dott. Alberto Lo Tufo
Marco Pieraccioli contro Hewlett Packard Italiana srl
[…]
Svolgimento del processo
Con atto ritualmente notificato il sig. Marco Pieraccioli citava dinanzi
a questo Giudice la società Hewlett Packard Italiana, esponendo di aver
acquistato nel Settembre 2005 un computer tipo notebook marca Compaq con
preistallato software Microsoft (Windows XP e Works 8 ) e di aver richiesto
alla produttrice Hewlett Packard il rimborso del costo di quest’ultimo
previa restituzione dello stesso, come da istruzioni riportate nella
relativa licenza d’uso (Eula).
Aggiungeva che peraltro che nonostante contatti e diffide, tale rimborso
gli era stato negato dalla convenuta sulla scorta di una inscindibilità tra
struttura hardware e software, in realtà inesistente. Concludeva pertanto
perchè il giudice, accertato il suo diritto in tal senso, condannasse la
Hewlett Packard a rimborsargli la somma di Euro 140,00 da ritenersi
corrispondente al prezzo del detto software sul mercato, oltre interessi e
con vittoria di spese.
Si costituiva la convenuta la quale precisava che la inscindibilità tra
apparecchiature e sistema operativo dei suoi prodotti, era non tecnica ma
commerciale in conformità agli usi invalsi nello specifico settore nel
quale era prevalente l’interesse dell’utente finale ad avere un prodotto
completo. Aggiungeva che in ogni caso quanto unilateralmente predisposto
nella licenza d’uso (Eula) dalla Microsoft non poteva impegnarla e che,
non avendo per quanto detto una sua procedura per il rimborso del solo
sofrware, aveva comunque offerto all’attore il rimborso, rifiutato, del
prezzo dell’intero computer. Concludeva pertanto per il rigetto della
domanda perchè infondata in fatto e diritto, con vittoria di spese.
Dopo puntualizzazioni delle parti la causa passava in decisione sulle
conclusioni in epigrafe riferite, senza ulteriore attività istruttoria.
Motivi della decisione
Riconosciuta in causa dalla Hewlett Packard la scindibilità tecnica tra
struttura del computer (hardware) e sistema operativo presente su di esso
(software), è risultato altresì che il software Micosoft esistente sui
computer da lei prodotti, e quindi anche sul notebook di cui trattasi, vi
viene da essa direttamente istallato apportandovi gli opportuni adattamenti,
tanto da dar luogo ad una versione specifica dell’originale da
considerarsi diversa da quello e propria del produttore di hardware (OEM),
al fine del miglior funzionamento del prodotto completo immesso sul mercato.
Tale software contiene il cosiddetto contratto di licenza d’uso (EULA)
con le condizioni per il suo utilizzo da parte del compratore. Il testo
prodotto in causa dall’attore, ma confermato dalla convenuta, dichiara
preliminarmente che tale contratto intercorre tra l’utente e il
“produttore del computer o di un suo componente” presso il quale
l’utente ha acquistato il prodotto, precisando anche il termine computer
viene utilizzato per indicare l’hardware. Aggiunge che qualora l’utente
non accetti le condizioni del contratto “dovrà contattare prontamente il
produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei
prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformità alle disposizioni
stabilite dal produttore stesso.”
Afferma la convenuta che tali clausole sono state stabilite
unilateralmente da Microsoft e attengono ad un rapporto cui essa è
estranea. Così non sembra, stante che non vi è dubbio che il produttore di
cui si parla sia quello dell’harware essendo il contratto medesimo a
chiarirlo, e che anche ammesso che il testo possa essere stato predisposto
unilateralmente dalla Microsoft appare non credibile che esso non sia stato
conosciuto dalla Hewlett Packard essendo verosimile piuttosto che esso sia
il frutto di accordi commerciali intercorsi tra le due società.
In ogni caso deve ritenersi da lei accettato e fatto proprio, nel momento
stesso in cui l’ha istallato sul suo hardware offrendo poi in vendita il
prodotto finale.
