Per restare alla insuperata definizione carneluttiana di
documento - quale "rappresentazione di atti o fatti giuridicamente rilevanti"
- va preliminarmente osservato che tale rappresentazione - l'esternazione
del fatto o atto - può avere diverse forme (modalità di
rappresentazione): scritta, orale, attraverso segnali ottici o sonori, ecc.
D'altra parte, anche etimologicamente, la nozione di documento rimanda a un
contenuto informativo, conoscitivo, da trasmettere ad altri (docere) che,
a sua volta, presuppone una tecnica di manifestazione - di comunicazione - del
pensiero.
Una delle forme di più recente invenzione attraverso cui
rappresentare atti o fatti rilevanti per il mondo del diritto è la forma informatica
del documento, cioè la tecnica di rappresentazione delle informazioni basata
sulla tecnologia digitale: un sistema di codificazione binaria (binary
digit) dei documenti testuali, delle immagini e dei suoni che ha il suo
fondamento tecnico sullo stato duale (binario, appunto) della materia (i
circuiti) che vengono attraversati dalla corrente elettrica (positivo-negativo,
0-1).
Resta pertanto corretta la definizione già contenuta nel DPR
513/1997, in un secondo tempo riprodotta all'art. 1, co 1, lett. a) del Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa (DPR 28 dicembre 2000, n. 445, e successive
modifiche ed integrazioni, TUDA), oggi (definitivamente ?) contenuta nell'art.
1, comma 1, lett. p del Codice dell'amministrazione digitale DLgs 7 marzo
2005, n. 82, Codice), secondo cui il documento informatico - rectius in forma
informatica - è appunto la rappresentazione informatica di atti, fatti o
dati giuridicamente rilevanti. Ad esempio sarà tale un file testo (.txt), un
documento Word (.doc), un file audio (.wav, mp3, ecc.), un file video (.avi, .mpeg,
ecc.).
Va sottolineato che in materia di documento in forma
informatica, per così dire "puro e semplice", si prescinde da qualsivoglia
tecnica di sottoscrizione: i documenti informatici rilevano in quanto tali,
nella loro oggettività (nel senso di mera rappresentazione, in questa
particolare forma, di un atto, dato o fatto); si prescinde dalla provenienza del
documento, dall'imputabilità ad un autore, in una parola dall'elemento
soggettivo.
Distinguendo due ulteriori livelli concettuali (validità e
rilevanza giuridica da un lato, efficacia probatoria dall'altro), l'efficacia
probatoria (limitata) di questo tipo di documenti (informatici) sarà pari a
quella delle c.d. riproduzioni meccaniche (fotografiche, cinematografiche,
fonografiche, ecc.). le quali fanno "piena prova dei fatti e delle cose
rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la
conformità ai fatti o alle cose medesime" (art. 2712 c.c.), equiparazione
prima stabilita mediante il richiamo di quest'ultima norma da parte dell'art.
10, co. 1, del TUDA, oggi, più elegantemente ottenuta mediante la modifica del
codice civile e l'aggiunta della tipologia "informatica" della "riproduzione"
(art. 23, comma 1, del Codice del marzo 2005).
Diverso e più complesso è il discorso sul documento
informatico (che si presenti dunque in forma informatica, sempre privo di
sottoscrizione) che si voglia parificare, in quanto a valore legale, al
documento in forma scritta, intesa quest'ultima come rappresentazione grafica
del linguaggio (o del pensiero).
Va premesso che nel nostro ordinamento la regola generale è la sottoscrizione
(scrittura privata), mentre il documento scritto non sottoscritto è previsto da
specifiche disposizioni normative: ad esempio il codice civile prevede (art.
2705) il telegramma (il cui originale consegnato all'ufficio postale può non
essere sottoscritto), le carte e registri domestici (2707), l'annotazione in
calce, in margine o a tergo di un documento (2708), taglie e tacche di
contrassegno (2713) e, soprattutto, i libri e le scritture contabili (2709 e
2214 e ss.); diverse altre disposizioni di legge richiedono poi che una certa
dichiarazione, anzi il relativo documento, debba essere consacrata in uno
scritto, benché privo di sottoscrizione, ad es., la fattura ai fini IVA (art.
21 dpr 633/1972),ecc. In genere tali documenti hanno una efficacia probatoria
limitata: fanno prova contro chi li ha scritti o redatti o comunque se ne
avvantaggi (ad es. l'imprenditore ex art. 2709 c.c.).
L'art. 10, co. 2, del TUDA prevedeva che il documento
informatico, sottoscritto con firma elettronica soddisfava (cioè integrava) il
requisito legale della forma scritta.
"Soddisfa il requisito legale della forma scritta": non è un
documento scritto (né può esserlo, in quanto informatico), ma è equivalente
ad un documento in forma scritta, con il che tutte le dispute sul documento
informatico come documento scritto - cioè su una supposta forma scritta del
documento informatico - non hanno (già da anni) alcuna ragione di essere, in
quanto si tratta di una finzione giuridica, di una equiparazione voluta dalla
legge.
