzata dalla maggiore difficoltà del disconoscimento giudiziale della firma
(artt. 214 e ss. c.p.c.)
Sostenere che l'uso dello strumento di firma "si presume riconducibile al
titolare" e che soddisfa "comunque" il requisito della forma
scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall'articolo 1350
c.c., equivale, in sostanza, ad introdurre nell'ordinamento una presunzione di
riconoscimento della provenienza del documento simile a quella prevista dall'art.
2703 c.c. per gli atti formati dal pubblico ufficiale (la firma, per così dire,
"si ha per riconosciuta" anche se essa non è stata apposta davanti
al pubblico ufficiale).
Pertanto, mentre colui contro il quale viene esibita in giudizio una falsa
scrittura cartacea può limitarsi a disconoscere la propria firma dando luogo
alla speciale procedura di verificazione prevista dagli artt. 214 e ss. c.p.c.
(nella quale è colui che intende utilizzare la scrittura che deve provarne la
autenticità), la parte processuale, contro la quale viene esibita in giudizio
una falsa scrittura formata su supporto informatico, oltre a disconoscere la
propria firma deve anche fornire le prove della sua falsità, con un'inversione
dell'onere probatorio che appare ingiustificato.
Si consideri, inoltre, che mentre le prove di una falsa sottoscrizione autografa
consistono, di norma, nella produzione di scritture di comparazione, provenienti
da atti sottoscritti, ad esempio, in presenza del pubblico ufficiale che li ha
autenticati (atti che possono trovarsi nella piena disponibilità della parte,
che può, così, tempestivamente esibirli al giudice), nell'ipotesi della
firma digitale il reperimento delle prove della falsità della firma costituisce
attività più complessa, rendendo ingiustamente oneroso l'esercizio del
diritto di difesa da parte del soggetto che lamenta un tentativo di illecita
locupletazione ai suoi danni.
Nei casi in cui la falsità consista nell'uso abusivo dello strumento di
firma, ad esempio, potrebbe rendersi necessario identificare il calcolatore che
è stato utilizzato per formare il documento, la chiave privata utilizzata per
apporre la firma, il percorso seguito dal documento trasmesso per via
telematica, la validità del certificato emesso dal soggetto certificatore ed
altre simili attività. Ciò non significa, evidentemente, che il
disconoscimento della firma digitale sia impossibile, bensì che tale attività
implica il ricorso a tecniche d'istruzione differenti (ad esempio: il perito
grafico sarà sostituito da un perito informatico).
In ogni caso: la diversa natura delle indagini istruttorie per l'accertamento
della autenticità del documento certamente non giustifica l'inversione dell'onere
della prova a danno di colui che può essere vittima di una macchinazione (né
una sostanziale elusione degli obblighi imposti dalla direttiva del 1999).
In conclusione, il documento informatico, munito di firma digitale, sembra
porsi, per effetto dell'inversione dell'onere della prova in tema di
disconoscimento, come una sorta di tertium genus tra la scrittura privata
e l'atto pubblico, avendo in giudizio la stessa efficacia probatoria di una
scrittura privata munita di sottoscrizione legalmente riconosciuta, ed essendo,
in realtà, in nulla diverso da una scrittura privata munita di sottoscrizione
non autenticata.
Le disposizioni che il decreto legislativo intende modificare - peraltro -
devono, per non eccedere i limiti della delega legislativa (art. 76 Cost.)
limitarsi al recepimento nell'ordinamento interno della direttiva 1999/93/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, secondo i criteri indicati dall'articolo
2 della legge di delega n. 422 del 2000, e precisamente, osservando gli
specifici principi e criteri direttivi "stabiliti nella direttiva da
attuare", ed introducendo solo le modifiche o integrazioni necessarie per
evitare "disarmonie con le discipline vigenti per i singoli settori
interessati dalla normativa da attuare" (art. 2, lett. b).
E' ben vero che anche l'attuale testo dell'art. 21 prevede l'inversione
dell'onere della prova ai fini del disconoscimento della firma, ma imporre
soltanto al titolare dello strumento di firma (in questo senso, la modifica dell'espressione
"sia fornita la prova" con "dia la prova") significa rafforzare
ulteriormente, nel senso suindicato, la disparità di trattamento tra la
scrittura cartacea e la scrittura informatica.
