Il DLgs 103/95: Internet e BBS
liberalizzati al contrario
di Manlio Cammarata - 20.12.95
Abbiamo aspettato per molto tempo una
normativa sui diritti e i doveri degli operatori telematici; ne abbiamo discusso
anche sulle pagine di questo Forum e nel convegno del 28 giugno alla Luiss. Ma
una parte della normativa c'era già, e nessuno lo sapeva, perché era
"nascosta" in un decreto legislativo del 17 marzo dell'anno scorso,
recante il numero 103 e intitolato "Recepimento della direttiva 90/388/CEE
relativa alla concorrenza nei mercati di servizi di telecomunicazioni".
Che c'entra la concorrenza nei mercati delle telecomunicazioni con le strutture
telematiche come Internet e BBS? C'entra, perché si tratta indubbiamente di
servizi di telecomunicazioni che possono essere offerti al pubblico in regime di
concorrenza. Di fatto in Italia lo sono sempre stati, ma solo per la mancanza di
una normativa specifica: erano del tutto deregolamentati, dopo l'abolizione
della famigerata "tassa sul modem" che fu oggetto di una lunga
battaglia condotta da MCmicrocomputer.
Ora, con il decreto 103, la situazione è completamente cambiata, ma è
tutt'altro che definita, soprattutto per due motivi: il primo è che il decreto
desta non poche incertezze, il secondo è che non è stata ancora emanata la
normativa che riguarda la protezione dei dati personali. E' possibile anche che
l'imminente legge sulla liberalizzazione dei servizi di telecomunicazioni (che,
mentre scrivo, si chiama "disegno di legge Gambino") cambi alcune
delle disposizioni del DLgs 103, che affronta lo stesso argomento.
Vediamo ora i passi fondamentali del decreto, per la parte che ci riguarda.
Il decreto legislativo 103/95
L'art. 1 contiene una serie di definizioni che
esamineremo più avanti. L'art. 2 recita: Accesso alla rete pubblica di
telecomunicazioni.
1. L'accesso alla rete pubblica per la fornitura, mediante collegamenti
commutati o diretti della predetta rete, dei servizi di telecomunicazioni
diversi dal servizio di telefonia vocale, come definito dall'art. 1, comma 1,
lettera g), è consentito, salvo quanto disposto nei commi 2 e 3, ai sensi del
presente decreto legislativo.
2. Il presente decreto legislativo non si applica al servizio telex, alla
radiotelefonia mobile, al radioavviso ed alle comunicazioni via satellite.
3 . L'accesso di cui al comma 1 può essere limitato, nell'ambito dei poteri di
autorizzazione di cui all'art. 3, per il rispetto delle esigenze fondamentali
rappresentate: a) dalla sicurezza di funzionamento della rete pubblica; b) dal
mantenimento dell'integrità della rete stessa; c) dalla interoperabilità dei
servizi di telecomunicazioni e dalla protezione dei dati qualora ricorrano
comprovati motivi di interesse pubblico generale non di natura economica. [...].
Ed ecco l'art. 3: Offerta di servizi di telecomunicazioni
1. Quando sono utilizzati collegamenti commutati della rete pubblica, i servizi
di cui all'art. 2, comma 1, fatta eccezione per quelli di cui al comma 3 del
presente articolo, possono essere offerti al pubblico decorsi sessanta giorni
dalla presentazione al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni di una
dichiarazione con la relazione descrittiva dei servizi e dei collegamenti.
2. Quando sono utilizzati collegamenti diretti della rete pubblica, l'offerta al
pubblico dei servizi di cui all'art. 2, comma 1, anche da parte del gestore
della rete pubblica, deve essere previamente autorizzata dal Ministero delle
poste e delle telecomunicazioni.
