Misure minime di sicurezza
Provvedimento del 29.02.2000
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI
DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, con la partecipazione del
prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello,
vice presidente, del prof. Ugo De Siervo e dell'ing. Claudio
Manganelli, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario
generale;
VISTO il d.P.R. 28 luglio 1999, n. 318, recante norme
per l'individuazione delle misure minime di sicurezza per il
trattamento dei dati personali a norma dell'art. 15, comma 2, della
legge 31 dicembre 1996, n. 675;
RITENUTA la necessità di richiamare l'attenzione
dei soggetti tenuti all'applicazione di tali misure sulle
prescrizioni contenute nel medesimo d.P.R. e sulla prossima scadenza
del 29 marzo 2000;
VISTA la documentazione in atti;
VISTE le osservazioni in atti formulate dall'Ufficio
ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 501/1998, con
nota a firma del Segretario generale;
RELATORE l'Ing. Claudio Manganelli;
PREMESSO:
La legge 31 dicembre 1996, n. 675 nell'introdurre
una complessa disciplina a tutela del trattamento dei dati personali,
ha focalizzato la sua attenzione anche sugli aspetti relativi alla
sicurezza nel trattamento dei dati.
Tale esigenza ha trovato attuazione nella Sezione III
del Capo III della legge n. 675/1996, significativamente intitolata
"Sicurezza nel trattamento dei dati, limiti alla
utilizzabilità dei dati e risarcimento del danno".
In detta sezione, all'articolo 15, comma 1, si
afferma che "i dati personali oggetto di trattamento devono
essere custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle
specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al
minimo, mediante l'adozione di idonee e preventive misure di
sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei
dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non
consentito o non conforme alle finalità della raccolta".
Nello stesso articolo, al comma 2, viene stabilito che
le misure minime di sicurezza da adottare in via preventiva sono
individuate con regolamento emanato con decreto del Presidente della
Repubblica e che esse sono adeguate successivamente, con cadenza
almeno biennale," in relazione all'evoluzione tecnica del
settore e all'esperienza maturata". Inoltre, all'articolo
18, si prevede che "chiunque cagioni danno ad altri per
effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento
del danno ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile".
L'intervenuta emanazione del citato regolamento (D.P.R. n. 318/1999), che va ad aggiungersi alle norme di legge sopra
richiamate, ha gettato le basi per una più articolata disciplina
della sicurezza specie nell'informatica e nella telematica, la cui
importanza emerge anche dalla circostanza che le disposizioni dell'articolo
15 si applicano anche ai trattamenti pubblici in materia di polizia,
giustizia, difesa e sicurezza dello Stato ai quali la legge n. 675 si
applica solo in parte (art. 4 legge n. 675).
Un richiamo a quanto disposto dall'art. 15, commi 2
e 3, è poi esplicitamente contenuto nll'art. 17, comma 4, del d. lg.
n. 135/1999, recante "Disposizioni integrative della legge 31
dicembre 1996 n. 675, sul trattamento dei dati sensibili da parte dei
soggetti pubblici".
Ponendo attenzione al complessivo impianto normativo
emerge con evidenza la finalità di ridurre al minimo i predetti
rischi, mediante l'utilizzazione di sistemi di sicurezza
costantemente adeguati nel tempo.
Il tipo di tutela che viene assicurato si sviluppa in
due diversi aspetti: da un lato l'articolo 18 della legge n.
675/1996 prevede che chiunque (compresi il titolare, il responsabile
(se designato) e gli incaricati) debbano risarcire gli eventuali danni
ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile. Dall'altro, la
legge prevede l'individuazione di misure minime di sicurezza la cui
mancata adozione comporta anche l'irrogazione di una sanzione
penale. L'art. 36 della legge prevede infatti che la responsabilità
sussista qualora non siano rispettati, anche in parte, gli standard
"minimi" di sicurezza prescritti dal regolamento.
Si è, quindi, in presenza di una diversità
sostanziale nella disciplina delle misure di sicurezza, indicata dallo
stesso articolo 15 della legge n. 675/1996. Da un lato quelle previste
al comma 1, destinate ad operare una costante riduzione del rischio,
non individuate, ma individuabili sulla base di soluzioni tecniche
concretamente disponibili (la cui mancata predisposizione comporta
responsabilità civile in caso di danno). Dall'altro, le misure
"minime" previste al comma 2, specificamente individuate all'interno
di un ulteriore atto (il regolamento), che contiene i vari precetti
della norma contenuta nell'articolo 36, la cui violazione, come si
è detto, comporta una sanzione di carattere penale.
Pertanto, il regolamento non è destinato a contenere
tutte le regole tecniche da adottare in ogni caso per la sicurezza dei
dati personali, in riferimento alle diverse modalità di trattamento
utilizzate, e individua unicamente quei requisiti minimi il cui
mancato rispetto comporta una maggiore esposizione a rischio del bene
giuridico che la norma vuole tutelare.
