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 Il diritto di accesso

Brevi note sul valore delle pubblicazioni elettroniche nei concorsi
di Francesco Brugaletta* - 08.01.98
Versione 1.0

1. La situazione oggi - 2. La giurisprudenza - 3. Le questioni aperte -4. Conclusioni

1. La situazione oggi

Nei bandi di concorso e in particolare in quelli universitari, si trova in genere la seguente clausola:
"gli aspiranti che siano in possesso di eventuali titoli didattici e scientifici dovranno inoltre allegare alla domanda:
elenco in duplice copia dei documenti e delle pubblicazioni.
Per i lavori stampati all'estero deve risultare la data e il luogo di pubblicazione.
Per i lavori stampati in Italia devono essere adempiuti gli obblighi previsti dall'art. 1 del decreto legislativo luogotenenziale 31.8.45 n. 660 ai sensi del quale "ogni stampatore ha l'obbligo di consegnare, per qualsivoglia stampato o pubblicazione, quattro esemplari alla prefettura e uno alla procura".

Quella che viene richiamata è la legge oggi vigente sul deposito obbligatorio delle pubblicazioni e, come tante volte ancora accade, si tratta di una disciplina risalente al 1939 in quanto le legge, per così dire madre, è la L. 2 febbraio 1939, n. 374 ("Norme per la consegna obbligatoria di esemplari degli stampati e delle pubblicazioni") pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 6 marzo 1939, n. 54 e modificata in piccola parte dal decreto luogotenenziale n. 660 del 31 agosto 1945.

La suddetta legge (così come modificata dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 31 agosto 1945, n. 660) all'art. 1 così recita:
"Ogni stampatore ha l'obbligo di consegnare per qualsivoglia suo stampato o pubblicazione, quattro esemplari alla Prefettura della Provincia nella quale ha sede l'officina grafica ed un esemplare alla locale Procura del Regno.
L'obbligo comprende anche ogni successiva edizione o ristampa con qualsivoglia modificazione nel contenuto o nella forma. Per ogni ristampa identica alla pubblicazione precedente basta la consegna di un esemplare alla Prefettura.
La consegna deve essere fatta prima che stampati e pubblicazioni siano posti in commercio o in diffusione o distribuzione e che alcuna copia sia rimessa al committente o ad altra persona.
Se la consegna è fatta a mezzo della posta valgono, per ogni specie di stampati e pubblicazioni, le agevolazioni previste dal R. D. 27 settembre 1923, n. 2187, e successive modificazioni".

Inoltre, l'art. 7 del D.Lgs.Lgt. 31 agosto 1945, n. 660 così dispone:
"Spetta al Prefetto di vigilare sulla rigorosa osservanza delle disposizioni relative alla consegna obbligatoria degli stampati e delle pubblicazioni. Egli è assistito in questa funzione dal capo della biblioteca pubblica del capoluogo della provincia o da persona idonea designata dal Ministero della pubblica istruzione".

A sua volta l'art 5 della legge 374/39 così recita:
"Ogni esemplare delle pubblicazioni e degli stampati soggetti all'obbligo della consegna deve portare, sul frontespizio, o, in mancanza di questo, sull'ultima pagina del testo, l'esatta e ben visibile indicazione:
1. del nome e del domicilio legale dello stampatore, ovvero, nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 9, dell'editore;
2. dell'anno, per l'era cristiana e per l'era fascista (n.d.a.: L'indicazione dell'annuale fascista è stata soppressa dall'art. 2, secondo comma, R. D. L. 2 agosto 1943, n. 704 ), di effettiva pubblicazione".

E l'art 9 della stessa legge così continua:
"Agli effetti della presente legge, s'intende per stampatore ogni persona od ente che riproduca, a scopo di diffusione o di semplice distribuzione, uno scritto o una figura per mezzo della tipografia, litografia, fotografia, incisione o con qualsivoglia altro procedimento.
Negli obblighi dello stampatore subentra l'editore quando si tratti di pubblicazioni cui abbiano comunque concorso officine diverse o che, edite nel Regno, siano state, in tutto o in parte, stampate all'estero. Si considera editore l'autore che curi direttamente la pubblicazione dell'opera".

Infine l'art. 15 della medesima legge dispone:
"Il Governo del Re è autorizzato a coordinare e riunire in T. U., con ogni opportuna norma integrativa, le disposizioni della presente legge e di ogni altra sulla materia contemplata dall'articolo 13".

