11 giugno 2004
Autonomia e responsabilità del giornalista
Le norme in materia di trattamento dei dati personali a fini
giornalistici individuano alcuni parametri entro cui assicurare il rispetto di
diritti e libertà fondamentali protetti dall'art. 2 della Costituzione, quali
la riservatezza, l'identità personale e il "nuovo" ed importante diritto
alla protezione dei dati personali, senza pregiudicare la libertà di
informazione che è tutelata anch'essa sul piano delle garanzie
costituzionali.
La scelta di non introdurre regole rigide in materia, bensì di limitarsi ad
indicare espressamente solo alcuni presupposti - scelta sostenuta dall'Ordine
dei giornalisti e condivisa dal Garante al momento della stesura del Codice
deontologico - si è basata su due ordini di considerazioni. Da una parte, la
molteplicità e la varietà delle vicende di cronaca e dei soggetti che ne sono
coinvolti non consentono di stabilire a priori e in maniera categorica quali
dati possono essere raccolti e poi diffusi nel riferire sui singoli fatti: un
medesimo dato può essere legittimamente pubblicato in un determinato contesto e
non invece in un altro.
Dall'altra, una codificazione minuziosa di regole in questo ambito
risulterebbe inopportuna in un contesto nel quale sono assai differenziate le
situazioni nelle quali occorre valutare nozioni generali dai confini non sempre
immutati nel tempo (essenzialità dell'informazione, interesse pubblico, ecc.)
e valorizzare al contempo l'autonomia e la responsabilità del giornalista.
Alla luce di tali considerazioni, il bilanciamento tra i diritti e le libertà
di cui sopra resta in sostanza affidato in prima battuta al giornalista il
quale, in base a una propria valutazione (che può essere sindacata) acquisisce,
seleziona e pubblica i dati utili ad informare la collettività su fatti di
rilevanza generale, esprimendosi nella cornice della normativa vigente - in
particolare, del Codice deontologico - e assumendosi la responsabilità del
proprio operato.
Interesse pubblico e essenzialità dell'informazione
Il giornalista valuta, dapprima, quando una notizia riveste
effettivamente un rilevante interesse pubblico e, successivamente, quali
particolari relativi a tale notizia sia essenziale diffondere al fine di
svolgere la funzione informativa sua propria. La diffusione di un determinato
dato può essere ritenuta necessaria quando la sua conoscenza da parte del
pubblico trova giustificazione nell'originalità dei fatti narrati, nel modo
in cui gli stessi si sono svolti e nella particolarità dei soggetti che in essi
sono coinvolti.
Quando non si ravvisa tale necessità oppure quando vi siano specifiche
limitazioni di legge alla divulgazione di informazioni spesso connesse a
determinati fatti di cronaca, il giornalista può comunque riferire di questi
ultimi prediligendo soluzioni che tutelino la riservatezza degli interessati
(ricorrendo ad esempio all'uso di iniziali, di nomi di fantasia e così via).
Va tuttavia evidenziato come, in taluni casi, la semplice omissione delle
generalità delle persone non basta di per sé ad escludere l'identificazione
delle medesime: quest'ultima, infatti, può realizzarsi attraverso la
combinazione di più informazioni concernenti la persona (l'età, la
professione, il luogo di lavoro, l'indirizzo dell'abitazione, ecc.).
Accesso alle informazioni: i rapporti con le pubbliche amministrazioni
Viene spesso lamentato che le pubbliche amministrazioni giustificano la propria
decisione di non fornire informazioni ai giornalisti dietro una supposta
applicazione della legge sulla privacy.
Al riguardo, è stato più volte evidenziato anche dallo stesso Garante che la
legge n. 675/96, prima, e ora il Codice privacy (Codice in materia di protezione
dei dati personali, decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), non hanno
inciso in modo restrittivo sulla normativa posta a salvaguardia della
trasparenza amministrativa e che, quindi, la disciplina sulla tutela dei dati
personali non può essere in quanto tale invocata strumentalmente per negare l'accesso
ai documenti, fatto comunque salvo il peculiare livello di tutela assicurato per
certe informazioni e, in particolare, per i dati sensibili (dati personali
idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose,
filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti,
sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico,
politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di
salute e la vita sessuale).
