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Pubblica amministrazione

Le tre "I": investimenti, informatica, innovazione
di Andrea Scaglione - 15.05.03

Durante lo scorso mese di marzo, Assinform, Associazione nazionale dei produttori di tecnologie e servizi per l'informazione e la comunicazione. ha presentato il I° Rapporto sul mercato dell'IT nelle regioni italiane. Nello stesso mese il suo presidente, Giulio Koch, in occasione di un convegno del CEILL, ha tenuto un intervento dal titolo: "E-government: la nuova sinergia tra istituzioni, cittadini e imprese".

Dal confronto tra i dati presentati nelle due occasioni emerge una contrazione del mercato IT sia nel settore privato sia nel settore pubblico. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, nel 2001 la spesa complessiva per l'acquisizione di beni e servizi IT è diminuita dell'1,09% rispetto all'anno 2000. Si tratta di una contrazione tutta concentrata nelle amministrazioni centrali. Infatti, mentre nei ministeri la spesa è diminuita del 9,04%, gli enti locali hanno fatto registrare un incremento degli investimenti del 28,27%. Per quanto riguarda il mercato allargato al settore pubblico e privato, il 2002 ha fatto segnare una contrazione del 2,2% rispetto al 2001.

Da una prima lettura dei dati si è indotti a pensare che la riduzione della spesa pubblica nel 2001 abbia fatto sentire il suo contraccolpo sui bilanci delle aziende nell'esercizio 2002. L'ulteriore contrazione degli investimenti prevista in finanziaria ci fornirà la conferma di questa ipotesi a fine anno, con la chiusura dei bilanci aziendali.

Secondo Assinform, una parte importante della riduzione della spesa nei ministeri è imputabile alla strategia di Consip, società concessionaria per gli acquisiti della pubblica amministrazione, che, nel selezionare le offerte di mercato, porrebbe eccessiva attenzione alla variabile prezzo trascurando la valutazione economica complessiva. Questa ipotesi però non ci trova d'accordo, perché tende ad ingigantire il ruolo di Consip, la quale, pur essendo il più importante, non è certo l'unico ente appaltante presente in Italia. Inoltre, bisogna far notare che i servizi per lo sviluppo dei progetti informatici più rilevanti per la pubblica amministrazione, in cui Consip ha avuto il ruolo di ente appaltante, sono stati acquisiti secondo il criterio di selezione dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Certamente si sono ottenuti dei risparmi nelle acquisizioni di beni e servizi informatici, ma questo è dovuto in primo luogo alla professionalità dei nuovi attori che redigono capitolati e disciplinari di gara ed in secondo luogo alla strategia di centralizzazione degli acquisiti. Al contrario di Assinform, come contribuenti, non essendo portatori di interessi particolari, ci rallegriamo della riduzione della spesa e del percorso virtuoso intrapreso dall'amministrazione pubblica. Se poi i risparmi ottenuti non vengono adeguatamente reinvestiti non se ne può certo dare la colpa ad un ente appaltante. Chi decide gli investimenti non è l'ente appaltante, ma la pubblica amministrazione. Sono i ministeri e gli enti locali a commissionare i progetti autorizzandone le spese, anche se prima, evidentemente, dovranno considerare le disponibilità di bilancio.

L'eventuale responsabilità della riduzione degli investimenti della pubblica amministrazione per l'acquisizione di beni e servizi informatici, in definitiva, attiene al Parlamento.
In effetti, Assinform denuncia anche una riduzione del 10% della spesa IT a favore della pubblica amministrazione nella legge finanziaria per l'anno in corso ed è alla luce di quest'ultimo dato che possono sorgere dei dubbi rispetto alla continuità della strategia di promozione dell'informatica pubblica.
Il ministro Lucio Stanca, di contro, durante il convegno "Innovazione e valorizzazione delle risorse umane", tenuto nell'ambito del Forum PA, risponde indirettamente a questi dubbi affermando che nel corso del 2002 l'Italia è passata dal dodicesimo al nono posto della speciale classifica sull'e-government elaborata dalla Commissione europea.