Dunque ad avviso del giudicante, in assenza di diverse condizioni di
vendita di quest’ultimo preliminarmente concordate con il compratore, la
convenuta risponde delle relative clausole nei riguardi dello stesso.
Evidenzia la convenuta che in ogni caso il contratto indica come ottenere
informazioni ma non promette rimborsi. Ritiene il giudicante, come sostiene
parte attrice, che la clausola come formulata abbia senso in quanto
stabilisce il diritto al rimborso, altrimenti sarebbe stato del tutto
inutile parlarne e sarebbe bastato limitarsi a precisare la restituzione del
software.
Sembrerebbe davvero singolare che il produttore, cioè la convenuta,
invitasse il compratore a domandare informazioni sul rimborso per
rispondergli che non è previsto.
Del resto il rimborso appare dovuto, sussistendo per l’utilizzo del
software un contratto separato (con condizioni oltretutto molto particolari)
che il compratore non ha la possibilità di conoscere prima di aver comprato
il prodotto (né è certo sufficiente a tal fine che gli opuscoli indichino
che il computer è equipaggiato con un “certo” software) e che, se non
accettato, impone appunto di restituire quella parte dell’acquisto
lasciando il compratore con un prodotto comunque diverso e di minor valore
rispetto a quello pagato.
Nè infine può valutarsi come valida alternativa quella del rimborso
totale del prodotto acquistato, in assenza del relativo consenso
dell’acquirente.
D’altro canto nessuna rilevanza sugli effetti giuridici del rapporto di
cui trattasi può avere il fatto che sia possibile trovare in commercio
anche hardware privo di software, sia pur di altri produttori.
Va anche rilevata la non condivisibilità della prodotta sentenza del
giudice francese di Luneville non risultando ammissibile che vi siano per
l’acquirente effetti giuridici diversi conseguenti alla tipologia del
punto vendita salvo che la struttura commerciale della Hewlett Packard abbia
in quel Paese una diversa organizzazione, come sembra emergere
dall’affermazione del medesimo giudice circa la comunque esistente
reperibilità altrove di suoi computer senza software installato, a
differenza quindi che in Italia.
Per quanto detto si ritiene che la convenuta società debba essere
condannata a rimborsare al Pieraccioli il valore dei due indicati programmi
Microsoft, previa loro restituzione.
Sulle modalità di quest’ultima non può il giudicante pronunciarsi,
essendo questa una domanda nuova svolta in sede conclusionale, osservando
soltanto che le clausole contrattuali vanno eseguite secondo buona fede e
perciò astenendosi da condotte vessatorie ed ostruzionistiche, come
stabilisce l’art. 1375 cc.
Circa l’importo del rimborso, ritiene il giudicante che in assenza di
specifiche contestazioni di parte convenuta, possa confermarsi in via
equitativa quello complessivo di Euro 140,00 richiesto dall’attore con
riferimento al prezzo di vendita sul mercato dei due programmi in questione
(Euro 90,00 per Windows XP ed Euro 50,00 per Works 8).
Su tale somma decorreranno interessi al tasso legale dalla messa in mora,
da ritenersi avvenuta il 10/10/05 data intermedia tra quella della lettera
del legale attore e quella della risposta della convenuta, fino a saldo.
Le spese di causa seguono la soccombenza e si determinano, in via
equitativa in mancanza di notula, in Euro 2300,00 (di cui Euro 800,00 per
diritti, Euro 1200,00 per onorari, Euro 300,00 per spese generali di esborsi
) oltre iva e cap ai sensi di legge.
P.Q.M.
Il Giudice di pace di Firenze , definitivamente pronunciando, ogni
diversa istanza ed eccezione rimossa condanna la convenuta società Hewlett
Packard Italiana s.r.l. a pagare all’attore Pieraccioli Marco
euro 140,00 per i titoli di cui in narrativa, con interessi calcolati al
tasso legale dal 10/10/05 al saldo;
euro 2300,00 suddivisi come in motivazione precisato, oltre iva e cap ai
sensi di legge, per rimborso delle spese di causa.
Così deciso in Firenze, lì 24 aprile 2007. Depositato in Cancelleria il
28 settembre 2007.
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