Armani.it. Un dominio "su misura"
di Andrea Monti - 10.07.03
Con la sentenza
0634-2003, il tribunale di Bergamo, I sez. civile, ha ordinato la
cancellazione della parola "armani" nel nome a dominio registrato
dal convenuto, inibendo allo stesso "l'uso della parola "armani"
come nome a dominio, ove non accompagnata da elementi idonei a differenziarla
dal marchio "Armani"".
La ratio della decisione sta nel fatto che il nome a dominio "armani.it",
registrato a fini commerciali da un incisore di nome Luca Armani (che tramite
il dominio pubblicizzava i propri servizi e prodotti), lede i diritti del
sarto Giorgio Armani. Essendo quest'ultimo titolare di un marchio celebre e
meritevole quindi della "tutela allargata" a categorie merceologiche
diverse da quelle per le quali il marchio è stato registrato.
In sostanza, il giudice ha fatto questo ragionamento: imprenditore celebre
il sarto, imprenditore sconosciuto l'incisore, l'incisore "sfrutta"
l'omonimia e ci guadagna "a prescindere", come diceva Totò. Nessuno
scandalo, dunque, che il giudice abbia ritenuto degna di tutela la posizione
giuridica dell'Armani-sarto.
Desta invece qualche perplessità il modo in cui il giudice ha garantito la
tutela al segno notorio, stabilendo la cancellazione della parola "armani"
dal dominio in questione. Notoriamente un controsenso tecnico, visto che un
dominio di secondo livello deve necessariamente contenere dei caratteri
alfanumerici. Non è possibile "tenere in piedi" un dominio con il
solo cTLD (.it, nel caso di specie). Per di più, dopo avere disposto la
cancellazione della parola Armani dal nome a dominio, il giudice ne vieta l'utilizzo
in assenza di altri elementi che lo distinguano dal marchio per il quale si
invocava tutela. Il che è frutto di una palese contraddizione, perché se la
parola Armani è stata cancellata dal nome a dominio, non può, evidentemente,
essere usata con le modalità appena descritte.
E' inoltre opportuno soffermarsi su un passaggio della motivazione che si
occupa del valore giuridico delle regole di naming. Il cui vigore viene
limitato, ancora una volta, al mero funzionamento interno del sistema di
gestione dei nomi a dominio, senza che a queste possa attribuirsi una qualche
cogenza giuridica esterna al proprio contesto operativo. "Le regole di
naming dettate dalla Naming Authority - scrive il giudice - e cioè quelle
che stabiliscono la procedura per l'assegnazione dei nomi a domino,
costituiscono mere regole contrattuali di funzionamento del sistema di
comunicazione delle rete Internet, di carattere amministrativo interno, che
non possono essere utilizzate dal giudice atteso che l'autorità giudiziaria
è chiamata ad applicare la legge e non una normativa amministrativa interna".
Dunque, per il giudice bergamasco le regole di naming sono un contratto e
non, come si è spesso sostenuto, un atto unilaterale dell'assegnatario che
"spontaneamente" chiederebbe di ottenere l'assegnazione di un
certo indirizzo. E come è noto, la (riaffermata) natura contrattuale delle
regole di naming pone dei seri problemi di tenuta dell'attuale sistema delle
registrazioni.
Siamo, dunque, di fronte a una sentenza che in punto di diritto ha inquadrato
correttamente i temi in discussione ma che, in punto di fatto, ha collegato in
modo non coerente motivazione e dispositivo. Anche se a questo proposito
bisogna tenere ben distinti i livelli di analisi. Nel caso specifico,
considerato che l'utilizzo del dominio era palesemente orientato a finalità
commerciali e registrato da un soggetto economico, a nulla sarebbe valso
invocare la tutela civilistica dell'identità personale.
In linea generale, leggendo a contrario la sentenza, si evince un
principio non deprecabile in base al quale sarebbe lecito l'utilizzo di un
dominio corrispondente a un segno distintivo al di fuori dell'attività
economica e concorrenziale.
Rimane invece la delusione per l'ennesima occasione perduta per
affrontare in una decisione di merito i problemi tuttora irrisolti della
natura giuridica del nome a dominio e dell'attività della Registration
Authority che, come è noto (vedi I veri problemi giuridici dei nomi a dominio),
richiedono ancora uno studio approfondito. |