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 Il decreto legislativo 103/95 e le autorizzazioni generali

Il DLgs 103/95: dichiarazione o autorizzazione
per gli Internet Service Provider?

di Manlio Cammarata e Andrea Monti - 22.02.96

A pochi giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o della richiesta di autorizzazione previste dal decreto legislativo n. 103 del 17 marzo 1995 (Recepimento della direttiva 90/388/CEE relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni) per gli operatori telematici già attivi all'entrata in vigore del decreto stesso, non sono stati ancora ufficialmente risolti i numerosi dubbi interpretativi sollevati dagli interessati.
Per rispondere alle numerose domande che continuano ad arrivare in seguito agli articoli pubblicati su MCmicrocomputer e ai testi pubblicati in questo Forum, ecco una sintesi dei risultati a cui sono pervenuti, dopo analisi approfondite, Manlio Cammarata e Andrea Monti.

1. - Il DLgs 103/92 e i successivi regolamenti disciplinano l'offerta (e non l'uso) dei servizi di telecomunicazioni diversi dalla telefonia vocale. Questi servizi non sono definiti dai testi normativi in esame, ma si possono così riassumere:
1.1 - Connessioni su circuiti diretti (detti comunemente "linee dedicate"), come CDF, CDN, Frame-Relay ecc.
1.2 - Rivendita di capacità su circuiti diretti, gruppi chiusi di utenza (servizi disciplinati da norme particolari), trasmissione di dati a commutazione di pacchetto o di circuito ecc.
1.3 - Servizi telefonici a valore aggiunto, come Audiotex (166, 144 ecc.) Teletex (televideo) ecc.
1.4 - Servizi telematici comunemente denominati "Accesso a Internet" e "BBS", che comprendono una serie di funzioni, come la posta elettronica (e-mail) la consultazione di banche dati, lo scambio di software e anche transazioni commerciali (vendite telematiche) e via discorrendo.

2. - I servizi di telecomunicazioni di cui ai punti 1.3 e 1.4 possono essere offerti secondo due modalità diverse:
2.1 - Accesso dell'utente su linea commutata (rete telefonica generale)
2.2 - Accesso dell'utente su linea diretta.

3. - I soggetti che rientrano nell'ambito di applicazione del decreto legislativo devono, a seconda dei casi, presentare al Ministero delle poste e telecomunicazioni una dichiarazione o una richiesta di autorizzazione. È necessario sottolineare che i soggetti interessati sono coloro che "offrono", non coloro che "usano": la differenza è sostanziale, perché se un soggetto prende in affitto un circuito solo per connettersi con un altro, o con più soggetti determinati, non "offre" (a terzi) alcunché. Il circuito in questione è "offerto" dal gestore della rete, e a questo si applicano le disposizioni del decreto.

3.1 - Ai sensi dell'art. 3, comma 1, i soggetti che offrono servizi con accesso da linea commutata (e cioè, per esempio, tutti i provider del 144 e del 166) devono presentare al Ministero delle poste e telecomunicazioni una dichiarazione (i cui contenuti sono precisati dal DPR del 4 settembre 1995 n. 420) con la relazione descrittiva dei servizi e dei collegamenti.

3.2 - Ai sensi dell'art. 3, comma 2, i soggetti che offrono servizi con accesso tramite collegamenti diretti della rete pubblica devono presentare richiesta di autorizzazione, con le modalità previste dal DPR 420 e devono pagare i contributi nella misura prevista dal DM 5 settembre '95.

4. - Tutto questo è molto semplice, e si evince dalla lettura superficiale dei primi tre articoli del 103/95. Una seconda lettura fa sorgere un dubbio: il comma 2 dell'art. 3 afferma: Quando sono utilizzati collegamenti diretti della rete pubblica, l'offerta al pubblico dei servizi [...] deve essere previamente autorizzata dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni. Siccome per la realizzazione dei servizi descritti ai punti 1.3 e 1.4 sono di norma utilizzati collegamenti diretti (tra il fornitore dei servizi e il centro servizi di Telecom Italia nel caso di 144, 146 e Videotel, tra il fornitore dei servizi e il nodo di livello superiore nel caso di Internet), qualcuno ha erroneamente concluso che anche questi servizi siano soggetti alla richiesta di autorizzazione ex art. 3, comma 2. Questa conclusione è sbagliata per quattro motivi, sintetizzati qui di seguito.

4.1 - Il primo motivo si evince da una ancor più attenta lettura dell'art. 3, che si intitola Offerta di servizi di telecomunicazioni. Il comma 1 inizia con le parole: Quando sono utilizzati collegamenti commutati della rete pubblica, mentre il comma 2 inizia con le parole: Quando sono utilizzati collegamenti diretti della rete pubblica. Cioè, leggendo con senso logico: "Quando per l'offerta sono utilizzati circuiti" ecc. e non "Quando per la produzione dei servizi", che non rientra nell'ambito di applicazione del DLgs 103. Dunque i circuiti diretti che vengono utilizzati (e non, ripetiamo, "offerti") a monte del servizio, non sono soggetti a richiesta di autorizzazione per il servizio offerto.

