Il 1. gennaio è entrato formalmente in vigore il nuovo “Codice di deontologia e di buona condotta per i
sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo,
affidabilità e puntualità nei pagamenti”.
Cosa si cela dietro questa dizione, tanto involuta da spingere l’interprete a
scappare via a gambe levate? Proverò il più sinteticamente possibile a
tracciare le linee-guida del documento, la cui fondamentale importanza nella
vita di tutti i giorni, impone un approfondimento a chiunque tenti di seguire il
magmatico progredire della disciplina sulla data protection.
Quando chiediamo il rilascio di una carta di credito, apriamo un conto
corrente, stipuliamo un contratto di mutuo o attiviamo un finanziamento, il
nostro interlocutore (la banca, l’intermediario finanziario eccetera) ha la
necessità di verificare la nostra affidabilità. E’ sostanzialmente con
questi scopi che sono nate le cosiddette centrali rischi, e cioè enormi banche
dati, strutturate in modo tale da fotografare la solvibilità di chi accede al
mondo del credito.
Accanto alle centrali rischi pubbliche (quella gestita dalla Banca d’Italia
per crediti superiori ad € 75.000 e/o per crediti in sofferenza, e quella
istituita con delibera CICR 03.05.99 per la rilevazione dei rischi di
importo contenuto), si sono sviluppate quelle private, fondate su accordi
associativi o regolamenti consortili, ed il cui funzionamento si basa su un
sinallagma molto semplice: una banca, ad esempio, si obbliga contrattualmente a
“nutrire” la banca dati con le notizie relative ai rapporti in essere,
acquisendo di contro il diritto a consultare la centrale rischi per la
preliminare verifica di affidabilità dei nuovi potenziali clienti.
Il fenomeno ha una portata amplissima: basta pensare alle ultime rilevazioni
relative ai prestiti personali che, sospinti dalla difficile congiuntura, hanno
subito nell’agosto 2004 un incremento pari al 58,4 % rispetto allo stesso mese
dell’anno precedente (fonte: Osservatorio Assofin sui crediti al consumo).
Ora è chiaro come in un ambito così delicato e di così estesa latitudine i
diritti di tutela della riservatezza sanciti dalla normativa sulla privacy
entrino in collisione diretta con gli altrettanto importanti interessi di
contenimento dei rischi legittimamente vantati da parte degli enti erogatori
(nelle varie forme) del credito. E questa dicotomia ha trovato ampio sfogo nel
corposo contenzioso sviluppatosi avanti al Garante per la protezione dei dati
personali.
E’ proprio su queste basi che nasce l’esigenza di una regolamentazione
organica del fenomeno che, a differenza delle centrali rischi pubbliche
(regolate dal “TU Banche”, delibere del Comitato interministeriale per il
credito e il risparmio - CICR - e circolari Bankitalia), difettavano di una
disciplina vincolante.
Da qui il primo intervento del Garante che, con il provvedimento 31.07.02
(reperibile a pag. 23 del Bollettino n. 30) ha fissato gli iniziali ed insormontabili
principi cui gli operatori del settore avrebbero dovuto conformarsi.
Già in quella sede, peraltro, l’Autorità rinviava alla successiva
approvazione di un codice deontologico la compiuta disciplina dell’attività
delle centrali rischi private.
Dopo una lunga gestazione, si è quindi arrivati alla approvazione della
versione definitiva del codice deontologico che diventa parte integrante dell’allegato
A al del DLgs 196/03, in ossequio a quanto previsto dall’art. 12 c. 2.
