Considerazioni sul ddl sulla
protezione dei dati personali
di Giovanni Buttarelli(*) - 27.06.95
Premessa
Se esistesse un'imposta a carico di chi diffonde tesi o
interpretazioni prive di ogni fondamento, le finanze
dello Stato avrebbero tratto ampio beneficio da alcuni
commenti che al di fuori di questo Forum hanno
vivacizzato il dibattito sulla tutela della riservatezza
negli ultimi due anni, e che hanno alimentato una
"sindrome della privacy" di segno opposto a
quella (a tutti nota) del "pesce rosso" che si
sente esposto da ogni lato alla propria intimità.
Da un lato, verrebbe la voglia di selezionare questi
commenti per assegnare una "Palma della
stravaganza". Dall'altro, suscita amarezza il
constatare che c'è un divario netto tra alcune polemiche
e il contesto normativo comunitario ed internazionale (in
certi casi, anche quello nazionale), che taluni
trascurano o ridimensionano per dare efficacia al proprio
punto di vista.
L'utente telematico è spesso perplesso e diffidente, e
fa fatica a distinguere le analisi corrette dal
"rumore interpretativo".
Il tempo sarà galantuomo, e l'approvazione della legge
in discussione alle Camere farà progredire il dibattito
in vista della disciplina complementare che seguirà la
legge stessa.
Nel frattempo, non resta che ribadire che la legge sulla
privacy informatica non è il frutto di una visione di
retroguardia, ma un fattore di spinta della Società
dell'informazione.
2 - Quale legge
Per la prima volta da quando è stata messa allo studio
una disciplina sulla riservatezza e le banche dati
(alludo a quando, nel 1975, è stato istituito un
apposito Comitato presso il Ministero di grazia e
giustizia), è emersa una volontà politica ferma per
approvare una legge organica senza ulteriori ritardi.
Il nuovo d.d.l. sulla "Tutela delle persone rispetto
al trattamento dei dati personali" è stato
presentato alla Camera dei deputati il 19 gennaio 1995,
dove è in avanzato stadio di discussione.
L'iniziativa mira ad una legge di garanzia dei diritti
della persona, e riconosce sul piano legislativo sia la
libertà dall'informatica che la libertà dell'uso
dell'informatica; delimita al massimo i meccanismi
autorizzatori, e sposta l'accento della tutela più sulla
qualità dei dati che sul consenso (il quale non
necessita se ricorre uno qualsiasi dei diversi
presupposti equipollenti previsti dal d.d.l.).
Il provvedimento è stato accolto con favore da chi
invoca da anni una tutela organica della privacy e
dell'identità personale.
Nel rispetto del regolamento della Camera, il disegno è
stato frazionato in due atti, destinati ad essere
approvati l'uno dalla Commissione giustizia (il 1901-bis,
che contiene la futura legge sulla protezione dei dati)
e, l'altro, dall'Assemblea (il 1901-ter, che reca alcuni
princìpi di delega per una disciplina complementare
divisa per settori).
Le amministrazioni pubbliche hanno fatto passi da gigante
(specie quelle che curano gli interessi più delicati
dello Stato) nell'acquisire la consapevolezza che occorre
assicurare alle persone un livello elevato di tutela.
Un processo analogo è maturato anche in alcune
organizzazioni private; altre, invece, hanno preferito
insistere su richieste impraticabili e, dissotterrando
ancora una volta l'"ascia di guerra", hanno
perduto un'ulteriore occasione per contribuire
costruttivamente al varo di una disciplina di tutela dei
diritti fondamentali della personalità che dovrebbe
essere sentita come propria da ciascuno, senza
distinzioni di sorta.
Le riserve di queste organizzazioni sono state valutate
attentamente sin dal 1982, ma non sono state condivise
nè dai governi che da allora hanno presentato o messo
allo studio alcuni progetti, nè, nella scorsa
legislatura, dalla Camera dei deputati.
Nonostante ciò, per venire incontro alle preoccupazioni
che le sorreggono, il precedente Governo ha attenuato
sensibilmente il rigore di alcune disposizioni del testo
approvato dalla Camera nel 1993: il livello di tutela
delle persone è rimasto immutato, ma è stato tradotto
in termini meno burocratici.
