Il 2009 è l’anno del clima. Tutti, ognuno nella sua sfera d’azione
privata o pubblica, siamo chiamati ad uno sforzo per tentare di concorrere a
salvare il pianeta.
In questo quadro, l’uso degli strumenti informatici in luogo del ricorso
massivo alla carta potrebbe giocare un ruolo decisivo.
In tanti, nel loro piccolo, hanno già cominciato: evitando di stampare
qualsiasi cosa (documenti, mail, allegati più o meno importanti); sostituendo
le fotocopiatrici con gli scanner; tornando, alla peggio, all’uso della stampa
fronte/retro (che se venisse usata, ad esempio, da tutti gli studi legali e i
tribunali del mondo, porterebbe per sé sola alla riduzione del 50% del volume e
del peso dei fascicoli circolanti).
Ora, se guardato da questo punto di prospettiva, l’attuale assetto del
codice in materia di protezione dei dati personalil, compendiato da altre norme,
e da uno degli ultimi interventi del Garante in materia di comunicazioni
commerciali, sembra andare esattamente nella direzione opposta, con il rischio
di tradursi in una sorta di volano per la deforestazione del globo.
Partiamo dal codice: come tutti i più avveduti operatori di marketing
dovrebbero aver compreso, a distanza di ormai cinque anni dalla entrata in
vigore del decreto legislativo 196/03, l’impianto
che il nostro legislatore ha inteso articolare si fonda sulla diversificazione
del regime del consenso, in relazione alla tipologia di strumento utilizzato per
contattare la clientela acquisita o potenziale. L’art. 130 del Codice, infatti, prevede:
a) un rigidissimo sistema di opt-in, in tutti i casi in cui la comunicazione
commerciale sia veicolata mediante sistemi automatizzati di chiamata, fax, SMS,
MMS, e-mail e consimili: in questi casi, sia che il destinatario sia un
consumatore, sia che sia un impresa o un professionista, è praticamente
impossibile prescindere dal suo consenso preventivo per inviargli un messaggio
pubblicitario, atteso che, per il modo in cui è formulata la norma, non possono
operare nemmeno i casi di esclusione dal consenso previsti dall’art. 24 del
Codice.
Innumerevoli, ormai, i provvedimenti censori adottati dal Garante per
contrastare il fenomeno, ai quali molti operatori continuano a rimanere
completamente sordi, sostenendo ciò che è ormai insostenibile (basti pensare a
quanti continuano erroneamente a ritenere che l’invio indiscriminato di e-mail
– o fax - a professionisti possa essere “coperto” dal caso di esclusione
del consenso previsto dall’art. 24 comma 1 lett. d – cosiddetto "esercizio
di attività economiche" – tesi che cozza in modo evidente contro i
principi appena richiamati).
Unica eccezione, a livello normativo, è costituita dall’art. 130 comma 4, che
abilita al mailing elettronico anche senza il consenso dell’interessato,
purché l’indirizzo sia stato acquisito nel quadro di un contratto già
stipulato, e sempre che l’azione commerciale sia finalizzata alla promozione
di propri prodotti o servizi analoghi. Tradotto in italiano: sì al mailing
elettronico senza consenso soltanto per gli interessati già clienti
(impossibile, quindi, usare questa sponda per la clientela da acquisire – i
cosiddetti prospect) – e purché i dati non siano utilizzati da
soggetti terzi, e comunque per la collocazione di prodotti merceologicamente
diversi da quelli già comprati;
b) un più mitigato assetto è invece dettato, laddove vengano utilizzati
strumenti diversi, quali il telemarketing con operatore, ovvero (e veniamo a
noi) la posta cartacea: in queste ipotesi, infatti, tornano ad operare, per l’espresso
richiamo contenuto nell’art. 130 comma 3, i principi di cui agli artt. 23 e
24, con il risultato che il mittente delle comunicazioni commerciali può
legittimamente appoggiarsi ai casi di esclusione normativamente previsti, ciò
che rende perfettamente in linea con la normativa vigente, ad esempio, una
campagna di mailing cartaceo targettizzata sulle aziende (in virtù del
richiamato caso di esclusione previsto dall’art.
24 comma 1 lett. d).
Coerenti, sotto questo punto di vista, i principi contenuti nel cd. codice
del consumo (DLGV. 206/05), normativa che viaggia parallela a quella del codice
dei dati personali, e che contempla, in materia, un diverso ed ulteriore
consenso da acquisire per legittimare l’azione di direct marketing: a norma
dell’art. 58 comma 1, infatti, è richiesto (oltre al "consenso privacy”),
il consenso del consumatore affinché possa essere contattato, solo se vengono
utilizzati determinati tipi di strumenti. L’impiego da parte di un professionista del
telefono, della posta elettronica, di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento
di un operatore o di fax, richiede il consenso preventivo del consumatore”).