La disposizione in esame, pertanto, deve essere correlativamente modificata.
5.2 Ad ogni modo non risulta che sia stato accolto l'invito - formulato
con il precedente parere - affinché, sulla delicata questione, esprima il
proprio motivato avviso il Ministero della giustizia (punto 5.2 del parere).
La Sezione, attesa la rilevanza della questione, ribadisce la necessità di un
espresso pronunciamento di tale Ministero.
6. Sono state poi introdotte alcune modifiche volte a rendere più chiare le
vigenti disposizioni in tema di firma digitale, certificato qualificato,
obblighi del titolare della firma e del certificatore superando alcune
criticità interpretative evidenziate dai rappresentanti delle categorie
interessate e dirette destinatarie delle norme.
Al riguardo la Sezione non ha particolari osservazioni da formulare.
7. In merito alla sottoscrizione di documenti informatici aventi rilevanza
esterna la norma di cui all'art. 34 prevede, per le pubbliche amministrazioni,
la possibilità di svolgere direttamente l'attività di rilascio di
certificati qualificati, accreditandosi preventivamente; tale attività,
tuttavia, può essere svolta esclusivamente nei confronti dei propri organi od
uffici, nonché di categorie di terzi, pubblici o privati, ma esclusivamente nei
confronti dell'amministrazione certificante; la modifica introdotta esclude
espressamente da questa limitazione i certificati rilasciati da collegi ed
ordini professionali e loro organi, nei confronti degli iscritti dei rispettivi
albi, così chiarendo delle possibili ambiguità interpretative cui poteva dare
luogo il vecchio testo.
Anche su tali modifiche la Sezione non ha particolari osservazioni da formulare.
8. L'Amministrazione ha poi ritenuto opportuno integrare e rafforzare la
portata dell'attuale articolo 41, integrandolo con tre commi che prevedono una
disciplina di carattere generale del c.d. fascicolo informatico.
In esso trovano applicazione le regole che presiedono alla disciplina del
protocollo informatico, nonché del Sistema pubblico di connettività,
necessarie per la realizzazione della "interoperabilità", ossia dei
servizi idonei a favorire lo scambio dei dati e delle informazioni all'interno
delle pubbliche amministrazioni e tra queste ed i cittadini e la c.d. "cooperazione
applicativa", che consente l'interazione tra i sistemi informatici delle
pubbliche amministrazioni per consentire l'integrazione delle informazioni e
dei procedimenti amministrativi.
Il fascicolo informatico, pur essendo nella sua costituzione e gestione curato
dall'amministrazione titolare del procedimento, ha il pregio - riferisce l'Amministrazione
- di essere consultabile ed alimentabile da parte di tutte le amministrazioni
che intervengono nel procedimento.
Esso è costituito e gestito in modo da consentire l'esercizio in via
telematica dei diritti di cui alla legge n. 241 del 1990.
L'intervento di integrazione al Codice vigente - riferisce sempre l'Amministrazione
- vuole rispettare la normativa sostanziale di cui alla legge 241 del 1990,
non derogando alla stessa, ma operando in modo da consentirne la realizzazione
telematica per conseguire una maggiore efficienza nelle attività delle
pubbliche amministrazioni, nei loro rapporti interni e tra queste ed i privati.
Si ritiene, così, di avviare il cammino normativo nella direzione auspicata dal
Consiglio di Stato nel precedente parere verso "un'opera di riordino che
ripensi a livello informatico la disciplina sostanziale, nelle sedi
sistematicamente proprie".
8.1 In effetti il fascicolo informatico costituisce un ulteriore passo verso
la realizzazione dei fondamentali obiettivi di interconnessione e
interoperabilità e di cooperazione applicativa con i quali si vuole raggiungere
il risultato di far interagire il cittadino e l'impresa con una pubblica
amministrazione unitaria, che funzioni come centro di erogazione di servizi e
prestazioni, e che sia dotata, allo scopo, di un sistema informativo integrato
ed omogeneo.