Anche in presenza di questa "apertura", la
polemica è continuata e si è fatta anzi più aspra,
probabilmente perchè si è compreso che la legge, questa
volta, vedrà la luce.
Le prime valutazioni operate dal Parlamento (e lo stesso
Convegno di Roma del 30 maggio u.s.) dimostrano che il
disegno di legge n. 1901-bis non è eccessivamente
sbilanciato nel proteggere la riservatezza: il 1 giugno
1995, la Commissione giustizia ha adottato un primo
testo-base che conferma le proposte del Governo e,
semmai, rafforza la tutela della privacy (tale testo
ipotizza, ad esempio, che i dati cartacei siano soggetti
alla legge anche quando non siano inseriti in una
banca-dati simile a quella automatizzata, come prevedono,
invece, la direttiva comunitaria e il d.d.l. n.
1901-bis).
Se l'Italia avesse approvato una legge negli anni '80, il
Parlamento avrebbe avuto una discreta autonomia
nell'assumere le proprie determinazioni. Ora, invece, le
Camere si trovano a svolgere una funzione sostanzialmente
notarile di quanto è maturato a Bruxelles tra i 15 paesi
dell'Unione europea: piaccia o non piaccia, però, la
privacy va disciplinata in chiave comunitaria, e molti
suggerimenti avanzati anche in dottrina non possono
essere tenuti in alcuna considerazione.
3 - I b.b.s.
Cosa ha da temere l'utente telematico dalla nuova legge ?
Nulla: dietro la tutela della privacy non è in
preparazione nè un "giro di vite digitale",
nè un irrigidimento inconsapevole o non voluto degli
spazi di libertà informatica.
Pur assicurando un livello elevato di tutela, la legge
rappresenterà lo strumento meno oneroso e più
"leggero" di quelli in vigore negli altri
tredici paesi dell'Unione europea (come pure dello schema
di disegno di legge in preparazione in Grecia), a
dimostrazione che un livello alto di tutela dei diritti
inviolabili della personalità non presuppone,
necessariamente, una burocrazia della protezione dei
dati.
Ogni punto di vista è legittimo, ma è francamente
difficile comprendere come possa penalizzare la libertà
informatica una legge che, oltre ad essere conforme alla
direttiva comunitaria SYN 287 che è in fase di
definitiva approvazione (contrariamente a quanto
affermato), scaturisce da un'analisi comparata delle
leggi dei paesi comunitari e limitrofi (Norvegia,
Svizzera, Islanda), nei quali la data protection non ha
portato certo a mortificare la telematica e lo sviluppo
delle reti.
Il vertice G-7 di
Bruxelles del 25/26 febbraio u.s. ha chiarito
definitivamente che il rafforzamento delle regole di
tutela della privacy è una condizione essenziale per lo
sviluppo della Società dell'informazione: in estrema
sintesi, non è la protezione della riservatezza ad
essere obsoleta rispetto all'informatica, ma è la
mancanza di una policy di tutela a porsi come un fattore
di freno. E questa conclusione, si badi bene, è il
portato della posizione dei paesi più industrializzati,
nei quali il tasso di diffusione delle tecnologie è più
elevato di quello italiano.
Il timore che la tutela della riservatezza penalizzi il
mondo dei b.b.s., disciplinandolo burocraticamente in
ogni dettaglio, è infondato.
La legge sulla protezione dei dati non sarà, anzitutto,
una legge sui b.b.s.: tali sistemi, però, veicolano dei
dati personali e saranno presi in considerazione,
pertanto, per verificare quali princìpi della nuova
legge necessitano di alcuni adattamenti, potendo
altrimenti rimanere incerto chi sia il
"titolare" del trattamento dei dati o chi
risponda dei danni, ecc.
