I dipendenti possono modificare in
maniera autonoma le password loro assegnate a protezione dei dati
conservati nei computer.
Lo ha ricordato l'Autorità in risposta
ad un quesito rivolto da alcuni dipendenti di una società privata che
hanno chiesto di sapere se è conforme alla normativa in materia di
misure di sicurezza il divieto, imposto dalla società ai lavoratori che
utilizzano strumenti informatici, di cambiare autonomamente la password
loro singolarmente assegnata.
L'Autorità ha innanzitutto ricordato che
la legge n.675 del 1996 ha previsto l'obbligo di custodire e controllare
i dati utilizzati mediante l'adozione di idonee misure di sicurezza,
individuate alla luce dell'evoluzione delle conoscenze tecnologiche, in
relazione alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del
trattamento, in modo tale da ridurre al minimo i rischi di distruzione
delle informazioni, perdita accidentale, accesso non autorizzato,
trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
La mancata predisposizione di tali misure comporta la responsabilità
per i danni che si dovessero eventualmente causare.
Il regolamento sulle misure minime di
sicurezza, emanato con il d.p.r. n.318 del 1999, richiede poi l'adozione
di una parola chiave per l'accesso ai dati, la quale deve essere fornita
al personale incaricato del trattamento quando esso è effettuato
tramite strumenti elettronici o, comunque, automatizzati.
Alla luce di questo quadro normativo, al
dipendente deve essere consentito di procedere autonomamente alla
sostituzione della parola chiave, quando ciò è tecnicamente possibile
in base alle caratteristiche degli elaborati, previa comunicazione ai
soggetti preposti alla custodia delle password.
La prescritta comunicazione della
sostituzione delle chiavi al personale preposto alla custodia deve
essere effettuata con modalità tali da non consentire la facile
conoscibilità della password, ma da renderla in casi particolari
accessibile da parte dell'azienda o dell'amministrazione pubblica per
interventi consentiti dalla legge, come nel caso di assenza o di
impedimento del dipendente: un esempio può essere quello della
comunicazione in busta chiusa.
Tali modalità consentono di proteggere i
dati personali dalla possibile intrusione da parte di soggetti non
legittimati all'accesso, permettendo contestualmente al titolare del
trattamento di accedere in caso di necessità e di urgenza alle
informazioni contenute nella memoria del computer per utilizzi
consentiti dalla legge.
In caso di elaboratori accessibili in
rete, ha poi precisato il Garante, oltre alla parola chiave è
necessario utilizzare i codici identificativi assegnati, come previsto
dal d.p.r. 318, ad ogni utente della rete.