4.2 - Il secondo motivo per il quale non può essere accolta l'interpretazione secondo la quale sono soggetti alla richiesta di autorizzazione i servizi di cui ai punti 1.3 e 1.4 anche quando sono offerti su circuiti commutati è di ordine logico: non avrebbe senso la distinzione tra la previsione del comma 1 e quella del comma 2 dell'art. 3, dal momento che tutti o quasi tutti i servizi di questo tipo usano qualche collegamento diretto a monte dell'offerta (resterebbe fuori, forse, solo qualche piccolo BBS).

4.3 - Il terzo, e più grave motivo, è che una soluzione di questo tipo contrasterebbe con lo spirito e la lettera delle disposizioni della direttiva europea 90/388, la cui applicazione in ambito nazionale costituisce appunto l'oggetto del decreto legislativo 103/95.

4.4 - Infine, se si accettasse l'interpretazione restrittiva dell'art. 3, comma 2, si verificherebbe in molti casi che lo stesso circuito diretto sarebbe soggetto due volte alla disciplina autorizzatoria: per l'offerta da parte del gestore della rete al fornitore di servizi e per l'offerta "al pubblico" da parte del secondo. Si applicherebbe così un doppio contributo per lo stesso oggetto.

5. - Un'ulteriore interpretazione restrittiva dell'art. 2, che comporterebbe l'obbligo di richiesta di autorizzazione anche per i servizi offerti su circuiti commutati, è fondata sul comma 3, che recita: L'offerta al pubblico di servizi di trasmissione dati a commutazione di pacchetto o di circuito, come definiti dall'art. 1, comma 1, lettera i), nonché l'offerta al pubblico della semplice rivendita di capacità, come definita dall'art. 1, comma 1, lettera l), devono essere previamente autorizzate dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni. Questa interpretazione si fonda su un equivoco e su un grave errore tecnico.

5.1 - Sul primo punto non è difficile osservare che l'offerta di accesso a Internet non è un servizio di trasmissione dati, come definito dall'art. 1, comma 1, lettera i), perché non consiste nel trasporto diretto di dati in partenza e a destinazione dei punti terminali della rete pubblica commutata, che consente ad ogni utente di utilizzare l'attrezzatura collegata al suo punto terminale di tale rete per comunicare con un altro punto terminale; si tratta invece di un "servizio a valore aggiunto" che prevede una serie di connessioni indirette tra diversi punti della rete mondiale di telecomunicazioni. Per collegamento diretto non si intende, evidentemente, quello che i tecnici definiscono peer to peer, cioè da un computer all'altro, senza altre apparecchiature interposte, ma quello per il quale un utente si collega a un altro componendo direttamente il numero del terminale di quest'ultimo: si evince dalla definizione di "servizio di telefonia vocale" al punto g) dello stesso comma.

5.2 Il secondo motivo addotto per far rientrare i servizi di accesso a Internet nella previsione del comma 3 dell'art. 3 consiste nel fatto che i protocolli TCP/IP utilizzati su Internet, in particolare il PPP e lo SLIP, sono protocolli a commutazione di pacchetto. Un'affermazione di questo tipo può essere espressa solo da chi conosce "per sentito dire" le tecnologie di telecomunicazione, perché nel la commutazione di pacchetto consiste appunto nel "commutare", cioè nell'instradare su circuiti diversi i pacchetti nei quali sono scomposti i messaggi. Invece, nella connessione dell'utente al fornitore attraverso la rete pubblica commutata i messaggi viaggiano sì a pacchetti, ma su un unico circuito instaurato al momento della connessione: non c'è alcuna commutazione di pacchetto.

6. - Restano due punti, secondari solo dal punto di vista del numero di soggetti interessati, non certo da quello dei principi di applicazione della legge: le strutture telematiche non commerciali e i sub-fornitori di servizi.
6.1 - I BBS "amatoriali", Fidonet e altre realtà non profit, spesso con scopi sociali o umanitari, non dovrebbero essere soggetti ad alcun obbligo, in quanto non rientrano nel concetto di "mercato".
6.2 - Anche i fornitori di servizi a valore aggiunto (caselle e-mail, pagine World Wide Web ecc.) che non offrono accessi, ma "ricevono" gli utenti attraverso un altro soggetto che offre l'accesso su commutata o circuiti diretti, non dovrebbero rientrare nelle previsioni del DLgs 103/95 e quindi non avrebbero alcun obbligo di dichiarazione o richiesta di autorizzazione.

Conclusione

Per capire a chi si applichino le disposizioni in questione, e quali adempimenti siano richiesti, è necessario rispondere a una semplice domanda: "Chi offre cosa".
In altri termini è soggetto alle disposizioni del 103/95 chi offre un servizio di telecomunicazioni diverso dalla telefonia vocale (come definita dal DPR 103, comma 1, punto g), nei quali non rientrano i servizi vocali "alternativi" come l'Internet Phone). Non è soggetto, invece, chi non compie un'offerta "al pubblico", ma si limita a usare un servizio offerto da Telecom Italia o da un altro operatore. Per capire se si deve applicare il regime notificatorio o quello autorizzatorio si deve rispondere al quesito "che cosa si offre": se si offre un accesso dalla rete pubblica commutata (cioè la rete telefonica generale) si ricade nell'obbligo di notificazione, se si offre un accesso da circuito diretto scatta l'obbigo della richiesta di autorizzazione. Questa, alla luce di tutte le analisi compiute, appare la sola interpretazione possibile.