La sola presenza di un indirizzo e-mail in un
sito non autorizza l'invio di pubblicità
Dalla Newsletter n. 134 - 08.07.02
La presenza dell' indirizzo e-mail di una persona su un sito Internet non
autorizza le aziende, per il solo fatto di essere pubblico, ad utilizzarlo per
inviare pubblicità.
Lo ha stabilito il Garante affrontando il caso di un docente che si era
visto recapitare una e-mail pubblicitaria al proprio indirizzo di posta
elettronica, presente, per finalità istituzionali, sul sito dell'università
presso la quale insegna. L'interessato aveva fatto presente alla società la
propria contrarietà all'uso dei dati personali che lo rigurardano per scopi
di informazione commerciale. Non soddisfatto delle risposte ricevute, si era
rivolto al Garante per ribadire la sua opposizione all'utilizzo dei propri
dati personali e perché la società si comportasse di conseguenza, chiedendo
inoltre di porre a carico della stessa le spese del procedimento.
Nel corso dell'istruttoria è risultato che la società, nel rispondere
alla richiesta dell'interessato, aveva comunicato di detenere sì nel
proprio data base i dati personali del personale, ma di averli inseriti in una
lista di soggetti non disponibili a ricevere materiale pubblicitario. La
società aveva comunicato, inoltre, di aver desunto l'indirizzo e-mail del
docente dal sito Internet dell'Università.
Il Garante ha ribadito che la pubblicità di alcuni indirizzi, resi
conoscibili attraverso i siti Internet, va collegata agli scopi per i quali
questi indirizzi vengono resi noti. I dati posti a disposizione del pubblico
per circoscritte finalità, ad esempio di tipo istituzionale come nel caso in
esame, non sono, infatti, liberamente utilizzabili per l'invio generalizzato
di e-mail. E questo anche quando le e-mail non abbiano un contenuto
commerciale o pubblicitario.
Per poter procedere all'invio dell'e-mail all'indirizzo di posta
elettronica del docente, la società avrebbe dovuto, dunque, ottenere prima il
suo consenso. Non avendo né richiesto né ottenuto tale
consenso la società ha, pertanto, violato le norme sulla privacy. Di
conseguenza, la società non poteva limitarsi ad inserire il nominativo del
ricorrente in una lista di soggetti non interessati all'invio di messaggi
pubblicitari, ma aveva l'obbligo di cancellare i dati del ricorrente ed
astenersi in futuro dall'utilizzare quei dati per scopi commerciali l'indirizzo
e-mail presso l'università.
L'Autorità ha, dunque, ordinato alla società di conformarsi a queste
indicazioni e ha posto a carico della società, così come richiesto dal
ricorrente, le spese del procedimento, determinate nella misura forfetaria di
250 euro.