3. L'offerta al pubblico di servizi di trasmissione dati a commutazione di
pacchetto o di circuito, come definiti dall'art. 1, comma 1, lettera i), nonché
l'offerta al pubblico della semplice rivendita di capacità, come definita
dall'art. 1, comma 1, lettera l), devono essere previamente autorizzate dal
Ministero delle poste e delle telecomunicazioni. [...]. L'articolo prosegue
con una serie di obblighi imposti ai titolari delle autorizzazioni.
L'art. 4 è dedicato a Interfacce tecniche e omologazione, mentre il 5
stabilisce che E' consentito interconnettere collegamenti diretti per servizi
di trattamento delle informazioni e per servizi di trasmissione dati a
commutazione di pacchetto o di circuito tra di loro e con la rete pubblica di
telecomunicazioni, alle condizioni tecniche e commerciali stabilite dalle
disposizioni vigenti in materia.
Vedremo più avanti l'art. 6.
Il successivo art. 7 elenca le sanzioni per chi non si attiene alle regole, che
consistono nella sospensione del servizio o nella revoca dell'autorizzazione,
con l'aggiunta di una sanzione amministrativa da cinque a trenta milioni per i
casi più gravi. L'art. 8 elenca i mezzi di tutela, nel caso che il gestore
della rete pubblica rifiuti l'interconnessione, il 9 stabilisce che le
convenzioni già esistenti per i servizi di comunicazioni devono essere
aggiornate entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto. L'art. 10 dispone
che i titolari delle autorizzazioni (compreso il gestore pubblico) devono pagare
dei contributi da aggiornare ogni due anni; la misura di questi contributi sarà
stabilita con un successivo decreto del Presidente della Repubblica, previsto
nell'art. 11.
Infine l'art. 12: Disposizione transitoria.
1. Chiunque, alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,
offra al pubblico i servizi di telecomunicazioni di cui all'art. 2, comma 1,
deve, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del decreto di cui all'art.
11, comma 1, presentare la dichiarazione o richiedere l'autorizzazione in
conformità a quanto previsto dall'art. 3, commi 1, 2 e 3.
IL DPR 420/95
Il decreto del Presidente della Repubblica
previsto dall'art. 11 viene emanato il 4 settembre 1995, seguito, il 5
settembre, da un decreto del Ministro delle Poste e Telecomunicazioni, che
stabilisce l'importo dei contributi da versare per le autorizzazioni; sulla
Gazzetta Ufficiale n. 253 del 28 ottobre c'è infine una rettifica al testo
precedente (i testi completi sono disponibili su "Net_Lex").
Il 420/95 contiene una lunga serie di dettagli sulle norme del 103. Per quanto
ci riguarda osserviamo prima di tutto che (art. 1) per l'offerta dei servizi
liberalizzati [...] devono essere utilizzati esclusivamente collegamenti
commutati o diretti della rete pubblica. Quindi che (art. 4, comma 2) l'interessato
deve presentare una dichiarazione per ogni tipo di servizio che intende offrire;
la stessa regola vale per le richieste di autorizzazione (art. 5, comma 4),
mentre si precisa (art. 4, comma 6) che chi intende gestire ad uso interno i
servizi liberalizzati (per esempio, per collegare le proprie sedi, quindi senza
offerta al pubblico), può farlo senza dover chiedere l'autorizzazione, dopo
aver chiesto i collegamenti al gestore della rete pubblica.
Rilevante, come vedremo più avanti, è il primo comma dell'art. 6, che
stabilisce l'obbligo di allegare alla domanda di autorizzazione il certificato
di iscrizione alla Camera di commercio e il cosiddetto "certificato
antimafia". L'art. 11 dispone che le autorizzazioni durano nove anni,
possono essere rinnovate almeno 120 giorni prima della scadenza e non possono
essere cedute a terzi. Il decreto riporta poi gli schemi delle dichiarazioni e
delle richieste di autorizzazione.
Il decreto ministeriale del 5 settembre fissa in un milione di lire il
"contributo" da versare per ogni richiesta o rinnovo di
autorizzazione; c'è poi una tassa annuale, sempre di un milione, per ogni sede
in cui siano installate apparecchiature di commutazione.
