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 Telecomunicazioni

Una truffa nell'offerta convenienza?
Gli elementi dell'illecito penale
di Daniele Coliva* - 04.06.98

Nel film Johnny Stecchino Roberto Benigni, una volta che l'ispettore dell'assicurazione ha scoperto la truffa del falso tremolio al braccio, chiede ad Ivano Marescotti: "Si va nel penale?" e con aria solenne quest'ultimo risponde "Sì, c'è il penale".
La lettura delle vicende dell'offerta convenienza di Telecom, soprattutto in un paese affetto da una buona dose di panpenalismo, solleva il medesimo quesito e la risposta, pur con doverosi dubbi, sembra positiva.

In giurisprudenza la fattispecie è definita come "truffa contrattuale", ravvisabile "tutte le volte che uno dei contraenti pone in essere artifizi o raggiri diretti a tacere o a dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l'altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto" (Cass. pen., sez. VI, 13/2/87, in Cass. pen., 1988, p. 1449).
Non sembra revocabile in dubbio che l'offerta convenienza costituisca una pattuizione contrattuale accessoria al contratto stipulato con la Telecom, che comporta la corresponsione di un onere ulteriore (il canone) oltre ad un contributo di attivazione. Il malfunzionamento del meccanismo di applicazione dell'agevolazione tariffaria non si traduce per l'utente solo nel mancato godimento del trattamento più favorevole, ma anche in un costo fisso aggiuntivo.

Gli elementi fondamentali dell'illecito penale prospettato da Manlio Cammarata (La bolletta rivela il danno e la beffa) sembrano dunque sussistere tutti: la mancanza di informazione sul non riconoscimento dello sconto nel caso di connessione ad un numero diverso dal capofila, in caso di sistema a ricerca automatica integra certamente il requisito dell'artificio o del raggiro, trattandosi di una rappresentazione (anche il silenzio può essere rilevante) inesatta del meccanismo contrattuale. Assolutamente fuori dubbio è poi il nesso causale tra l'informazione incompleta e la volontà contrattuale del cliente, il quale sicuramente non avrebbe mai concluso il contratto in questione, qualora fosse stato a conoscenza della pratica impossibilità di conseguire il vantaggio prospettato (e pagato parzialmente attraverso il canone), se non su base esclusivamente aleatoria.

Tuttavia ciò non è sufficiente, dal momento che l'elemento soggettivo del reato di truffa richiede che l'offerente (Telecom) fosse a conoscenza dell'anomalia e ciò nonostante avesse deciso di tacere e provvedere solamente in seguito alle rimostranze degli utenti insoddisfatti dello sconto.
E' superfluo aggiungere che il recupero delle somme da parte dei clienti non incide minimamente sull'astratta rilevanza penale del fatto.

Reato o no, emerge comunque una macroscopica colpa da parte di Telecom nell'organizzazione dell'iniziativa, sia come negligenza, tenuto conto del fatto che questa non poteva non sapere che la maggior parte degli Internet provider si avvalgono di sistemi di ricerca automatica (essendo la loro naturale controparte contrattuale per la fornitura di questi servizi), che come imperizia, avendo predisposto un sistema di rilevamento del traffico agevolato quanto meno grossolano.

* Avvocato