internazionale nella lotta alla criminalità
informatica, attraverso l'armonizzazione delle procedure ed il potenziamento
dell'assistenza giudiziaria in questi settori. Il Gruppo dei Garanti europei
si era già espresso in merito con un parere (n.4/2001, adottato il 22 marzo
2001 - v. Newsletter 16-29 aprile 2001 ) nel quale venivano evidenziati
alcuni problemi riguardo alla rispondenza del progetto ai principi di protezione
dati sanciti sia nella Convenzione del Consiglio d'Europa in materia di
protezione dei dati (108/1981), sia negli altri strumenti successivamente
adottati in questo settore. E' evidente, infatti, che le attività di
cooperazione internazionale comportano necessariamente lo scambio di dati
personali (dati sul traffico telefonico o telematico, registrazione di
comunicazioni, ecc.) non sempre connessi a forme di criminalità informatica.
Rispetto alle considerazioni sviluppate dai Garanti in quel documento, il
testo definitivo risulta aver recepito solo in parte le obiezioni e i
suggerimenti avanzati nell'ottica di una maggiore attenzione alle esigenze di
protezione dei dati personali. Un punto importante è rappresentato dall'inserimento,
nell'art. 15 della Convenzione, di un richiamo esplicito alla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (che prima era richiamata
soltanto nel Preambolo), il cui articolo 8 sancisce il diritto fondamentale al
rispetto della vita privata. Nell'articolo si fa obbligo agli Stati firmatari
di assoggettare l'applicazione delle misure di assistenza previste dalla
Convenzione alle norme di diritto interno; tali norme devono prevedere, in
particolare, condizioni e garanzie atte ad assicurare la tutela adeguata dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Nella versione precedente
dell'articolo, inoltre, non si faceva menzione del principio di
proporzionalità; nel testo definitivo si dice, invece, che il diritto interno
deve prevedere che le misure ed i provvedimenti adottati in base alla
Convenzione siano proporzionati rispetto alla natura ed alle circostanze del
reato - sempre, e non più solo "se del caso". L'invito dei
Garanti europei di introdurre specificazioni maggiori quanto ai criteri che
giustificano l'adozione delle misure previste per la lotta alla criminalità
informatica in termini di necessità, adeguatezza e proporzionalità è stato
dunque accolto.
Tuttavia, le altre osservazioni e raccomandazioni dei Garanti non hanno
ricevuto eguale attenzione. Ciò vale, in particolar modo, per le disposizioni
più specificamente riferite alla protezione dei dati personali. L'articolo 28
della Convenzione riguarda, ad esempio, le condizioni che uno Stato richiesto di
assistenza può porre al fine di fornire la documentazione o le informazioni
necessarie. Il Gruppo aveva richiesto che questa non fosse una possibilità, ma
un obbligo: nel testo definitivo è rimasta invece una formulazione non
precettiva ("la Parte richiesta può condizionare l'assistenza...").
Fra queste condizioni è compresa la necessità di mantenere
"riservate" le informazioni fornite; nessun riferimento esplicito è
fatto alla normativa in materia di protezione dati, come invece aveva chiesto il
Gruppo. L'articolo precedente (27, comma 4) elenca inoltre le condizioni alle
quali uno Stato può rifiutarsi di fornire assistenza, e fra tali condizioni è
compresa la possibilità che, dando corso alla richiesta, si rechi pregiudizio
"alla sovranità, alla sicurezza, all'ordine pubblico o ad altri
interessi fondamentali". E' una formula ampia, che già i Garanti avevano
criticato in quanto ambigua chiedendo di introdurre disposizioni specificamente
riferite alla protezione dei dati fra gli "altri interessi
fondamentali".
Come chiarito dalla Relazione illustrativa allegata alla Convenzione, la
disposizione va invece interpretata in senso restrittivo, e solo "in casi
eccezionali" è possibile rifiutare di prestare assistenza per motivi
legati alla protezione dei dati. "E' preclusa qualunque applicazione
ampia, categorica o sistematica dei principi di protezione dati quale
giustificazione del rifiuto di prestare cooperazione". La Relazione (che
non ha valore giuridico, ma fornisce parametri sull'interpretazione delle
norme convenzionali) dice chiaramente che non può costituire motivo di rifiuto
il fatto che le Parti interessate dispongano di sistemi diversi per la tutela
della privacy (ad esempio, l'assenza di un'autorità di garanzia specifica)
o di strumenti diversi di tutela (ad esempio, perché non è prevista la
cancellazione dei dati trasmessi una volta utilizzati). La Convenzione indica
piuttosto l'opportunità, per lo Stato dal quale devono essere trasferiti i
dati, di formulare condizioni specifiche ai fini del trasferimento, ma non di
rifiutarsi tout court.
Dunque, non è stato accolto l'invito ad inserire nel testo della
Convenzione un riferimento esplicito al livello di protezione che i singoli
Stati devono garantire a chi sia oggetto delle misure previste dalla Convenzione
stessa. Inoltre, per quanto riguarda l'altro punto sollevato dai Garanti,
ossia il problema della conservazione dei dati sul traffico, è rimasta
invariata la disposizione (articolo 16) che fa obbligo di conservare i dati
telematici (connessione, indirizzo web etc.) e di traffico per almeno 90 giorni,
in attesa di un'eventuale richiesta da parte di uno Stato firmatario della
Convenzione. Questa disposizione comporta un onere non indifferente per gli
operatori di Tlc, i fornitori di servizi Internet ed anche i privati.
E' vero che il Preambolo alla Convenzione contiene adesso un richiamo
esplicito alla Convenzione 108/1981 in materia di protezione dati, ma si tratta,
appunto, solo di un richiamo. I Garanti avevano chiesto, in realtà, che i Paesi
firmatari della Convenzione sulla criminalità informatica fossero invitati a
sottoscrivere anche la Convenzione n. 108/1981, in modo da garantire l'esistenza
di un denominatore comune quanto alle salvaguardie esistenti in materia di
privacy. Bisogna sottolineare, ancora una volta, che alla Convenzione sul
cybercrime possono aderire Stati non facenti parte del Consiglio d'Europa, e
dunque non vincolati al rispetto delle relative convenzioni e raccomandazioni
né, tanto meno, delle direttive elaborate a livello di UE anche sulla base dei
principi sanciti nella Convenzione 108/1981 sulla protezione dei dati personali.