1. Il Codice concernente la protezione dei dati personali e della
riservatezza (decreto legislativo 30 giugno 2003; pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 29 luglio ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004) si pone come
il primo modello di codificazione organica e completa (e finora unico in ambito
europeo) della materia considerata. Esso non solo vale a dare un rigoroso
inquadramento di sistema a tutta la disciplina della privacy, ma soprattutto
introduce una molteplicità di profili innovativi, direttamente connessi al
quadro comunitario e internazionale, sia completando il recepimento della
direttiva 95/46/CE, sia ispirandosi ai più recenti elementi propulsivi rivolti
a realizzare la nuova formula costitutiva dell'Ue.
L'ordinamento giuridico italiano e in particolar modo quello comunitario hanno
plasmato, accanto alle potestà tradizionali, i poteri garanti.
In altri termini il sistema ha dato rilievo alla necessità di configurare, per
alcuni diritti fondamentali della persona, una forma rafforzata di salvaguardia
e di vigilanza, affidata a organismi autonomi sottratti al circuito parlamentare
e governativo.
E vi è, inoltre, un fattore coessenziale al "diritto alla
riservatezza", che ne ha contribuito fortemente alla rapida espansione. La
privacy (da alcuni definita come "costellazione di diritti") è non
solo, in se stessa, un valore essenziale della persona, ma è spesso strumentale
per la fruizione di altri diritti fondamentali. Sicchè, di frequente, si pone
come punto di equilibrio e di raccordo con altri diritti fondamentali (quali il
diritto di cronaca, di iniziativa economica, al lavoro, alla salute, ecc.).
In tali evenienze viene in rilievo il delicato problema del bilanciamento, del
contemperamento fra i vari valori tra loro concorrenti. E qui "le esigenze
da conciliare, equilibrare, tutelare, hanno ciascuna la stessa dignità e non
possono essere ordinate in una scala gerarchica fissa". Tali considerazioni
fanno risaltare con grande efficacia il compito affidato alle autorità
indipendenti, di trovare di volta in volta, attraverso una guida illuminata, il
punto di equilibrio.
2. Nel delineare i profili maggiormente innovativi, va rilevato che
anzitutto il codice introduce nel nostro ordinamento il "diritto alla
protezione dei dati personali", quale diritto fondamentale della persona,
parallelo (e integrantesi) col più generale diritto alla riservatezza, già
richiamato dall'art. 1 della legge-base 675/1996. In tal modo il legislatore
italiano si adegua al quadro normativo comunitario, che nella carta dei diritti
del cittadino europeo garantisce già tale diritto fondamentale (il quale si
accinge ad assumere quanto prima una connotazione ancor più solenne nel quadro
dei lavori della Convenzione europea).
Ma sicuramente assume sempre più consistenza lo sviluppo di tutte le libertà
fondamentali, attraverso la Carta fondamentale dei cittadini della Ue (anno
2000), in cui prende risalto la protezione dei dati personali, quale momento di
libertà conferendone la tutela alle autorità indipendenti. E dopo aver
attraversato il processo della unificazione monetaria, la Ue ha aperto il grande
cantiere giuridico dell'elaborazione del progetto costituzionale per l'attuazione
di un'Europa dei valori, nella sua configurazione di soggetto non più
soltanto economico, ma di soggetto politico dotato di una somma di poteri
costituzionali.
Con la nuova normativa viene introdotto il "principio di necessità"
(già enunciato più volte nelle sedi dei dibattiti europei e già operante
nella legislazione tedesca), in base al quale i sistemi informativi e i
programmi informatici devono essere predisposti in modo da assicurare che i dati
personali o identificativi siano utilizzati solo se indispensabili per il
raggiungimento delle finalità consentite.
3. In realtà il Codice, attraverso l'accurata opera di ricognizione
della numerosa serie di leggi accumulatesi nel tempo, ha posto in essere un
pieno adeguamento anche alla normativa comunitaria, da ultimo intervenuta in
materia, ossia alla direttiva 2002/58/CE. Essa è stata recepita nel nostro
ordinamento con la l. 14/2003, recante disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla comunità europea. In
piena rispondenza col forte transito in atto, dall'Europa del mercato all'Europa
dei diritti, il nostro codice ha riplasmato, quasi integralmente, in una
chiave di piena tutela di tutti i soggetti interessati (particolarmente, gli
utenti, i consumatori), la disciplina dei servizi di comunicazione elettronica
(titolo decimo) sia con riguardo al trattamento dei dati relativi al traffico,
sia con specificazione degli obblighi dei fornitori dei servizi di comunicazione
elettronica, sia valorizzando la salvaguardia dei diritti degli utenti. E
inoltre prevede la promozione, da parte del Garante, di un codice deontologico e
di buona condotta, concernente il trattamento di dati personali effettuato da
fornitori di servizi di comunicazione e informazione, offerti mediante reti di
comunicazione elettronica.
