Proprio a un passo dalla fine della legislatura, come ultimo atto prima dello
scioglimento delle Camere, il Parlamento ha approvato la legge di conversione
del decreto legge cosiddetto "milleproroghe". Ponendo la fiducia sia
al Senato (votazione del 02.02.06) sia alla Camera (approvazione in aula del
09.02.06) è stato quindi blindato un testo assolutamente eterogeneo che va ben
al di là della semplice proroga di alcuni termini.
E' noto come dietro ad operazioni del genere (disposizioni last minute
- fiducia - miscellanea di materie trattate), si nascondono spesso le più
inaspettate e spiacevoli sorprese.
E infatti, anche stavolta il nostro legislatore ha pensato bene di prodursi
in una norma tanto ben celata da rischiare di passare inosservata, nonostante i
suoi effetti potenzialmente rilevantissimi.
Mi riferisco all'art. 19-bis, che così recita:
Deroga al d.lgsl. 196/03 - L'art. 58 comma 2 del codice del consumo di
cui al d.lgls. 206/05, si applica anche in deroga alle norme di cui al d.lgsl.
196/03.
Quali sono gli effetti di questa disposizione? Per capirlo, è necessario
passare brevemente in rassegna il quadro normativo all'interno del quale
collocare la inaspettata novità.
Le regole sulla privacy
Il "codice privacy", in sede di riordino delle varie disposizioni già
esistenti sul tema (DLgv 171/98) e nel recepire la direttiva 2002/58/CE sulla
tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, ha
dettato una analitica disciplina in tema di comunicazioni commerciali
indesiderate.
La norma di riferimento (art. 130) è improntata a tre principi cardine:
a) l'invio per fini di marketing di comunicazioni tramite sistemi
automatizzati di chiamata,posta elettronica, SMS ed MMS è legittimo soltanto
con il consenso preventivo dell'interessato;
b) in caso di utilizzo di tutte le altre tecniche (es: sistemi non automatizzati
di chiamata - telemarketing con operatore) le comunicazioni "sono
consentite ai sensi degli articoli 23 e 24", cioè a dire con il consenso
dell'interessato, ma anche in assenza dello stesso, purchè sia configurabile
un caso di esclusione fra quelli previsti dall'art. 24 del codice.
c) il comma 4 dell'art. 130, in linea con la direttiva, disciplina poi una
ipotesi particolare: nel solo caso in cui un soggetto, acquisite legittimamente
le coordinate di posta elettronica di un interessato nell'ambito della
instaurazione di un rapporto contrattuale, utilizzi poi quell'indirizzo per
commercializzare "propri servizi o prodotti analoghi", allora non è
necessario il consenso preventivo, fatta salva comunque la possibilità per l'interessato
di opporsi in ogni momento al trattamento.
L'assetto che deriva dalle regole appena esposte, in piena coerenza con la
vigente disciplina nazionale sulla data protection, qualifica dunque il
nostro come un sistema improntato al cosiddetto "opt-in" (necessità del
consenso preventivo), salvo il temperamento relativo alla comunicazione via
e-mail finalizzata alla vendita di "propri prodotti o servizi analoghi",
ispirato ad un sistema che potremmo definire di ..."soft opt-out".
Le discipline parallele
Accanto al descritto impianto normativo, si collocano disposizioni che, pur
essendo dettate in ambiti estranei a quello della tutela della riservatezza,
disciplinano anch'esse il fenomeno delle comunicazioni commerciali
indesiderate in modo a dir poco frastagliato.
Non è questa la sede per analizzarle analiticamente, ma limitandoci ad alcuni
cenni possiamo rammentare come:
- il DLgv 70/03 (art. 9) in materia di commercio elettronico, pur facendo
espressamente salvi gli obblighi sulla privacy, disciplina l'invio di
materiale commerciale tramite e-mail secondo un sistema di opt-out puro;
- il DLgv 190/05 (art.15) nel recepire la direttiva 2002/65/CE sulla
commercializzazione a distanza di servizi finanziari, prescrive il consenso
preventivo più o meno per tutte le tecniche di comunicazione a distanza.
La norma che però più interessa, in relazione alle ultimissime novità
legislative, è quella contenuta nel cosiddetto "codice del consumo" (DLgv
206/05).
Si tratta del corposo testo unico all'interno del quale sono confluite tutte
le disposizioni relative alla tutela del consumatore, ivi comprese quelle
relative ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali ed ai contratti a
distanza, le cui discipline di riferimento (rispettivamente il DLgv 50/92 ed il
DLgv 185/99) sono state dunque abrogate.
Con particolare riferimento al tema delle comunicazioni commerciali,
raccogliendo integralmente il disposto del pre-vigente DLgv 185/99, l'art. 58
del Codice del consumo così recita:
Limiti all'impiego di alcune tecniche di comunicazione a distanza
1. L'impiego da parte di un professionista del telefono, della posta
elettronica, di sistemi automatizzati di chiamata senza l'intervento di un
operatore o di fax, richiede il consenso preventivo del consumatore.
2. Tecniche di comunicazione a distanza diverse da quelle di cui al comma 1,
qualora consentano una comunicazione individuale, possono essere impiegate dal
fornitore se il consumatore non si dichiara esplicitamente contrario.
Mentre il primo comma prevede un sistema pienamente assimilabile all'opt-in,
il secondo è invece apertamente ispirato ai meccanismi dell'opt.out.