Le difficoltà per il giornalista di accedere a determinati documenti in
possesso di uffici pubblici deriva non tanto dalla disciplina sulla protezione
dei dati personali, quanto dalla normativa sull'accesso ai documenti
amministrativi, che laddove il documento non è segreto impone comunque di
valutare l'eventuale necessità di tutelare la riservatezza di un terzo, ma
prima ancora prescrive (non solo al giornalista) che chi richiede il documento
debba dimostrare la necessità di disporne per la tutela di un interesse
giuridicamente rilevante e concreto. Vi sono al riguardo alcune aperture della
giurisprudenza amministrativa che ritiene legittimato all'accesso anche chi
intende esercitare al riguardo il diritto di cronaca (cfr. anche Cons. di Stato
n. 570/1996 e Cons. di Stato n. 99/1998), ma il punto non è pacifico. Il
giornalista può quindi chiedere di acquisire le informazioni detenute dalle
pubbliche amministrazioni utilizzando gli strumenti previsti dall'ordinamento
giuridico: presentando istanza in conformità a quanto previsto dalla legge 241
o da leggi speciali o, più semplicemente, consultando albi, elenchi ecc. quando
la legge ha previsto un siffatto regime di pubblicità.
In tale ottica, e fatte salve le valutazioni che seguiranno in ordine alla loro
possibile diffusione, il giornalista potrà ad esempio chiedere di acquisire
o venire legittimamente a conoscenza delle informazioni concernenti:
. l'ammontare complessivo dei dati reddituali dei
contribuenti, presso i comuni;
. le situazioni patrimoniali di coloro che ricoprono
determinate cariche pubbliche o di rilievo pubblico per le quali è spesso
previsto un regime di pubblicità;
. analogamente, le classi stipendiali, le indennità e gli
altri emolumenti di carattere generale corrisposti da concessionari pubblici;
. le pubblicazioni matrimoniali affisse all'albo
comunale;
. notizie relative ad alcuni nati e ad alcuni deceduti
(possono essere rivolte specifiche domande all'ufficiale di stato civile, ma
non si ha ad esempio diritto a ricevere un elenco giornaliero);
. gli esiti scolastici e concorsuali per i quali l'ordinamento
prevede spesso un regime di pubblicità;
. i dati contenuti negli albi professionali;
. i dati contenuti nelle deliberazioni degli enti locali
(per esempio anche mediante l'accesso alle sedute consiliari degli organi
collegiali e la relativa ripresa televisiva);
. la situazione patrimoniale delle società e, in generale,
i dati pubblici presso le camere di commercio.
Questo per quanto riguarda l'acquisizione delle
informazioni. Rimane poi affidata alla responsabilità del giornalista l'utilizzazione
lecita del dato raccolto e quindi la sua diffusione secondo i parametri
dell'essenzialità rispetto al fatto d'interesse pubblico narrato, della
correttezza, della pertinenza e della non eccedenza, avuto altresì riguardo
alla natura del dato medesimo. Il giornalista dovrà valutare, ad esempio, l'eventualità
di non diffondere in certi casi taluni dati relativi agli esiti scolastici,
sebbene pubblici, in ragione dell'opportunità di tutelare gli interessati
(minori e non) dagli effetti negativi che può determinare un'eccessiva
risonanza data al loro risultato.
La legge sulla privacy e lo stesso Codice entrato in vigore il 1°
gennaio scorso non hanno poi "abrogato" i noti limiti generali al diritto di
cronaca che la giurisprudenza ordinaria, da diversi anni, considera
stabilizzati.
Un'utile novità potrà tra l'altro derivare dall'adozione del decreto del
Ministro dell'interno relativo alla legittima comunicazione e diffusione di
informazioni da parte di forze di polizia, ad esempio in caso di incidenti,
eventi tragici, calamità, ecc. (art. 57, comma 1, lett. e), del Codice
privacy).
Diffusione di fotografie
a) Immagini di minori
Le disposizioni che tutelano la riservatezza dei minori si fondano sul
presupposto che la pubblicità dei loro fatti di vita possa arrecare danno alla
loro personalità. Questo rischio può non sussistere quando il servizio
giornalistico dà positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto
familiare in cui si sta formando. Pertanto può ritenersi lecita, ad esempio,
salvo casi assai particolari, la diffusione di immagini che ritraggono un minore
in momenti di svago e di gioco. Resta comunque fermo l'obbligo per il
giornalista di acquisire l'immagine stessa correttamente, senza inganno e in
un quadro di trasparenza, nonché di valutare, volta per volta, eventuali
richieste di opposizione da parte del minore o dei suoi familiari.