A questo punto, però, sorgono altri interrogativi. L'Italia, che è la quarta economia dell'Unione europea, può accontentarsi di occupare la nona posizione considerando la partecipazione di soli quindici paesi alla competizione? Di fatto, rispetto a tutta una serie di indicatori utili a valutare il livello di innovazione tecnologica (vedi L'Italia e la e-economy: uno studio da Londra) l'Italia, pur rappresentando un modello in specifici settori (fisco telematico ed e-procurement), come sistema- paese occupa gli ultimi posti fra i Paesi ad economia avanzata. Se è vero che la legge finanziaria per l'anno in corso riduce gli investimenti, nell'immediato futuro riusciremo a recuperare altre posizioni portando il nostro Paese in una posizione più adeguata al suo status?

Per ridurre il divario che ci separa dagli altri paesi il volume degli investimenti in infrastrutture e sistemi tecnologici non solo non dovrebbe diminuire ma anzi dovrebbe aumentare in termini assoluti e relativi. Se, al contrario, siamo in presenza di una contrazione degli investimenti si rischia di vanificare gli sforzi compiuti negli anni scorsi. Considerando che la spesa investita in infrastrutture e sistemi informativi per la pubblica amministrazione non è poi così rilevante se messa in relazione al bilancio dello Stato, rispetto ad un settore così importante per il futuro del Paese, si potrebbe anche immaginare di incrementare gli investimenti (nel 2001 la spesa è stata pari a circa 1,5 ml di Euro con un'incidenza percentuale rispetto alle spese complessive di circa il 2%).

Ad inizio legislatura il Governo si è dato delle priorità fra cui la promozione dell'informatica. Ricordiamo lo slogan "delle tre I": Inglese, Internet, Impresa. Quelle priorità sono ancora valide? Un'impresa in difficoltà, anche a causa del suo ritardo tecnologico, nel momento in cui non programma importanti investimenti per innovare prodotti e modalità di produzione, ha un futuro? La risposta a quest'ultima domanda è senz'altro negativa e la stessa logica vale se applicata ad un intero sistema produttivo. Un'amministrazione che non incrementa gli investimenti in innovazione e, nello specifico, in sistemi e tecnologie informatiche, non avrà la forza sufficiente per promuovere le iniziative di governo e non avrà la capacità di sfruttare a pieno le occasioni e le risorse offerte dal mercato internazionale degli investimenti. Se l'Italia non riesce ad usufruire totalmente dei fondi messi a disposizione dall'Unione europea, contrariamente a quanto si riesce a fare in paesi con economie anche meno importanti della nostra, come l'Irlanda o il Portogallo, il motivo va ricercato anche nell'eccessiva cautela dei nostri amministratori nell'investire in innovazione.

Approfondendo all'interno dei confini nazionali l'analisi del mercato pubblico e privato, la rilevazione per l'anno 2002 degli investimenti nel settore IT evidenzia un'accentuazione del divario fra nord e sud. In un contesto di contrazione complessiva della spesa rispetto al 2001, solo Lombardia (+0,6%), Veneto (+1,3%) e Marche (+1,0%) mostrano un segno positivo, il Nord rallenta (-1,65%) mentre il Sud frena in modo più deciso con una riduzione delle spese del -4,1%.

Come per molti altri settori produttivi, le potenzialità del nostro sistema paese sono limitate da uno scarso dinamismo degli investimenti nelle regioni meridionali. Le problematiche sul fronte interno, probabilmente, sono legate alle difficoltà sul fronte internazionale. Qualora le regioni del Sud riuscissero a ridurre il divario rispetto al Centro-nord, l'impulso dato agli investimenti ed in generale all'efficienza organizzativa potrebbero far recuperare posizioni al nostro Paese. Un certo impulso alle economie locali ed in particolare ai distretti produttivi meridionali potrebbe essere dato dalle iniziative di e-government promosse presso gli enti territoriali dal Ministero per l'innovazione e le tecnologie con il progetto dei "centri regionali di competenza".

Attraverso questa ed altre iniziative bisognerà cercare di stimolare le economie del territorio, dando la possibilità alle realtà produttive locali, di dimensioni mediamente ridotte rispetto ai concorrenti di livello nazionale, di essere immediatamente coinvolte nelle iniziative di investimento.