A chi si applicano le norme?
A questo punto le domande sono: le norme del
decreto legislativo 103/95 si applicano ai fornitori di Internet e ai BBS, visto
che l'articolato non cita né direttamente né indirettamente Internet e BBS? In
caso affermativo, si applica il regime della notificazione o quello della
richiesta di autorizzazione?
La risposta alla prima domanda è "sì" per i fornitori di Internet,
"ni" per i BBS. Non c'è dubbio infatti che gli uni e gli altri
offrono "servizi diversi dalla telefonia vocale", previsti dall'art.
2. Inoltre ci sono i "considerando" della direttiva europea, per il
cui recepimento il DLgs 103 è stato emanato: ...servizi di telecomunicazioni
quali... i servizi basati sull'informazione avente ad oggetto l'accesso a basi
di dati; i servizi informatici a distanza; i servizi di registrazione e di
ritrasmissione di messaggi, ad esempio la posta elettronica; i servizi di
transazione, ad esempio transazioni finanziarie, trasferimento elettronico di
dati per uso commerciale, teleacquisto e teleprenotazione... Quindi non
sembrano possibili dubbi sull'applicabilità di queste norme agli Internet
provider. Più problematica è la questione che riguarda i BBS, esclusi quelli
commerciali, che senza dubbio compiono un'offerta al pubblico di servizi diversi
dalla telefonia vocale (che resta per ora monopolio di Telecom Italia, con
l'eccezione dei gruppi chiusi di utenti) e quindi ricadono nel campo di
applicazione del decreto. Ma ci sono i anche i BBS "no profit" ,
quelli che non fanno pagare i servizi (è il caso della rete Fidonet): le
disposizioni si riferiscono anche a loro? Probabilmente no, perché anche se
compiono comunque una sorta di "offerta al pubblico", il fatto che
essa sia a titolo gratuito li pone fuori dall'ambito della concorrenza sul
mercato. C'è inoltre il problema dell'iscrizione alla Camera di commercio, del
quale si parla più avanti. La questione è comunque controversa Restano senza
dubbio esclusi da ogni obbligo solo i BBS strettamente amatoriali, quelli che
non realizzano un'offerta al pubblico, ma sono destinati ad una cerchia
ristretta di persone identificate (potrebbe forse ipotizzarsi un'estensione del
DPR 420, art. 5, comma 6).
E veniamo alla seconda domanda: quale regime si deve applicare nei diversi casi,
tra la notificazione e la richiesta di autorizzazione? La risposta è nei primi
tre commi dell'art, 3: 1. Quando sono utilizzati collegamenti commutati della
rete pubblica, i servizi di cui all'art. 2, comma 1, fatta eccezione per quelli
di cui al comma 3 del presente articolo, possono essere offerti al pubblico
decorsi sessanta giorni dalla presentazione al Ministero delle poste e delle
telecomunicazioni di una dichiarazione con la relazione descrittiva dei servizi
e dei collegamenti. Questo significa che basta presentare la notificazione
(che è gratuita) quando si "offrono" servizi che sfruttano
esclusivamente le linee commutate della rete telefonica. E' il caso della
maggior parte degli abbonamenti a Internet o ai BBS di ogni tipo. Le eccezioni
sono nei due commi successivi: 2. Quando sono utilizzati collegamenti diretti
della rete pubblica, l'offerta al pubblico dei servizi di cui all'art. 2, comma
1, anche da parte del gestore della rete pubblica, deve essere previamente
autorizzata dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni.
