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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Opt-out: il galateo invertito dello spam builder
di Andrea Monti - 19.07.01

Il mailing e lo "e-mailing" - cioè il modo politically correct di definire lo spam - sono senza dubbio quanto di più fastidioso, irritante e maleducato si possa immaginare. Spesso - specie nei momenti meno opportuni - ci troviamo a dover scaricare mail con attach elefantiaci, in formato HTML e con qualche diavolo di script che fa bloccare il computer.
Il tutto, perché qualche "comunicatore" incontinente compulsivo ha pensato bene di notiziarci dell'esistenza di questo o quel prodotto "indispensabile" per il nostro destino di vittima sacrificale sull'altare del consumo a tutti i costi.

Il "galateo invertito" dello spam-builder è molto articolato e fantasioso. Per convicersene basta leggere le "scuse" con le quali professionisti della comunicazione cercano di giustificare quella che in definitiva è una rottura di scatole bella e buona. Oppure le altrettanto fantasiose interpretazioni della legge sui dati personali, stracciata e ricucita in modo tale da farle dire quello che non stava scritto da nessuna parte. Vedi ad esempio i tentativi di configurare il "consenso implicito" nella raccolta e nel trattamento dei dati. Vale a dire il criterio secondo il quale i dati vengono comunque trattati, a meno che l'interessato non si sia esplicitamente dichiarato contrario. Cioè una sorta di opt-out in pectore e dunque - uno dei pochi pregi di questa legge - vietato dalla 675/96 oltre che dalla direttiva europea 95/46.

Il fatto nuovo sta nella notizia secondo la quale importanti organismi europei si sono espressi a favore di un cambio di rotta pro opt-out (sospetto anche per la massiccia operazione di direct marketing delle lobby di settore). Si tratta di una scelta discutibile sotto il profilo etico e pericolosa sotto quello della tutela dei consumatori.
Si, perché sotto il cappello dell'opt-out ci sono comprese molte e diverse "personalità". C'è lo spammatore dell'Idaho, che, novella Primula Rossa, cambia account di continuo e inonda la rete di messaggi promozionali destinati solo a finire in /dev/null (o nel cestino, per chi usa Windows). Ma c'è anche il Signor Spam che, sotto spoglie rispettabilissime, altro non fa che raccogliere ossessivamente qualsiasi dato personale gli capiti a tiro, ora con la promessa di quel gadget, ora con l'offerta di qualche misero sconto. Sognando un mondo popolato da marionette classificate in un database.

Dalla Primula Rossa dell'Idaho non ci si può difendere. Troppo rapido, anonimo e, tutto sommato, inoffensivo. Nei suoi confronti non si pone nemmeno il problema di chiedere di farsi cancellare da una lista. figuriamoci.
Da Mr. Spam, invece, difendersi è obbligatorio. E persino un'arma spuntata come l'opt-in della legge sui dati personali, è meglio della totale vulnerabilità alla quale saremmo esposti se venisse legalizzato l'opt-out.
Si perché l'opt-out è già ampiamente diffuso e praticato anche in Italia (per inciso: provate a chiedere di essere cancellati da una lista di "società serie" e poi ne riparliamo), ma nessuno è disposto ad ammetterlo. Almeno fino a quando l'attività non verrà "messa in regola".