Il profilo dei b.b.s., dunque, verrà esaminato in
dettaglio solo in seconda battuta: dopo l'approvazione
del d.d.l. n. 1901-ter, il Governo dovrà predisporre un
decreto delegato e sottoporlo, prima della sua
emanazione, al parere del Parlamento (il che è dubbio
che possa avvenire prima della fine del 1996).
Vi è tutto il tempo, quindi, per proseguire il dibattito
in termini sereni e, soprattutto, costruttivi, sgombrando
il campo da pregiudizi e sospetti.
Entrando più in dettaglio, va aggiunto che il d.d.l. n.
1901-ter stabilisce che il Governo emani (entro diciotto
mesi dalla data di entrata in vigore della legge) alcune
disposizioni correttive ed integrative della legislazione
in materia di protezione dei dati, volte a disciplinare,
tra l'altro, "le modalità applicative della
legislazione in materia di protezione dei dati ai nuovi
mezzi di comunicazione ed informazione per via
telematica, anche al fine di salvaguardare il diritto
all'informazione e i diritti degli utenti, e di
individuare i compiti del gestore in rapporto ai servizi
aperti al pubblico o riservati alla corrispondenza
privata, e alle connessioni con sistemi sviluppati su
base internazionale."
Si potrebbe pensare che il Governo in funzione di
legislatore possa fare tutto e niente.
In realtà, l'elasticità del criterio di delega è
accettabile, specie se la si rapporta alla legislazione
degli ultimi anni; si è voluto evitare che un certo
aspetto che può emergere solo nel corso dei lavori
preparatori del decreto delegato non possa essere
disciplinato per la ristrettezza del "mandato"
parlamentare, benchè necessario.
Pur essendo flessibile, la formula reca o va collegata ad
alcuni "paletti" che tutelano sia l'utente che
il gestore.
L'utente telematico può quindi confidare su alcuni
presupposti che costituiscono la sua "polizza di
assicurazione":
a) la nuova disciplina
dovrà essere strettamente omogenea su base comunitaria;
negli altri paesi europei non si è registrata alcuna
contrazione della libertà telematica;
b) la legge recherà già
alcuni princìpi di tutela dell'utente, ed essi non
potranno essere offuscati dal decreto delegato;
c) la nuova legge offrirà
la possibilità di dar vita "dal basso" ad uno
o più codici di autoregolamentazione che potrebbero
rendere superflua una disciplina legislativa dettagliata,
semprechè siano sottoscritti da un arco rappresentativo
di soggetti;
d) la legge sui computer
crimes ha riformulato già il concetto di corrispondenza
valido agli effetti penalistici, considerando tale anche
la corrispondenza informatica e telematica; questo fa
scattare già oggi la protezione che il codice penale
prefigura allorchè rende illeciti i fatti di abusiva
cognizione, rivelazione, intercettazione, ecc.;
e) il 7 febbraio 1995, il
Consiglio d'Europa ha varato un'importante (N.R. (95) 4,
"Raccomandazione sulla protezione dei dati personali
nel campo dei servizi di telecomunicazione, con
riferimento specifico ai servizi telefonici").
L'Italia dovrà attuarla assieme alle altre citate nel
d.d.l. n. 1901-ter. Questa nuova raccomandazione fissa
regole precise che garantiscono gli utenti contro le
interferenze abusive nelle comunicazioni da parte delle
autorità pubbliche, dei gestori di rete e dei fornitori
di servizi; delimita l'uso che può essere fatto dei dati
forniti al gestore nonchè delle liste degli abbonati;
richiama alcune regole in materia di direct marketing ed
indica altre importanti garanzie che si applicano
soprattutto alla telefonia;
f) la Corte costituzionale
ha affermato a chiare lettere che la tutela della
libertà e della segretezza della corrispondenza non
riguarda solo il contenuto delle conversazioni ma attiene
anche ai dati "esteriori" utili alla loro
individuazione (e cioè ai dati concernenti gli autori
della comunicazione nonchè il tempo e il luogo della
stessa: la Corte ha esaminato un caso nel quale un
pubblico ministero aveva acquisito un tabulato sul
traffico telefonico in difetto dei presupposti previsti
dal codice di procedura penale per le intercettazioni
telefoniche);
h) un'ulteriore
raccomandazione del Consiglio d'Europa ha sancito alcune
garanzie per garantire la riservatezza degli utenti delle
banche dati di informatica giuridica, in particolare per
quanto riguarda la rivelazione a terzi del genere di
interrogazioni effettuate dagli utenti stessi;
i) l'imminente
direttiva-quadro sulla tutela dei dati personali rende
chiaro, vincolando il legislatore nazionale, che per i
messaggi contenenti dati personali trasmessi tramite un
servizio di telecomunicazioni o di posta elettronica
dovrà essere considerato, di norma, "responsabile
del trattamento dei dati personali contenuti nel
messaggio la persona che lo ha emanato e non la persona
che presta il servizio di trasmissione" (il quale,
viceversa, sarà considerato responsabile del trattamento
dei dati personali suppplementari necessari per il
funzionamento del servizio). Il "messaggio"
comunitario riguarda, ovviamente, anche i messaggi nelle
aree pubbliche.