Tale strumento è stato impostato in chiave di
flessibilità, essendo destinato ad un aggiornamento avente cadenza
biennale, all'evidente fine di evitare una sua oggettiva
"staticità" a fronte di un evoluzione tecnologica per sua
natura "dinamica". Il regolamento non intende quindi
individuare le "migliori" misure evidenziate dalla scienza
tecnica in un dato momento, mirando più semplicemente ad enucleare un
minimo denominatore comune delle misure di sicurezza disponibili, tale
da poter definire le stesse come "minime".
In ciò può essere pertanto meglio compresa la
diversità esistente tra l'obbligo di "massima" riduzione
del rischio previsto dal comma 1 (che impone un costante aggiornamento
verso la migliore tecnica) e la diversa previsione di misure
"minime" comuni a varie metodologie di trattamento dei dati
(misure che sono anzitutto la condizione necessaria per l'applicazione
dello strumento sanzionatorio avente natura penale).
In coerenza con la legge da cui promana, il
regolamento previsto dalla legge n. 675 si rivolge a tutti i soggetti
- pubblici e privati - che nell'ambito delle loro attività
pongono in essere un trattamento di dati personali.
Il Governo ha ritenuto pertanto necessario individuare
categorie omogenee di modalità di trattamento di dati, al fine di
correlare la soglia minima di sicurezza da un lato alla tipologia dei
dati e, dall'altro, allo strumento tecnico utilizzato per l'elaborazione.
Si è ritenuto peraltro di non poter prescindere dalla distinzione
già operata dalla norma generale tra dati "comuni" e
"sensibili" dovendosi tenere in debito conto la diversa
valenza di questi ultimi nel quadro di una differente intensità del
grado di tutela per essi previsto.
Una prima grande distinzione operata dal regolamento
ha avuto riguardo alle modalità delle operazioni svolte per
effettuare il trattamento: da una parte quelle effettuate in sostanza
con l'ausilio di supporti cartacei, dall'altra quelle poste in
essere anche in parte mediante strumenti elettronici o comunque
automatizzati.
Tale ultima modalità è stata a sua volta distinta in
ulteriori tre categorie:
-
trattamenti di dati personali mediante elaboratori
non accessibili da altri elaboratori o terminali (art. 2 D.P.R. n.
318/1999);
-
trattamenti di dati personali effettuati mediante
elaboratori accessibili in rete (artt. 3 e 7 D.P.R. n. 318/1999),
categoria a sua volta distinta in:
-
elaboratori accessibili da altri elaboratori
solo attraverso reti non disponibili al pubblico (art. 3, comma
1, lett. a), D.P.R. n. 318/1999);
-
elaboratori accessibili mediante una rete di
telecomunicazioni disponibili al pubblico (art. 3, comma 1,
lett. b), D.P.R. n. 318/1999);
-
trattamenti di dati personali effettuati per fini
esclusivamente personali (ai sensi dell'articolo 3 della legge
675/1996) mediante elaboratori stabilmente accessibili da altri
elaboratori.
Poiché l'ottica con cui sono state previste le
singole misure di sicurezza è collegata non solo alla protezione dei
sistemi o delle trasmissioni in quanto tali, ma, più direttamente
nella protezione dei dati personali, il livello di sicurezza si
modifica di conseguenza in relazione alla presenza o meno dei dati
stessi. Così pure, nel caso siano contestualmente presenti dati
"comuni" e "sensibili", è necessario osservare le
misure previste per la categoria più elevata..
Va evidenziato inoltre come nel regolamento il Governo
abbia preferito non individuare per ogni singola misura di sicurezza i
soggetti tenuti ad adottarla. Tale individuazione dipende quindi dalle
attribuzioni del titolare del trattamento e dai ruoli e degli
incarichi conferiti in concreto all'interno della relativa
struttura.
Quanto alle definizioni, il regolamento, oltre ad
utilizzare quelle già contenute nella legge 675, prevede all'art. 1
quelle di:
-
"misure minime" intendendo per
esse il complesso delle misure tecniche, informatiche,
organizzative, logistiche e procedurali di sicurezza che
configurano il livello minimo di protezione richiesto in relazione
ai rischi a cui fa riferimento l'articolo 15, comma 1, della
legge (misure che possono ad esempio comportare, nei casi previsti
nei successivi articoli: l'identificazione dell'utente, l'autorizzazione
all'accesso alle funzioni, ai servizi, ai locali, ai dati e la
registrazione degli ingressi, nonché limiti al riutilizzo di
supporti per l'archiviazione elettronica o automatizzata o
cartacea);
-
"strumenti", intendendo per essi
i mezzi elettronici o comunque automatizzati con cui si effettua
il trattamento;
-
"amministratori di sistema",
riferendosi ai soggetti cui è conferito il compito di
sovraintendere alle risorse del sistema operativo di un
elaboratore o di un sistema di base dati e di consentirne l'utilizzazione.