Tali principi trovano naturalmente applicazione anche con riferimento alle
immagini che ritraggono personaggi noti insieme ai loro figli, ad esempio nel
contesto di un servizio che voglia testimoniare il rapporto positivo tra gli
stessi.
Anche in tale ambito è comunque affidata al giornalista una prima valutazione
in ordine al rischio che tale spettacolarizzazione possa incidere negativamente
sul minore e sulla sua famiglia. Si dovrà in ogni caso evitare che la
diffusione di tale tipo di dati assuma carattere sistematico: è infatti
evidente la differenza che esiste fra la raccolta occasionale dell'immagine
delle persone che in un dato momento si trovano in un luogo pubblico ed invece
la ripresa sistematica di tale situazione.
Analoghe considerazioni in ordine alla liceità della diffusione possono essere
formulate con riferimento alle immagini di neonati. Esse infatti si
caratterizzano per avere una più ridotta valenza identificativa.
b) Fotografie relative a soggetti ripresi in luoghi pubblici
Di regola, le immagini che ritraggono persone in luoghi pubblici possono essere
pubblicate, anche senza il consenso dell'interessato, purché non siano lesive
della dignità e del decoro della persona. Come il Garante ha precisato nelle
sue pronunce, il fotografo è comunque tenuto a rendere palese la propria
identità e attività di fotografo e ad astenersi dal ricorrere ad artifici e
pressioni indebite per perseguire i propri scopi.
Anche qui il giornalista deve comunque compiere una valutazione caso per caso,
dovendo egli tenere presente il contesto del servizio giornalistico e l'oggetto
della notizia. Ad esempio, la pubblicazione dell'immagine di una signora
anziana, chiaramente identificabile, ripresa al mercato con la spesa, può
ritenersi non pertinente rispetto ad un articolo sulla solitudine degli anziani,
oltre che lesiva della dignità dell'interessata. Diverso il giudizio potrebbe
essere se la stessa foto fosse posta, per esempio, a corredo di un articolo
sulla longevità.
Inoltre, nel documentare con fotografie fatti di cronaca che avvengono in luoghi
pubblici, il giornalista e/o il fotografo sono chiamati a valutare anche quale
tipo di inquadratura scegliere, astenendosi dal focalizzare l'immagine su
singole persone o dettagli personali se la diffusione di tali dati risulta non
pertinente e eccedente rispetto alle finalità dell'articolo.
c) Fotografie degli arrestati e degli indagati
Le foto segnaletiche: anche se esposte nel corso di conferenze stampa
tenute dalle forze dell'ordine o comunque acquisite lecitamente, tali
fotografie non possono essere diffuse se non in vista del perseguimento delle
specifiche finalità per le quali sono state originariamente raccolte
(accertamento, prevenzione e repressione dei reati). Inoltre, anche nell'ipotesi
di evidente e indiscutibile "necessità di giustizia o di polizia" alla
diffusione di queste immagini, «il diritto alla riservatezza ed alla tutela
della dignità personale va sempre tenuto nella massima considerazione».
Tali principi - più volte ricordati dal Garante - trovano conferma in
diverse circolari emanate dalle forze di polizia, oltre ad essere richiamati,
con riferimento alla generalità dei dati personali, nell'art. 25, comma 2 del
Codice privacy.
Le immagini che documentano operazioni di arresto: tali
immagini non possono essere diffuse quando siano lesive della dignità dell'interessato.
Questo principio - che è alla base dei limiti già previsti dall'ordinamento
relativamente alla diffusione di immagini che ritraggono persone in manette o
sottoposte ad altro mezzo di coercizione fisica (si veda anche l'art. 8 del
Codice deontologico) - deve guidare il giornalista nella decisione sulla
diffusione di altre immagini collegate ad operazioni di arresto.
Altre foto a corredo di notizie su arresti, indagini e
processi(es. foto tratte da documenti di riconoscimento, da album familiari,
o scattate nelle aule giudiziarie): in relazione a tali dati, a parte le
prescrizioni che può impartire il giudice durante il dibattimento e le garanzie
previste per le riprese televisive durante il processo, valgono i parametri
generali che guidano il giornalista nell'esercizio della propria attività.