4 - L'anonimato
E' prevedibile che il futuro decreto delegato affronti la
tematica del ricorso all'anonimato nell'ambito dei
sistemi amatoriali di telecomunicazione, profilo che è
preso in esame anche dalla citata Raccomandazione N. R
(95) 4, nonchè dalla proposta di direttiva dell'Unione
europea SYN 288 sulla protezione dei dati personali nel
settore delle telecomunicazioni.
In proposito, si dovrà ricercare un punto di equilibrio.
Una soluzione ragionevole potrebbe essere quella
rappresentata autorevolmente nel convegno di Roma del 30
maggio (in cui è stato rilevato che la piazza telematica
è una "formazione sociale" nella quale si
svolge la personalità dell'uomo: art. 2 Cost.), nel
quale è stata prospettata l'esigenza di garantire
l'anonimato fatta salva la possibilità di risalire, per
precise ragioni, all'identità dell'utente (S. Rodotà).
5 - La crittografia
L'ordinamento vigente non ne vieta l'utilizzo e reca,
anzi, dei segnali normativi che denotano la legittimità
del suo impiego (v., ad es., l'art. 10 del d.P.R. n. 313
del 1992 sul servizio telex, che autorizza lo scambio di
corrispondenza anche in linguaggio criptografico, previa
comunicazione all'Amministrazione delle poste e delle
telecomunicazioni).
La nuova legge sul trattamento dei dati personali
porterà, poi, all'emanazione di alcuni regolamenti che
prevederanno le misure minime di sicurezza dei dati da
attuare obbligatoriamente, e tra queste è prevedibile
che vi sia anche la crittografia.
Certamente, anche in questo caso, occorrerà ricercare un
bilanciamento ragionevole tra l'esigenza di proteggere i
dati in maniera adeguata e l'interesse dello Stato a
prendere cognizione, in presenza di determinati gravi
reati, del contenuto delle comunicazioni.
Questo bilanciamento dovrà essere ricercato in una
chiave rigorosamente rispettosa del quadro
costituzionale, atteso anche che la libertà e la
segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di
comunicazione (art. 15 Cost.) comprende, con ogni
probabilità, la libertà di scelta della forma della
comunicazione: occorrerà, quindi, una norma di rango
primario.
Appare centrale, peraltro,
la dimensione transnazionale del problema, che sfuggiva
ad una disposizione, non ben meditata, inserita in un
d.d.l. del 1992, con il quale si era ipotizzato l'obbligo
per i produttori e gli importatori di apparecchiature
criptofoniche ovvero per la codificazione,
decodificazione ecc. di comunicazioni telefoniche o di
altre forme di telecomunicazione di depositare i dati
essenziali alla decodificazione delle comunicazioni (a
tale norma seguivano altre regole sull'utilizzo di
apparecchiature prive di un prescritto contrassegno: il
d.d.l. non è stato discusso in Parlamento ed è
decaduto).