Quanto agli effetti che il regolamento spiega sui
trattamenti effettuati a fini esclusivamente personali, l'articolo 3
della legge li eccettua, anzitutto, dall'osservanza di diversi
obblighi normativi fissati dalla medesima legge, a condizione che i
"dati non siano destinati ad una comunicazione sistematica o
alla diffusione". Nella seconda parte, però, la citata
disposizione limita la portata di detta statuizione, disponendo che
sono comunque applicabili gli articoli 15, comma 1, 18 e 36 della
legge stessa, anche per ciò che riguarda, quindi, le misure minime di
sicurezza.
Le peculiari caratteristiche ed i limiti di questo
particolare tipo di trattamento, che la stessa norma generale
considera come categoria a sé stante, hanno però reso opportuno
prevedere misure di sicurezza che tenessero conto in misura adeguata
il minore rischio insito in tale attività.
Considerato poi che anche alcune osservazioni
formulate nella fase di predisposizione del regolamento sia dal
Consiglio di Stato, sia dal Garante andavano nella direzione di
limitare per quanto possibile l'ambito di applicazione della norma
penale in materia di sicurezza, con l'intuibile intento di evitare
un'applicazione irragionevole delle sanzioni, il Governo ha previsto
la sua applicazione soltanto ai trattamenti effettuati mediante
elaboratori accessibili da altri elaboratori, escludendo in tal modo
vari computer e, in particolare quelli "stand alone".
Per quelli caratterizzati invece dalla predetta accessibilità la
misura minima di sicurezza è stata individuata nel solo obbligo per
il soggetto titolare di utilizzare una parola chiave che inibisca l'accesso
al sistema o anche solamente ai dati.
L'ultima parte del regolamento è dedicata al
trattamento di dati effettuato mediante strumenti diversi da quelli
elettronici o comunque automatizzati (artt. 9 e 10). Si tratta di
situazioni diffuse in cui la tenuta di dati è operata per mezzo di
supporti cartacei come avviene, ad esempio, presso gli archivi (sia di
privati, sia di pubbliche amministrazioni).
Anche in questo caso, nell'individuare le misure
minime di sicurezza, il D.P.R. fa riferimento a cautele spesso già
adottate di fatto. In proposito, sebbene la tenuta di archivi e l'individuazione
dei soggetti che possono prendere conoscenza delle informazioni sia
già disciplinata per alcuni uffici pubblici, il regolamento non ha
portato ad estendere necessariamente quel tipo di misure, peraltro
tipiche degli attuali modelli organizzativi del lavoro delle
istituzioni pubbliche, anche ai privati.
E' stato previsto piuttosto che debbano essere
osservate le seguenti modalità:
-
nel designare per iscritto gli incaricati del
trattamento e nell'impartire le istruzioni, il titolare o, se
designato, il responsabile devono prescrivere che i soggetti
designati abbiano accesso ai soli dati personali la cui conoscenza
sia strettamente necessaria per adempiere ai compiti loro
assegnati (art. 9, comma 1, lett. a));
-
gli atti e i documenti contenenti i dati devono
essere conservati in archivi ad accesso selezionato e, se affidati
agli incaricati del trattamento, devono essere da questi ultimi
conservati e restituiti al termine delle operazioni eseguite (art.
9, comma 1, lett. b)).
Nel caso invece l'attività riguardi dati di tipo
"sensibile" o di natura giudiziaria, in aggiunta alle misure
sopra descritte occorre prevedere che:
-
se affidati agli incaricati, gli atti e i
documenti concernenti i dati siano conservati, sino alla
restituzione, in contenitori muniti di serratura;
-
l'accesso agli archivi sia controllato e siano
identificati e registrati i soggetti che vi vengono ammessi dopo l'orario
di chiusura degli archivi stessi.
Con queste modalità devono essere conservati anche i
supporti cartacei contenenti la riproduzione di informazioni relative
al trattamento dei dati di cui all'art. 22 e all'art. 24 della
legge.
Con riferimento all'obbligo di predisporre le misure
minime di sicurezza anteriormente all'inizio del trattamento, appare
quindi opportuno richiamare l'attenzione degli operatori sulla
circostanza che l'articolo 41, comma 3, della legge 675 prevede, per
l'effettiva e concreta adozione delle misure stesse, un termine di
sei mesi decorrente dalla data di entrata in vigore del regolamento
(29 settembre 1999) e che è pertanto fissato al 29 marzo 2000.
CIO' PREMESSO, IL GARANTE:
richiama l'attenzione di tutti i soggetti pubblici e
privati tenuti al rispetto del d.P.R. n. 318/1999 sulle prescrizioni
in esso contenute e sulle connesse sanzioni, nonché sulla prevista
scadenza del 29 marzo 2000 prevista per l'applicazione delle misure
minime di sicurezza.
Roma, lì 29 febbraio 2000
IL PRESIDENTE
IL RELATORE
IL SEGRETARIO GENERALE |