Non ci vogliono eccessivi sforzi per capire che la disciplina, che per sommi capi ho riportato, è intrinsicamente condizionata dagli orientamenti politici dell'epoca che avevano più a cuore le finalità di controllo politico sulla pubblicazioni a stampa rispetto a quelle della promozione della cultura e della libera informazione.
Questa consegna degli esemplari d'obbligo alle Prefetture e da queste alle biblioteche destinatarie finali, poi, come ha denunciato l'A.i.b. (Associazione italiana biblioteche il cui sito, che val la pena di consultare, si trova su Internet all'indirizzo
http://www.aib.it) non solo "risponde ad una logica anacronistica, ma determina gravi ritardi nelle biblioteche, sia nella disponibilità per il pubblico delle opere, sia nella diffusione dell'informazione mediante i servizi bibliografici nazionali".
E che si tratti di una disciplina superata (a causa del decorso del tempo e del mutato orientamento politico e culturale nonché, come vedremo più avanti, per l'affermarsi delle innovazioni tecnologiche) è inequivocabilmente dimostrato dal fatto che sono all'esame del parlamento proposte di modifica e di aggiornamento sostanziale della disciplina (cfr: Disegno di legge sul deposito legale, Atto Camera 3610: "Norme relative al deposito legale dei documenti d'interesse culturale destinati all'uso pubblico").

2. La giurisprudenza.

Una recente massima della Corte dei Conti (Sez. VI, sent. n. 981 del 14-06-1994) sulle condizioni per la valutabilità delle pubblicazioni, emblematica di un orientamento costante nel panorama giurisprudenziale, così recita:
"Ai fini della valutabilità dei titoli in un concorso a professore universitario è necessario adempiere agli obblighi di cui all'art. 1 del D.Lgs.Lgt. 31 agosto 1945 n. 660 e all'art. 5 della legge 2 febbraio 1939 n. 374, concernenti la consegna degli stampati alla Prefettura ed alla Procura della Repubblica e l'indicazione dello stampatore ed editore e dell'anno di pubblicazione" (Cfr., nello stesso senso, Cons. Stato, VI Sez., 6 marzo 1957 n. 97, T.A.R. Lazio, I Sez., 13 febbraio 1980 n. 190 e 17 maggio 1978 n. 474, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1980, I, 864, e 1978, I, 2468).

Poniamoci le seguenti domande.
Perché anche la giurisprudenza si ancora a questo rigore formale?
Perché richiede un adempimento meramente burocratico per radicare la sussistenza del titolo scientifico?
Questa la risposta: da un lato perché ritiene che l'espressa previsione, contenuta nel bando, dell'onere di allegare le pubblicazioni, per le quali si sia già provveduto alla preliminare consegna delle copie stampate a chi di obbligo, costituisce una prescrizione tassativa, la cui elusione non consente la valutazione di pubblicazioni cartacee ancora in attesa di essere materialmente stampate, anche al fine di non alterare la par condicio dei concorrenti, in relazione alla perentorietà del termine di presentazione dei documenti.
Ma non è solo questa la preoccupazione della giurisprudenza; in molte sentenze si evince la tendenza a stabilire uno steccato certo per escludere quelle opere che non possono essere considerate pubblicazioni perché ancora non suscettibili di divulgazione e perciò vengono escluse le pubblicazioni in itinere come ad esempio le bozze di stampa o quelle presentate in copie dattiloscritte o semplicemente manoscritte o anche riprodotte in ciclostilato (cfr: Cons. Stato, IV Sez., 30 maggio 1962 n. 391, Cons. Stato, VI Sez., 16 febbraio n. 101, T.A.R. EmiliaRomagna 26 ottobre 1984 n. 396, T.A.R. Lazio, I Sez., 17 maggio 1978 n. 474.).
In definitiva condizione essenziale per la valutabilità delle pubblicazioni a stampa è che il lavoro sia stato effettivamente stampato, che la stampa contenga tutte le indicazioni idonee a stabilire la paternità nonché la data del finito di stampare e infine che il lavoro edito a stampa sia potenzialmente divulgabile dopo il prescritto preliminare deposito delle copie.
Inoltre per quanto riguarda gli articoli, in linea di principio, si è ritenuto valutabile l'estratto di stampa, il quale presuppone l'avvenuta stampa ed è di per sé idoneo a provare quest'ultima (CFR: C. Stato, sez. VI, 16-03-1993, 248/1993).
Una parte della giurisprudenza ha affrontato la questione della possibilità di ricomprendere tra le pubblicazioni anche generi diversi dalle pubblicazioni a stampa e, nelle fattispecie esaminate (in genere partecipazione a seminari e convegni) si è orientata negativamente.
Ad esempio Tar Reggio Calabria n. 822 del 25 ottobre 1994 così recita: "Per pubblicazioni da esibire e valutare in sede di pubblico concorso devono intendersi gli elaborati che hanno ricevuto la diffusione propria dei lavori a stampa; pertanto, non possono essere ricomprese in tale categoria le mere comunicazioni presentate in occasione di un convegno nel caso in cui non siano state poi raccolte tra gli atti pubblicati del convegno stesso " (conformi: Cons. St., VI, 20.4.91 n. 205 e 31.3.87 n. 184).

