Per la serie "I botti di fine anno",
ecco due sentenze in materia di internet destinate ad avere conseguenze
rilevanti. Come ben sanno tutti coloro che si misurano professionalmente con questo tipo
di problemi, uno dei temi centrali della società dell’informazione riguarda
la norme in materia di giurisdizione e di competenza territoriale: i grandi player
di determinati mercati, infatti, sono spesso rimasti indenni dall’intervento
della magistratura del nostro Paese, sia a livello penale sia in ambito
civilistico, per il solo fatto di avere i server in territorio straniero:
basta pensare, solo per fare un esempio, alla sostanziale impossibilità di
esercitare il proprio diritto all’oblio nei confronti di Google, attesa la
più volte dichiarata incompetenza del nostro Garante nazionale.
Bene: sul finire dell’anno sono stati pubblicati due provvedimenti molto
diversi tra loro, che hanno una matrice comune, consistente in una
importantissima opera interpretativa finalizzata alla piena responsabilizzazione
dei soggetti che operano al di fuori dei nostri confini.
Fermo l’estremo, fondamentale interesse di queste pronunce sotto tantissimi
altri profili, e limitando il focus al tema indicato, vanno segnalati i due
aspetti essenziali.
1. Con la sentenza n. 49437 del 29 settembre 2009 (pubblicata il
23.1dicembre), nell’affrontare il tema della possibilità di sequestro del sito di
Pirate Bay (uno dei più utilizzati dagli smanettoni del file sharing), la
Cassazione penale ha ritenuto superabile la eccezione di difetto di
giurisdizione: sulla base di una analitica ricostruzione dei meccanismi di
funzionamento dei software peer to peer, i supremi giudici sono arrivati a
ritenere i gestori del sito come “concorrenti” nel reato di violazione del
diritto d’autore, posto in essere dall’utente finale che realizza il
downloading. Ne deriva la applicabilità dell’art. 6 del codice penale, sulla
determinazione della giurisdizione del giudice nazionale, potendosi considerare
una parte dell’azione delittuosa – appunto, lo scaricamento dei file - come
realizzata sul territorio dello Stato da uno dei concorrenti nel reato, ciò che
abilita a ritenere sussistente la giurisdizione anche nei confronti di chi –
il gestore del sito –, pur limitandosi a tenere i suoi server su territorio
straniero, concorre, appunto, nel reato;
2. Con l’Ordinanza 15 dicembre 2009, il tribunale di Roma ha accolto la richiesta cautelare avanzata da Mediaset,
consistente nell’oscuramento dei contenuti relativi alla trasmissione
televisiva “Grande fratello” pubblicati su YouTube. Anche qui, uno dei temi
in contestazione afferiva alla sussistenza o meno della giurisdizione e della
competenza del Giudice Italiano, atteso che il gestore di YouTube (prima Google
Inc, poi Youtube LLC) teneva i contenuti del portale su server ubicati all’estero:
sulla base di un fine ragionamento (che richiama alcuni importanti precedenti,
sviluppandone gli enzimi interpretativi), il magistrato ha ritenuto di poter
attrarre a sé la competenza a decidere, valorizzando stavolta l’elemento del
luogo in cui si verifica il danno (che non è quello in cui le immagini vengono
caricate sui server, bensì quello in cui si trova colui che subisce il
pregiudizio).
Attenzione, quindi: pur rimanendo fermi tutti i problemi relativi alla
esecuzione all’estero dei provvedimenti adottati dai nostri tribunali (ben
rappresentati dall’involuto dispositivo con il quale si conclude l’ordinanza
del tribunale di Roma) potremmo essere di fronte ad una importantissima svolta,
i cui effetti sono tutti da valutare.
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