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Pubblica amministrazione e open source

Archiviazione e gestione documentale in Italia - 2
di Andrea Scaglione - 20.11.02

Analisi comparativa della legislazione tra Francia, Gran Bretagna e Italia, alla luce delle innovazioni dell'e-procurement, dell'archiviazione e della firma digitale - Quarta parte

L'applicazione dell'archiviazione elettronica inizia ad assumere una certa importanza anche in considerazione della mole di dati conservati.
Il nostro nome, la data di nascita ed il codice fiscale finiscono sempre più spesso per essere archiviati nei CED. Questo significa che i nostri dati personali non sono più conservati negli archivi tradizionali? Per intendersi, quelle infrastrutture di scaffali e carta che dall'antichità custodiscono la nostra memoria. La risposta è no. I nostri dati sono conservati elettronicamente quando sussiste la necessità di interrogarli frequentemente, ma ciò non significa che accanto all'archivio elettronico non continui ad esistere un archivio cartaceo.

Questo fenomeno della duplice archiviazione si spiega con diverse ragioni. Escludiamo subito la diffidenza verso le nuove tecnologie. Gli esperti di informatica che lavorano per le organizzazioni pubbliche o private sanno benissimo che oggi, grazie all'evoluzione tecnologica, l'archiviazione elettronica è più sicura sia in termini di tutela della riservatezza sia per quanto riguarda gli eventi disastrosi. Gli archivi tradizionali sono più indifesi di quelli elettronici rispetto agli intrusi, alle alluvioni o agli incendi. Un archivio elettronico che adotti le più avanzate tecnologie è pressoché inaccessibile a chi non ha le chiavi d'accesso ed essendo di dimensioni ridotte può essere ospitato in caveau stagni ed ignifughi. Senza contare che, all'occorrenza, i dati possono essere trasferiti via rete a migliaia di chilometri di distanza in modo relativamente veloce. Ai tempi della guerra fredda, internet nasce anche per questo.

La ragione per cui le organizzazioni non si disfano degli archivi cartacei è che questi, considerate le modalità con cui ancora oggi si scambiano le informazioni, rimangono di gran lunga lo strumento più economico per conservare i documenti. Chi oggi decidesse di gestire un'intera procedura avvalendosi di documenti elettronici dovrebbe sobbarcarsi due costi addizionali: la conversione degli originali cartacei che arrivano dall'esterno in file elettronici e la riproduzione su supporto cartaceo dei file elettronici contenenti informazioni da produrre all'esterno.

Considerando le potenzialità dei sistemi di archiviazione sostitutiva integrati a sistemi per la gestione elettronica dei documenti ed a soluzioni di firma digitale, non sarà il caso di arrendersi davanti a queste constatazioni. Bisogna invece incentivare l'adozione di questi strumenti nelle organizzazioni pubbliche e private. Si tratta di promuovere la competitività del sistema nazionale ed europeo in un momento storico di forte evoluzione tecnologica. Il compito di favorire lo sviluppo di queste ed altre tecnologie spetta ai governi nazionali in un contesto sì competitivo ma che, in ambito europeo, deve essere anche cooperativo.
Solo quando i sistemi di gestione elettronica dei documenti, l'archiviazione sostitutiva e la firma digitale diventeranno strumenti di massa allora converrà adeguarsi.

Chi compra oggi un auto elettrica, per quanto tecnologicamente avanzata ed ecologica? Quasi nessuno. Perché l'auto elettrica non è riuscita ad imporsi sul mercato, è difficile trovare un punto di ricarica delle batterie ed costi di gestione sono elevati. Gli stessi principi di scelta valgono per chi deve affrontare un investimento per dotare la sua organizzazione di strumenti evoluti di gestione documentale. Pretenderà di utilizzare le tecnologie che ha acquistato per interagire con una platea sufficientemente vasta di referenti ed attenderà che i costi di gestione dei nuovi sistemi siano convenienti rispetto all'uso della carta.

