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 Il decreto legislativo 103/95 e le autorizzazioni generali

Dichiarazione o autorizzazione: primi orientamenti giurisprudenziali
nota a sentenza di Letizia Bravin* - 06.04.2000

Il caso deciso dal Pretore di Udine riguarda una giovane società che, oltre ad offrire servizi informatici, è anche un "internet provider". All'epoca della contestazione la stessa, era presente sulla zona con due POP, mediante i quali forniva all'utenza accesso ad internet solo su collegamenti commutati. I due POP erano però collegati tra di loro da una linea diretta analogica.

I fatti controversi risalgono al 1997, anno in cui il Ministero, per il tramite della Polizia postale, contestava alla società la violazione del secondo comma dell'art. 3 del D.lgs n. 103/95, partendo dall'errato presupposto che qualsiasi fornitore di accesso ad internet, per il solo fatto di collegare i propri POP mediante una linea diretta dovesse presentare una domanda di autorizzazione ministeriale, anche se poi il servizio di accesso ad internet veniva offerto al cliente finale su linea commutata. Avverso tale verbale di contestazione la società proponeva ricorso al Prefetto, il quale, pur confermando la sussistenza dell'infrazione, ne dimezzava la sanzione. Veniva quindi proposto ricorso avanti al Pretore di Udine, il quale, come si evince dalla sentenza in commento, revocava l'ordinanza ingiunzione prefettizia, sulla base dei seguenti motivi.

1. mancanza dell'elemento soggettivo dell'illecito. In altri termini, il giudice ha rilevato la "buona fede" della società, e ciò anche alla luce delle numerose indicazioni date sull'argomento da riviste multimediali (tra cui anche InterLex ).

2.Insussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito, nel senso che nel caso concreto non si è verificata la fattispecie sanzionata dalla norma. Secondo la pronuncia del giudice, infatti, nel caso in cui un provider offra ai propri abbonati l'accesso a internet su collegamenti commutati, trova applicazione il primo comma dell'art. 3, con la conseguenza che il regime applicabile è quello della dichiarazione; viceversa, solo nel caso in cui l'accesso ad internet sia fornito su linee dirette trova applicazione il secondo comma, essendo quindi necessario ottenere l'autorizzazione ministeriale.

Con un ragionamento più che condivisibile, il giudice ha rilevato che il D.lgv 103/95 disciplina, all'art. 3, l'offerta al pubblico dei servizi di telecomunicazione e non l'uso delle linee di telecomunicazione. Anche alla luce della ratio della direttiva 388/90, del DPR 420/95 e della direttiva CE n. 13/97, è stata evidenziata, infatti, la differenza che intercorre tra le modalità con cui il provider può procurarsi l'accesso alla rete e le modalità con cui lo stesso offre il servizio all'utente finale della rete, precisando quindi, che ciò che differenzia le fattispecie previste, rispettivamente, dal primo e dal secondo comma dell'art. 3 è dato dalle caratteristiche del servizio offerto e non dal mero impiego di linee dirette per l'offerta del servizio.

Un ulteriore, e non trascurabile, elemento considerato dal giudice a suffragio di tale decisione riguarda interpretazione sistematica da darsi ai due commi dell'art. 3. Se fosse vero che anche i servizi internet offerti al pubblico su linea commutata (ma per il tramite di una linea diretta strumentale ), sono soggetti alla richiesta di autorizzazione e non alla semplice comunicazione, risulterebbe di fatto abrogato il primo comma dell'art. 3, dal momento che nella pratica tutti i fornitori di servizi di telecomunicazioni utilizzano a monte dell'offerta del servizio un collegamento diretto.

La sentenza del Pretore di Udine, che si potrebbe definire pionieristica nell'ambito di questa materia, recependo coraggiosamente gli orientamenti e le indicazioni degli esperti della materia, sembra riportare logicità e chiarezza su un problema, purtroppo, ancora vivo per molti internet provider.
Speriamo non rimanga una pronuncia isolata.

* Avvocato in Udine