Rimando ad una attenta lettura del testo per la analitica individuazione
delle nuove regole, limitandomi qui ad alcuni brevissimi flash per fissare i
più importanti punti di riferimento:
1. il rispetto delle prescrizioni contenute nel codice deontologico è “condizione
essenziale per la liceità e correttezza del trattamento” (preambolo, punto
4). Non deve ingannare, dunque, il fatto che il documento costituisca l’esito
del lavoro svolto dalle contrapposte associazioni di categoria sotto la
supervisione del Garante: a norma dell’art. 12 del DLgs 196/03, infatti,
seppure il nuovo assetto promani da un ambito estraneo agli ordinari strumenti
normativi, le regole che ne costituiscono il frutto sono in tutto e per tutto
vincolanti per i soggetti coinvolti, tanto che (al pari degli altri codici
deontologici già emanati) la loro violazione comporta tutte le conseguenze
sanzionatorie previste dal codice della privacy;
2. la dizione di “centrali rischi private” è sostituita da quella di “sistemi
di informazioni creditizie”. La modifica non ha soltanto una portata…estetica
in quanto, secondo la innnovativa definizione contenuta nel codice deontologico,
a tali sistemi possono partecipare solo e soltanto i soggetti che siano parte di
un “rapporto di credito”, per tale intendendosi la concessione di credito
sotto forma di dilazione di pagamento, finanziamento o altra analoga
facilitazione finanziaria (art. 1 lett. a). Sono dunque formalmente esclusi
dalla possibilità di partecipare ai sistemi un grande numero di enti che fino a
ieri costituivano una parte importante delle centrali rischi esistenti, quali le
società telefoniche (oggi eslcuse, appunto, in quanto i relativi rapporti non
rientrano nelle nozioni appena ricordate,non essendo la mera emissione di una
bolletta telefonica assimilabile in nessun modo alla vera e propria concessione
di un credito);
3. nei sistemi di informazione creditizia non possono essere trattati dati
sensibili o giudiziari, né dati personali cosiddetti soggettivi e l’unica
finalità che può esser perseguita nel trattamento operato dal “gestore” e
dai “partecipanti”, è quella della valutazione del merito creditizio,
essendo inibito a monte ogni trattamento per scopi comunque diversi (e
soprattutto, ovviamente, per finalità commerciali);
4. tutti i partecipanti sono tenuti a dare agli interessati una informativa,
strutturata sulla base del modello allegato alla delibera n. 8 del 16.11.04, con
la quale il Garante ha inviato il Codice all’Ufficio pubblicazione e leggi del
Ministero della giustizia. Nell’enorme lavoro di rivisitazione della
modulistica ad oggi utilizzata, i soggetti coinvolti potranno pertanto usufruire
di un utile punto di riferimento;
5. l’approvazione del Codice è stata affiancata da un importantissimo
provvedimento (sempre del 16.11.04), adottato dal Garante nell’esercizio delle
prerogative riconosciutegli dall’art. 24
lett. g) del DLgs 196/03. Vediamo di cosa si tratta: i dati personali costituiti
da informazioni creditizie di tipo positivo (ad es: la esistenza di un rapporto
di finanziamento, regolarmente onorato mediante il pagamento a scadenza delle
rate da parte del debitore) possono essere trattate lecitamente soltanto in
presenza del consenso dell’interessato, consenso che i partecipanti sono
tenuti ad acquisire (sempre che non possano fruire di uno dei casi di esclusione
dettati dall’art. 24). Se tale dinamica ha un senso e funziona correttamente
per le informazioni di tipo positivo, non altrettanto è a dirsi per quelle
negative (ad esempio, la esistenza di una protratta morosità nel pagamento
delle rate di un mutuo): con riguardo a questi dati, infatti, subordinare la
liceità del trattamento al consenso dell’interessato può aprire la porta a
condotte strumentali da parte dei debitori più smaliziati, ai quali sarebbe
sufficiente negare o revocare il consenso per paralizzare l’attività dei
sistemi di informazioni creditizie).
Bene, per risolvere questo problema, il Garante è intervenuto con il
provvedimento di bilanciamento di interessi del 16.11.04, in forza del quale il
trattamento delle informazioni negative deve considerarsi pienamente lecito pur
in assenza di consenso, sempre che, ovviamente, sia conforme ai dettami ivi
contenuti. Dopo il famigerato provvedimento sulla videosorveglianza, siamo
quindi alla seconda ipotesi in cui il Garante utilizza la leva prevista dall’art.
24 lett. g) del 196/03, bilanciando, per l’appunto, i contrapposti interessi
in campo e by-passando il consenso come unico presupposto di liceità del
trattamento;
6. il Codice specifica certosinamente a quali condizioni i dati possono
essere inseriti nei sistemi: non un semplice ed isolato ritardo, ma solo una
reiterata morosità abilita alla introduzione dei dati negativi nella banca dati
(art. 4). Ed i dati non possono esser conservati ad libitum, ma vengono fissate
delle soglie di sbarramento cui gli operatori del settore dovranno conformare le
proprie policy operative (art. 6)
Tantissime ancora sarebbero le cose da dire (e nei prossimi numeri
concentreremo l’attenzione su altri, rilevantissimi aspetti).
Intanto, seppure con la elasticità prevista dalla disciplina transitoria (art.
13), nelle settimane a venire ognuno nel suo ambito (che sia perché parte di un
rapporto di credito, o per finalità scientifiche o professionali) avrà modo di
misurare la eccezionale portata di questo codice deontologico, probabilmente il
più importante (quantomeno per la estensione della platea dei soggetti
coinvolti) fra quelli fino ad oggi approntati.
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