Garante
per la protezione
dei dati personali
Comunicato
stampa
17.06.99
Sono conoscibili le
valutazioni espresse dal datore di lavoro sui dipendenti
Anche le valutazioni che
contribuiscono a formare il giudizio annuale sul
rendimento di un dipendente, le cosiddette "note di
qualifica", sono dati personali e devono essere
messe a disposizione del dipendente che ne faccia
richiesta.
L'importante principio è stato stabilito dal Garante per
la protezione dei dati personali, nella decisione con la
quale ha accolto il ricorso di alcuni dipendenti di una
società che avevano presentato una istanza di accesso,
ai sensi dell'art. 13 della legge n. 675 del 1996, alle
valutazioni che li riguardano, ottenendo solo una
parziale soddisfazione da parte della società per la
quale lavorano.
Nel rifiutare l'accesso ad alcuni dati, la società aveva
sostenuto che la legge non potrebbe applicarsi a
valutazioni che andranno a comporre il giudizio finale e
che non potrebbero essere considerati dati personali
tutti i dati o i documenti aziendali solo perché in
qualche modo essi siano riferibili ad uno o più
dipendenti. Un'azienda, inoltre, non potrebbe essere
obbligata a rivelare giudizi intermedi o in itinere,
compilati non in contraddittorio con l'interessato.
Nell'esaminare il caso, il Garante ha innanzitutto
ricordato che la nozione di dato personale contenuta
nella legge n. 675 del 1996, estremamente ampia, deriva
direttamente dalla Direttiva comunitaria del 1995 e dalla Convenzione di Strasburgo del 1981.
La legge sulla privacy definisce, infatti, come dato
personale qualunque informazione che possa
consentire di identificare una persona, un ente,
un'associazione "anche indirettamente",
mediante riferimento a qualsiasi altra informazione.
Può considerarsi come dato personale, dunque, ogni
notizia o elemento che fornisce un contributo aggiuntivo
di valutazione rispetto ad un soggetto identificato o
identificabile. E questo, in riferimento sia ad
informazioni oggettive, sia a descrizioni, giudizi,
analisi, o ricostruzioni di profili personali
(riguardanti attitudini, qualità, requisiti o
comportamenti professionali) che danno origine a
valutazioni complessive del soggetto interessato. Tale
orientamento è comune nei diversi Paesi dell'Unione
europea ed è confermato da documenti e convenzioni
internazionali.
Pertanto, il Garante ha ritenuto legittima la richiesta
di accesso ai giudizi espressi in sede di formulazione
delle note di qualifica, anche in considerazione del
fatto che solo una piena conoscenza di tali elementi
informativi permette al dipendente di attivare i
meccanismi di ricorso interno o di tutela giurisdizionale
amministrativa.
Il Garante ha, tuttavia, sottolineato che l'esercizio del
diritto di accesso alle valutazioni da parte
dell'interessato richiede alcune precisazioni. Tra gli
elementi che concorrono alla formazione del giudizio ve
ne sono alcuni che hanno carattere obiettivo (ad esempio
il numero delle pratiche svolte, i giorni di assenza,
ecc.) rispetto ai quali può certamente essere esercitato
il diritto di correzione.
Non si potrà, invece, chiedere la correzione dei giudizi
espressi nell'ambito dell'attività di valutazione del
lavoro. Questi dati potranno semmai essere oggetto di
un'eventuale richiesta di integrazione (attraverso
l'inserimento di note o precisazioni a margine), diritto
ugualmente previsto dall'art.13 della legge n. 675.
L'esercizio del diritto di accesso è, comunque,
subordinato al completamento della procedura di
valutazione, e quindi non può essere fatto valere nelle
fasi di preparazione delle schede di valutazione e delle
finali note di qualifica. Inoltre, il datore di lavoro
potrà prevedere misure idonee a tutelare l'anonimato
dell'autore delle valutazioni stesse.
Accogliendo il ricorso, l'Autorità ha, quindi, ordinato
alla società di corrispondere alla richiesta di accesso
ai dati da parte degli impiegati, dando conferma
all'Ufficio del Garante dell'avvenuto adempimento.
17.6.1999
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