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Tribunale di Roma - Ordinanza 22 marzo 1999
(INA c. I.net)

GD: Ciancio

Visto il ricorso con cui l'INA ‑ Istituto nazionale delle Assicurazioni ‑ S.p.A., premesso che la denominazione dell'Istituto ricorrente era da sempre stata resa con l'acronimo INA, che detto acronimo era marchio registrato in Italia con provvedimento 3 marzo 1986, a seguito di dichiarazione di protezione 23 ottobre 1980, rilevato che lo stesso acronimo era stato successivamente registrato quale « domain name » del sito Internet Ina.it dal sig. Francesco Corsello, presso la Registration Authority Italiana, che il collegamento del sito alla rete Internet era stato effettuato dal provider I.net S.p.A. assumendo sussistere violazione del proprio marchio e concorrenza sleale per attività confusoria, da parte del Corsello, ha chiesto che fosse inibita al medesimo l'utilizzazione del nome di dominio Ina.it ed ordinato al provider di disconnettere ed impedire l'uso di detto nome di dominio al Corsello, disponendo la pubblicazione dell'ordinanza su organi di stampa;

vista

la difesa della S.p.A. I.net, che ha chiesto dichiararsi l'incompetenza territoriale del tribunale adito e nel merito il rigetto nei suoi confronti con condanna alle spese;

osserva

1. Sussiste la competenza territoriale del Tribunale di Roma, sia ove si consideri l'illecito uso di marchio registrato, sia la condotta di sleale concorrenza, poiché a norma dell'art. 20 c.p.c., è competente anche il giudice del luogo in cui è sorta l'obbligazione dedotta in giudizio; invero l'evento dannoso dell'illecito si verifica in Roma, dove è la sede della società che lamenta il pregiudizio a seguito della condotta illecita (Cass. 5 giugno 1991 n. 6381).

2. Nel merito deve darsi atto che è cessata la materia del contendere in ordine all'istanza proposta, avendo il Corsello, solo successivamente alla notifica del provvedimento cautelare, rinunciato all'utilizzazione della sigla Ina.it. Tuttavia, avendo il provider S.p.A. I.Net eccepito l'infondatezza della domanda nei propri confronti e chiesto la condanna della ricorrente alle spese, va accertata a tali fini la soccombenza virtuale a norma dell'art. 91 c.p.c.

3. Deduce sul punto la S.p.A. I.net che un'eventuale responsabilità poteva essere attribuita al titolare del nome di dominio (nel caso in esame il Corsello) e non al provider, che si è limitato a fornire l'allacciamento alla rete, e sul quale non incomberebbe nessun obbligo di controllare il contenuto di pagine inserite nel sito gestito dal Corsello.

4. Si osserva, sulla base dei principi del concorso nel fatto illecito altrui, che il terzo risponde se con la sua condotta commissiva od omissiva, ha dato un apporto causale al realizzarsi dell'illecito, in presenza di un atteggiamento psicologico di dolo o colpa: nel caso del provider, che effettua il collegamento; non si dubita che egli non possa accertarsi del contenuto illecito delle comunicazioni e dei messaggi che vengono immessi in un sito; tuttavia, non può escludersi la sua colpa, se le comunicazioni necessariamente date allo stesso provider al fine di ottenere il collegamento, configurino esse stesse all'evidenza un illecito. L'opposta opinione consentirebbe, ad esempio, che vada esente da responsabilità, pur sussistendo tutti gli elementi del concorso nell'illecito, il provider che dia il collegamento a chi dichiaratamente intenda aprire un sito al fine di effettuare traffico di minori a fini turpi o commercio di sostanze stupefacenti.

5. Nel caso specifico, l'ordinaria diligenza avrebbe dovuto consentire di cogliere l'illiceità, almeno sotto il profilo della concorrenza sleale, dell'utilizzo di un acronimo noto da parte di soggetto a tal fine non autorizzato. Né la mancanza nel provider, della qualità di imprenditore, nel campo in cui si chiede la tutela, esclude la sua responsabilità una volta che si accerti che egli fosse a conoscenza della esistenza di detta qualità in chi richiede il collegamento e l'apertura di un sito.

6. Pertanto la responsabilità in concorso della S.p.A. I.net non può essere negata e la sua richiesta di condanna alle spese della ricorrente va respinta, mentre va accolta l'opposta domanda a verbale della S.p.A. INA, di compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.

Dichiara cessata la materia del contendere. Dichiara interamente compensate le spese giudiziali.