4. Nel quadro di misure più efficaci e più moderne a tutela dei
trattamenti dei dati personali il codice assicura nuove garanzie. E' da
rilevare che in ambito europeo si segnala una sempre maggiore sensibilità al
problema della sicurezza informatica, anche a causa di paventati attacchi
terroristici ad alta tecnologia. In particolare, si segnala un recente documento
dell'OCSE contenente le linee di guida per la sicurezza informatica delle
reti. Le istituzioni comunitarie hanno tenuto conto di tale documento, mediante
una risoluzione del Consiglio europeo del 18 febbraio 2003, che prevede anche la
creazione di una Cybersecurity task force. E in sintonia con tali
orientamenti, il codice elabora, nel titolo quinto, un efficiente serie di
regole concernenti le misure di sicurezza dei dati e dei sistemi, con
particolare riguardo alle misure minime di sicurezza, con specifica rilevanza
delle modalità inerenti sia ai trattamenti con strumenti elettronici, sia a
quelli senza l'ausilio di tali strumenti.
5. Nel novero dei profili fortemente innovativi recati dal Codice assume
particolare rilievo il riconoscimento delle nuove fonti normative rappresentate
dai codici di deontologia e di buona condotta. Essi (che trovano la loro radice
in quelle "norme sulla normazione" costituite dagli articoli della
direttiva-madre (la 95/46/CE) si sono affermati come strumenti necessari per una
tutela dei trattamenti dati personali e della riservatezza che risulti
sistematica ed efficace. Il riconoscimento di tali fonti comporta un notevole
innalzamento del livello di protezione dei diritti in parola. E' da rilevare
che nell'ordinamento italiano l'inquadramento dei codici deontologici in un
rinnovato sistema delle fonti del diritto è risultato particolarmente efficace.
Attualmente, presso il Garante italiano sono in cantiere sette codici. Ed
è da notare che essi ormai costituiscono non più una fonte atipica, ma anzi
pienamente tipizzata e minuziosamente procedimentalizzata. Tali
codici (detti di seconda e terza generazione) rappresentano una
nuova tipologia, poiché viene in rilievo l'autoproduzione di regole da parte
delle categorie interessate (giornalisti, provider, i soggetti partecipi del
lavoro e della previdenza etc.).Un elemento, caratterizzante in maniera del
tutto peculiare tali fonti, è dato dalla triangolarità degli elementi
costitutivi che in essa convergono: e cioè le "raccomandazioni"
provenienti dal Consiglio europeo, l'elaborazione delle regole da parte dei
soggetti rappresentativi delle categorie interessate, i principi e le regole
generali dell'ordinamento inerenti alla privacy (alla cui salvaguardia è
preposto il Garante)
6. Un ulteriore fattore di garanzia di forte rilevanza è costituito
dalla disciplina dei soggetti pubblici, rivolta ad apprestare la tutela dei
diritti dei cittadini nei confronti dei corpi amministrativi che procedono a
trattamenti di dati personali.
Il quadro normativo tracciato dalla legge-base del 1996 conteneva un esiguo
numero di norme concernenti la pubblica amministrazione, limitandosi a enunciare
i seguenti principi:
a) i soggetti pubblici possono trattare dati personali comuni solo per lo
svolgimento delle funzioni istituzionali e nei limiti stabiliti dalle leggi e
dai regolamenti vigenti nei settori di riferimento
b) quando i dati sono di carattere particolare la disciplina richiede
maggiori garanzie. I soggetti pubblici, per poter effettuare trattamenti
inerenti ai dati sensibili, hanno bisogno di essere autorizzati da una
dettagliata disposizione di legge, che preveda quali dati possono essere
trattati, le operazioni che possono essere eseguite, le rilevanti finalità di
interesse pubblico perseguite.
Il nuovo codice nel suo titolo decimo amplia notevolmente la normativa inerente
ai trattamenti dei dati in ambito pubblico e costituisce un momento di forte
avanzamento e innovazione della disciplina giuridica.
Esso rafforza tutto il sistema della garanzia e rielabora i contenuti del d.l.vo
135/1999, integrando congruamente la legge-base. Tale decreto aveva un duplice
obiettivo: a) definire i principi generali in base ai quali i soggetti pubblici
sono autorizzati a trattare dati sensibili; b) individuare alcune rilevanti
finalità di interesse pubblico per cui il cui perseguimento è consentito tale
trattamento, nonché le operazioni eseguibili e i tipi di dati che possono
essere trattati.