Qui bisogna fare molta attenzione. E' vero che i "dettaglianti" di
Internet impiegano collegamenti diretti con i "grossisti", ma
l'offerta al pubblico riguarda quasi sempre collegamenti commutati. Dunque,
siccome l'oggetto del decreto è "la concorrenza nei mercati", la
disciplina riguarda "l'offerta", che qui prevede collegamenti
commutati. L'offerta di collegamenti diretti è propria dei
"grossisti", in pratica i nodi di Internet, che quindi sono sottoposti
al regime autorizzatorio. E' chiaro però che anche l'Internet provider che
offre al pubblico collegamenti diretti (i maggiori lo fanno) ricade per questi
nel regime autorizzatorio (ricordiamo che bisogna presentare notificazioni o
richieste di autorizzazione separate per ogni servizio).
Problemi di interpretazione
E' possibile anche un'interpretazione opposta:
che tutti gli Internet provider e anche molti BBS ricadano per intero nel regime
autorizzatorio, per il fatto che impiegano collegamenti diretti "a
monte" dell'offerta al pubblico. L'ipotesi, stando alla lettera delle
disposizioni, non è infondata, ma mi sembra in contrasto con la ratio
del decreto, che è quella di disciplinare "l'offerta" di servizi. E,
nei casi che ci interessano, l'offerta non riguarda "la trasmissione
dati", come definita dall'art. 1, comma 1, lettera i, ma servizi diversi.
Inoltre, se tutti i servizi di connettività Internet (ma anche videotex,
audiotex ecc.) ricadessero nel regime autorizzatorio per l'impiego "a
monte" delle linee dirette, ben poco ne resterebbe fuori: praticamente solo
qualche BBS amatoriale. Che, d'altra parte, non potrebbe neanche richiedere
l'autorizzazione, dovendo allegare l'iscrizione alla Camera di commercio.
Secondo alcuni ci sarebbe un altro motivo per far ricadere qualsiasi offerta di
connettività Internet nel regime autorizzatorio, ed è il comma 3: L'offerta
al pubblico di servizi di trasmissione dati a commutazione di pacchetto o di
circuito, come definiti dall'art. 1, comma 1, lettera i), nonché l'offerta al
pubblico della semplice rivendita di capacità, come definita dall'art. 1, comma
1, lettera l), devono essere previamente autorizzate dal Ministero delle poste e
delle telecomunicazioni. Ora è vero che i protocolli TCP/IP, SLIP e PPP
usati per le connessioni Internet, sono protocolli "a pacchetto", ma a
questa interpretazione possono essere opposte tre obiezioni:
1. L'oggetto dell'offerta di un Internet provider non è di un "servizio di
trasmissione dati a commutazione di pacchetto", ma di una serie di
"servizi diversi dalla telefonia vocale", in cui i dati viaggiano sì
"a pacchetti", ma questo è irrilevante ai fini del servizio offerto.
2. Anche se i dati viaggiano a pacchetti, non si ha una "commutazione di
pacchetto" in senso tecnico, perché viene comunque utilizzato un percorso
unico.
3. La definizione dell'art. 1, comma 1, lettera i), richiamata dal comma in
esame, definisce la trasmissione di dati a commutazione di pacchetto o di
circuito come la fornitura al pubblico del trasporto diretto di dati in
partenza e a destinazione dei punti terminali della rete pubblica commutata.
Il problema è nell'aggettivo "diretto", che per i tecnici vuol dire
peer to peer, che si verifica quando due dispositivi sono connessi,
praticamente, solo con un cavo. Invece la rete a commutazione di pacchetto, non
solo trasporta i segnali su linee diverse, ma li fa passare attraverso una
quantità di apparecchiature. La spiegazione del significato "legale"
dell'aggettivo "diretto" può essere forse trovata nella lettera g)
dello stesso comma, dove si definsce il servizio di telefonia vocale come la
fornitura al pubblico del trasporto diretto e della commutazione della voce in
tempo reale in partenza e a destinazione dei punti terminali della rete pubblica
commutata, che consente ad ogni utente di utilizzare l'attrezzatura collegata al
suo punto terminale di tale rete per comunicare con un altro punto terminale.
