Convegno promosso da Radio
Radicale
Pedofilia e Internet: vecchie ossessioni e
nuove crociate
Roma, 27 ottobre 1998
Hotel Bologna (Senato della Repubblica) Via Santa Chiara 5
Programma e
interventi
Obiettivo del convegno è analizzare e denunciare
le pericolose conseguenze sulle libertà personali, sul diritto alla privacy e
sullo sviluppo delle nuove tecnologie telematiche delle iniziative legislative e
giudiziarie condotte sotto la spinta della recente campagna aperta - con patenti
falsificazioni della verità - nei confronti della pedofilia in generale e del
binomio "Internet-pedofilia" in particolare.
Con il pretesto di perseguire in forme nuove e
"definitive" gli antichi fenomeni degli abusi sessuali sui minorenni,
della prostituzione e della pornografia minorile che avrebbero trovato nella
rete Internet l'occasione e lo strumento congeniale e "connivente" per
diffondersi nel mondo e in Italia, è in corso una campagna politica e
giornalistica basata su premesse false, che ha già prodotto gravissime
violazioni e restrizioni alle libertà personali e al diritto alla riservatezza
e rischia di pregiudicare lo sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione basati
sulla rete Internet.
Contro questa nuova crociata, che distorce i dati
relativi allo sfruttamento e agli abusi sessuali nei confronti dei minori e
demonizza Internet come strumento criminogeno di perversione del costume
sessuale, non si è levata una sola voce autorevole nel vasto panorama politico
italiano se non quella dei radicali, e di pochi altri, ovviamente ignorata dalla
totalità della stampa. Al contrario, ampie "unità nazionali" si sono
consolidate nelle odiose, proclamatorie e inutili norme legislative approvate in
questi mesi, e cori di consensi si sono levati indistintamente da giornali e Tv
di ogni orientamento in occasione di discutibili azioni giudiziarie o delle
clamorose operazioni internazionali di polizia che avrebbero assicurato alla
giustizia pericolose organizzazioni di "pedofili".
La disinformazione sulla realtà del drammatico
problema degli abusi contro i minori, le ossessioni sessuofobiche che ancora
caratterizzano la parte vincente della cultura politica italiana e
l'irriducibile avversione a ogni mezzo di comunicazione che - come Internet -
appaia indisponibile a forme di controllo corporativo o istituzionale sono le
componenti costitutive di questa crociata politica e giornalistica contro il
nuovo demone della "pedofilia telematica".
Per smascherare le stesse basi di questa
crociata, basterebbe fare riferimento ai dati (1) relativi all'identità dei
responsabili di violenze sessuali contro i minori: secondo le statistiche dei
procedimenti penali relativi a questi reati, il 90% dei casi degli abusi
sessuali avviene in famiglia; l'8% degli abusi è compiuto da persone esterne
alla famiglia ma conosciute dal minore (e spesso si tratta di cosiddette figure
"di riferimento"); solo il 2% dei casi chiama in causa persone
sconosciute ai minori. La violenza sessuale contro i minori è una realtà che
si sviluppa dentro - e non fuori o contro - gli istituti sociali più
tradizionali (la famiglia, la scuola, la parrocchia, i luoghi di aggregazione).
La crociata politica, giornalistica e giudiziaria
in corso, è dunque rivolta a colpire non più del 2% dei responsabili delle
violenze contro i minori (lo sconosciuto che insidia i fanciulli davanti alle
scuole.) mentre un silenzio imbarazzato, quando non complice, copre la vera
identità degli autori della assoluta maggioranza degli abusi o supposti tali;
un silenzio che dimostra inoltre la paura di toccare altri scabrosi tabù
sessuali della nostra società, quali ad esempio quelli dell'incesto o quello
della sessualità dei religiosi.
È comunque bene ricordare che, in alcune
occasioni, anche presunti episodi di incesto su bambini o infanti - rivelatisi
poi tragici errori giudiziari - non sono stati esentati dal linciaggio pubblico
esattamente come oggi accade ai cosiddetti "pedofili telematici":
basti pensare al caso del padre accusato di violenza sulla figlia risultata poi
affetta da una grave malattia al retto.
Sono peraltro gli stessi dati ufficiali a
dimostrare che, in Italia, il fenomeno degli abusi sessuali nei confronti dei
minori (compresi quelli compiuti da "estranei") non è affatto in
crescita e non giustifica quindi le campagne di allarmismo
politico-giornalistico di questi ultimi mesi.
È inoltre assai arduo spiegare la relazione che
dovrebbe intercorrere fra questi episodi di violenza consumati nei luoghi
privilegiati della formazione e dell'educazione dei minori e la rete Internet.
Non meno misterioso è il ruolo che dovrebbe
giocare Internet nei confronti della prostituzione minorile che nel nostro Paese
coinvolge in massima misura minorenni immigrate dai Paesi dell'Est e dell'Africa
e che è organizzata attraverso strumenti di sfruttamento del tutto
tradizionali.
