Decreto legislativo 196/03: l'internet non è una rete
di Andrea Monti* – 23.10.03L’applicazione del DLgv 196/03, già resa complessa dalla mole del testo
normativo, potrebbe incontrare ulteriori problemi concreti per via dello scarso
rigore definitorio adottato dal legislatore.
Un esempio è l’art. 4 c.2 lett. c) che definisce "reti di
comunicazione elettronica"
i sistemi di trasmissione, le apparecchiature di commutazione o di
instradamento e altre risorse che consentono di trasmettere segnali via cavo,
via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, incluse
le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse a commutazione di circuito
e a commutazione di pacchetto, compresa Internet, le reti utilizzate per la
diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il
trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui sono utilizzati per
trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo
di informazione trasportato.
La definizione è particolarmente ampia tanto da ricomprendere elementi
tecnicamente attestati su livelli diversi e che sembra difficile poter
equiparare in termini normativi. Così vengono messi sullo stesso piano gli
apparati di trasmissione, le apparecchiature di commutazione o instradamento
e le infrastrutture. Queste ultime distinte ancora in "sistemi di
trasmissione" e "reti" tout-court. Inoltre, nell’elenco
delle reti oggetto di attenzione legislativa viene inclusa - con seria
perplessità dell’interprete - anche l’internet (anzi "Internet"
con la maiuscola).
Sembra di capire che infatti, secondo il legislatore, "Internet"
sarebbe un mezzo di trasmissione analogo a reti a commutazione di circuito o di
pacchetto e al resto del composito panorama tecnologico che caratterizza i
servizi della società dell’informazione. Se così fosse - ma non c’è
altra interpretazione della norma - saremmo di fronte a un errore concettuale
molto serio, se si considera che l’internet non è una rete fisica ma un
protocollo (meglio, una suite di protocolli). E che in quanto tale può essere
utilizzato su una pluralità di reti tecnologicamente diverse.
Per rendersene conto basta pensare che è possibile accedere a risorse IP
dalla linea telefonica (rete commutata), via satellite, via GSM o GPRS, Wi-FI,
ecc. Diverse le reti, identico il protocollo.
Come è noto, infatti, i sistemi e protocolli di rete sono descritti in una
tabella denominata "TCP/IP Stack" nella quale ciascun elemento ha una
posizione e una funzione. Al livello link vengono gestite le comunicazioni
primarie con l’hardware. A quello di rete vengono invece assunte le decisioni
sulla destinazione dei dati senza però garantire alcuna effettiva
"consegna" degli stessi, compito assegnato al livello di trasporto. L’ultimo
livello, applicazione, è quello con il quale di regola l’utente interagisce
con la rete grazie, appunto, ai protocolli http, FTP ecc. La tabella (parziale)
che segue riassume, semplificando, il tutto:
Applicazione |
Telnet, http, FTP |
Trasporto |
TCP, UDP |
Rete |
IP, ICMP, IGMP |
Link |
Interfaccia di rete |
Decidendo di ignorare il funzionamento tecnico di una rete il legislatore ha
normato allo stesso modo le regole per la trasmissione di un dato (protocollo) e
lo strumento fisico che veicola i dati secondo le indicazioni del protocollo
(sistema di trasmissione), creando un’ambiguità che sarebbe stato preferibile
e possibile evitare.
Insomma, se, almeno in diritto, non è vero che il mezzo è il messaggio, a
maggior ragione il messaggio non può essere il mezzo.
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