<www parlamento.it> waiting
to reply...
di Manlio Cammarata (Dall'articolo pubblicato
sul n. 156 di MCmcrocomputer - novembre 1995)
Intervista a Alessandro Massai
Cioè: in attesa di risposta, come sanno i
frequentatori del World Wide Web. Un'attesa che sarà breve per quanto riguarda
il Senato, mentre per la Camera si prospettano tempi lunghi, fatti di studi e di
perplessità.
"Thomas non abita qui", avevo
intitolato un mese fa l'articolo in cui descrivevo sommariamente le condizioni
della comunicazione istituzionale in Italia, in confronto a quella di altri
paesi, in particolare gli Stati Uniti. Thomas, per chi non lo ricordasse, è il
nome del "sito" del Congresso USA, attraverso il quale qualsiasi
cittadino può avere informazioni sull'attività parlamentare, ricercare testi
normativi, avanzare domande e proposte ai molti parlamentari che hanno un
indirizzo di posta elettronica. E da Thomas può accedere ad altri enti
pubblici: moltissimi dipartimenti dell'amministrazione americana (i nostri
ministeri) sono presenti sul Web e offrono anche la possibilità di collegarsi
con singoli uffici, sempre in forma interattiva, o addirittura di inviare
messaggi a singoli funzionari. Chi è interessato ai dibattiti sulle autostrade
dell'informazione, per esempio, trova una quantità di notizie sul Web della
National Information Infrastructure, la commissione voluta da Clinton e Gore per
guidare il cambiamento, o su quello della Federal Communications Commission, e
via discorrendo.
C'è da ricordare che il World Wide Web è un immenso ipertesto, nel quale si
può "navigare" partendo da un punto qualsiasi e costruire un percorso
informativo personale. Per restare all'esempio degli USA, a Thomas si può
arrivare dalla Casa Bianca o dalla Biblioteca del Congresso, e viceversa, come
da qualsiasi altro sito dell'amministrazione. Chi vuole fare la prova, parta dal
Web della Casa Bianca (http://www.whitehouse.gov), per fare l'esempio più
semplice, e faccia clic su "Executive Branch". Si troverà di fronte a
una "Guida interattiva per il cittadino", dalla quale potrà spaziare
in lungo e in largo per tutta la pubblica amministrazione USA (con grande
soddisfazione di Telecom Italia)...
In molte altre nazioni è possibile dialogare per via telematica con le
istituzioni e la pubblica amministrazione: in Canada sempre attraverso Internet,
in Francia con il Minitel. E tutto quello che riguarda l'Unione Europea può
essere trovato su diversi siti di Strasburgo (per il Parlamento) e di Bruxelles
(per la Commissione).
E in Italia?
I mediatori dell'informazione
In Italia è di alcuni mesi la notizia che il
Senato sta installando un Web, attraverso il quale fornire ai cittadini notizie
sull'attività parlamentare e i testi dei disegni di legge (a proposito: al
Senato i testi legislativi in discussione si chiamano "disegni di
legge", invece alla Camera la definizione si applica solo a quelli del
Governo, mentre quelli di iniziativa dei deputati sono "proposte di
legge").
In realtà l'informazione parlamentare in Italia non è assente. C'è un
Servizio Informazioni Parlamentari (che risponde ai numeri (06) 6806 2591, 6706
2779, 6706 2479; perché non c'è un "numero verde"?), molto
efficiente, al quale si possono anche chiedere i testi stampati delle proposte
legislative. Ci anche sono le pagine di Televideo del Senato e della Camera dei
Deputati, che danno puntualmente notizia delle attività in corso. È
significativo però che sull'elenco telefonico di Roma alla voce
"Parlamento" si trovino solo un'agenzia di stampa e una società
"Parlamento Multimedia", che dovrebbe essere una scuola privata
(risponde una segreteria telefonica).
E qui arriviamo al punto centrale del discorso: la maggior parte delle
informazioni sul Parlamento arriva ai cittadini attraverso gli organi di
informazione, giornali, radio e televisioni. È un'informazione di seconda o
terza mano, mediata quasi sempre da interessi di parte o da improbabili filtri
di "par condicio". Fra l'altro, il cittadino non sa quando una notizia
proviene dagli uffici stampa istituzionali, e quindi può essere considerata
attendibile, o quando è diramata dagli uffici dei partiti, delle correnti o dei
singoli parlamentari, o addirittura se è frutto di indiscrezioni, notizie colte
al volo e non verificate e così via.