3. Le questioni aperte

Oggi tuttavia si apre una grossa questione quando si confronta la riferita disciplina alla realtà odierna.
La realtà odierna ci dice, infatti, che non si può non tener conto delle nuove forme di pubblicazione che usano strumenti di divulgazione del pensiero diverso dalla carta.
Oggi la pubblicazione diversa da quella cartacea si è diffusa moltissimo ed è nel complesso prevalente rispetto a quella che usa il tradizionale supporto (si pensi ad esempio alle incisioni e registrazioni sonore, alle videoregistrazioni, ai film di lungometraggio, di cortometraggio e di attualità, ai programmi radio e teletrasmessi e, poi, a tutte le pubblicazioni elettroniche su floppy, su cd rom o diffuse tramite BBS o via reti - Internet in primo luogo -).
Esaminando per brevità solo le pubblicazioni digitali presenti su Internet (che a loro volta possono essere scritte, in video o in sonoro o combinate fra loro) esse non solo risultano ormai diffusissime a livello planetario ma manifestano una tale superiorità rispetto al tradizionale supporto cartaceo da far ritenere senza difficoltà che si tratta del mezzo di trasmissione del pensiero che caratterizzerà il terzo millennio.
Basti pensare che una pubblicazione su Internet si può leggere da ogni angolo del globo; che la tecnica dell'ipertesto può consentire di cliccare sul nome dell'autore e trovare, in tempo reale, la scheda biografica e tutte le altre opere realizzate che si trovano in rete e che possono essere consultate; che la lettura del documento ipertestuale è molto più comoda e veloce (c'è il riferimento ad una legge o ad una sentenza? basta cliccare e si potrà consultare la legge o la sentenza senza alcuno sforzo di ricerca).
E così via.

Bernard J. Hibbitts nel suo "Yesterday Once More Skeptics, Scribes and the Demise of Law Reviews" (la traduzione ad opera della rivista giuridica on line "Diritto & Diritti" si trova all'indirizzo Internet http://www.diritto.it) così esemplifica:
"I benefici del Web, in quanto tribuna di autopubblicazione, sono per definizione qualcosa di più tecnico ma sempre di estrema importanza.
Nel Web, gli studiosi di legge possono costruire documenti in ipertesto facendo direttamente dei collegamenti, possibilmente non lineari, tra le fonti e le idee, cosa questa difficile, se non impossibile, con le citazioni stampa.
Nel Web non dobbiamo pagare o dipendere da editori per la ristampa dei nostri lavori: possiamo fornire ai nostri lettori dei documenti elettronici che possono essere da loro letti, salvati, stampati e persino annotati per farne successivamente uso.
Nel Web possiamo scrivere e presentare a colori, arricchendo e animando i nostri articoli e sviluppando contemporaneamente nuovi modelli di organizzazione dei nostri messaggi.
Nel Web possiamo usare il multimedia in modo efficace inserendo grafici, audio e filmato non solo per rendere la nostra materia più incisiva, più memorabile e persino più accessibile, ma per mettere in evidenza quegli aspetti visivi e sonori del processo giuridico impossibili per la stampa tradizionale.
Nel Web, possiamo accelerare la divulgazione del nostro lavoro evitando i ritardi della distribuzione per posta.
Nel Web possiamo raggiungere una audience internazionale ed interdisciplinare ampliando ampiamente il raggio della nostra influenza di dottrina.
Infine, grazie alla capacità del Web di supportare le e-mail , possiamo comodamente stimolare e ricevere le opinioni dei lettori riguardo i nostri lavori a cui possiamo a nostra volta rispondere.
Possiamo anche allegarle ai nostri lavori come fonte di informazione per futuri lettori, e/o usarle come spunto per una revisione e un miglioramento dei lavori stessi.
Il sistema elettronico di comunicazione tra gli studiosi permette di sviluppare il dialogo e il dibattito il quale, per quanto raramente attuato nella pratica recente, è stato sempre considerato in teoria il criterio e la base di una valida dottrina".