Vale la pena di rammentare che, fin dallo studio di fattibilità della Rete
unitaria delle pubbliche amministrazioni (1996) le principali
macro-funzionalità di rete vennero identificate nell'interconnessione (interconnection)
- che rende tecnicamente possibile il colloquio, lo scambio di dati tra diversi
sistemi informativi, attraverso apparati di telecomunicazione, determinando
così la capacità di ricevere e spedire messaggi, nell'interoperabilità (interworking)
- la possibilità di due o più sistemi di capirsi e di svolgere insieme un
lavoro in comune, una volta che gli stessi siano tra loro collegati cioè
interconnessi (ad es.: il trasferimento di file, la posta elettronica e l'accesso
a banche dati remote) - e infine, quale obiettivo finale della complessa
realizzazione, nella cooperazione applicativa, intesa come capacità delle
applicazioni informatiche di una amministrazione di fare uso dei servizi
applicativi messi a disposizione da altre amministrazioni.
Attualmente, dopo aver compiutamente realizzato la fase dell'interconnessione
e della piena interoperabilità, tutti gli sforzi tecnologici, organizzativi e
finanziari sono rivolti alla completa e omogenea (sul territorio) realizzazione
della fase della cooperazione applicativa. In tale obiettivo risiede, difatti,
la ragione ultima della progettazione della Rete unitaria (e della sua
evoluzione nel Sistema pubblico di connettività): un sistema telematico in
grado di far interagire tra di loro le amministrazioni (a tutti i livelli di
autonomia e di governo) in modo da erogare servizi (amministrativi e
prestazionali) ai cittadini e alle imprese. Non certo e non solo un sistema
telematico in grado di veicolare messaggi di posta elettronica e traffico web.
E su questa strada l'impegno è particolarmente complesso, soprattutto se si
tende ad una cooperazione applicativa diffusa ed omogenea sul territorio
nazionale. Prospettiva questa che rende ancor più evidente la necessità di un
forte coordinamento dei vari livelli di autonomia.
In questo modo, inoltre, il sistema informativo diverrà integrabile nel
contesto europeo, così da poter interoperare con i sistemi informativi delle
pubbliche amministrazioni degli altri Paesi membri.
L'integrazione dei sistemi informativi della pubblica amministrazione, sia
centrale che locale, appare quindi come fattore prioritario per ogni intervento
nel settore, al fine del conseguimento degli obiettivi di miglioramento dei
servizi al cittadino e di contenimento dei costi.
E ciò in stretta correlazione con quanto previsto dall'art. 2, comma 2, del
d.lgs n. 42 del 2005 - art. 73 del Codice, come integrato dal decreto
legislativo in esame - che definisce il Sistema pubblico di connettività come
"l'insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche, per lo
sviluppo, la condivisione, l'integrazione e la diffusione del patrimonio
informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare
l'interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi
informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza
delle informazioni, nonché la salvaguardia e l'autonomia del patrimonio
informativo di ciascuna pubblica amministrazione".
8.2 Rimangono, però, tutti i dubbi sulla fattibilità concreta delle nuove
disposizioni.
Si ribadisce che, affinché le amministrazioni pubbliche possano interagire
efficacemente e presentarsi all'esterno come un unico soggetto, occorre, oltre
alle norme ed alle risorse tecnologiche necessarie, anche una profonda modifica
nei processi organizzativi e decisionali interni.
Si richiede inoltre, con tutta evidenza, una forte azione di Governo per il
presidio e il coordinamento del complesso delle iniziative; ciò in una visione
nuova dell'informatica pubblica, cui viene attribuito il ruolo effettivo di
strumento e motore dell'azione di modernizzazione della pubblica
amministrazione.
Il che è tanto più necessario ove si consideri che il fascicolo informatico
- per sua essenza - presuppone il coinvolgimento di diversi uffici o di
diverse amministrazioni.
In questa prospettiva uno dei nodi fondamentali sarà proprio il rapporto tra e-government
e autonomia, anche costituzionalmente garantita, delle pubbliche
amministrazioni.
