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 Firma digitale

Documento informatico, cultura tecnica e cultura giuridica
di Daniele Ricciardi - 20.01.2000

La possibilità di formare atti giuridici per mezzo di strumenti tecnologici è rinvenibile persino nel codice civile, quando il legislatore prevede una norma che attribuisce una certa efficacia giuridica al telegramma. Le successive leggi speciali che hanno disciplinato i rapporti privati hanno introdotto diverse modalità di manifestazione della volontà dei soggetti per mezzo di congegni meccanici ed elaboratori. Più recentemente alcuni testi normativi hanno permesso la formazione di atti con strumenti informatici: così la legge n. 489 del 1994 recante "disposizioni tributarie urgenti per accelerare la ripresa dell’economia…", il cui articolo 7, comma 4-ter dispone che "…a tutti gli effetti di legge, la tenuta di qualsiasi registro contabile con sistemi meccanografici è considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei, nei termini di legge, dei dati relativi all’esercizio corrente, allorquando anche in sede di controlli ed ispezioni gli stessi risultino aggiornati sugli appositi supporti magnetici e vengano stampati contestualmente alla richiesta avanzata dagli organi competenti ed in loro presenza". La norma lascia dipendere la regolarità delle scritture contabili dall’aggiornamento attraverso sistemi meccanografici solo su "supporti magnetici", anche in difetto di una trascrizione dei dati su supporti cartacei. Le scritture sono regolari quando i dati siano stati aggiornati nella memoria del computer, anche se non stampati. Tuttavia il richiamo alla necessità di stampare il contenuto delle informazioni elettroniche quando vi sia una richiesta degli organi di controllo fa sì che una rilevanza completa del dato digitale non vi sia in questa ipotesi.

Quello che si vuole qui sottolineare e che le norme precedenti il DPR 513/1997 prevedevano una rilevanza dell’uso degli strumenti informatici esclusivamente nella fase di elaborazione del documento, dovendo comunque esservi una scrittura cartacea per attribuire a quell’atto il valore e l’efficacia completa.
La novità introdotta dalla legge 59/1997 (nota come Bassanini 1), nell’art. 15, comma 2 e nel conseguente d.P.R. 513/1997 è proprio nell’attribuire piena rilevanza giuridica al documento elettronico in senso stretto (per utilizzare una classificazione del Giannantonio), ossia quell’atto che è formato ed è custodito nella memoria elettronica, sia questa rigida o flessibile.
Appurato quindi che scrittura digitale, informatica, o più in generale, elettronica testimonia esclusivamente la formazione e produzione di una dichiarazione o un fatto su un supporto magnetico od ottico è possibile esaminare la nozione di documento informatico.

L’art. 1 a) del Regolamento governativo dà una definizione di documento informatico ispirata alla più illustre dottrina di questo secolo. Si intende per documento informatico la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. È raro rinvenire, nel legislatore degli ultimi anni un attaccamento alle opere di illustri giuristi, quali Carnelutti, che fu il primo a dare una nozione di documento così ampia ed accettata.
La norma in oggetto è ancora più precisa aggiungendo alla "rappresentazione di fatti" del Carnelutti, anche quella "di atti o dati". Questa precisazione deve essere valutata con molta attenzione, in quanto il legislatore ha riconosciuto, a differenza di parte della dottrina, le peculiarità del documento informatico, il quale rappresenta oltre ad atti (quali la scrittura privata od atto pubblico, che contengono una dichiarazione) anche dati o fatti.

È qui che l’assimilazione scrittura tradizionale – scrittura informatica entra in crisi. Il documento informatico, a differenza del documento scritto tradizionale, non contiene solo dichiarazioni riguardanti situazioni giuridiche, ma può essere manifestazione dei medesimi fatti presentandoli senza il tramite di un soggetto dichiarante.
Se differenza esiste tra forma scritta e forma orale, la stessa vi è tra forma scritta e forma elettronica, quando quest’ultima ha il compito di riprodurre un suono del passato, mantenuto "vivo" dai circuiti digitali dell’elaboratore. Analogamente nel caso in cui un file, il termine inglese col quale si identifica un documento informatico, contenga un filmato visualizzabile sul proprio pc non possiamo dirci essere di fronte a una scrittura.