Ora, questa regolamentazione comportava già alcuni gravi dubbi interpretativi,
soprattutto per i riflessi operativi che ne derivavano: che relazione intercorre
tra il consenso richiesto dalla normativa privacy e quello imposto dall'art.
58 I comma del DLgv 206/05? Sarebbe mai legittima una policy che prevedesse un'unica
formula sintattica per l'acquisizione di entrambi i consensi?
Il tema è tutto da dibattere, fermi però alcuni punti di riferimento che, a
mio parere, devono costituire i criteri guida per la soluzione di ogni problema
esegetico:
a) si tratta di due consensi aventi natura diversa, per il semplice fatto che
tutelano interessi diversi (quello alla riservatezza da un lato, e quello alla
correttezza del comportamento del professionista dall'altro);
b) diverse sono le sanzioni che derivano dalla violazione delle norme, come
evidentemente dimostrato dall'art. 62 del codice del consumo, che
espressamente prevede la trasmissione al Garante per la protezione dei dati
personali del verbale ispettivo redatto dagli organi competenti a rilevare le
violazioni dei diritti dei consumatori, affinchè il Garante stesso irroghi le
diverse sanzioni prescritte dal codice della privacy.
Qualsiasi scelta nella impostazione della modulistica necessaria alla
acquisizione del consenso, deve tenere dunque ben presenti le tratteggiate
distinzioni.
La vera portata dell'art. 19-bis
E veniamo, alfine, all'esame dell'ultima novità, i cui contorni
dovrebbero essere a questo punto più chiari: "L'art. 58 comma 2 del codice
del consumo di cui al d.lgls. 206/05, si applica anche in deroga alle norme di
cui al d.lgsl. 196/03".
Che cosa significa che l'art. 58 "si applica in deroga" alle norme di cui
al codice della privacy? Si tratta di una sorta di breccia aperta nelle mura
erette dal DLgv 196/03?
Non è mancato chi, alcuni giorni orsono su un quotidiano a rilevanza
nazionale, ha tratteggiato una interpretazione di questo tipo, arrivando a
sostenere che per "deroga al DLgv 196/03" potrebbe intendersi liberazione da
tutti i vincoli previsti dal codice, non solo con riferimento al consenso, ma
anche con riguardo agli altri adempimenti di base quali l'informativa, la
notificazione, l'adozione delle misure minime di sicurezza etc.etc...
Per quanto la norma sia certamente originale, non credo proprio che possa
legittimamente sostenersi nulla del genere, e se questo era il fine di chi l'ha
ideata, bene, ritengo che abbia scelto lo strumento sbagliato.
Mi sembra infatti abbastanza ovvio che, nel momento in cui si approccia una
norma - l'art. 58 DLgv 206/05 - che regolamenta esclusivamente il consenso
prevedendo, come nel caso di specie, un sistema di Opt-out, allorquando c'è
un'altra norma - l'art. 19 bis del "milleproroghe" - che ne
prescrive l'applicazione in deroga alle norme di cui al codice, la stessa non
possa che riferirsi alle sole norme relative al consenso. Dire, dunque, che l'art.
58, c. 2 si applica in deroga al DLgv 196/03, significa soltanto dire che così
come non è necessario il consenso preventivo a tutela del consumatore, non
opera nemmeno il presupposto di liceità del consenso chiamiamolo "privacy".
Ogni altra interpretazione si risolve in una a mio modestissimo avviso indebita
estensione della reale portata sintattica dell'art. 19-bis.
Ciò sottolineato, e ricondotta la questione nei termini che gli sono propri,
resta il problema di esaminare i caratteri della innovazione normativa. A tale
fine, ritengo si possano operare le seguenti, primissime riflessioni:
- l'art. 19 -bis è stato inserito nella legge di conversione del decreto
legge milleproroghe, ma non era contemplata nel decreto legge convertito. Esiste
dunque il solito (e sottovalutatissimo) problema di tenuta costituzionale della
norma;
- l'art. 58 secondo comma del codice del consumo si riferisce soltanto alle
tecniche di comunicazione a distanza che non siano quelle di cui al primo comma
(che non siano, cioè, telefono, posta elettronica, sistemi automatizzati di
chiamata e fax). In ogni caso, dunque, l'ambito di applicazione della
esenzione dal consenso privacy dettata dall'art. 19-bis del milleproroghe, è
estremamente contenuto.
Non c'è, quindi, da brindare alla rivoluzione (dal lato degli operatori
marketing) nè da gridare allo scandalo (dal lato dei cultori di sistemi di
business privacy oriented).
Si tratterà di ragionare equilibratamente sul tema. E in questa operazione, un
grande aiuto potrà venire dalla interpretazione data dal Garante per la
protezione dei dati personali che, solo poche ore prima dell'approvazione del
milleproroghe (e precisamente nella newsletter del 03.02.06), annunciando la
pianificazione dell'attività ispettiva, aveva individuato proprio il mondo
delle vendite a distanza come area da porre sotto la lente degli accertamenti.
Si spera che per tale via (o nella meno traumatica forma di uno dei soliti
pareri alle associazioni di settore), il Garante sappia gettare una luce su una
giungla normativa che, se non correttamente interpretata, rischia di risolversi
in una catalessi operativa, inutile per tutti.
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