Occorrerà quindi - pur nella consapevolezza che la Rete, naturaliter,
agisce verso l'integrazione e non verso la separazione tra gli uffici -
modificare la cultura delle amministrazioni e vincere le inevitabili resistenze
verso la cooperazione applicativa. Compito indubbiamente non agevole.
Anche in questa prospettiva appare necessaria l'individuazione dell'organismo
di cui si è detto supra (punto 4.2).
8.3 Proprio sotto il profilo della reale attuazione delle norme, permane,
più in generale, la pressante esigenza di coordinamento del settore con
riferimento alle iniziative propedeutiche alla concreta accessibilità ai
servizi delle pubbliche amministrazioni.
Si pensi all'art. 64 del Codice (Modalità di accesso ai servizi erogati in
rete dalle pubbliche amministrazioni), secondo cui "La carta d'identità
elettronica e la carta nazionale dei servizi costituiscono strumenti per
l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali
sia necessaria l'autenticazione informatica".
Infatti, da più parti sono stati evidenziati i costi e le difficoltà di
attuazione del progetto della Carta d'identità elettronica - che, come è
noto, investe anche competenze dei Comuni - nonché l'arduo discrimen
con la Carta nazionale dei servizi e, da ultimo, almeno per alcuni versi, con la
Tessera sanitaria.
Ciò senza contare che anche la regione Lombardia ha realizzato un progetto
denominato "Carta regionale di servizi".
Il tema è stato anche oggetto di dibattito in occasione dell'approvazione
della recente legge finanziaria, senza però giungere ad esiti significativi.
Appare quindi alla Sezione indispensabile e urgente un'azione chiarificatrice
e razionalizzatrice in materia, sia con riferimento alle inutili duplicazioni e
ai costi per l'Erario sia, soprattutto, per le incertezze che tale
frammentazione di iniziative suscita nei confronti dei cittadini e delle
imprese.
Un quadro organizzativo e normativo certo, chiaro ed univoco in materia appare
- con tutta evidenza - la conditio sine qua non per una reale
attuazione delle iniziative di e-government.
9. Riferisce inoltre l'Amministrazione che è stata ricondotta la
realizzazione con strumenti informatici dell'INA (Istituto nazionale delle
anagrafi) alle regole tecniche concernenti il Sistema pubblico di connettività
nel rispetto delle quali l'Amministrazione dell'interno definisce le regole
di sicurezza per l'accesso e la gestione delle informazioni anagrafiche.
Quanto alla questione generale della definizione delle regole tecniche, è
appena il caso di rammentare che con il decreto legislativo 12 febbraio 1993, n.
39, è stata istituita l'Autorità per l'informatica nella pubblica
amministrazione (AIPA) quale organismo cui sono state attribuite le funzioni di
coordinamento previste dalla lett. mm), comma 1 dell'art. 2 della legge
n. 421 del 1992.
Anche a seguito delle modifiche normative intervenute nel 1996 (art. 42 della
legge 31 dicembre 1996, n. 675) e nel 2003 (art. 176 del decreto legislativo 30
giugno 2003, n. 196, con il quale l'AIPA è stata trasformata in Centro
nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, CNIPA), stante la
vigenza dell'impianto complessivo del decreto legislativo n. 39 del 1993 -
interamente applicabile al CNIPA - debbono ritenersi permanere in capo al CNIPA
stesso le funzioni (aventi natura tecnica) di coordinamento delle iniziative e
di pianificazione degli investimenti in materia di automazione di cui alla legge
di delega n. 421 del 1992.
L'entrata in vigore del Codice non ha modificato le competenze del CNIPA in
materia di definizione degli standard tecnici, di alta consulenza
informatica e di coordinamento degli investimenti in materia di automazione,
anche ai fini della garanzia dell'interconnessione dei sistemi informatici
pubblici.
Né, peraltro, sembra incidere su tali competenze la disposizione del citato
art. 176 del decreto legislativo n. 196 del 2003 nella parte in cui prevede che
il CNIPA operi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri "per l'attuazione
delle politiche del Ministro per l'innovazione e le tecnologie".