Quanto detto fa capire che la forma elettronica va ben oltre il limite della scrittura potendo essere anche suono od immagine. Ma il legislatore si è spinto oltre commettendo una imprecisione che necessita l’intervento di una dottrina molto attenta, la quale deve dedicarsi con passione agli aspetti tecnologici (senza per questo diventare dottrina informatica) per classificare il documento informatico nella maniera più corretta.
Tale imprecisione di cui parlo è contenuta nella norma che più ha suscitato l’emozione partecipata del mondo economico: l’efficacia probatoria del documento informatico.

L’art. 5 del regolamento prevede che il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha efficacia di scrittura privata ai sensi dell'articolo 2702 del codice civile. Tralasciando gli aspetti giuridici della sottoscrizione digitale che meriterebbe una trattazione a sé, questa norma attribuisce una efficacia particolare al documento, il cui autore è rinvenibile per mezzo della firma elettronica. Si prevede che tale documento faccia piena prova della provenienza della dichiarazione in esso contenuta. Così si è riconosciuta pienamente una scrittura privata in forma elettronica, con il sostegno necessario della sottoscrizione digitale. Tuttavia, se è ragionevole che una firma digitale apposta ad un file contenente il testo di un contratto possa produrre l’efficacia di scrittura privata, quale soluzione potrebbe adottarsi se la firma fosse apposta (come è tecnicamente possibile) ad un file contente un’immagine od un filmato digitale.

Una prima soluzione è quella di considerare il prodotto file-firma digitale quale scrittura privata in ogni ipotesi e quindi anche questi documenti informatici sarebbero sottoposti al regime del documento privato, anche se l’assenza di una dichiarazione di un soggetto rende problematica l’applicazione dell’art. 2702. Seconda soluzione è quella di distinguere fra documenti informatici scritti e documenti informatici non scritti (o forse scritture informatiche e riproduzioni informatiche), le quali parteciperebbero al sistema tradizionale dell’art. 2712 del codice riguardante le riproduzioni meccaniche. In questa ipotesi, tuttavia, non ci si può esimere dall’attribuire un significato giuridico alla firma digitale. Questa potrebbe, ad esempio, indicare l’autore del file (e non del filmato o del suono). Per inciso va detto che il sistema di firma digitale prevede la possibilità di attribuire data certa al documento informatico e questa funzione giuridica potrebbe riguardare il documento informatico non scritto.

Concludendo, l’informatica e la telematica entrano sempre più nella pratica sociale ed economica e richiedono uno studio scrupoloso degli aspetti tecnici per poter comprendere ogni dettaglio utile ad un inquadramento giuridico degli istituti che ne derivano. Si tratta di una rivoluzione giuridica e non semplicemente di una nuova materia, il diritto dell’informatica, che si aggiunge alle altre presenti nelle facoltà di giurisprudenza. Le interferenze che le forme di comunicazioni producono in tutte le branche dell’ordinamento sono evidenti: tale ristrutturazione riguarda sia le materie di diritto sostanziale che di diritto processuale. Tuttavia, lo studio di questo fenomeno non può portare ad una negazione della dottrina tradizionale, la quale è necessaria per poter affrontare con cognizione di causa i temi della forma, del documento e della trasmissione degli atti giuridici. Tuttavia, non si può negare che le categorie tradizionali potrebbero non vestire con precisione questi istituti, come un veloce esame ha dimostrato ed è quindi necessario l’impegno di una ispirata dottrina giuridica capace di dare organicità alle scelte della società civile racchiuse in norme dal nostro legislatore.