Ma il fronte su cui sono stati prodotti gli
effetti più gravi contro le libertà e il buonsenso è quello della pornografia
minorile. Con il voto unanime delle Camere è stata approvata una legge (2) che
da una parte pretende di arrestare il fenomeno dello sfruttamento della
prostituzione e della pornografia minorile attraverso l'inasprimento delle pene
e dall'altra colpisce le libertà delle persona e pregiudica lo sviluppo della
rete Internet in Italia, imponendo nuovi e pervasivi controlli su questo mezzo
di comunicazione. Colpire o "commissariare" Internet perché
attraverso di esso vengono scambiate anche immagini pornografiche è tanto
ragionevole quanto vietare i telefoni perché, loro tramite, sono anche
concordati incontri mercenari, oppure - come ha rilevato uno dei pochi critici
della legge, il Prof. Zeno-Zencovich (3) - "prendersela con i marciapiedi,
chiedendo di limitarne l'uso, sol perché certe signore passeggiando su di essi
vi esercitano il mestiere più antico del mondo".
Al legislatore - a cui non è sembrato
sufficiente affermare che il reato di pornografia minorile può essere commesso
con "ogni mezzo", ma ha ritenuto necessario specificare "anche
per via telematica" - è sfuggita invece la considerazione che l'eventuale
uso di Internet per questo tipo di attività espone, diversamente dagli altri
canali di distribuzione clandestini, a una sicura individuazione, al pari delle
intercettazioni telefoniche. Ma, secondo le nuove disposizioni, persino
l'Internet Provider, cioè chi offre l'accesso alla rete e mette a disposizione
i server dove vengono scambiati i messaggi e quindi anche eventuali materiali
pornografici, rischia di essere colpito dalle sanzioni della legge nonostante il
Tribunale Civile di Roma (4) abbia stabilito che chi gestisce tali servizi
"non ha alcun potere di controllo e vigilanza sugli interventi che vi
vengono inseriti".
La legge prevede il sequestro, la chiusura, la
revoca delle licenze per coloro che distribuiranno anche per via telematica
materiale pornografico minorile. È uno scenario che ben conosciamo: quando un
nuovo mezzo di comunicazione mette in discussione i meccanismi di controllo
sulla comunicazione di massa ritornano di attualità censura e autocensura. Non
meno grave è tutta l'attività di investigazione che questa legge mette in
movimento: dalla schedatura di coloro che accedono a siti o newsgroup
pornografici della rete Internet, alla intercettazione della posta elettronica
per accertare che non vi sia scambio di materiale "pedofilo", fino
alla realizzazione simulata da parte del Ministero dell'interno di siti
"pedofili" per incastrare i perversi. È insomma evidente che tabù e
ossessioni sessuali diventano pretesto e strumento per limitare e imbavagliare
uno dei più straordinari strumenti di comunicazione e di libertà che
l'umanità abbia fino a oggi inventato.
Il legislatore, peraltro, non si è limitato a
colpire chi sfrutta i minori per produrre materiale pornografico ma anche, con
l'articolo 4, chi "dispone di materiale pornografico prodotto mediante lo
sfruttamento sessuale dei minori di anni diciotto". Chiunque venga trovato
in possesso di tale materiale viene punito con la reclusione fino a tre anni. Si
tratta di una semplificazione proibizionistica che può produrre più danni che
il reato che si vuole colpire. Aberranti saranno le conseguenze della
criminalizzazione di chi semplicemente contempla o magari visualizza
casualmente, navigando in Internet, materiale pornografico "proibito":
si apriranno le porte ad abusi e ingiustizie e si creerà un nuovo mercato nero
che ovviamente sarà occupato dalla criminalità.
E chi deciderà cosa è pornografico e cosa
invece è manifestazione artistica o semplice esibizionismo? Sarà reato
detenere quadri di Balthus o loro riproduzioni?. Magistrati e poliziotti
saranno autorizzati a perquisire le abitazioni alla ricerca di fotografie "pedofile",
cosicché i genitori si vedranno costretti a bruciare le fotografie dei propri
bambini nudi?
Infine, la pedofilia senza virgolette. Contestare
le forme di questa crociata antipedofila non significa riconoscere il "buon
diritto" di qualcuno a intrattenere relazioni sessuali con bambini in
tenera età; si tratta di difendere il "buon diritto" di ciascuno a
non essere giudicato e condannato solo sulla base della riprovazione morale
suscitata dalle proprie preferenze sessuali. Nessuno sembra rendersi conto dei
rischi connessi a una normativa, che autorizza ogni sorta di sospetto, e
consente ogni sorta di persecuzione giudiziaria o di criminalizzazione pubblica
nei confronti di individui non già responsabili di atti concreti, ma
"colpevoli" di sentimenti o desideri giudicati - a torto o a ragione -
anomali, deviati, perversi e patologici.
