Lettera aperta a Stefano Rodotà
PRIVACY: IL CONSENSO IMPLICITO NEL LIMBO DELLA TERRA DI NESSUNO (GIOCANDO
A RIMPIATTINO TRA PALAZZO CHIGI E MONTECITORIO)
AIDiM - Associazione Italiana per il
Direct Marketing - 15.10.98
Caro Professor Rodotà,
vorremmo parlarLe sommessamente di privacy ed è
forse un segno dei tempi se, con qualche ironia, decidiamo di farlo ricorrendo
allo strumento della "lettera aperta".
Decidiamo di farlo ora, e solo ora, perché ci sembra che l'attuale crisi di
Governo interrompa, gioco forza, quel "palleggio istituzionale", o se
vuole rimpiattino, che su questo tema si è generato.
Noi crediamo che il suo ufficio debba avere, tra l'altro, il compito di
garantire la continuità tra ciò che è stato e ciò che sarà (o dovrebbe
essere), facendo finalmente chiarezza. Questo è il momento.
Partiamo da un punto fermo:
dopo diciotto mesi di applicazione della legge n. 675/1996 sembrava chiaro che
il principio generale sul quale si fonda l'autodeterminazione informativa di
ognuno di noi fosse il libero consenso dell'interessato, il quale deve
preventivamente essere portato a conoscenza delle modalità e delle finalità
del trattamento.
Ci sembrava di aver capito poi che il consenso
debba essere espresso e che nel nostro sistema non abbia trovato spazio, a
differenza di quanto succede in molti pur civili paesi europei, il consenso
implicito. E' quindi con un moto di sorpresa che abbiamo rilevato dalla
lettura degli atti parlamentari (Atti Camera dei Deputati - Seduta n. 410 del
23/9/1998) che un rappresentante del Governo (l'On. Ladu, Sottosegretario di
Stato per l'industria, il commercio e l'artigianato) rispondendo ad un
interpellanza sul tema, presentata dall'On. Rasi, Vicepresidente della
Commissione Industria della Camera) e firmata, tra gli altri, dal relatore della
legge 675/1996 alla Camera dei Deputati On. Anedda, abbia rispolverato questo
concetto sostenendo che "l'articolo 12, comma 1, lettera f), della legge
n. 675 del 1996 stabilisce che il consenso dell'interessato al trattamento dei
dati personali non è richiesto quando esso riguardi i dati relativi allo
svolgimento di attività economiche, raccolte anche ai fini indicati dall'articolo
13, comma 1, lettera e), della citata normativa. Tale disposizione prevede a sua
volta il diritto dell'interessato di opporsi in tutto o in parte al
trattamento dei dati personali che lo riguardano (previsto ai fini di
informazione commerciale o di invio di materiale pubblicitario o di vendita
diretta ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione
commerciale interattiva) e di essere informato dal titolare - non oltre il
momento in cui i dati sono comunicati o diffusi - della possibilità di
esercitare gratuitamente tale diritto. La raccolta dei dati ai fini pubblicitari
si basa sul consenso implicito dell'interessato, valido fino a quando costui
non si opponga ed in affievolimento degli oneri informativi nei confronti dell'interessato,
atteso che l'informazione di cui al citato articolo 13, comma 1, lettera e),
nel silenzio della norma su specifici adempimenti formali, può essere fornita
anche verbalmente.
"........sembra al Ministero dell'industria
che la raccolta di dati a fini pubblicitari goda di una situazione di favore
nell'ambito di una legge che presenta, comunque, generale natura restrittiva
nell'utilizzazione dei dati personali". Noi sappiamo bene che il Garante
nel corso di questi mesi, pur evitando interpretazioni formalistiche, ha
sostenuto con rigore la necessità che il consenso non possa desumersi da
comportamenti concludenti. Peraltro il mercato degli operatori commerciali,
sostenendo sacrifici e sforzi organizzativi, ha cercato di adeguarsi a questa
richiesta: le ripercussioni economiche legate a questa scelta sono gravi.