Un altra conseguenza dell'insufficienza della comunicazione istituzionale è lo
sviluppo di iniziative private, che sono naturalmente portate a curare gli
aspetti commerciali più di quelli sostanziali, con possibili distorsioni
dell'informazione. C'è di più: alcune banche dati pubbliche, come Guritel (la
Gazzetta Uffiiciale), Italgiure Find della Corte di Cassazione e gli stessi
sistemi informativi parlamentari, sono disponibili solo per pochi eletti, che
possano giustificare il loro interesse, si sottopongano a una trafila
burocratica e sborsino cifre non indifferenti. Per trovarsi poi di fronte a
complicati sistemi di interrogazione, scritti per gli specialisti. Insomma,
l'informazione pubblica gestita nella più stretta ottica
"proprietaria".
Invece è necessario che ciascuno possa accedere direttamente, e gratis o quasi,
alla fonte delle informazioni, e anche inviare senza intermediari alle
istituzioni e alle amministrazioni le proprie richieste o proposte. E per questo
il modello Internet, in velocissimo sviluppo, costituisce uno strumento di
ineguagliabile efficacia, verso quella che viene chiamata "democrazia
elettronica".
Va detto anche che la diffusione di questo modello presenta un grave rischio,
già presente nella comunicazione televisiva: quello dell'evoluzione verso forme
di "democrazia del sondaggio", nella quale i parlamentari tengano
conto dei risultati delle indagini statistiche sugli umori della gente più che
dell'interesse della collettività. È vero che la cura del collegio elettorale
e di interessi particolari influenza da sempre l'attività politica (come si
può capire, appunto, scorrendo gli atti parlamentari o leggendo i libri di
storia), ma estendendo senza limiti il ricorso al sondaggio telematico,
soprattutto se non accompagnato da un'informazione corretta e completa, si
rischia di confondere la politica con il marketing e la comunicazione
istituzionale con la pubblicità.
Al Senato si lavora
Chiudiamo la digressione e torniamo al Senato:
forse quando questo numero di MCmicrocomputer giungerà in edicola, forse si
potrà avere una risposta dalla URL http://www.senato.it, altrimenti potrebbe
essere questione di qualche settimana. Mentre scrivo il Web è in fase
sperimentale interna, ma il mail server funziona già a pieno ritmo e la posta
elettronica si sta diffondendo nei severi uffici di Palazzo Madama e Palazzo
Giustiniani (dove è situato il CED del Senato).
In realtà questo Web è solo una parte di un'iniziativa più ampia, di un Web
comune alle due Camere. Nei mesi passati era stato predisposto un protocollo
d'intesa tra le due presidenze, che riguardava anche Internet, ma poi alla
Camera è mancata l'approvazione definitiva e tutto si è fermato (più avanti
vediamo perché).
A Palazzo Giustiniani si lavora invece a pieno ritmo per rendere consultabili le
banche dati esistenti e mettere a punto altre iniziative. Tra i primi archivi
che dovrebbero essere disponibili c'è quello, interessantissimo per gli
studiosi delle istituzioni parlamentari, degli Statuti medioevali, una raccolta
unica al mondo. Nella fase iniziale sarà possibile consultare anche il
"Libretto dei Senatori", oltre alle informazioni sui lavori
dell'assemblea già disponibili sul Televideo, e i testi dei disegni di legge.
Sulla diffusione degli interventi dei Senatori c'è invece un discorso diverso.
I testi stenografici, che costituiscono il nucleo degli "Atti
parlamentari" delle assemblee in tutte le nazioni, sono disponibili in
genere il giorno successivo. Ma in Italia c'è un'istituzione particolare,
quella dei "resoconti sommari", che ha un'origine storica:
all'Assemblea Costituente non c'era un numero sufficiente di stenografi, e
quindi un certo numero di dipendenti fu addestrato a sintetizzare rapidamente il
contenuto dei discorsi. Oggi la "resocontazione" è un'attività di
grande importanza, affidata a specialisti, perché costituisce la materia prima
sulla quale nella maggior parte dei casi lavorano i giornalisti. Però in questo
modo al pubblico arriva un'informazione "di terza mano",
dall'intervento al resoconto e dal resoconto alla cronaca, con tutti i problemi
di completezza, esattezza e obiettività che comporta questo schema di
informazione.
"Stiamo studiando un sistema diverso - dice il professor Carlo Pinzani,
responsabile dei sistemi informativi del Senato - per far arrivare al pubblico
un'informazione diretta, attraverso dei veri e propri flash, di una cronaca
dall'interno dell'istituzione".
È questo che i cittadini vogliono, o che vorranno presto, appena l'accesso
diretto alle istituzioni si diffonderà tra la gente. Che, subito dopo, vorrà
anche rivolgersi direttamente ai propri eletti. E il collegio elettorale si
curerà anche attraverso un indirizzo di posta elettronica...