7. Al fine di comprendere il particolare significato di tale normativa
(che è stata trasfusa, con alcuni ritocchi nella codificazione), va ricordato
come la nozione di "diritto alla riservatezza" sia molto ampia, sì da
presentarsi come un diritto a consistenza concentrica, al cui centro si colloca
la categoria dei dati sensibili, che costituiscono il nocciolo duro del
diritto alla privacy. Tale figura geometrica comporta una variabilità della
tutela offerta a seconda del contenuto dei dati; per cui un regime di assoluta
riservatezza è configurato solo con riferimento ai dati sensibili, mentre è
graduale negli altri casi in cui non sussistano dati di tale natura.
Recenti orientamenti dottrinali hanno rilevato che il fenomeno di dilatazione
oggettiva e soggettiva dei confini della privacy ha contribuito allo sviluppo
della "teoria", secondo la quale i dati personali occuperebbero tre
diverse aree: nella prima, assolutamente inviolabile, sarebbero contenti i dati
sensibili; nella seconda sarebbe garantito il controllo sulla veridicità dei
dati; nell'ultima sfera dominerebbe, invece, la libertà di accesso ai dati
personali (ad. es. i registri pubblici). E' da ricordare come la Sphärentheorie,
che distingue le tre aree entro le quali si collocano i dati personali, è stata
enunciata, per la prima volta, dalla Corte costituzionale tedesca nella sentenza
16 luglio 1969.
Il decreto delegato, nel capo primo, aveva indicato la serie dei principi
generali e degli obblighi che i soggetti pubblici devono rispettare in materia
di trattamento di dati particolari e nel capo secondo delineava la tipologia di
alcune rilevanti finalità di interesse pubblico.
E ora nel nuovo codice viene delineata la serie di gestioni pubbliche di dati
caratterizzate da un interesse pubblico di grado particolare, in quanto qualificato
come rilevante. Si tratta di funzioni essenziali dello Stato, come quelle
attinenti all'applicazione della disciplina in materia di elettorato e di
esercizio di diritti politici; o attinenti all'instaurazione e gestione di
rapporti di lavoro di qualunque tipo; o concernenti le attività di istruzione e
formazione in ogni ambito scolastico; o inerenti alla disciplina in materia di
concessione di benefici economici, elargizioni, emolumenti; o relativi alla
tutela della salute o ai rapporti con enti di culto.
Tale nucleo di regole incide sulla trama fondamentale di rapporti fra il potere
pubblico e la collettività, in un complesso contesto di reciproche esigenze e
di reciproci limiti e in una necessaria rispondenza fra l'azione pubblica e la
sfera della libertà e dei diritti dei cittadini.
L'attuazione di tale nucleo normativo è un banco di prova dei valori
custoditi e tutelati dallo Stato moderno.
8. Incompleti sarebbero i profili della normativa se non si ponesse in
risalto un altro punto di forte innovatività. Cioè è consentito il
trattamento dei dati da parte di soggetti pubblici, solo se autorizzato da
disposizioni di legge, nelle quali siano specificate, tra l'altro, le
rilevanti finalità di interesse pubblico. Ma ove manchi tale esplicita regola,
il Garante può (nelle more della specificazione legislativa) determinare, su
richiesta dei soggetti pubblici, l'individuazione di quelle specifiche
attività di interesse pubblico, che valgono ad autorizzare i trattamenti. Viene
in rilievo l'attribuzione al Garante di un potere sostitutivo delle norme
mancanti, introducendo, in tal modo, una innovazione rispetto al sistema di
regole disciplinanti la varie autorità indipendenti, la cui potestà normativa
era limitata alle fonti secondarie.
9. Merita di essere richiamato un pensiero di Norberto Bobbio, nel volume
"L'età dei diritti", il quale afferma che l'evolvere del rapporto
tra pubblica amministrazione e diritti del cittadino è uno degli indicatori del
progress storico. Si delinea ora la nuova frontiera dei diritti fondamentali
dell'individuo e del cittadino, rapportati all'operato della pubblica
amministrazione. In effetti dobbiamo registrare un rapporto interattivo tra i
due termini del tema pubblica amministrazione-diritti del cittadino. Tra queste
due entità (la pubblica amministrazione e il complesso delle posizioni
soggettive) intercorre una relazione di reciproca influenza, di modifica e di
rinnovamento. Per poter naturalmente corrispondere alla nuova serie di diritti
generati dalla normativa europea e dalla recente legislazione nazionale, la
pubblica amministrazione modifica il proprio ruolo, il proprio comportamento, il
proprio modo di agire, sicchè si sostituisce all'amministrazione monologante
la nuova formula dell'amministrazione dialogante, che apre un dialogo
pieno, aperto con i cittadini.
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