E francamente neanche un inguaribile ottimista
potrebbe candidamente sostenere che il livello di protezione della riservatezza
del cittadino sia stato in qualche modo rafforzato da tanto rigore. Peraltro Lei
stesso, per fiscale ragion di Stato, ha accettato che il consenso implicito
venisse utilizzato per dar modo alla nostra amministrazione tributaria di
trattare i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi di ognuno di noi.
Tuttavia, malgrado una leggenda metropolitana
vada sostenendo che "il grande fratello oggi vesta i panni dell'uomo d'affari",
la nostra associazione non vuole cadere nella tentazione di utilizzare
strumentalmente questa affermazione del Governo. Riteniamo invece che sia
essenziale far chiarezza per garantire il corretto equilibrio tra tutela della
riservatezza e libera circolazione delle informazioni. Perché a questo punto un
po' di luce è necessaria per mostrare quello che sotto le oscure forme di
questa legge sta ancora, drammaticamente, nascosto: non è sui tecnicismi che si
edifica la riservatezza. Noi, seguendo l'esperienza straniera e sposando la
causa della "cultura aziendale della riservatezza", abbiamo
individuato alcuni strumenti utili per contemperare le esigenze delle imprese
con i diritti dei cittadini, in un equo contemperamento di interessi: liste di
cancellazione centralizzate e codice di autodisciplina sono, a nostro avviso, la
vera soluzione al problema dell'uso equilibrato dei dati personali per le
finalità di direct marketing. Ora è essenziale che il cammino finora percorso
con cautela e senso di realtà dal Garante, e ci permetta di dirlo, da AIDiM,
sbocchi verso mete concrete.
Per questo auspichiamo che il suo Ufficio non
lasci cadere nel limbo delle "interpretazioni contrastanti" le
affermazioni del Governo e indichi la strada da percorrere con decisione e piena
consapevolezza. Sia chiaro: noi non vogliamo avviare un dibattito sul consenso
implicito, utilizzando strumentalmente le dichiarazioni di un Sottosegretario di
Stato in un'aula parlamentare. Noi vogliamo andare alla sostanza delle cose. E
trovare soluzioni concrete. Crediamo che la vera partita della tutela della
riservatezza, per lo meno nel settore del direct marketing, si giochi tutta sul
terreno dell'informativa e non della forma di manifestazione del consenso. Al
Suo Ufficio chiediamo di prendere posizione su questo punto e di assumere
autorevolmente il ruolo di controllo che compete ad un'Autorità Indipendente
nel dialogo che, ai sensi della nuova legge delega per la correzione e l'integrazione
della legge n. 675/1996, si avvierà tra il Governo e le Commissioni
Parlamentari.
Noi, nella nostra funzione di Associazione
rappresentativa del Direct Marketing Italiano, ci attendiamo di essere coinvolti
in questo dialogo per poter rappresentare con piena dignità il nostro punto di
vista e prospettare i reali problemi legati alle modalità di utilizzo dei dati
personali da parte degli operatori di questo strumento di comunicazione.
Per questo Le diciamo, con rispettosa franchezza,
che se non si darà corso rapidamente, anche con l'autorevole sostegno del
Garante, a quei meccanismi che all'Estero già da tempo tutelano, con equo
contemperamento degli interessi in gioco, i dati personali dei consumatori, il
mercato - pressato dall'esigenza primaria di rispettare le sue dure leggi - si
sentirà autorizzato a ridare cittadinanza al consenso implicito. E questa legge
diventerà per tutti (per i cittadini e per le imprese) una bella occasione
perduta.
Attendiamo una risposta chiara e confidiamo che
il buon senso di tutti prevalga sugli interessi particolari.
Con stima
AIDiM - Associazione Italiana per il
Direct Marketing
Marco Maglio - Presidente Commissione Giuridica
Mirko Planta - Consigliere Delegato
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