In questo caso "diretto" significherebbe "da un utente
all'altro": quando telefono a qualcuno, compongo dal mio terminale il
numero del suo, esattamente come accade nella trasmissione dati a commutazione
di pacchetto.
Invece i servizi Internet sono sempre "indiretti", perché l'utente
finale si collega al fornitore di connettività, e il server di quest'ultimo
opera una successiva connessione a un altro "IP number", che nella
maggior parte dei casi è addirittura sconosciuto al chiamante originario.
Questo accade anche quando, con il protocollo PPP, due utenti finali possono
operare uno sul terminale dell'altro. In realtà, se sono collegati allo stesso
server, ci sono due connessioni dirette tra i due utenti e il server, che
realizzano quindi una connessione indiretta; se poi sono collegati a server
diversi, il numero di connessioni dirette aumenta di almeno un'unità.
Ma, dirà l'avvocato del diavolo, ecco che ci sono le connessioni dirette! E'
vero, ma a mio avviso non ricadono nelle previsioni del DLgs 103, non solo
perché non sono "a commutazione di pacchetto", ma "a pacchetti
che viaggiano su una sola connessione", quindi non "commutati",
ma soprattutto perché "l'offerta" non riguarda "collegamenti a
commutazione di pacchetto", ma servizi a valore aggiunto sulla rete
pubblica commutata.
Da tutto questo deriva, sempre secondo l'interpretazione che mi sembra più
attendibile, che all'offerta al pubblico di servizi Internet (posta elettronica,
ftp, www ecc.) si debba applicare il regime notificatorio, tranne che nei casi
in cui viene offerta la connessione su linea dedicata.
Un altro punto riguarda le connessioni su linea dedicata tra un provider e i
suoi POP, i point of presence distribuiti sul territorio per ridurre i
costi di connessione alla sola tariffa urbana o distrettuale: se i POP sono di
proprietà dello stesso provider, si applica senza dubbio il DPR 420, art. 5,
comma 6: L'impresa, il consorzio, l'ente, con le relative sedi o filiali,
possono espletare in proprio ed esclusivamente per le loro esigenze, dopo aver
acquisito i necessari collegamenti dal gestore della rete pubblica, i servizi di
cui all'art. 1, comma 1, senza bisogno di autorizzazione. E' richiesta
allora la notificazione? A mio avviso no, perché chi utilizza la linea dedicata
non la "offre", e quindi non ricade del tutto nell'ambito di
applicazione della legge; chi deve richiedere l'autorizzazione è chi la offre,
cioè il gestore pubblico. E, per lo stesso motivo, non ricade nell'ambito di
applicazione della legge neanche l'utilizzo di una linea dedicata per il
collegamento tra un provider e un POP che sia gestito da un soggetto diverso. In
altri termini, se Tizio affitta una linea dedicata per collegarsi con Caio, non
compie alcuna "offerta" e quindi non deve notificare un bel nulla, o
chiedere autorizzazioni di sorta.
Tutto sembra ruotare intorno all'interpretazione del concetto di
"offerta" e dell'aggettivo "diretto". Infatti il solito
avvocato del diavolo avanza un'altra obiezione: nei servizi Internet è di fatto
compresa la telefonia vocale, con Internet Phone e simili; siccome la telefonia
vocale resta monopolio di Telecom Italia, c'è il rischio che si debba
disattivare questo servizio, se non di vedersi vietare, al limite, l'intera
offerta Internet!
Obiezione respinta: quel simulacro imperfetto di telefonia che oggi è in
qualche caso possibile via Internet, non è trasporto diretto e commutazione
della voce in tempo reale in partenza e a destinazione dei punti terminali della
rete pubblica commutata, ma è "trasporto indiretto", per i motivi
esposti prima. Quindi ricade nell'ipotesi della semplice notifica, a norma
dell'art. 3, comma 1, trattandosi semplicemente di un'offerta di servizi diversi
dalla telefonia vocale, come risulta dal combinato disposto dell'art. 1, comma
1, lettera g), e dell'art. 2, comma 1, del DLgs 103.
