Ancora norme incivili con il pretesto della "protezione di minori"
Il 23 gennaio 2006 il Parlamento ha approvato definitivamente la modifica
alla sciagurata legge 269/98 (che, con la scusa della tutela dei minori,
stabiliva inaccettabili estensioni dei poteri di polizia, come per esempio la
possibilità dello spaccio di pornografia di Stato).
Le "Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei
bambini e la pedopornografia anche a mezzo internet" (questo il nome della
legge) aggiungono altra "barbarie legale" allo stato di fatto e riducono
ulteriormente i confini dell'applicabilità dei principi di civiltà del
diritto e di libertà fondamentali del cittadino.
L'articolo 4 della legge introduce il reato di "pornografia virtuale"
definita come "immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori
degli anni diciotto, non associate in tutto in parte a situazioni reali, la cui
qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali". La
vaghezza dei concetti espressi nella norma (la cui definizione implicherebbe
serie considerazioni di tipo filosofico, e di notevole rilevanza pratica, sul
significato di alcuni concetti) si presta a interpretazioni strumentali e
discrezionali che vanno a incidere addirittura sul condizionamento del pensiero.
L'articolo 14 bis istituisce l'ennesimo Centro nazionale, questa volta
per il "contrasto della pedopornografia sulla rete INTERNET" (il maiuscolo
è nel testo della legge). Che serve a raccogliere, catalogare e verificare le
segnalazioni dei siti "incriminati", i gestori e i beneficiari dei
pagamenti.
La norma sopra citata "fa il paio" con nuovi obblighi dei provider che
vengono - di fatto e di diritto - trasformati in veri e propri
"poliziotti" con obblighi di controllo e segnalazione.
I provider sono obbligati a:
- segnalare al centro nazionale, qualora ne vengano a conoscenza, le
imprese o i soggetti che diffondono, distribuiscono o fanno commercio, anche in
via telematica, di materiale pedopornografico, nonché a comunicare senza
indugio al Centro, che ne faccia richiesta, ogni informazione relativa ai
contratti con tali imprese o soggetti;
- conservare per almeno 45 giorni il materiale oggetto della segnalazione
- pagare una multa salata in caso di mancata segnalazione;
- adottare i filtri decisi dal ministero delle comunicazioni e dalle
associazioni dei provider;
- pagare una multa salata per mancata adozione dei filtri
Inoltre, è fatto obbligo ai gestori di sistemi di pagamento di segnalare
alle banche o agli uffici postali l'uso di sistemi di pagamento per
l'acquisto di materiale pedopornografico, al fine di convocare il cliente a
fornire chiarimenti.
In sintesi, quindi, questa inqualificabile normativa:
- Sposta l'applicazione della sanzione dalla detenzione e diffusione di
immagini reali prodotte vessando i minori, a ipotesi estremamente vaghe in cui
le immagini possono essere anche artificiali e non presuppongono l'impiego di
immagini a sfondo sessuale (per cui è punita anche l'elaborazione grafica di
un disegno o di una foto "normale"). Con il chiaro intento di sanzionare
penalmente ANCHE disfunzioni patologiche meritevoli di trattamento psichiatrico
e non di sanzioni penali (come era da sempre stato nel codice penale, che
punisce fatti e non malattie).
- Istituisce un Moloch (il centro nazionale antipedopornografia) che al di
fuori di ogni controllo della magistratura esegue attività di indagine,
segnalazione, ed è destinatario di una impressionante mole di informazioni
sulle attività di imprese e cittadini, oltre ad avere il potere di segnalare a
istituti di credito e poste italiane gli usi degli strumenti di pagamento
finalizzati all'acquisto di materiale pedopornografico (e non si capisce come
lo possa fare senza "entrare nel merito" delle transazioni - cioè
sfruttando intercettazioni o altri sistemi intrusivi).
- Obbliga i provider - a pena di pesanti sanzioni - a usare filtri di
Stato, controllare, spiare e denunciare le attività dei propri clienti.
È evidente che la (finta) tutela dei minori - come l'abusato pretesto
della "lotta al terrorismo" -sono, ancora una volta, "cavalli di
troia" per raggiungere tutt'altri obiettivi. Stabiliti questi princìpi, è
ora facilissimo estenderli anche ad altri ambiti variamente repressivi e
liberticidi, come il diritto d'autore, la manifestazione di opinioni scomode o
la lotta politica - con le conseguenze che è facile immaginare.
Giova ripetere, come in ogni altra considerazione riguardante questo genere
di norme, che si tratta di provvedimenti inutili e inefficaci nella prevenzione
e repressione di attività criminali, mentre si approfitta dello sdegno, paura e
turbanento suscitati dal maltrattamento e sfruttamento dei bambini, o dalle
aggressioni terroristiche, per aprire pericolosi percorsi di invadenza e
repressione delle libertà civili.
Così come è desolante constatare, anche questa volta, che i parlamentari e
i mezzi di informazione - per non occuparsi di un tema "scomodo" o non
rischiare di essere stupidamente o strumentalmente etichettati come "amici dei
pervertiti" - abbiano lasciato commettere l'ennesimo liberticidio,
aggravato dall'essere (strumentalmente) perpetrato in nome della protezione di
soggetti che, in realtà, di ben altra tutela avrebbero bisogno.
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