La firma digitale nel Regno Unito
di Roberto Manno - 03.07.03
Il recepimento della direttiva europea sulla firma digitale nel Regno Unito,
patria del diritto consuetudinario (common law), presenta aspetti di
enorme interesse.
Prima di analizzarne i passaggi più significativi, è opportuno tener
presente che la sicurezza delle comunicazioni elettroniche era gia una realtà
nel Regno Unito, grazie allo standard
BS 7799, elaborato sulla base di un codice di comportamento per la gestione
della sicurezza informatica (certificazione delle informazioni) recentemente
adottato come standard dalla ISO. Le aree d'intervento tradizionali del BS
7799 ruotano attorno alle seguenti esigenze: documentazione e policy per
l'information security; attribuzione delle responsabilità, formazione
alla sicurezza informatica e sui rapporti di incidenti, controllo virus,
salvaguardia dei dati aziendali, conformità con legislazione in materia di
privacy, conformità con regole di sicurezza, ecc.
Come sappiamo, l'art. 5 della direttiva
e i suoi allegati impongono agli Stati membri di adeguare le loro legislazioni
affinché sia riconosciuta l'equivalenza, a tutti gli effetti di legge,
sostanziale e processuale, tra la firma elettronica avanzata basata su
certificato qualificato e la firma autografa. Le altre firme elettroniche non
potranno subire alcuna discriminazione legale a causa della loro natura
"immateriale".
L'Electronic
Communication Act
del 2000 recepiva tale direttiva nell'ordinamento britannico, in un modo
completamente diverso rispetto a quanto avvenuto negli altri Stati Membri: non
veniva proclamata l'equivalenza sul piano del diritto sostanziale tra forma
scritta e forma elettronica, mentre si lasciava al giudice il compito di
valutare la forza probatoria delle singole firme digitali che sarebbero giunte
dinanzi alla sua cognizione. Infatti, queste venivano ritenute tutte ammissibili
come prova in giudizio, avanzate o meno.
Si potrebbe accusare di superficialità tale approccio, ed infatti ciò è
avvenuto. Tuttavia una vasta e interessante documentazione dimostra come si
tratti in realtà dell'esito di un rigoroso percorso interpretativo, che ha
affrontato a viso aperto tantissimi aspetti della firma digitale, e che ha visto
la partecipazione corale dei rappresentanti del mondo industriale, politico e
giuridico.
Nel diritto inglese manca una definizione normativa dei concetti
"scritto" o "documento", sia dal punto di vista del diritto
sostanziale che, logicamente, processuale.
E' il giudice a dover decidere se i comportamenti delle parti sono sufficienti
alla produzione di determinati effetti giuridici e tale accertamento avviene quaestio
facti, non sulla base di un giudizio di sussunzione della fattispecie
concreta nelle ipotesi astrattamente previste dalle norme di diritto positivo.
La firma e il documento, quindi, non sono concepiti in termini formali, ma
funzionali: tutto ciò che manifesta l'intenzione di un soggetto di
sottoscrivere un documento fa prova, indipendentemente dalla forma in cui tale
intenzione sia stata espressa.
Il precedente Goodman v. J Eban Ltd illustra la concezione funzionale
della firma nell'ordinamento inglese: A signature can be made by a mark
rather than a name as long as evidence can be given to identify the placer of
the mark and the intention to sign; and words other than a name can amount to a
signature if the necessary intention to sign can be proven. (dal VII
rapporto della Commissione Industria e Commercio alla Camera dei Comuni sul
progetto di Electronic Communication Bill).
Quindi, sarebbe stato oltremodo difficile recepire i dettami della direttiva,
perché mancava il formalismo tipico dei sistemi di civil law e uno
stravolgimento del diritto inglese non sembrava facilmente realizzabile.
Non solo, ma stando così le cose, come si poteva realizzare una distinzione
peraltro non discriminatoria tra firma elettronica avanzata e firma elettronica
semplice?
Ciò portò il Governo a chiedere "lumi" ai soggetti interessati: ...The
Government would welcome views on the appropriate means of ensuring legal
recognition of electronic signatures and writing (Building Confidence in
E-commerce, 5 marzo 1999, Department of Trade and Industry).
Il primo tentativo di recepimento propose l'introduzione di una firma
elettronica avanzata, e cioè "costruita" secondo le disposizioni
degli allegati della direttiva, che avrebbe goduto di una presunzione di
autenticità della sottoscrizione e di integrità della comunicazione effettuata
tramite essa (la famosa rebuttable presumption).
Questa proposta provocò accese reazioni: una tale introduzione avrebbe
introdotto una rigidità sconosciuta nel diritto consuetudinario britannico,
operando un'inversione dell'onere della prova inaccettabile in un sistema in
cui la legge è tradizionalmente estranea dall'attribuire questa o quell'efficacia
probatoria a questa o quella forma.
Si trattava di una questione meramente processuale, di esclusiva competenza
dei giudici.
If the Government were to create two classes of electronic signature,
distinguished according to their form, this would represent a significant move
away from English common law tradition towards a civil law approach to the
treatment of signatures (VII rapporto DTI).
Inoltre sarebbe stato praticamente impossibile per le vittime di un'eventuale
contraffazione informatica liberarsi dalle conseguenze di tale presunzione
legale. Si trattava di situazioni già esaminate in precedenza in occasione di
usi illeciti di carte di credito, che lasciavano i titolari con poche armi a
disposizione per ribaltare la presunzione di infallibilità dei sistemi di
cifratura degli sportelli automatici bancari.
Ad esprimere tali preoccupazioni erano qualificati
rappresentanti del mondo imprenditoriale e sociale.
