Il filtro antivirus migliora
l'efficienza dei provider
di Corrado Giustozzi - 20.12.01
Gli articoli del 30 novembre e del 6
dicembre sui virus ed i worm hanno suscitato un gran numero di reazioni,
segno evidente che il problema è molto sentito. In generale, inoltre, tutti i commenti
sono stati concordi con la tesi sostenuta nell'articolo, ritenendo dunque che
i provider dovrebbero adottare, come politica di servizio verso la propria
clientela, il controllo sistematico delle mail smistate dai propri server. Gli
interventi pubblicati, di un utente finale e due piccoli ISP, sono sintomatici
di come da entrambi i lati della barricata vi sia convergenza sulla
disponibilità, rispettivamente, ad acquistare e vendere un servizio a pagamento
di controllo delle mail contro virus e worm.
Ciò ovviamente non esime l'utente finale dall'effettuare per proprio
contro un ulteriore controllo sulla propria mail: due antivirus vedono senz'altro
meglio di uno, e d'altronde siamo tutti abituati ad inserire l'antifurto all'auto
anche quando la lasciamo in un parcheggio custodito. In certi casi, come dicono
gli americani, è meglio mettersi la cintura e le bretelle! In effetti è
proprio l'accoppiata di due controlli differenti, effettuati sui due distinti
punti nevralgici del percorso della mail (ossia il centro di smistamento e il
suo punto di arrivo o di partenza) ad offrire la massima efficacia preventiva:
spezzando il prima possibile la reazione a catena che si innesca quando una
vittima inizia a bombardare di mail infette tutti i suoi corrispondenti, si
diminuisce drasticamente il successivo "effetto valanga" rallentando
la diffusione stessa dell'infestazione. Se tutti gli ISP e tutti gli utenti
adottassero dei buoni antivirus la Rete reagirebbe molto meglio durante i
momenti parossistici di propagazione di un worm.
Va sottolineato comunque che il senso del controllo centralizzato della mail
da parte dell'ISP non è solo nell'offrire sicurezza ai propri
clienti ma anche, soprattutto, nell'offrire loro efficienza: ossia
mailbox meno intasate, linee più libere, server più scarichi. Il che si
traduce direttamente in tempi di download più contenuti e bollette telefoniche
più leggere. Il volume di byte inutili che viaggiano quotidianamente sulle
nostre reti per colpa dei worm sta infatti crescendo costantemente, e basta che
fra le nostre mail ce ne siano un paio che contengano un worm da 250 Kbyte
perché il tempo necessario per scaricare la posta dal mail server salga dall'ordine
dei secondi all'ordine dei minuti o più. Bloccando proprio nei gangli
centrali della Rete i messaggi contenenti i worm non solo si diminuisce la
possibilità che i destinatari cadano vittime dell'infezione ma, soprattutto,
si stronca un flusso di byte inutile e dannoso, a tutto vantaggio della maggiore
utilizzabilità della Rete stessa da parte dell'intera comunità.
È vero quindi che alla propria sicurezza ognuno farebbe bene a badare da
solo, senza delegarla agli altri; ma è vero anche che, in una situazione di
emergenza generalizzata, chiunque possa a qualsiasi titolo aiutare la comunità
ha il dovere di agire per il bene di tutti.
Accantonati, come pare ormai assodato, i falsi problemi legali, rimane
apparentemente un solo ostacolo affinché i provider si decidano ad attivare
questo benedetto controllo centralizzato: il costo dei sistemi antivirus.
Infatti, a parte il costo una tantum dei server e della necessaria
infrastruttura, già non trascurabile se il volume di mail gestito dal provider
è sostenuto, la voce di spesa maggiore rischia di essere il costo della licenza
annuale del software antivirus utilizzato, che generalmente è proporzionale al
numero di utenti o di messaggi trattati. Considerando l'effetto benefico che
un controllo centralizzato avrebbe sull'intera comunità, forse i produttori
di antivirus dovrebbero rivedere le loro tariffe almeno per gli ISP.
Comunque, stanti così le cose, un provider di grandi dimensioni rischia oggi
di dover spendere diverse decine di milioni all'anno per effettuare il
controllo, e chiaramente non può permettersi di farlo gratis. Farsi pagare
dagli abbonati non è un problema, come abbiamo visto anche dagli interventi
pubblicati, a patto che questi sappiano di stare ricevendo un servizio valido e
professionale. Ecco quindi il vero paradosso: i maggiori smistatori di posta,
quelli che più di tutti dovrebbero attivare i controlli, sono anche quelli che
offrono Internet gratuitamente e quindi non hanno alcun interesse a farlo. In
questa situazione, purtroppo, la Rete continuerà per molto tempo ancora a
rimanere sguarnita e vulnerabile; e lo sarà almeno fino a quando il mercato non
maturerà, orientando le proprie scelte verso quegli operatori caratterizzati
dalla cultura del servizio ed emarginando chi, invece, nelle proprie offerte non
tiene conto delle esigenze di una comunità qualitativamente e quantitativamente
in crescita, che va sempre più maturandosi e le cui aspettative sono ormai
sempre più orientate verso servizi, anche a pagamento, ma di tipo
professionale.
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