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Tribunale di Messina - Ordinanza del 3 novembre 2000
(Marketing Research c. Affari Fisco e Finanza)

IL GIUDICE DELEGATO

Nel procedimento cautelare n. 1647/2000

Letti gli atti sciogliendo la riserva

In breve sulle eccezioni preliminari

La nullità della procura

Per giurisprudenza costante, tanto di legittimità che di merito, la procura si legge nel contesto dell'atto cui essa è inerente; pertanto anche se non p specificato nella procura il nome e la qualità del soggetto che firma, oppure la firma stessa sia illeggibile, non si determina alcuna nullità se nella Intestazione e dell'atto giudiziario sono specificati il nome e. la qualità del soggetto (v. ad es. Case N. 1 2733/1 996, Consiglio di Stato n. 45911 998). Nella intestazione dell'odierno ricorso vi è specifica Indicazione della società e del suo legale rappresentante: peraltro la firma in procura non é del tutto illeggibile, ma con certa attenzione, si comprende che essa corrisponde al nome di Bruno Roberto, indicato quale legale rappresentante rappresentante della società ricorrente.

La competenza territoriale

Ai sensi dell'art. 669 ter C.p.c competente per il provvedimento cautelare ante causam è il giudice che sarebbe competente a conoscere dei merito. Di contro, è noto che l'art. 70‑1 dei codice di procedura civile è stato abrogato.

Nella specie, il merito è chiaramente individuato come una azione inibitoria ed eventualmente risarcitoria per concorrenza sleale. Di conseguenza deve considerarsi faro alternativo, ai sensi dell'art.20 c.p.c., luogo dove sorge (obbligazione, e cioè dove l'evento dannoso si perfeziona. Nel caso specifico della concorrenza sleale, esso deve individuarsi nel luogo in cui si sono verificati gli atti lesivi oppure i conseguenti effetti sul mercato della attività illecita (Cass. 2932/1998, ma vedi anche Cass. 165821199i),

La caratteristica della presente azione è data dalla circostanza che l'azione asseritamente illecita avviene su internet, che non è un luogo ma un mezzo di comunicazione: tuttavia gli effetti della attività illecita si produrrebbero nell'ambito di attività della società ricorrente, e quindi, in primo luogo nella città di Messina. in questi termini dunque, può ritenersi validamente la competenza territoriale dei Tribunale di Messina; ai sensi dei combinato disposto degli art. 669 ter e 20 c.p.c.

L' ammissibilità dell'azione nei art. 700

La domanda cautelare è ammissibile, atteso che lo stesso art. 63 citato si richiama alle norme dei codice di procedura civile. Inoltre, deve rilevarsi che le eccezioni sulla tardività della costituzione, sulla utilizzazione o meno del termine per note, sulla facoltà di replicare in udienza, sono prive di rilevanza nella procedura cautelare, ove non vi sono le scansioni e le preclusioni propria dei rito civile, ma, di contro, un ampio margine di ,:discrezionalità dei giudice il quale procede nel modo che reputa più  opportuno agli atti di istruzione indispensabili, con omissione di ogni formalità non essenziale ai contraddittorio. Nel caso di specie il .contraddittorio è stato ampiamente assicurato, in relazione a quelle che sono le finalità del procedimento.

Fumus boni juris e periculum in mora

La controversia nasce tra 1e società editrici di due giornali aventi entrambi una testata nella quale è contenuto il nome "affari", sia pure con qualche differenzi azione, e identico oggetto, cioè la pubblicazione gratuita di annunci economici. Le zone di influenza territoriale erano originariamente diverse (l'una in Italia centrale, l'altra in Sicilia e Calabria) ma nel momento In cui esse decidono di operare in internet si trovano ad offrire servizi e divulgare notizie nello stesso ambito (virtuale). Così la società ricorrente ritiene che la registrazione e l'uso da parte della resistente dei domain name "affari' costituisca atto di concorrenza sleale, atteso che esso corrisponde alla sua testata.

Deve quindi essere valutata, nei limiti della cognizione sommaria propria del presente procedimento, la corrispondenza del fatto descritto alt condotta vietata dalla legge, in primo luogo in relazione alla norma speciale e cioè il disposto degli art.100 e 102 della legge 633/1941, che vieta, come atto di concorrenza sleale, la imitazione o riproduzione della testata sopra altra opera di medesima specie, atta a creare confusione di opera e di autore.

Invero la difficoltà primaria è data dal dovere utilizzare norme risalenti nel tempo e di doverle applicare a fattispecie nuove, quale quella dell'uso dei nome di dominio o domain name, che in questo caso sta ad 'Indicare il nome che identifica il sito Internet del soggetto e che consente 'accesso al sito stesso.

La copia di pagina web prodotta dimostra, come peraltro asserito dallo stesso ricorrente, che attraverso !'indirizzo www.affari.it  si accede a quello che appare come un giornale on line con la testata costituita dalla dizione "ItaliaAffari" Annunci Economici Gratuiti e da una figura rappresentante l'Italia con evidenziata la zona centrale.

Ciò rende chiaro che il nome di dominio non coincide affatto conia testata. E' dei resto caratteristica dei quotidiani on line, una volta che l'utente si sia collegato digitando il nome scelto dall'editore e che spesso è solo una parte del titolo della testata, quella di far apparire a video una testata normalmente identica a quella stampata su carta. Questi sono fatti notori che qualunque utente internet può verificare: e data ormai la diffusione dei mezzo, si ritiene che non vi sia bisogno di accertamenti istruttori ai riguardo.

