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Le regole dell'internet

La violenza giovanile e il “caso Google”: ennesimo pretesto per invocare censura e repressione

Comunicato ALCEI del 26 novembre 2006 - 28.11.06

 
Alcuni minorenni si sono ripresi mentre vessavano un “disabile” e poi hanno pubblicato un filmato
della vicenda su Youtube (il servizio, appena acquistato da Google, che consente agli utenti di
pubblicare in autonomia i propri video).

Come e' noto, quell'ignobile comportamento non e' un “caso isolato”. Ma se il clamore suscitato da
un particolare episodio ha portato, da un lato, ad affrontare un grave e diffuso problema di
violenza e di malcostume (che non riguarda solo gli adolescenti) accade anche che, in una direzione
del tutto diversa, diventi un enessimo pretesto di censura e repressione.

I commenti su questa sciagurata vicenda sono, in parte, indirizzati a temi seri: la responsabilita'
delle famiglie e degli educatori, la crisi dei valori, la diseducazione sociale. Ma, al tempo
stesso, e' stato colto il pretesto (come gia' in molte altre situazioni nel passato) per invocare e
attuare repressione e censura. Del misfatto si “incolpa” l'internet – mentre e' chiaro che la
disgustosa idea di mettere online un filmato ha portato all'identificazione dei fatti e dei
colpevoli (che altrimenti potrebbero essere rimasti, come in troppi casi, ignoti e impuniti).

La vicenda ha fatto riemergere con prepotenza le richieste di stabilire la responsabilita'
oggettiva dell'internet provider (renderlo, cioe', automaticamente responsabile delle azioni di chi
utilizza i suoi servizi).

Esponenti politici hanno annunciato l'ennesimo disegno di legge (sembra, diretto a ottenere dal
minore il "consenso scritto" dei genitori per l'uso della rete) con l'aggravante che, stavolta, e'
stato addirittura aperto un procedimento penale nei confronti dei rappresentanti italiani di Google
Inc.

Sarebbe palesemente assurdo se (come interpretato in alcuni dibattiti, articoli di giornale e
programmi televisivi) si considerasse “responsabile dei contenuti” un motore di ricerca. Ma, anche
se il procedimento contro Google si basasse su fatto che ora e' proprietaria di Youtube, si
tratterebbe di una grave distorsione delle responsabilita' e di un ennesimo tentativo di
repressione che, da un episodio particolare, potrebbe facilmente estendersi a forme estese di
cansura. 

Siamo di fronte alla solita inaccettabile ipocrisia di chi invoca (o annuncia di approvare) leggi
repressive a "senso unico", dimenticando che l'Unione Europea e l'Italia hanno gia' affrontato e
risolto il problema della responsabilita' del fornitore di servizi internet. La direttiva 31/00
recepita in Italia dal decreto legislativo 70/2003 dice chiaramente che non esiste un obbligo
generale di sorveglianza preventivo a carico del fornitore di servizi internet. Solo a fronte di un
provvedimento esecutivo della pubblica autorita' e' possibile rimuovere o renderere indisponibili
contenuti o servizi.

(In questo caso, lo staff di Google e' stato addirittura “piu' realista del re”, avendo rimosso il
video in questione non appena si e' reso conto della sua presenza e senza aspettare l'intervento
delle autorita').

E' dunque incomprensibile (se la notizia sara' confermata) a che titolo la Procura di Milano abbia
aperto un provvedimento penale nei confronti dei rappresentanti di Google Italia.

Viceversa, politici e mezzi di informazione fanno finta di non sapere che esistono gia' precisi
obblighi normativi che impongono ai genitori il controllo sull'operato dei minori e stabiliscono la
loro responsabilita' giuridica sul comportamento dei figli. Ma, con tutta evidenza, si preferisce 
sfruttare l'occasione per invocare provvedimenti dettati dall'emozione e sbagliati nella sostanza,
piuttosto che afrontare con serieta' le vere radici del problema.

Fin dal 1996 ALCEI ha denunciato, anche in sede comunitaria, la volgare strumentalizzazione di un
tema grave e delicato come quello della protezione dei minori, per fini di mera propaganda politica
e interessi di bottega. Strumentalizzazione che si e' tradotta in leggi che non garantiscono alcuna
tutela reale alla persona abusata, ma che, al contrario, consentono abusi di potere e
disinformazione. E, quel che e' peggio, rinforzano pregiudizi culturali e oscurantisti non solo nei
confronti delle tecnologie dell'informazione, ma anche, e sopratutto, dello Stato di diritto.


ALCEI e' a disposizione di chi volesse approfondire il tema

e-mail alcei@alcei.it
telefoni 02-867045 335-566899 347-8618164
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