Innovando sul punto, a far data dal 1° gennaio 2006, l'art.
20, comma 2, del Codice stabilisce che "il documento informatico sottoscritto
con firma elettronica qualificata o con firma digitale soddisfa il
requisito legale della forma scritta" se formato nel rispetto di regole
tecniche (stabilite ai sensi dell'articolo 71 del medesimo Codice), "che
garantiscano l'identificabilità dell'autore e l'integrità del documento".
La mera firma elettronica non basta più, occorrono modalità ben più avanzate
di "sottoscrizione in forma elettronica".
Purtroppo l'attuale formulazione dell'art. 10 TUDA e, a
maggior ragione, il testo della corrispondente disposizione del Codice in vigore
dal prossimo anno, non è condivisibile, in quanto, nel primo caso, si subordina
l'integrazione della forma scritta alla presenza di una "firma elettronica"
(che firma non è, sia detto subito), nell'altro caso perché si richiede
addirittura la firma elettronica qualificata o digitale (peccando per eccesso).
La cosiddetta "firma elettronica" viene definita all'art. 1, co. 1 lett.
q) del Codice "l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure
connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come
metodo di autenticazione informatica", laddove per quest'ultima deve
intendersi "la validazione dell'insieme di dati attribuiti in modo esclusivo
ed univoco ad un soggetto, che ne distinguono l'identità nei sistemi
informativi, effettuata attraverso opportune tecnologie al fine di garantire la
sicurezza dell'accesso" (lett. b).
Orbene, con questa articolata ed indubbiamente ostica
espressione, si indica null'altro che una tecnica di controllo di accesso ad
un sistema informatico (access controll) o ad un insieme di dati, ad
esempio attraverso il nome utente e la password associata, che abiliti l'utente
ad effettuare talune operazioni informatiche ovvero, nella maggior parte dei
casi, telematiche.
Ne consegue che secondo l'ancora vigente TUDA, un documento
informatico cui, ad esempio, è associato un nome utente e un pin (oppure una
password) sarebbe equivalente ad un documento scritto, ad esempio una scrittura
contabile: in questo senso un documento Word salvato con l'opzione di
sicurezza costituita dall'apposizione di una password soddisferebbe il
requisito della forma scritta.
Non è chi non veda come tra le due cose, cioè tra l'associazione
di una password ad un documento che abiliti il titolare della stessa ad accedere
al testo ed eventualmente a modificarlo, e l'integrazione del requisito legale
della forma scritta, non vi sia alcuna connessione: semplicemente sono due
profili differenti (uno soggettivo, l'altro oggettivo), non sovrapponibili.
Ma il percorso di soggettivizzazione della forma scritta va
avanti inesorabilmente: dal 1° gennaio 2006, perché si abbia l'equivalenza
della forma scritta occorrerà la firma qualificata o digitale in base a regole
tecniche che garantiscano "l'identificabilità dell'autore (e l'integrità
del documento)".
E qui è il punto.
In realtà, il requisito richiesto per integrare la forma
scritta non è l'attribuibilità ad un soggetto (altro è infatti il documento
sottoscritto.) e neanche, come appena detto, la circostanza
della autorizzazione all'accesso ad un particolare utente (il titolare della
password), ma un requisito oggettivo, cioè un certo grado di sicurezza circa l'integrità
del testo o, in caso di modifiche apposte al documento, la riconoscibilità
delle alterazioni, analogamente a quanto avviene nel caso del documento
analogico in forma scritta, in cui il segno grafico che vada a modificare un
precedente segno grafico resta ben visibile (cancellature, abrasioni,
annotazioni, glosse, ecc.). Nel prevedere la forma scritta il legislatore ha
inteso ed intende soltanto raggiungere il fine di cristallizzare nel tempo (per
un certo periodo di tempo) determinati atti o fatti.
Del resto proprio per questo motivo (il tentativo di opporsi
alla dissoluzione della rappresentazione orale della conoscenza o della
volontà), anche storicamente, è nata la scrittura..
Occorre allora ricollegare correttamente l'integrazione della forma scritta al
requisito (oggettivo-tecnico) della non alterabilità ovvero della
riconoscibilità delle alterazioni: il documento informatico soddisfa il
requisito legale della forma scritta se il contenuto non è alterabile o se le
alterazioni sono riconoscibili.
Oltre alla crittografia (tra l'altro, non necessariamente
asimmetrica), sono astrattamente possibili altre soluzioni tecnologiche che
siano funzionalmente idonee a soddisfare il predetto requisito oggettivo,
purché non si tratti delle medesime soluzioni (né delle relative regole
tecniche) oggi considerate dall'ordinamento come veri e propri metodi di
sottoscrizione dei documenti informatici né, tanto meno, di tecniche di "identificazione
dell'autore" (verso cui sembra spingere il più recente legislatore), magari
basate sulle sue caratteristiche biometriche, che finirebbero per
soggettivizzare definitivamente la forma scritta, snaturando l'essenza stessa
ed il senso della scrittura.
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