Gli "effetti diretti" delle direttive comunitarie
di Lucilla Margherita - 09.10.03
La direttiva
2001/115/CE, che detta norme vincolanti per gli Stati membri in
materia di fatture spedite per via telematica, deve essere attuata a decorrere
dal 1. gennaio 2004. La legge delega di recepimento (14/2003) prevede invece un
termine molto più lontano, precisamente il 22 agosto. Nell'ipotesi che il
decreto delegato non veda la luce entro il 31 dicembre di quest'anno, quale
sarà il regime applicabile? Quello attuale, per cui si possono inviare le
fatture come semplici allegati di posta elettronica, o il nuovo, che impone
l'uso di una firma elettronica "avanzata" o, a discrezione dello
Stato membro, anche "basata su un certificato qualificato e creata mediante
un dispositivo
per la creazione di una firma sicura", cioè la nostra "firma
digitale"?
Al contrario dei regolamenti comunitari, che sono atti vincolanti
direttamente applicabili a categorie di destinatari astrattamente individuati
nel loro insieme, e che generalmente non necessitano di alcuna normativa
attuativa da parte dei Paesi membri, le direttive non sono dotate di
immediata efficacia applicativa. Le direttive infatti, vincolano gli Stati
membri al raggiungimento di determinati scopi entro un certo limite temporale,
ma lasciano agli Stati stessi la scelta della forma e dei mezzi da utilizzare.
Ferma restando la classificazione appena operata, occorre tenere presente che
alcune norme comunitarie sono comunque dotate di effetto diretto, sono
cioè sufficientemente chiare e precise da non richiedere l'emanazione di
ulteriori atti comunitari o nazionali di esecuzione o integrativi. Tali norme
sarebbero pertanto idonee a creare in via immediata e senza necessità di alcun
atto formale da parte dello Stato, delle posizioni soggettive in capo a persone
fisiche o giuridiche, che potrebbero essere direttamente fatte valere dal
singolo dinanzi al giudice nazionale.
Come chiarito da una delle prime sentenze della Corte di Giustizia europea in
materia (Caso Van Gend en Loos, causa 26/62, sentenza 5 febbraio 1963), di
effetto diretto possono essere dotate anche delle norme indirizzate agli Stati,
purché siano chiare, precise e suscettibili di applicazione immediata e dunque
non condizionata ad alcun provvedimento formale dell'autorità nazionale. Di
tale caratteristica possono certamente essere dotati i regolamenti, ma anche le
direttive caratterizzate da un contenuto precettivo chiaro, preciso e
incondizionato, cioè che non necessita, per la sua sostanziale attuazione, di
ulteriori atti (in questo senso si veda ad esempio il caso Van Duyn, causa
41/74, sentenza 4 dicembre 1974 e, per la giurisprudenza italiana, tra altre, si
veda Cass Civ., 20 marzo 1966, n. 2369, in Foro Italiano, 1996, I, 1665).
Detto questo, va peraltro chiarito che l'effetto diretto della direttiva
non potrà essere fatto valere nei confronti di singoli, ma solo ed
esclusivamente nei confronti dello Stato o di enti territoriali (c.d. effetto
diretto verticale) e in genere di qualsiasi organismo che, sulla base di un
atto della pubblica autorità presti un servizio di interesse pubblico e che
disponga dei relativi poteri (Caso Foster, causa C-188/89, sentenza 12 luglio
1990). Per giurisprudenza maggioritaria, poi, la direttiva non potrà essere
dotata del cosiddetto effetto diretto orizzontale, e cioè il singolo non
potrà far valere un proprio diritto derivante da una direttiva nei confronti di
altri singoli, in quanto la direttiva, per sua natura, vincola gli Stati cui è
rivolta e non può essere fonte diretta di obblighi a carico di un singolo.
Strettamente correlato all'effetto diretto, è l'obbligo del giudice
nazionale di interpretare una norma di diritto nazionale in modo conforme ad una
direttiva precedente o successiva alla norma stessa, indipendentemente dalla
avvenuta attuazione della direttiva. Il parametro dell'interpretazione
conforme è lo strumento maggiormente utilizzato per il caso di mancata
attuazione di una direttiva priva di effetto diretto: il cittadino potrà invero
pretendere l'applicazione immediata della direttiva, nonostante la mancanza di
effetto diretto e nonostante la mancata attuazione nazionale della stessa, alla
luce della "interpretazione conforme" delle norme nazionali esistenti.
Detto questo, sia nelle ipotesi di direttive dotate di effetto diretto che
nei casi di direttive non dotate di tale effetto, esistono dei margini
abbastanza ampi per il cittadino di uno Stato che non abbia dato tempestiva
attuazione ad una direttiva, di invocare l'applicazione della direttiva
stessa.
|