A proposito di crittografia
Veniamo ora a un altro articolo di questo
terribile decreto, il numero 6, che porta il titolo "Trattamento dei
segnali": 1. Nella prestazione dei servizi di telecomunicazioni non sono
ammesse restrizioni relative al trattamento dei segnali prima della loro
trasmissione sulla rete pubblica o dopo la loro ricezione, diverse da quelle
occorrenti per la salvaguardia delle esigenze connesse all'ordine pubblico, alla
sicurezza pubblica ed alla difesa nazionale. Che vuol dire? Nel tentativo di
capirci qualcosa andiamo a leggere il corrispondente articolo 6 della direttiva
europea 90/388: Per quanto riguarda la prestazione dei servizi di
telecomunicazioni, gli Stati membri provvedono ad abrogare le restrizioni
esistenti relative al trattamento dei segnali prima della loro trasmissione
sulla rete pubblica o dopo la loro ricezione, a meno che non sia dimostrata la
necessità di tali restrizioni per garantire il rispetto dell'ordine pubblico o
delle esigenze fondamentali.
Quali sono le "restrizioni relative al trattamento dei segnali"? A
prima vista potrebbero essere eventuali limitazioni, inserite nei router, a
certe connessioni. Ma in questo caso saremmo non nel "trattamento" dei
segnali, ma nella "commutazione" (commutazione e trattamento sono
operazioni diverse, come si evince dall'art. 1, comma 1, lettera l). La sola
"elaborazione" alla quale potrebbe applicarsi la disposizione in esame
sembra essere la crittografia. In altri termini, il significato dell'art. 6
dovrebbe essere: "E' vietato vietare la crittografia". Se è così, i
legislatori comunitario e nazionale hanno superato se stessi nella...
crittografia delle disposizioni legislative. Mi permetto di avanzare una
richiesta: c'è qualcuno, nei Palazzi, che voglia proporre una norma che dica:
è vietato crittografare le leggi?
Concludendo (per ora)...
Adesso facciamo due conti: il DLgs 103, art. 12,
dice che chi offre già servizi di telecomunicazioni nel momento dell'entrata in
vigore della legge, deve mettersi in regola entro 120 giorni dall'entrata in
vigore del decreto previsto dall'art. 11. Questo decreto, il 420/95, è stato
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 13 ottobre '95; a norma dell'art. 73
della Costituzione e dell'art. 10 delle "preleggi", leggi e
regolamenti entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della
pubblicazione. Dunque quindici più centoventi dal 14 ottobre: si arriva al 25
febbraio, che è domenica: quindi il termine per mettersi in regola scade il 26
febbraio prossimo.
Tutto a posto? Niente affatto, non solo per i dubbi che nascono dalla lettura
del testo legislativo, ma anche perché prima del fatidico 26 febbraio dovrebbe
essere approvata definitivamente la legge delega prevista dal ddl 1901 ter,
nella quale sono previste future disposizioni in materia di protezione dei dati
personali, con particolare riguardo ai servizi telematici. E si dovrà comunque
aspettare il decreto legislativo che definirà le previsioni della legge delega.
Ma prima di questa dovrebbe entrare in vigore la legge (quella vera!) sulla
liberalizzazione dei servizi di telecomunicazioni, che mentre scrivo è il
disegno di legge della Camera dei Deputati numero 3180 ter, noto anche come
"disegno di legge Gambino". E quindi molte cose potrebbero cambiare,
anche prima del 26 febbraio.
In conclusione si deve osservare che mai il titolo di una legge è stato più
ingannevole: la dichiarata "liberalizzazione" non c'è, in primo luogo
perché le disposizioni del DLgs 103/95 non fanno altro che confermare una
situazione di fatto, già sancita da decisioni degli organismi comunitari e
della magistratura italiana, per quanto riguarda i "gruppi chiusi di
utenti". In secondo luogo perché resta una limitazione fondamentale (art.
