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 Firma digitale

Le tracce si perdono nei meandri della burocrazia
di Manlio Cammarata - 21.09.01

Che fine ha fatto la firma digitale? A cinque anni dalla prima bozza di disegno di legge pubblicata dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione e a oltre due anni dall'emanazione delle "regole tecniche", non c'è alcuna possibilità di usare questo prezioso strumento nel settore pubblico, né i privati sembrano interessarsi alle non trascurabili opportunità offerte dalla normativa.
Normativa, è bene ricordarlo, ancora oggi all'avanguardia nel mondo: dopo l'Italia, altre nazioni hanno adottato disposizioni sull'uso della firma digitale, in particolare nel settore pubblico, ma nessuno si è spinto tanto avanti da stabilire una quasi totale equiparazione tra documento tradizionale e documento informatico (diversi siti sulle legislazioni straniere sono elencati nella pagina Firma digitale e crittografia dei link di InterLex).

Neanche i certificatori iscritti nell'elenco pubblico dell'AIPA, che pure hanno investito somme rilevanti per mettere in piedi complesse infrastrutture, sembrano interessati a promuovere l'uso della firma digitale.
Per molto tempo dopo l'emanazione delle "regole tecniche" si è osservato che mancavano alcuni tasselli fondamentali per assicurare il valore legale del documento informatico, come l'entrata in funzione del registro pubblico, sottoscritto con la firma digitale del presidente dell'AIPA. Tuttavia sarebbe stato possibile avviare diffuse sperimentazioni e soprattutto iniziare l'indispensabile opera di informazione del pubblico e di formazione degli addetti, sia nella pubblica amministrazione, sia in ambito privato.
L'adempimento finale si è avuto nel maggio scorso, quando l'elenco pubblico è diventato ufficialmente operativo (vedi Pronti a partire: il presidente dell'AIPA firma l'elenco dei certificatori). Ma non è successo nulla.

Le difficoltà di diffusione del documento informatico in ambito pubblico erano ampiamente previste, a causa della congenita resistenza che la burocrazia oppone a ogni innovazione. Anche la complessità della "digitalizzazione" delle vecchie procedure cartacee era stata messa nel conto. Poi il testo unico sulla documentazione amministrativa ha fatto ordine nel quadro legislativo e regolamentare, l'AIPA ha emanato  regole tecniche e circolari sui diversi aspetti dell'uso del documento informatico nelle amministrazioni (vedi anche La normativa sulla firma digitale). Ma anche una procedura nuova di zecca, come quella relativa al Registro degli operatori di comunicazione recentemente istituito dall'AGCOM, è nata seguendo la più pura prassi cartacea.
L'unica pubblica amministrazione che ha scoperto l'efficacia della comunicazione digitale con i cittadini è, guarda caso, il Ministero delle finanze (quando si tratta di incassare quattrini, ogni problema si supera facilmente). Ma con una procedura che non rispetta le disposizioni, ormai tutt'altro che recenti, sulla firma digitale sicura.

Tutt'altro che recenti, al punto che una parte del quadro normativo è già vecchia: le regole tecniche portano la data dell'8 febbraio 1999 e dovrebbero essere rinnovate almeno ogni due anni, ma del nuovo regolamento non c'è traccia. Anche per il decreto legislativo di recepimento della direttiva 1999/93/CE il "chi l'ha visto?" rimane senza risposta, due mesi dopo la scadenza del termine sancito dall'art. 13.
Dall'AIPA, ufficiosamente, si fa sapere che i due testi sono stati predisposti e inviati in tempo utile alla Presidenza del Consiglio... e lì sono rimasti. O forse sono stati inviati a Bruxelles e chissà quando torneranno indietro (vedi I problemi del recepimento della direttiva 1999/93/CE)...

Burocrazia a parte, perché i privati stanno a guardare? C'è un settore del commercio elettronico che registra un avvio promettente, quello delle assicurazioni on line. E funziona nonostante la complicazione dello scambio postale di documenti cartacei, dovuto al fatto che la legge prescrive che il contratto di assicurazione sia in forma scritta. E' una tipica applicazione della firma digitale con pieno valore legale, ma nessuna compagnia offre, sia pure a titolo sperimentale, questa possibilità.
Ma anche se qualcuno la offrisse, il cittadino "tecnofilo" (e ce ne sono tanti) che volesse provare l'ebbrezza della firma on line per stipulare il contratto di assicurazione della sua auto, a chi si dovrebbe rivolgere per avere l'indispensabile certificato?