FORUM MULTIMEDIALE
LA SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE

 

COMPORTAMENTI E NORME NELLA SOCIETÀ VULNERABILE

 


INTERVENTI - 13


1. Cos'è e cosa non è la democrazia elettronica di Patrizia Dal Poggetto

"What is and what is not electronic democracy" è una domanda che circola di frequente su Internet. Ad essa sono state date molteplici risposte, sia in modo esplicito che implicito ed alcune conferenze virtuali hanno affrontato la stessa questione.

Viene allora spontaneo chiedersi il perché di tanto interesse se è vero, come è vero, quello che da alcuni anni si va ripetendo, e cioè che Internet, la rete delle reti, è un "mezzo" fondato su un unico principio ispiratore: la libertà di tutti.

Libertà intesa nella sua accezione forse più ampia, come possibilità di ciascun individuo - senza distinzione di sesso, razza, opinioni politiche, ecc. - dotato di "modesti" mezzi tecnici (un personal computer, un modem ed un telefono), di diffondere le proprie idee, di colloquiare nel mondo con individui di altre etnie, di espandere le proprie conoscenze senza uscire da casa.

La libertà di navigare (o, come è stato più efficacemente espresso, di immergersi) in un mare di informazioni non più veicolate in pesanti supporti fisici, quali libri, riviste e giornali, bens~ì trasmesse sotto forma di segnali elettronici (bit). Chi vi si immerge non è semplicemente un "recettore passivo", ma è in grado di intervenire attivamente nella realtà sociale. Negli Stati Uniti, che sono assai più avanti di noi in questo campo, si stanno diffondendo iniziative popolari per intervenire in prima persona nella fase di redazione di un testo legislativo.

Non è forse questa una delle forme più elevate di democrazia? La domanda richiede una prima riflessione su cosa sia una democrazia. A questo punto è il mio vecchio Devoto-Oli (un "atomo" lo definirebbe il guru americano del MIT, Nicholas Negroponte, nel suo ultimo libro "Essere digitali", apparso in traduzione italiana, presso Sperling & Kupfer Editori, nel marzo 1995) a venirmi in aiuto.

Democrazia, si legge, è "una forma di governo fondata su una visione egualitaria dei rapporti sociali e dei diritti politici esercitata dal popolo direttamente. Interrompo la lettura e mi chiedo: ma allora, se è vero che Internet assicura la massima libertà di espressione delle idee, come mai vari messaggi che ho intercettato sulla rete erano favorevoli ad un intervento governativo che esprimesse precise regole di controllo e di gestione della rete? Che forse abbia veramente ragione Negroponte quando dice che "troppa libertà può avere effetti negativi"?

Gli argomenti portati a sostegno della tesi che guarda con favore ad un intervento governativo non provengono certamente da nostalgici del totalitarismo o di forme accentuate di statalismo.

In realtà, la situazione non è poi cos~ì idilliaca come appare, a causa della scesa in campo dei "profit-seekers", cioè di coloro che, spacciandosi per altruistici diffusori di cultura, vorrebbero sfruttare le illimitate potenzialità dei collegamenti telematici per trarne i massimi profitti economici.

In un articolo pubblicato su "The Washington Monthly" di giugno '95 (il cui testo integrale appare su http://www.clark.net/pub/rothman/update3.html con ampi riferimenti ipertestuali aggiunti) Joshua Wolf Shenk stigmatizza il comportamento delle compagnie telefoniche private che pubblicizzano le enormi potenzialità della telematica, tra le quali l'insegnamento interattivo a distanza e la telemedicina. L'obiettivo apparente che si propongono di raggiungere è favorire l'avvicinamento delle persone mettendo in luce i loro aspetti migliori; l'obiettivo reale è, viceversa, di ben altra natura: lo sfruttamento a scopi esclusivamente commerciali delle autostrade informatiche.

Quest'articolo esprime una forte critica a questa forma di "innaturale" sfruttamento delle reti ed un invito al governo americano affinché rallenti questa corsa sfrenata.

Come un fiume, Internet si è mossa all'inizio lentamente in un ristretto ambito scientifico riservato a pochi iniziati, per poi espandersi velocemente ed in modo incontrollato quando è entrata in contatto con il mondo economico.

Agli albori della comunicazione via rete sarebbe stato assai più facile di adesso convogliarla nelle zone desiderate, impedendo in tal modo quel processo di straripamento che - sebbene già iniziato - non ha ancora raggiunto la sua massima estensione.