Dovrà essere operato, poi, un coordinamento con la
recentissima Raccomandazione del Consiglio dell'Unione
europea nella quale si è riaffermata l'esigenza di una
strategia concertata, in particolare per il
riconoscimento reciproco delle certificazioni di
sicurezza, e si è auspicata l'adozione temporanea di
alcuni criteri di valutazione della sicurezza delle
tecnologie dell'informazione (ITSEC) nell'ambito delle
procedure di valutazione e certificazione.
Analogo coordinamento dovrà essere ricercato con la
disciplina vigente in Italia sull'esportazione dei
materiali di armamento o ad alta tecnologia, nonchè con
le altre iniziative comunitarie in atto (INFOSEC, e mutuo
riconoscimento dei sistemi di crittografia: la proposta
modificata di direttiva comunitaria SYN 288 sulla
protezione dei dati personali nel settore delle
telecomunicazioni, prevede all'art. 4 che, quando il
rischio di violazione della sicurezza della rete sia
particolarmente elevato, come nel campo della
radiotelefonia mobile, l'ente di telecomunicazione debba
informare gli abbonati offrendo loro sistemi di crittazione).
Se questo è il quadro di
garanzie nel quale si innesterà la futura disciplina,
viene da chiedersi se non si possa guardare con maggiore
fiducia ad una protezione dei dati che si limita a
tutelare la privacy dell'utente e a chiarire
positivamente i compiti del gestore, senza penalizzare le
attività dell'uno e dell'altro: è questa la dichiarata
e inequivoca intenzione del legislatore.
6 - Brevi note
conclusive
a) la privacy e l'Accordo di Schengen.
Nella recente audizione del Governo alla Commissione
affari esteri della Camera dei deputati, il Governo ha
ribadito un punto peraltro pacifico, e cioè che la
ratifica dell'Accordo di Schengen non potrà divenire
efficace prima dell'entrata in vigore della nuova legge
sul trattamento dei dati personali.
Ognuno è libero di ritenere che il Governo stia
mentendo, di fatto, al Parlamento e all'opinione
pubblica.
Tuttavia, un'analisi più accurata renderebbe chiaro che
la legge 1 aprile 1981, n. 121 sulla Polizia di Stato,
nella versione vigente, non soddisfa ai requisiti della
Convenzione di Strasburgo sulla tutela dei dati personali
e della Raccomandazione N.R (87) 15 del Consiglio
d'Europa (richiamate dalla Convenzione di applicazione
dell'Accordo di Schengen e dalle dichiarazioni solenni
fatte dal Governo italiano e apposte in calce alla
Convenzione stessa).
La legge sui dati personali riscrive, in quest'ottica,
l'art. 10 della legge n. 121 (v. art. 32 d.d.l. n.
1901-bis), ed applica ai trattamenti effettuati in
applicazione della Convenzione di applicazione
dell'Accordo di Schengen le norme sulla qualità dei dati
e sulla sicurezza che attuano la Convenzione di
Strasburgo (oltre alle norme del d.d.l. sui c.d. profili
automatizzati della personalità, sul risarcimento dei
danni e sul controllo da parte del Garante); rinvia, poi,
ad un decreto delegato l'attuazione della citata
Raccomandazione, e prevede infine che gli altri princìpi
della nuova legge siano estesi alle banche dati di
polizia con i dovuti adattamenti da ricercare con il
medesimo decreto delegato;
b) condivido la
prospettiva di giungere ad un codice deontologico per i
b.b.s., ma trovo che sia opportuno raccordarlo meglio
alla nuova legge differendone, se del caso, la
preparazione; per parte mia, mi riservo di formulare
alcuni suggerimenti;
c) trovo impraticabile,
anche sul piano costituzionale, la prospettiva di
legittimare il sysop a intromettersi indifferenziatamente
nella e-mail; certamente l'utente può disporre del
proprio diritto alla segretezza della corrispondenza, ma
un'accordo tra tutti i gestori che portasse questi ultimi
ad imporre agli utenti, di fatto,
un'"abdicazione" alla segretezza della e-mail,
non potrebbe avere un seguito efficace dal punto di vista
giuridico.
(*) Magistrato addetto
all'Ufficio legislativo del Ministero di Grazia e
Giustizia
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