Osservazioni su "Non c'è
privacy senza sicurezza"
di ALCEI (Associazione per la Comunicazione
Elettronica Interattiva) - 20.06.95
L'intervento del professor
Guido M. Rey, presidente dell'Autorità per l'Informatica
nella Pubblica Amministrazione, induce (prima ancora di
arrivare al fatto specifico) ad alcune osservazioni
generali.
Prima di parlare di leggi, norme e loro applicazioni, ci
sembra necessario guardare in faccia le realtà.
L'Italia, teorica "patria del diritto", è
ivece afflitta da una smisurata pletora di leggi, norme,
regole, spesso in conflitto fra loro, spesso portatrici
di effetti diversi, o addirittura contrari, rispetto ai
principi cui dovevano essere ispirate.
Da ciò nasce una legittima attenzione (per non dire
sospetto) nei confronti di ogni regola che si voglia
introdurre; ed una doverosa sorveglianza per evitare, se
possibile, che regole ed isituti regolatori si
trasformino in un'ennesima sovrastruttura burocratica, in
un'ulteriore forma di oppressione, in un limite alla
libertà di azione e di iniziativa dei cittadini.
Già ALCEI ha espresso (e
conferma) la preoccupazione, riguardo al disegno di legge
sulla tutela dei dati personali. Non per la sostanza
della legge, sulla quale confermiamo il nostro accordo;
ma sulla struttura dell'istituzione "garante",
che potrebbe facilmente rivelarsi non un'agenzia autonoma
di garanzia dei diritti, come è nelle intenzioni della
Comunità Europea, ma un'ennesima sovrastruttura più
impegnata ad affermare un proprio potere burocratico che
a proteggere i diritti dei cittadini: e perciò tanto
meno efficace nel difendere i diritti quanto più intenta
a catalogare, con inutili quanto ingombranti formalismi,
informazioni estranee al tema ed inutili all'applicazione
della legge.
Non si possono certo considerare infondate queste cautele
se si osservano la storia e la realtà attuale di molte
presunte istituzioni di "garanzia" nel nostro
Paese. In questo quadro appare assai poco accettabile
l'ipotesi che un tale istituto (di per sè poco
desiderabile se non concepito con criteri assai diversi
da quelli abituali in Italia) vada ad incorporarsi con un
altro già esistente, che ha natura e funzioni assai
diverse.
Più specificamente: Non si vede per quale motivo i
criteri adottati per la sicurezza dei dati nella Pubblica
Amministrazione (dato e non concesso che siano corretti
ed efficienti in quella sede) debbano essere adottati
anche dai privati o, peggio ancora, imposti: nè, in
generale, perché ognuno non debba essere libero di
adottare i metodi di sicurezza che ritiene più adatti
alle sue esigenze.
Secondo le norme
esistenti, esiste un obbligo di utilizzo di particolari
metodi e prodotti approvati sall'AIPA per quelle
attività che entrano in relazione con la Pubblica
Amministrazione; se la legittimità di una tale
imposizione è comunque discutibile, è in ogni caso da
escludersi che analoghe costrizioni possano esser
applicabili alle attività private.
Non si vede quali basi possa avere l'affermazione che
"il carattere della sicurezza non è qualcosa che si
aggiunge ab extra al dato informatico ma lo caratterizza
intimamente, fino a connotare la sua stessa
essenza". I dati sono dati: alcuni, per loro natura,
richiedono sicurezza (che siano informatici o non); altri
no. In ogni caso, se e come proteggere un dato può
essere soltanto una libera scelta di chi lo possiede, non
certo un'imposizione di un organismo esterno, pubblico o
privato.
Non si vede come l'AIPA
possa arrogarsi il diritto di essere "la sola
competente in materia di sicurezza informatica". Se
ciò può essere vero nell'ambito della pubblica
amministrazione, non lo è certo nel settore privato - e
sarebbe mostruoso se lo fosse.
Quanto alla vantata competenza tecnica... appare
incredibile che chiunque, sia un ente pubblico o privato,
possa erigersi ad unico giudice ed esperto in una materia
così complessa ed in continua evoluzione. Insomma, è
difficile liberarsi dal sospetto che posizioni come
queste rivelino il desiderio di interferire in funzioni
estranee alla propria competenza; e comunque di creare
per qualcuno, o qualcosa, un'estesa quanto arbitraria
area di potere.
Ipotesi di questo genere
non possono non rinforzare i sospetti e le cautele verso
tutte le norme che vanno a toccare una materia nuova e
complessa come questa, dove esistono fenomeni diffusi di
cattiva informazione e costanti rischi di repressione
della libertà dei cittadini.
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