Tra questi parametri ricordiamo quello che impone di acquisire, e
successivamente utilizzare, tali immagini in modo lecito e secondo correttezza,
nonché di diffondere le stesse secondo la dovuta valutazione in ordine alla
loro essenzialità, pertinenza e non eccedenza avuto riguardo alla notizia
riferita. In primo luogo, dunque, al fine di conformarsi ai citati canoni di
liceità e correttezza, sarà necessario informare le persone presso cui sono
raccolte le immagini nonché, ove possibile, gli interessati in merito all'utilizzo
delle immagini acquisite (art. 2 Codice deontologico).
Nomi delle persone nelle cronache giudiziarie
a) Nomi delle persone indagate o sottoposte a giudizio
I nomi degli indagati e degli arrestati, al pari di altre informazioni,
possono essere soggetti al regime di segretezza-pubblicità eventualmente
operante in base alle disposizioni dell'ordinamento processuale penale (segretazione
degli atti del procedimento e del relativo contenuto fino a quando l'imputato
non ne possa avere conoscenza e comunque fino alla chiusura delle indagini
preliminari, nonché nei casi decisi dal giudice; possibile diffusione del
contenuto degli atti non più coperti da segreto).
Tali dati dunque, di regola, possono essere resi noti, fatti salvi i divieti di
diffusione ricavabili dalle suddette disposizioni e ferma restando la necessità
che la notizia sia acquisita lecitamente, ad esempio da una parte che ha già
legale conoscenza di un atto notificato.
La possibilità di diffondere queste informazioni deve tuttavia fare i conti con
alcune garanzie fondamentali riconosciute a tali soggetti. Il giornalista deve
valutare, ad esempio, se sia opportuno rendere note le complete generalità di
chi si trova interessato da un indagine ancora in fase assolutamente iniziale, e
modulare il giudizio sull'entità dell'addebito. A volte, invece, questo
viene descritto senza evidenziare la fase iniziale dell'investigazione, con
problemi non tanto per la riservatezza della notizia, quanto per l'enfasi del
"messaggio" erroneo dato al lettore riguardo al grado di responsabilità
già accertata.
Potrà invece verificarsi anche il caso in cui la diffusione dei nomi delle
persone indagate o sottoposte a giudizio, pure astrattamente possibile, dovrà
essere evitata al fine di tutelare la riservatezza e il diritto alla protezione
dei dati relativi ad altri soggetti coinvolti nell'indagine giudiziaria. Tale
principio potrà trovare applicazione anche al di fuori dei casi in cui i dati
di detti soggetti trovino tutela in un'esplicita disposizione di legge, come
ad esempio avviene per quanto attiene alle vittime dei reati di pedofilia o
violenza sessuale.
In termini generali, va ribadito che l'esigenza di assicurare la trasparenza
dell'attività giudiziaria e il controllo della collettività sul modo in cui
viene amministrata la giustizia devono comunque bilanciarsi con alcune garanzie
fondamentali riconosciute all'indagato e all'imputato: la presunzione di non
colpevolezza fino a condanna definitiva, il diritto di difesa e ad un giusto
processo. Il giornalista sarà perciò tenuto a valutare, volta per volta, gli
elementi che caratterizzano l'episodio di cronaca e che possono far propendere
per una minore o maggiore pubblicità dei dati a seconda della fase delle
indagini, della fase e del tipo di procedimento (es. procedimenti che si
svolgono con la presenza del pubblico, procedimenti in camera di consiglio),
delle caratteristiche del soggetto ritenuto autore del reato.
La diffusione dei nomi di persone condannate e, in
generale, dei destinatari di provvedimenti giurisdizionali deve inquadrarsi nell'ambito
delle disposizioni processuali vigenti, di regola improntate ad un regime di
tendenziale pubblicità. Potranno essere pubblicati, ad esempio - come già
ricordato dal Garante in alcune sue pronunce - l'identità, l'età, la
professione, il capo di imputazione e la condanna irrogata ad una persona
maggiorenne ove risulti la verità dei fatti, la forma civile dell'esposizione
e la rilevanza pubblica della notizia (rilevanza, che può essere tale anche
solo nel contesto locale di riferimento della testata giornalistica).