4. Conclusioni.

A mio avviso il problema della valutabilità nei concorsi delle pubblicazioni elettroniche va affrontato da un punto di vista sostanziale, tenendo conto delle linee evolutive generali nonché dei principi desumibili dall'intero quadro normativo visto anche de jure condendo.
Innanzitutto una cosa è certa: il concetto di pubblicazione delle opere scientifiche è più ampio e non coincide con quello delle pubblicazione a stampa (questo vale a maggior ragione oggi con l'avvento del cyberspazio).
Tant'è che lo stesso art. 6 della convenzione universale per il diritto d'autore, adottata a Parigi il 24 luglio 1971 e ratificata con L. 16 maggio 1977 n. 306, precisa che per «pubblicazione» si intende "la riproduzione in forma tangibile e la messa a disposizione del pubblico di esemplari dell'opera che ne permettano la lettura o la conoscenza visiva".
E non si può non considerare anche in questa sede la rilevanza dell'inserimento nell'ordinamento giuridico di una norma come l'art. 15, comma 2 della L. 15 marzo 1997, n. 59 ("Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge").
D'altronde insegna il Consiglio di Stato (cfr: C. Stato, sez. V, 07-04-1995, 533/1995) che la valutazione delle pubblicazioni scientifiche e l'assegnazione del relativo punteggio sono riservate all'apprezzamento discrezionale della commissione giudicatrice e che la valutazione delle pubblicazioni deve essere adeguatamente motivata in relazione all'originalità della produzione scientifica, alla continuità e ai contenuti dei singoli lavori.

Traendo le conseguenze di quanto asserito risulta quanto segue:
1. la disciplina prevista dalla legge e richiamata nei bandi e la stessa giurisprudenza come sopra esaminata si può riferire solo alla pubblicazioni a stampa e non alle pubblicazioni effettuate con altri mezzi o supporti (la stessa giurisprudenza sopra vista che esclude dal campo delle pubblicazioni gli interventi e le comunicazioni ai congressi non può costituire un precedente negativo nei confronti di forme di pubblicazioni, come sono quelle elettroniche e quelle nel web, che hanno identiche finalità di quelle su carta e un campo di azione addirittura superiore);
2. le pubblicazioni effettuate con mezzi diversi dalla stampa sono suscettibili di essere valutate senza la necessita di osservare le formalità previste per i lavori a stampa;
3. le pubblicazioni di opere elettroniche possono essere dimostrate con qualsiasi mezzo atto a dare certezza che il lavoro è stato effettivamente realizzato, che vi siano tutte le indicazioni idonee a stabilirne la paternità e infine che il lavoro sia divulgato (ad esempio un'opera su CD Rom può essere dimostrata con lo stesso CD Rom ed una dichiarazione dell'editore circa l'avvenuta divulgazione; un articolo in una rivista elettronica su Internet con il rilascio del relativo estratto su floppy disk e così via).
Per completare la disamina poi è ovvio che nessuna difficoltà può sorgere per valutare la pubblicazione elettronica compresa nel curriculum di un candidato.
Ma stiamo attenti: anche le attuali conclusioni sono provvisorie e suscettibili di mutamento alla luce dell'evoluzione continua delle tecnologie dell'informazione, e non può essere diversamente, atteso che la società del duemila non può pensare di essere regolata da leggi incapaci di tenere conto dell'evolversi delle innovazioni (sarà la volta della Technolaw? e del Technojus?).
Ha ragione Hibbitts: fra qualche anno (pochi o molti non si sa), all'interno di un ambiente Internet, "l'articolo" o "il libro" che da tempo è stato la forma dominante della trasmissione del sapere avrà probabilmente ceduto il posto a qualcosa di più affine a ciò che potremmo oggi chiamare un "seminario multimediale".