1, comma 3 del DPR 420): Per l'offerta dei servizi liberalizzati di cui ai
commi 1 e 2 devono essere utilizzati esclusivamente collegamenti commutati o
diretti della rete pubblica. Infine perché i servizi telematici su Internet
e i BBS, che prima erano liberi, ora sono soggetti ad adempimenti burocratici e
balzelli.
Ecco la sintesi degli obblighi per Internet
providers e BBS, secondo il dettato del decreto legislativo n. 103 del 17 marzo
1995, del decreto del Presidente della Repubblica n. 420 del 4 settembre 1995 e
del regolamento ministeriale del successivo 5 settembre, e secondo
l'interpretazione degli stessi testi accolta in questo articolo.
1. I fornitori di servizi di telecomunicazioni diversi dalla telefonia vocale,
quindi anche Internet providers e BBS commerciali, devono compiere una
notificazione o richiedere un'autorizzazione al Ministero delle Poste e
Telecomunicazioni, secondo i modelli pubblicati nel DPR 420/95, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 240 del 13 ottobre 1995. Per l'erogazione dei servizi
devono essere impiegate apparecchiature omologate e devono essere seguite
determinate prescrizioni tecniche.
2. Sono soggetti alla notificazione (gratuita) gli operatori che offrono solo
servizi sulla rete telefonica commutata.
3. Gli operatori che offrono connessioni su linea dedicata devono chiedere
l'autorizzazione e versare una serie di contributi, pari a un milione ciascuno,
per ogni servizio e per ogni luogo ove siano poste apparecchiature di
commutazione.
7. Il fatto che i protocolli Internet siano basati sul trasporto di
"pacchetti" non configura la "commutazione di pacchetto";
quindi non è necessaria l'autorizzazione, ma basta la notifica.
4. I BBS puramente amatoriali, gratuiti e non aperti al pubblico, non ricadono
nell'ambito di applicazione della legge e quindi non sono soggetti ad alcun
adempimento.
5. Le connessioni su linea dedicata tra service provider e POP non ricadono
nell'ambito di applicazione del decreto, perché non costituiscono
"offerta". Quindi non sono soggetti né a notifica né ad
autorizzazione.
6. Il servizio di trasmissione della voce su Internet non è vietato, perché
non è realizzato con una connessione diretta.
7. I nuovi operatori obbligati solo alla notificazione devono attendere 60
giorni prima di iniziare il servizio; quelli sottoposti ad autorizzazione devono
attendere l'autorizzazione stessa, che il Ministero delle Poste e
Telecomunicazioni deve emanare entro 90 giorni dalla richiesta (DLgs 103/95,
art. 3, comma 5). Il Ministero può, entro i 90 giorni, indicare un nuovo
termine non superiore a ulteriori 30 giorni, specificandone le ragioni
giuridiche o tecniche.
8. Trascorsi senza risposta i termini indicati al punto precedente, la domanda
si considera accolta e si può iniziare il servizio.
9. Il Ministero non può rifiutare l'autorizzazione se non per ragioni di ordine
pubblico e simili, e deve motivare il rifiuto.
10. Il gestore pubblico non può rifiutare i collegamenti, se non per
impossibilità tecnica.
11. Avverso eventuali rifiuti del gestore si può ricorrere al Ministero,
avverso le decisioni del Ministero si può ricorrere al TAR.
12. Gli operatori già attivi al 22 aprile 1995 (entrata in vigore del DLgs 103)
devono presentare le notificazioni o le richieste di autorizzazione entro il 26
febbraio 1996 (120 giorni dall'entrata in vigore del DPR 420). Nulla appare
stabilito per gli operatori che abbiano iniziato l'attività dopo tale data, ma
prima dell'entrata in vigore del decreto.
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