D'altra parte, cosa intendiamo parlando di
pedofilia e, soprattutto, di violenza sessuale contro minori? Certo, esistono
casi in cui è evidente una coercizione fisica o psicologica dei minori ad
attività sessuali, cui essi non possono consentire in modo consapevole. Ma
siamo certi, come osserva Gianni Vattimo (5), che gli adolescenti a cui in molti
Paesi del mondo attribuiamo la capacità di rispondere in giudizio delle proprie
azioni non abbiano invece pari consapevolezza e responsabilità nell'ambito
sessuale?
In ogni caso in uno Stato di diritto essere
pedofili, proclamarsi tali o anche sostenerne la legittimità non può essere
considerato reato; la pedofilia, come qualsiasi altra preferenza sessuale,
diventa reato nel momento in cui danneggia altre persone.
È invece certo che criminalizzare i pedofili in
quanto tali - come "categoria" - non sulla base dei loro comportamenti
ma della loro "condizione", non è ulteriormente tollerabile, e
alimenta forme di psicosi sociale, e accessi di intolleranza che non
costituiscono un argine alla violenza contro i minori, ma uno stimolo a una
caccia agli "untori" letteralmente devastante sul piano civile o
politico.
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(1) PACSE - Project Against Child Exploitation -
Sviluppato dalla fondazione Censis, con il contributo dei Ministeri degli
Interni e di Grazia e Giustizia - Finanziato dalla Commissione Europea
nell'ambito del programma STOP (http://www.pacse.censis.it.
(2) Legge 3 agosto 1998, n. 269 contenente
"Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del
turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in
schiavitù", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 10 agosto 1998
(http://www.parlamento.it/parlam/leggi/982691.htm.
(3) Vincenzo Zeno-Zencovich, "Ma ora non
criminalizziamo la Rete", Il Messaggero, venerdì 4 settembre 1998 (È
l'unico articolo dell'edizione del 4 settembre non riprodotto sul sito Internet
del Messaggero - http://www.ilmessaggero.it).
(4) Ordinanza del Tribunale di Roma 4 luglio 1998
(www.interlex.com/testi/or980704.htm
- www.aiip.it/news-group.html).
(5) Gianni Vattimo, "Caccia alle streghe
on-line?", La Stampa, lunedì 7 settembre 1998.
Pedofilia
e Internet: Vecchie
ossessioni e nuove crociate
Convegno promosso da Radio Radicale
Roma, 27 ottobre 1998
Hotel Bologna (Senato della Repubblica) Via Santa Chiara 5
Programma provvisorio
Apertura lavori: ore 9,30 - Conclusioni: ore 17
RELAZIONI E INTERVENTI (IN ORDINE
ALFABETICO):
Barbara Alberti (Scrittrice)
Marco Barbuti (Presidente Associazione Italiana Internet Providers)
Giorgio Maria Bressa (Psichiatra)
Ernesto Caccavale (Eurodeputato Forza Italia)
Manlio Cammarata (Direttore di InterLex)
Cinzia Caporale (Bioeticista)
Aldo Carotenuto (Docente della Psicologia della Personalità
all'Università di Roma)
Elena Coccia (Avvocato)
Pasquale Costanzo (Docente di Diritto costituzionale
all'Università di Genova)
Stefano Crispino (Presidente Ordine psicologi del Lazio)
Luigi De Marchi (Psichiatra)
Giuseppe De Rita (Presidente CNEL)
Ruggero Guarini (Giornalista e scrittore)
Sebastiano Maffettone (Docente di Filosofia politica
all'Università di Palermo)
Claudio Manganelli (Componente dell'Autorità per la tutela dei
dati personali)
Adelmo Manna (Docente di Diritto penale all'Università di Bari)
Armando Massarenti (Responsabile della pagina "scienza e
filosofia" del supplemento culturale de "Il Sole 24 Ore")
Mauro Mellini (Avvocato)
Piero Milio (Senatore Lista Pannella)
Paolo Nuti (Direttore MC-Link)
Anna Oliverio Ferraris (Psicologa)
Angelo Maria Petroni (Docente di Filosofia della Scienza
allíUniversità di Bologna)
Lorenzo Picotti (Docente di Diritto penale all'Università di
Friburgo)
Antonio Pilati (membro Autorità Garante per le Telecomunicazioni)
Iuri Maria Prado (Avvocato)
Piero Rocchini (Psichiatra)
Stefano Rodotà (Presidente dell'Autorità per la tutela dei dati
personali)
Rosario Sapienza (Ricercatore CENSIS)
Luigi Saraceni (Deputato DS)
Sergio Seminara (Docente di Diritto penale commerciale
all'Università di Pavia)
Vittorio Sgarbi (Deputato Gruppo Misto)
Vincenzo Siniscalchi (Deputato DS)
Marco Taradash (Deputato di FI)
Vittorio Zambardino (Responsabile editoriale di "Repubblica
Internet")
Per informazioni:
http://www.agora.stm.it/pedofilia-internet/
Roberto Cicciomessere: tel. 06-6991742, fax: 69920123 r.cicciomessere@agora.it
Daniele Capezzone: tel. 06-689791, d.capezzone@agora.it
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