Cosa possono fare i governi per promuovere l'archiviazione sostitutiva, i sistemi elettronici di gestione documentale e la firma digitale? In particolare, cosa può fare, cosa ha fatto e cosa dovrebbe fare il nostro governo? Innanzitutto, deve promuovere l'utilizzo delle tecnologie di gestione documentale all'interno della pubblica amministrazione per prepararla a rapportarsi in modo evoluto con i referenti istituzionali a livello nazionale ed europeo. Dopo di che, deve pubblicizzare fra i cittadini i vantaggi derivanti dall'utilizzo delle tecnologie evolute di gestione documentale, nonché promuoverne ed incentivarne la diffusione.

Bisogna dare atto ai governi che si sono succeduti negli ultimi anni che molto è stato fatto, però si ha anche l'impressione che negli ultimi mesi ci sia una pausa di riflessione. Si potrebbe pensare che le contingenti ristrettezze di bilancio facciano passare l'innovazione tecnologica in secondo piano rispetto ad altre emergenze, ma questa spiegazione non ci soddisfa. Piuttosto, per usare il gergo dei giocatori di carte, prima il legislatore e poi il governo, sembrano essersi "incartati".
Si sono incartati nel gestire la regolamentazione sulla firma digitale ed ora temono di incartasi anche su altri tavoli, su altre problematiche.

Non rimane che sperare di uscire al più presto dall'impasse, procedendo alla pubblicazione di una serie di norme che facciano definitamene chiarezza e favoriscano un'accelerazione nella diffusione delle tecnologie di gestione documentale sul mercato ed all'interno della pubblica amministrazione.
In materia fiscale, tanto per fare un esempio, è dal 1994, dopo l'approvazione della legge Tremonti (articolo 7-bis d.l. 357/94) e la conseguente modifica al codice civile (articolo 2220, comma 3), che le imprese attendono un decreto dell'amministrazione finanziaria che disciplini la conservazione su supporti elettronici delle scritture contabili obbligatorie.

La recente direttiva 2001/115/CE che introduce la fatturazione elettronica, in regime di IVA INTRASTAT, arricchisce di ulteriori contenuti lo scenario ma lo rende anche più complesso.
A questo punto l'emanazione da parte dell'amministrazione finanziaria di un decreto sull'archiviazione sostitutiva dei documenti contabili, comprese le fatture, assume una certa urgenza. C'è da sperare che, nella redazione del testo, si faccia tesoro delle esperienze maturate in altri contesti, tenendo in giusta considerazione l'evoluzione del quadro normativo comunitario.

Per quanto riguarda la diffusione dei sistemi di gestione elettronica dei documenti all'interno della pubblica amministrazione le iniziative non mancano, anzi, l'Italia si pone in posizioni d'avanguardia. Però, anche su questo fronte, converrà accelerare. I progetti per la smaterializzazione della documentazione amministrativa e l'automazione delle procedure sono numerosi (per un approfondimento vedi le pagine internet del Ministero per l'innovazione e le tecnologie: on line "dalle code al click") ma a parte alcuni casi la carta continua ad essere l'incontrastato supporto di conservazione.

Un caso eclatante è l'esperienza dell'Istat che, archiviati elettronicamente i formulari dell'ultimo censimento, conserva ancora gli originali su carta in un magazzino di deposito di cui si potranno immaginare le dimensioni.
Fra le pochissime esperienze di archiviazione sostitutiva citiamo il progetto dell'Arma dei Carabinieri, per cui è stato convertito elettronicamente l'archivio dei fogli matricolari dei militi, ed il progetto della Consip che si appresta ad elaborare, pubblicare, acquisire e conservare i documenti relativi alle numerose gare d'appalto bandite smaterializzando completamente la procedura (la pubblicazione su almeno due quotidiani, GURI e GUCE rimane obbligatoria per legge).