Cosi deve escludersi l'applicabilità al caso in oggetto della legge speciale e cioè degli art. 100 e 102 della legge 63311941: essi specificamente inibiscono la riproduzione sopra altre opere della medesima specie dette testate, degli emblemi e dei fregi: e il nome di dominio è cosa diversa dalla testata di un giornale, la quale è in primo luogo un segno grafico, caratterizzata dai colore, dal tipo e dalla dimensione del carattere, dall'eventuale emblema che in essa appare, ed anche dalle parole utilizzate, intese nel loro corrente significato. Essa serve a caratterizzare il prodotto, cioè il giornale. II nome di dominio è invece puramente un nome, che in quanto preceduto dal presso `Www." e seguito dal suffisso ".i» diviene indirizzo o codice di accesso ad un sito Internet. Quindi non soltanto esso è diverso dalla testata quanto alla sue caratteristiche intrinseche, ma anche quanto alla funzione, perché non caratterizza il prodotto, m a consente di individuare, nello specifico ambito della rete Internet, il sito dell'impresa che offre quel determinato prodotto. Pertanto, a parere di questo giudice, il caso di specie é fuori dall'ambito di operatività della norma speciale che compara due oggetti omogenei, entrambi definibili come prodotti, e cioè le opere (d'ingegno) della medesima specie e dispone che quella posteriore non possa riprodurre, gli elementi caratterizzanti di quella anteriore.

Più ampia è invece la formulazione dell'art. 2598 cod. civ., che vieta gli atti concorrenza sleale in genere, ed in particolare, l'uso di nomi o segni distintivi ‑sia dell'impresa che dei prodotto‑idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente utilizzati da altri, senza porre il  limite che l'uso avvenga su oggetti omogenei.

Ed invero la testata di un giornale può essere genericamente definita un segno distintivo del giornale stesso, anzi la giurisprudenza di merito h a più di una volta equiparato la testata al marchio, anche di fatto (v. Corte d'appello Roma 4 settembre 1996, Pretura di Roma 21 gennaio 1991, Tribunale di Milano 16.4.1987). Così la prevalente giurisprudenza di merito ritiene che anche il nome di dominio sia un segno distintivo e che pertanto utilizzare un domain name corrispondente ad un marchio registrato di altra società o azienda costituisce atto di concorrenza sleale, non soltanto per l'idoneità a generare confusione, ma anche perché impedisce, alla impresa titolare del marchio di adottarlo a sua volta come domain name (v.Tribunale di Genova17 luglio 1999,e Tribunale di Roma 2 agosto 1997,Tribunale di Milano 22 luglio 1997 ed altre).

Si tratta pertanto di comparare due segni distintivi diversi: da un iato la testata dei giornale, assimilabile a! marchio, dall'altro il n nome di dominio, segno distintivo di 'nuova creazione, ma che presenta qualche affinità con l'insegna (perché individua il sito dove è offerto il prodotto).

E' però d a verificare se la parola affari possa essere considerata marchio, anche di fatto, giuridicamente tutelabile. II segno distintivo infatti, può considerarsi tale in quanto identifichi, distingua un oggetto da un altro: e non può che richiamarsi la ormai nota distinzione tra marchio forte e marchio debole, laddove per marchio debole si intende l'uso di un segno con scarso potere identificativo. Soltanto nel caso di c.d. marchio forte, che manifesta u n più alto grado di originalità, è esteso l'ambìto di applicazione e di tutela anche ad elementi secondari; in quanto ~ esso copre tutto il suo nucleo ideologico comunque rappresentato (Cass. Sez. 1 9luglio 1999 n.7192) Ora, nel caso che ci occupa, si deve rilevare chela parola "affari" non costituisce essa sola la testata del giornale edito dalla ricorrente, ma l'elemento lessicale di essa, che, in uno con le caratteristiche grafiche, e l'aggiunta delle parole "Bisettimanale dr inserzioni gratuite contraddistingue il prodotto. Invero la parola "affari" è l'elemento debole della composizione, perché dotata di scarsissimo potere identificativo, essendo un termine generico, e peraltro utilizzata dalla ricorrente in u n ambito territoriale limitato qual è la regione Sicilia e parte della Calabria. Pertanto non sembra atto di, concorrenza illecita il fatto di chi utilizzi la parola, generica e corrente nell'uso comune, estrapolandola dal contesto grafico in cui costituisce testata dei giornale della ricorrente, per farne elemento costitutivo di un segno distintivo di natura e funzione diversa, qual é il nome di dominio.

E per completezza si deve rilevare che il prodotto offerto via Internet, come si evince dalla pagina web prodotta, ha una testata diversa da, quella dei giornale edito dalla ricorrente e pertanto non idonea a generare confusione nell'utente medio.

Non sussistono pertanto i presupposti perla tutela inibitoria.

Appare però di giustizia anche in ragione della complessità della questione compensare le spese e ‑dì giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese dei procedimento.,

Messina 3 novembre 2000

IL GIUDICE DELEGATO

(dott. Rita Russo)

Depositato in cancelleria il 6/11/2000