Secondo quanto dispone il comma 2, invece, se l’azione commerciale è condotta
mediante utilizzo di diverse tecniche di comunicazione a distanza, tra le
quali la corrispondenza cartacea, allora non è necessario il consenso
preventivo del consumatore. E c’è di più: in virtù della norma prevista dal
decreto legge 30dicembre 2005 n. 273 (poi convertito con la legge 51/06), l'articolo
58, comma 2, del codice del consumo si applica anche in deroga alle norme
di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Tradotto in italiano: se la
comunicazione è veicolata mediante corrispondenza cartacea (o mediante gli
altri strumenti contemplati dal comma 2 dell’art. 58), non solo non è
necessario il consenso previsto dal codice del consumo, ma nemmeno quello
previsto dal codice della privacy.
Su questo assetto, viene poi a montarsi la parte del provvedimento del
Garante del 19 giugno 2008 "Semplificazioni di taluni adempimenti in ambito
pubblico e privato rispetto a trattamenti per finalità amministrative e
contabili" dedicata alle comunicazioni commerciali. Si tratta del nuovo
caso di bilanciamento di interessi articolato dall’autorità, in virtù del
quale viene ulteriormente facilitato il ricorso alla posta cartacea come
strumento di comunicazione commerciale: sulla falsa riga di quanto previsto dall’art.
130 comma 4 per il mailing elettronico, il provvedimento infatti dispone
quanto segue: i titolari del trattamento in ambito privato che hanno venduto
un prodotto o prestato un servizio, nel quadro del perseguimento di ordinarie
finalità amministrative e contabili, possono utilizzare senza il consenso i
recapiti (oltre che di posta elettronica come già previsto per legge) di posta
cartacea forniti dall'interessato, ai fini dell'invio diretto di proprio
materiale pubblicitario o di propria vendita diretta o per il compimento di
proprie ricerche di mercato o di comunicazione commerciale. Ciò,
ovviamente, nel rispetto di una serie di garanzie, e fermo l’onere di
informare l’interessato in ordine al suo diritto di opporsi comunque in
qualsiasi momento al trattamento
E allora, mettendo insieme norme e provvedimenti dell’autorità, il
risultato finale qual è? Eccolo: oggi è molto più semplice impostare una
campagna di marketing sull’uso della corrispondenza cartacea, che non
affidarsi ad altri strumenti a più basso impatto ambientale: esiste, cioè, una
(discutibilissima) valutazione a monte operata dal legislatore dei due codici,
sulla cui scia si è posto il Garante, che, con buona pace della tendenza alla
digitalizzazione dell’universo, di fatto rende più agevole l’uso della
carta e del trasporto fisico.
Gli effetti, se riguardati sotto il profilo di una anche solo minima coscienza
ambientale, possono essere devastanti: immaginiamoci cosa possa comportare in
termini di alberi abbattuti e di dispersione di sostanze inquinanti legate al
trasporto, l'impostazione delle future campagne di marketing sui canali
indicati. Milioni di lettere e letterine personalizzate, con annessi leaflet,
brochure, e quant’altro, che piomberanno nelle nostre cassetta delle
poste, sia in veste di consumatori, che di esercenti una qualsiasi attività
economica.
Il tutto, in vistosa (vistosissima!) asimmetria, rispetto ad altre ambiziose
scelte strategiche i cui effetti, valutati in termini complessivi, rischiano di
essere vanificati, o quantomeno pesantemente limitati (mi riferisco alla norma
eloquentemente rubricata “taglia carta”, contenuta all’art. 27 della legge
6 agosto 2008 n. 133, che prevede la riduzione del 50% delle spese sostenute
dalle pubbliche amministrazioni per la stampa delle relazioni e di ogni altra
pubblicazione prevista da leggi e regolamenti e distribuita gratuitamente od
inviata ad altre amministrazioni, nonché
l’obbligo di invio telematico della Gazzetta ufficiale).
Domanda: ferma la battaglia contro lo spamming indiscriminato, siamo
sicuri che il ritorno alla carta in nome della tutela della riservatezza sia una
scelta corretta? O forse, in un settore chiave come il marketing, non
bisognerebbe adottare, a tutti i livelli, politiche che spingono per il
contenimento (e non per la moltiplicazione) dei costi di stampa, trasporto,
smaltimento di montagne di fogli inutili?
Ad ognuno la sua risposta. Con una preghiera: non stampate questo articolo.
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