A sollevare altre critiche era il sistema di accreditamento dei fornitori di
certificati qualificati proposto dal governo conservatore nel 1997, che
stabiliva: Public encryption services "would be prohibited, unless they
incorporated key escrow (or key recovery)."
I particolari requisiti previsti per accedere al registro,il fatto che solo una
così qualificata avrebbe goduto della rebuttable presumption, avrebbero
di fatto introdotto barriere alla circolazione dei servizi di certificazione e
reso più difficile nel Regno Unito lo sviluppo di una tale industria, oltre a
compromettere le libertà individuali, come denunciato dagli attivisti di Cyber
Rights.
Il mutato quadro politico e la previsione da parte della direttiva di uno
schema di accreditamento volontario, contribuirono a modificare l'approccio a
tale problematica. Inoltre, l'affermazione dello standard di sicurezza
informatica BS 7799 dimostrava invece l'efficacia dei sistemi di
certificazioni che la stessa industria IT era in grado di sviluppare. Si arrivò
quindi ad una seconda versione.
Recependo le preoccupazioni dei difensori del common law, la legge non
sarebbe intervenuta sulla questione del riconoscimento della rilevanza formale
della firma elettronica. Venne ribadito come il diritto inglese poteva
tranquillamente reggere la direttiva comunitaria, senza necessità di interventi
ad hoc: il concetto di firma nell'ordinamento inglese poteva
ricomprendere tanto la firma tradizionale quanto quella elettronica.
Tuttavia, i riferimenti ai termini "scrittura" e "firma"
contenuti in regolamenti e altre disposizioni speciali inglesi sono più di
40.000. Si tratta per la maggior parte di disposizioni che prevedono alcune
modalità per effettuare determinate comunicazioni. Nel recepire la direttiva,
senza modificare il significato o la definizione di tali termini in via generale
e astratta, l'Electronic Communication Act autorizza i ministeri del
Governo ad apportare modifiche di volta in volta ai testi che richiedono la
forma scritta e la firma autografa, onde permettere di effettuare le relative
comunicazioni in formato elettronico.
Si tratta dei cosiddetti Section 8 Orders, che sarebbero stati preceduti
da attente analisi dei ministeri coinvolti, che avrebbero valutato l'impatto
di tali modificazioni sul sistema economico e sociale.
E' stata pubblicata una guida all'emanazione degli order.
In punto di certificazione delle firme digitali, invece, la legge prevede
(parte I dell'ECA) un registro tenuto sotto il controllo del Secretary of
State, ma si riserva di introdurlo solo in caso di insuccesso del registro
frutto degli sforzi dell'Alliance for Electronic Business, AEB, tra i
cui membri figurano ACCA (Association of Chartered Certified Accountants),APACS,
Baltimore Technologies, Barclays Bank, British Chambers of Commerce, BT Ignite,
CBI; e-centre, experian, Hitachi, IBM, III (Institute for Information
Industries, Taiwan); Intellect, Lloyds,TSB, Microsoft,
Office of the e-envoy, Royal Mail, The Royal Bank of Scotland
Group, Vodafone: si tratta del famoso tScheme.
Il tScheme si basa sull'esperienza acquisita grazie allo standard BS
7799, ma alle funzioni garantite da questo ne aggiunge altre, ai sensi della
direttiva del '99 e degli standard EESSI.
Stephen Upton, CEO di tScheme, così si esprime: "La nostra
iniziativa continua ad avere successo, e il nostro schema di accreditamento
volontario resta il metodo più efficace per soddisfare la Part I dell'ECA del
2000. Vi sono molte richieste di accreditamento. Tramite l'iniziativa ViTAS
intendiamo cooperare con i nostri partner ad un programma internazionale di
mutuo riconoscimento per il lancio del commercio elettronico sicuro."
Ma torniamo al problema dell'efficacia probatoria della firma digitale.
Nel 1979 veniva istituito in Inghilterra in Judicial Studies Board,
con lo scopo To convey in a condensed form the lessons, which experienced
judges, have acquired from their experience...
Nel 2000 il Board pubblicava sul suo sito
uno studio,
sui problemi processuali che possono sorgere dall'uso della firma digitale.
Per esempio, nel caso di una disputa sul contenuto di un documento firmato
elettronicamente, un giudice dovrebbe considerare:
- se la coppia di chiavi è stata custodita e usata diligentemente;
- se il firmatario è stato truffato firmando un documento senza la
consapevolezza sul suo contenuto (i campi dinamici.);
- se un terzo abbia "crakkato" il sistema del firmatario:
- e via discorrendo.
Le Guidelines avvisano, tuttavia, che la prova della conformità con
gli schemi regolamentari e/o con gli standard in uso possono ridurre il bisogno
di una prova approfondita, se riferiti ai seguenti aspetti:
Registration creation and issue of the means of authentication and of proving
integrity, Keeping secure the means of authenticating and proving integrity,
Authentication and integrity check at the time of the transaction.
Sebbene la legge dichiari l'ammissibilità in giudizio delle firme
elettroniche, e sebbene siano state definite dalla legislazione e la loro
affidabilità possa essere supportata dal certificato rilasciato da una Certification
Authority accreditata, nessuno di questi fattori, da solo o in
considerazione con gli altri, rende incontestabili le firme elettroniche.
Da un punto di vista processuale, tutto dovrà essere attentamente valutato allo
stesso modo che per ogni altro mezzo di prova.
Questa è la conclusione cui sono arrivati i giudici di un sistema common-law,
la firma digitale è normalmente contestabile. Invece nei sistemi di civil
law la firma digitale qualificata ha un'efficacia probatoria altissima: si
tratta di approccio diverso o di un esempio di eccesso di zelo del legislatore?
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