In confronto ai casi riguardanti gli indagati e gli imputati, i dati dei
condannati possono essere diffusi più liberamente in ragione della minore
incertezza sulla posizione processuale dell'interessato, essendo già
intervenuto su di essa un primo giudizio da parte dell'Autorità giudiziaria.
Tuttavia, anche l'applicazione di tale principio va valutata caso per caso,
dovendo prendere in considerazione, fra l'altro, il tipo di soggetti coinvolti
(ad esempio, persone con handicap o disturbi psichici, o ancora, ragazzi molto
giovani), il tipo di reato accertato e la particolare tenuità dello stesso, l'eventualità
che si tratti di condanne scontate da diversi anni o assistite da particolari
benefici (es. quello della non menzione nel casellario), in ragione dell'esigenza
di promuovere il reinserimento sociale del condannato.
Il giornalista dovrà inoltre verificare volta per volta se la pubblicazione dei
dati identificativi del condannato - in linea generale consentita - debba
nel concreto essere evitata al fine di impedire l'identificazione della
vittima del reato accertato o di altre persone meritevoli di tutela.
Grazie al Codice privacy, l'accesso al pubblico delle sentenze depositate
nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario è più agevole, in
quanto esse potranno essere rese accessibili anche via Internet, tramite il sito
istituzionale dell'ufficio giudiziario (art. 51, comma 2, del Codice),
rendendo superflua una richiesta presentata di persona da chi dovrebbe
altrimenti dimostrare di avere legittimo interesse alla copia.
Nell'effettuare le predette valutazioni, il giornalista non potrà non tener
conto del bilanciamento di interessi effettuato in un altro fronte e cioè che
le sentenze pubblicate per finalità di informatica giuridica (non
giornalistiche, quindi) dallo stesso ufficio giudiziario, oppure da riviste
giuridiche anche on-line, potranno in alcuni casi più delicati non
recare il nome di taluna delle parti o di terzi (minore, delicati rapporti di
famiglia, ecc.: art. 52 del Codice).
b) Nomi delle vittime, dei testimoni e di altre persone
Un particolare rigore nel valutare l'essenzialità dell'informazione
rispetto ad un fatto di cronaca andrà osservato dal giornalista con riferimento
ai nomi delle vittime di reato, anche al di fuori dei casi in cui
sussistono limiti specifici
Nel procedere a tale valutazione possono assumere rilievo, unitamente o
separatamente, il tipo di conseguenze subite da parte della vittima, il decorso
del tempo, la volontà eventualmente espressa dalla stessa nonché i possibili
rischi per la vittima medesima.
In primo luogo, dunque, ragioni di riservatezza e di tutela dei dati potranno
prevalere quando l'episodio di cui l'interessato è stato vittima ha
provocato conseguenze di carattere permanente sulla sua salute fisica e/o
psicologica. In secondo luogo, la stessa cautela dovrà essere adottata quando
il giornalista si trovi a trattare episodi di cronaca verificatisi nel passato:
ciò, al fine di evitare che alla sofferenza pregressa patita dall'interessato
si aggiunga quella di essere sottoposto (nuovamente) alla pubblica attenzione.
Le medesime ragioni di tutela dei dati personali potranno altresì prevalere nei
casi in cui la vittima abbia manifestato la volontà che i propri dati non siano
resi pubblici (fermo restando il fatto che il giornalista può procedere alla
pubblicazione dei diversi dati anche in assenza del consenso da parte degli
interessati). Tale principio trova fra l'altro fondamento nella possibilità,
per ogni soggetto interessato, di opporsi anche in anticipo per motivi legittimi
alla pubblicazione (art. 7, comma 4, lett. a) del Codice privacy).
Infine, il giornalista dovrà tener conto della possibilità che la diffusione
sull'avvenuto reato ai danni di una determinata persona possa comportare
rischi per la stessa, anche in relazione alla possibile ripetizione dello stesso
reato nei suoi confronti.
Anche con riferimento ai nomi dei testimoni (e di
persone che collaborano a vario titolo alle attività di giustizia) - e al di
là dei limiti già previsti da disposizioni specifiche - prevalgono
tendenzialmente ragioni di riservatezza. Pure in questo caso è difficile fare
generalizzazioni, non potendosi escludere la possibilità di diffondere l'identità
e altre informazioni concernenti un testimone quando tale conoscenza sia
essenziale rispetto alla notizia pubblicata.