Tale previsione, infatti, essendo integrata dall'attribuzione all'organismo
in parola di "autonomia tecnica, funzionale, amministrativa, contabile e
finanziaria" e di "indipendenza di giudizio", sembra, abbia
voluto, da una parte, prevedere i poteri di indirizzo politico in capo al
Ministro per l'innovazione e le tecnologie e, dall'altra, mantenere ferme le
funzioni, di natura squisitamente tecnica, di quell'"apposito organismo"
di cui alla lettera mm) della legge n. 421 del 1992.
Si ritiene, pertanto, che tutte le disposizioni contenute nel Codice e nello
schema di decreto legislativo in esame che prevedono l'adozione, da parte del
Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di regole tecniche, debbano essere
integrate dall'espressa previsione di un previo parere obbligatorio del CNIPA
sugli schemi di decreto di approvazione delle stesse.
Solo in tal modo sarà possibile lucrare la pluriennale esperienza tecnica
acquisita dall'AIPA prima e dal CNIPA poi nell'esercizio delle funzioni di
coordinamento tecnico dell'informatica pubblica nel nostro Paese e corroborare
il provvedimento dell'organo di direzione politica con il necessario esame del
competente organo di alta consulenza tecnica.
10. Con specifico riferimento alle singole disposizioni va inoltre segnalato
quanto segue.
10.1 All'art. 1, comma 1, lett. b) del Codice, che attualmente
recita: "autenticazione informatica: la validazione dell'insieme di dati
attribuiti in modo esclusivo ed univoco ad un soggetto, che ne distinguono
l'identità nei sistemi informativi, effettuata attraverso opportune tecnologie
al fine di garantire la sicurezza dell'accesso", sono soppresse le parole
"al fine di garantire la sicurezza dell'accesso".
La relazione illustrativa spiega che in tal modo si intende evitare il possibile
insorgere di equivoci tra la finalità essenziale dell'autenticazione
informatica, che è quella della validazione dell'identificazione informatica
effettuata attraverso opportune tecnologie e l'altra finalità consistente nel
garantire la sicurezza dell'accesso.
La modifica suscita qualche perplessità in quanto non va esclusa, in termini
assoluti, una relazione tra i sistemi di accesso e di identificazione degli
utenti in rete e la sicurezza dei medesimi sistemi; è preferibile prevedere la
garanzia dell'accesso come una delle possibili finalità dell'operazione di
autenticazione informatica, mantenendo l'espressione ed inserendo, a tal fine,
dopo le parole "opportune tecnologie", la parola "anche".
In questa sede preme rilevare che per "autenticazione informatica" si
intende un complesso di procedure informatiche volte a identificare (in senso
tecnico) un utente di un sistema informativo o di una rete (ad esempio, mediante
l'associazione di un "nome utente" ed una password), con
esclusione di qualsivoglia finalità di sottoscrizione documentale e, quindi, di
firma elettronica in senso proprio.
Nel testo opportunamente modificato (cfr. lett. q) delle definizioni) del
Codice l'autenticazione informatica viene ora riferita alle operazioni di
identificazione degli utenti telematici nei rapporti con le p.a. effettuate, ad
esempio, attraverso la Carta d'identità elettronica e la Carta nazionale dei
servizi (art. 64) ed, in negativo, alla fruibilità dei dati pubblici contenuti
nei siti delle pubbliche amministrazioni (art. 53, comma 3).
10.2 All'art. 1, comma 1, lett. q) del Codice, che attualmente
recita: "firma elettronica: l'insieme dei dati in forma elettronica,
allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici,
utilizzati come metodo di autenticazione informatica", sono soppresse le
parole ", utilizzati come metodo di autenticazione informatica".
Con tale modifica presumibilmente l'Amministrazione ha inteso chiarire la
portata definitoria dell'espressione "firma elettronica",
espungendo il riferimento all'autenticazione, così come definita alla lettera
b), che, nel testo originario, finiva per collegare la nozione di
sottoscrizione elettronica all'operazione di riconoscimento di un soggetto
nella rete o in un sistema informativo.
