Osservazioni
del Garante sul codice di deontologia
presentato
dal Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti
Questo
testo non era destinato alla pubblicazione, ma è stato
tuttavia diffuso da organi di stampa ed è quindi
pubblico. Riteniamo che sia utile riportarlo per intero
per rendere chiari i termini di una discussione la cui
rilevanza va al di là del caso specifico del codice dei
giornalisti (ndr).
Garante
per la protezione
dei dati personali
Roma, li 23
gennaio 1998
Consiglio nazionale
dell'ordine dei giornalisti
Lungotevere de' Cenci, 8
00186 Roma
Oggetto: codice di
deontologia previsto dall'art. 25 della legge n. 675/1996
Con riferimento al testo
consegnato al Garante, si valuta positivamente il
rispetto del termine del 31 dicembre che era stato
indicato a seguito del breve differimento richiesto da
codesto Consiglio nazionale.
Il testo approvato dal Consiglio si inserisce nel
processo di completamento delle garanzie previste dalla
legge n. 675/96, ma per il suo concreto contenuto si
presta ad alcune osservazioni che rendono necessaria una
sua revisione.
Il testo appare infatti difforme dalle disposizioni che
lo prevedono, in particolare sotto tre principali
profili:
1) Le disposizioni
deliberate sembrano voler essere esclusivamente «norme
deontologiche», anziché le norme del «codice
deontologico» previsto dall'articolo 25 della legge n.
675, il quale, invece, assume il rango di una speciale
norma secondaria frutto della convergenza della volontà
del Consiglio nazionale e delle misure di indirizzo
indicate dal Garante. Questa discutibile impostazione del
Consiglio si deduce dalla titolazione del testo, dalla
relativa formula di approvazione, nonché dalla
previsione secondo cui le violazioni sembrerebbero
soltanto «sanzionate in via disciplinare» (articolo10).
Il codice è una norma dell'ordinamento giuridico
generale, e ad essa devono adeguarsi tutti coloro che
esercitino funzioni informative mediante mezzi di
comunicazione di massa; pertanto, il suo rispetto verrà
garantito dai diversi organi pubblici ed ovviamente anche
dall'Ordine per quanto riguarda le sanzioni disciplinari
applicabili ai soli iscritti;
2) Molte delle norme
proposte derogano o sembrano prescindere dal rispetto
delle disposizioni contenute nella legge 675/1996 o in
norme che già ponevano precisi limiti a tutela della
riservatezza e che non sono state certamente abrogate. Ad
esempio, non vengono considerate (e sembrano anzi
contraddette in parte) le disposizioni contro le
interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis
c.p.), o a tutela delle vittime degli atti di violenza
sessuale (arti. 734 bis c.p.), dei minori coinvolti nei
procedimenti penali (articolo 13, d.P.R. 448/1988) e dei
malati di AIDS (art. 5, L. 135/1990).
Inoltre, molte forme di tutela previste dalla legge
675/1996 (come quelle relative ai dati sensibili)
verrebbero ridotte radicalmente dalla previsione secondo
la quale il giornalista potrebbe prescinderne in
determinate situazioni, anche in assenza di modifiche di
alcune norme della legge n. 675.
Ciò non sembra ammissibile, specie mediante una norma
secondaria;
3) In terzo luogo, le
norme proposte appaiono alquanto carenti sul versante di
quello che dovrebbe essere il loro contenuto specifico e
cioè la determinazione di "misure ed accorgimenti a
garanzia degli interessati rapportate alla natura dei
dati" sia ordinari sia sensibili (art. 25 L.
675/96). Si vedano, ad esempio, gli artt. 2 e 6 del testo,
che non individuano una sfera essenziale di tutela degli
interessati. Inoltre, questa mancata specificazione è
evidente per i dati relativi ai minori, o in riferimento
all'uso di tecnologie invasive della riservatezza o che
facilitano comportamenti sleali (ad esempio: uso di
teleobiettivi o di microfoni unidirezionali, captazione
di conversazioni private).
Inoltre, si ricorda che altre disposizioni della legge n.
675 rinviano al codice alcune scelte normative che
dovrebbero essere opportunamente sviluppate (artt. 7,
commi 5 bis, lett. b,e 5 quater, lett. b, L. 675/96).
Si segnala altresì che nella revisione del testo
dovranno essere utilizzati alcuni accorgimenti volti a
evitare incongruenze anche tecniche delle singole
disposizioni.
Su questo piano, si formulano le seguenti osservazioni:
a) le considerazioni
esposte nel preambolo, al di là dell'opinabilità di
alcuni passaggi, non si prestano a essere collocate in
una fonte normativa qual è il codice previsto dall'art.
25 della legge n. 675, e andrebbero semmai collocate in
un altro documento;
b) in aggiunta agli
annunci previsti per rendere più chiara al pubblico
l'esistenza delle basi informative, appare opportuno che
il codice prescriva che i quotidiani e i periodici
indichino gli eventuali responsabili del trattamento o,
comunque, le persone alle quali i cittadini possono
rivolgersi per esercitare i diritti previsti dall'art. 13
della legge;
c) il principio
dell'essenzialità dell'informazione, anche per quanto
riguarda congiunti e soggetti non interessati ai fatti,
è sancito in riferimento ai soli dati sensibili (art. 2)
e non a quelli comuni (art. 3);
d) appare necessario che
il codice tenga conto del principio secondo cui, anche in
presenza di figure pubbliche, il giornalista deve
tutelare una sfera essenziale della riservatezza degli
interessati e la loro dignità e identità personale;
e) il principio affermato
dall'art. 4 del testo, secondo cui spetta al giornalista
il giudizio ultimo sulla valutazione dell'esistenza di un
interesse per il minore, è previsto dalla Carta di
Treviso solo "per i casi ove manchi una univoca
disciplina giuridica". L'art. 4 non è neppure
coerente al principio affermato dalla Carta
(esplicitamente richiamata dal testo), secondo cui la
pubblicazione nell'interesse del minore presuppone,
comunque, l'assenso dei genitori;
f) non appare accettabile il principio secondo cui la
ricorrenza di "rilevanti motivi di interesse
pubblico" potrebbe giustificare la pubblicazione di
immagini lesive finanche della dignità della persona;
g) le misure e gli
accorgimenti a garanzia degli interessati da inserire nel
codice dovrebbero essere modulate meglio in base alla
natura dei dati, tenendo in maggiore considerazione, ad
esempio, il diritto alla riservatezza per quanto riguarda
l'insorgenza di determinate malattie gravi o terminali
delle persone che non hanno alcuna funzione o rilievo
pubblico;
h) l'art. 9 dello schema
è del tutto superfluo in quanto si limita a ripetere un
principio già affermato in termini più precisi dalla
legge.
Il Garante resta a
disposizione per ogni ulteriore chiarimento ed invita
codesto Consiglio a completare la riformulazione del
testo in tempi brevi, e comunque entro il 10 febbraio
p.v.
IL PRESIDENTE
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