Riguardo ai nomi di familiari e conoscenti di persone
interessate da vicende giudiziarie, il giornalista, fatta salva la sussistenza
di specifici divieti, potrà eventualmente rendere noti i dati relativi a
persone che risultano direttamente coinvolte in tali vicende, astenendosi invece
dal diffondere i nomi e altre informazioni che riguardino persone che non
risultano coinvolte nelle indagini e che appaiono invece collegate ai
protagonisti dei fatti narrati, ad esempio, solo in ragione di precedenti
relazioni sentimentali e convivenze avute con le stesse, ovvero in virtù di
mere circostanze di fatto (ad es.dovrà essere omessa l'identità di colui che
risulta essere proprietario dell'immobile dove si è consumato un delitto).
Principi questi che hanno trovato più volte richiamo da parte del Garante e
dell'Autorità giudiziaria con riferimento, ad esempio, alla pubblicazione del
contenuto delle trascrizioni di intercettazioni telefoniche e ambientali.
Dati sulla salute e sulla vita sessuale
Particolari cautele sono prescritte al giornalista con riguardo alla
circolazione di informazioni relative allo stato di salute, soprattutto quando
la notizia riguarda persone - anche solo indirettamente identificabili -
interessate da malattie gravi e irreversibili. La necessità di proteggere tali
persone da un'indebita intrusione sui loro fatti di vita e sulle loro scelte
da parte dei mezzi di comunicazione giustificano pertanto gli interventi decisi
dal Garante, come è avvenuto, ad esempio, per il caso della ragazza affetta dal
morbo della c.d. "mucca pazza" o, di recente, per la donna balzata sulle
prime pagine dei giornali per il suo rifiuto di sottoporsi ad un intervento
chirurgico (ritenuto dai medici necessario per la salvarle la vita). Quando
simili informazioni vengono fornite dagli stessi interessati (ad esempio,
mediante un'intervista) il giornalista può invece renderle pubbliche
assicurando in ogni caso che tale operazione non pregiudichi la dignità degli
interessati medesimi.
Le informazioni relative alla sfera sessuale delle persone godono di una
particolare protezione, analogamente a quelle relative allo stato di salute.
Al di fuori di tali ipotesi o di altre analoghe, il giornalista è chiamato ad
effettuare un vaglio particolarmente attento sull'essenzialità di tale tipo
di informazione nel contesto della notizia riportata, allo scopo di tutelare la
dignità degli interessati ed evitare ingiustificate spettacolarizzazioni o
strumentalizzazioni di scelte personali. Ciò, anche quando la notizia riguardi
personaggi pubblici (appartenenti, ad es., al mondo dello spettacolo o dello
sport).
Fermo restando quanto sopra, nel riferire fatti di cronaca collegati ad
abitudini o orientamenti sessuali di una persona si rivelerà in certi casi
opportuno tutelare l'interessato, non solamente mediante l'omissione delle
sue generalità, ma anche evitando di divulgare elementi che consentono una sua
identificazione anche solo nella cerchia ristretta di familiari e conoscenti.
Ciò, in ragione del fatto che le informazioni diffuse possono rivelare aspetti
della vita dell'interessato medesimo, eventualmente non noti alla suddetta
cerchia di persone.
Margini più ampi per la diffusione di dati relativi allo stato di salute o alle
abitudini sessuali - anche in assenza del consenso dell'interessato -
possono essere previsti con riferimento a persone che godono di particolare
notorietà, eventualmente anche in ambito locale, in ragione del ruolo o
funzione ricoperti. Ciò, però, solo quando l'informazione possa assumere
rilievo sul loro ruolo e sulla loro vita pubblica e non vengano diffusi precisi
dettagli. In questi termini potrà, ad esempio, essere rilevante l'informazione
relativa alla malattia che ha colpito un uomo politico o altra personalità di
rilievo pubblico ove ciò sia necessario al fine di informare il pubblico sulla
possibilità che ha lo stesso uomo di continuare a svolgere il proprio incarico.
L'attuazione delle misure organizzative previste per gli organismi sanitari
dall'art. 83 del Codice privacy potrà infine essere di ausilio per chiarire
entro quali limiti possono essere fornite, anche per telefono, informazioni a
familiari e a terzi circa il ricovero, il passaggio in pronto soccorso, il
decesso, ecc. |