Pur convenendo sull'opportunità di tale scissione semantica, e confermando
che non vi può essere alcun rapporto tra la sottoscrizione di un documento e l'accesso
ad un sistema informatico con relativa identificazione (in senso
tecnico-informatico) dell'utente del medesimo sistema, si rileva che, così
come è formulata, la definizione non individua alcun metodo di sottoscrizione
elettronica in senso stretto, dato che descrive unicamente una mera operazione
di associazione di dati ad altri dati (allegazione ovvero connessione).
Quanto detto va considerato alla luce del successivo art. 21, comma 1, secondo
cui il documento informatico sottoscritto con mera firma elettronica ha una sua
efficacia probatoria, sia pur limitata, la cui valutazione resta affidata al
giudice, in base alle caratteristiche di qualità e sicurezza della tecnologia
di volta in volta utilizzata per firmare elettronicamente.
10.3 Infine:
- all'art. 5 del decreto correttivo e integrativo, che all'articolo 17 del
Codice inserisce il comma 2, modificare l'espressione "ad istituire"
con quella "di istituire";
all'art. 9, comma 4, del decreto correttivo e integrativo, che modifica la
lettera b) del comma 3 dell'art. 28 del Codice, modificare le parole
"ed ai poteri" con quella "dai poteri";
- all'art. 12, comma 1, del decreto correttivo e integrativo, che al comma 1,
lettera a) dell'articolo 34, del Codice, dopo le parole "sono
privi di ogni effetto" aggiunge le parole "comunque ad esclusione di
quelli rilasciati da collegi e ordini professionali e relativi organi agli
iscritti nei rispettivi albi e registri", appare opportuno eliminare l'avverbio
"comunque";
- all'art. 17, comma 2, del decreto correttivo e integrativo, che integra l'art.
54, comma 4 del Codice, l'aggiunta appare da un lato pleonastica, poiché si
riferisce alla pubblicità costitutiva già prevista espressamente dall'ordinamento,
dall'altro lato utilizza un istituto (quello, appunto, della pubblicità
costitutiva) di derivazione giurisprudenziale e dottrinale e non normativa in
senso proprio; anche sul punto, comunque, occorre l'espresso avviso del
Ministero della giustizia;
- all'art. 22 del decreto correttivo e integrativo, là dove introduce l'art.
73 (Sistema pubblico di connettività) l'espressione "è definito e
disciplinato il sistema pubblico di connettività" deve essere sostituita
con "il presente Capo definisce e disciplina il sistema pubblico di
connettività";
- all'art. 22 del decreto correttivo e integrativo, là dove introduce l'art.
80 (Composizione della Commissione di coordinamento del sistema pubblico di
connettività), si prende atto dell'incremento del numero dei componenti, pur
dovendo evidenziare le possibili difficoltà nella organizzazione e gestione di
tale organo. Si rileva, inoltre, la sostanziale inutilità del comma 3 del
medesimo articolo (La Commissione è convocata dal Presidente e si riunisce
almeno quattro volte l'anno) nonché dell'art. 79, comma 3, primo periodo
(Le decisioni della Commissione sono assunte a maggioranza semplice o
qualificata dei componenti in relazione all'argomento in esame.);
- all'art. 22 del decreto correttivo e integrativo, là dove introduce l'art.
84 (Migrazione della Rete unitaria della pubblica amministrazione), al primo
comma, si continua a prevedere il termine di sei mesi per i piani di migrazione
verso il SPC da parte delle Amministrazioni. Al riguardo valuterà l'Amministrazione
riferente se tale termine sia attuale, visto che esso era previsto dal decreto
legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 e, pertanto, risulta scaduto. Analoghe
considerazioni valgono per il termine di cui all'art. 84, comma 2, pur non
essendo tale termine ancora scaduto.
P.Q.M.
Nelle suesposte considerazioni è il parere.
Per estratto dal Verbale
Il Segretario della Sezione
(Licia Grassucci)
Visto
Il Presidente della Sezione
(Livia Barberio Corsetti)
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