Per questo motivo coloro che avvertono più forte il problema di arginare Internet (o meglio di regolamentarla) sperano che ciò avvenga il più presto possibile. L'intervento governativo dovrebbe servire, secondo Ronda Hauben (ronda@panix.com) ad impedire di diventare preda degli appetiti delle grandi società commerciali. Non tutti, però, sono dello stesso avviso. Tra questi L. Detweiler, il quale ripone ampia fiducia nello sviluppo della democrazia elettronica mediante Internet, senza necessità di un intervento del Governo, che ha rappresentato, fino a questo momento, uno dei maggiori ostacoli al suo fiorire. Vi è ancora chi, come J. Lehmann (jrl@spectrix.sbay.org), ritiene sufficiente un modesto intervento nella giusta direzione per raggiungere l'obiettivo di una "communication ... cheap and free, everywhere".

I fautori della regolamentazione non intendono affatto porre delle limitazioni all'utilizzo di Internet; al contrario, auspicano una diffusione ancora più capillare di quella attuale. Ma sulle modalità di raggiungimento di questo obiettivo le opinioni divergono. Sempre secondo J. Lehmann, ciò sarebbe possibile sfruttando diversamente l'attuale livello tecnologico, con un migliore utilizzo delle linee su doppino telefonico, senza necessità di attendere la disponibilità dei futuri canali in fibra ottica. Lo sviluppo di Internet verrebbe cos~ affidato inizialmente alla diffusione capillare delle forme di comunicazione più semplici (tipo E-mail). Il passaggio successivo a quelle più complesse (tipo ftp-by-email) avverrebbe gradualmente per l'effetto "snow-ball" provocato dalla naturale curiosità ed intraprendenza degli utenti.

Con l'accesso ad Internet degli "ordinary people" diverrebbe assai più impellente la soluzione di due problemi che agitano il mondo delle reti: (a) un uso più misurato del sistema per evitare lunghe code; (b) la riservatezza della posta elettronica.

Alla tesi accolta da J. Lehman si contrappone chi affida interamente alla realizzazione delle autostrade informatiche il futuro della comunicazione telematica.

Ma è proprio questo nuovo strumento ad altissimo contenuto tecnologico a comportare problematiche giuridiche di difficile soluzione ed in particolare a rappresentare, secondo alcuni, il più grave pericolo per la democrazia elettronica.

La questione è attualmente all'esame del Congresso degli Stati Uniti, che sta elaborando il più imponente progetto di riforma del settore delle telecomunicazioni dal 1934. Il progetto di legge originario, approvato dalla Camera, ma bocciato dal Senato, si ispira a due principi fondamentali: "common carriage" e "open architecture". In sostanza, il primo impedisce ai gestori della rete di praticare tariffe differenziate a seconda del tipo di utente; mentre il secondo consente il collegamento diretto degli utenti della rete senza il passaggio obbligato da un nodo centrale controllato.

Il progetto del Senato degli Stati Uniti, che si dice ispirato dalle grandi compagnie di telecomunicazioni, privilegia la "deregulation", con questa motivazione: sarà la libera concorrenza tra gli operatori ed il potere di scelta degli utenti a far produrre servizi sempre migliori a prezzi sempre più bassi.

La prospettiva di una libera concorrenza è certamente, tra le due, l'ipotesi più allettante; peccato, sembra dire l'autore dell'articolo pubblicato su The Washington Monthly sopra menzionato, che la realtà sia ben diversa da come viene disegnata. Infatti per i prossimi 10-15 anni solo le società di telecomunicazione attualmente esistenti potranno operare sul mercato. In pratica, si avrà un regime di monopolio esteso non soltanto alla gestione della rete ma anche al controllo ed al possesso di ciò che in essa viene trasmesso.

Come si vede la domanda prospettata all'inizio su cosa sia la Democrazia Elettronica (e quale sarà il suo futuro) non è poi, contrariamente alle apparenze, così peregrina.

Questo mio intervento non ha certamente la presunzione di fornire una risposta a questo vasto e complesso problema. Tuttavia, non posso non far riferimento al mio vecchio "atomo" che sotto la voce Democrazia cos~ì prosegue "quella forma di governo esercitata dal popolo direttamente, o più spesso indirettamente, per mezzo di rappresentanze elettive".

Il potenziamento degli attuali organi direttivi di Internet unito ad una maggiore rappresentatività degli stessi potrebbe essere una via percorribile per impedire che in futuro alla domanda cos'è la Democrazia Elettronica non si debba rispondere: una mera illusione.


Pagina precedente