Ma del Web del Senato parleremo più in dettaglio tra qualche tempo, quando
sarà in funzione. Vediamo invece la situazione alla Camera dei Deputati, dove
il passaggio all'informazione in rete viene visto in maniera molto più
problematica.
È vera democrazia?
Tra i due Palazzi al centro di Roma ci sono poche
centinaia di metri, ma nel breve percorso che porta da Palazzo Madama a
Montecitorio l'atmosfera cambia completamente.
La presidenza della Camera non sottovaluta il problema dell'informazione diretta
sull'attività parlamentare: lo prova, fra l'altro, l'istituzione del
"numero verde", voluta dalla presidente Pivetti e lanciata il 1.
giugno scorso con grande clamore, con Pivetti in persona a rispondere al
telefono davanti alle telecamere (scusate una parentesi: per me l'onorevole
Irene Pivetti è "la" presidente, e non "il" presidente
della Camera; la maschilizzazione delle cariche, a mio avviso, non favorisce le
donne nel raggiungimento della completa parità con gli uomini).
Eppure proprio la presidente avrebbe intimato lo stop al progetto del Web "parlamento.it".
La spiegazione è nell'intervista con il responsabile dell'ufficio stampa di
Montecitorio, Alessandro Massai, riportata qui di seguito. Che impone alcune
considerazioni.
Massai introduce tre domande cruciali: se l'accesso indiscriminato alle reti
telematiche sia vera democrazia, se chi ha l'accesso ai nuovi sistemi possa
rappresentare una popolazione che, nella sua maggioranza, non lo ha, infine chi
guida i cittadini attraverso l'utilizzo privato, e in certi casi oligopolistico
delle reti e dei contenuti.
Sono problemi reali, che coinvolgono l'essenza stessa della futuribile
"democrazia elettronica", indipendentemente dalla forma che essa
potrebbe assumere. Sulla prima questione vorrei osservare che fino a questo
momento lo sviluppo di Internet è stato fondato proprio sull'accesso
"indiscriminato", costituendo quella che oggi si presenta come una
reale "democrazia informativa". L'assenza di barriere all'accesso è
la prima garanzia della democraticità di un sistema, non solo telematico; ma è
necessario distinguere tra l'accesso alle reti e l'accesso ai contenuti. Il
secondo, oggi, è libero, basta avere un PC e un modem, e saperli usare, e
stipulare un abbonamento con uno dei tanti fornitori di connettività, che nei
paesi industrializzati lavorano in regime di (feroce) concorrenza. I fornitori
di connettività devono stipulare abbonamenti con i proprietari dei cavi, e
anche qui la concorrenza è già aperta. Tuttavia non si può trascurare la
possibile futura creazione di posizioni dominanti (in Italia potrebbero derivare
dallo sviluppo di Interbusiness, l'offerta Internet di Telecom), il cui abuso
potrebbe determinare discriminazioni, soprattutto attraverso la struttura delle
tariffe. Ma le autorità anti-trust nazionali e internazionali possono e devono
sventare questo rischio.
Dunque nell'attuale situazione italiana questo aspetto non dovrebbe ostacolare
il libero accesso dei "cittadini telematici" ai sistemi informativi
parlamentari.
Il secondo punto è più delicato: nel momento in cui al Web del Parlamento e ad
altri sistemi informativi istituzionali giungano stimoli da parte degli utenti
telematici, si deve ritenere che essi rappresentino il punto di vista della
maggioranza dei cittadini? Evidentemente no, perché la telematica è ancora
troppo poco diffusa. È necessario quindi stabilire regole per evitare
l'utilizzo improprio, soprattutto a fini propagandistici, dei contenuti dei
messaggi dei cittadini. Questo è un punto che non riguarda solo la presenza
delle istituzioni su Internet, ma i mezzi di comunicazione in generale.
La terza domanda è altrettanto fondata, e coinvolge un aspetto fondamentale
della società dell'informazione: quello che possiamo chiamare della
"alfabetizzazione tecnologica", che metta i cittadini in grado non
solo di utilizzare gli strumenti, ma soprattutto i contenuti. Ma qui credo che
il discorso del responsabile della comunicazione della Camera finisca col
dimostrare il contrario della premessa: proprio l'avvio di un sistema di
comunicazione istituzionale, controllato nei contenuti e nei modi di
interrogazione come può essere un Web parlamentare, potrebbe costituire la
chiave di volta dell'alfabetizzazione tecnologica. Il primo aspetto da curare
sarebbe la messa a punto di stimoli all'accesso prima, e di facilitazioni per il
collegamento e l'interrogazione poi.
La disponibilità delle informazioni parlamentari sul Web potrebbe accelerare
l'alfabetizzazione tecnologica degli italiani, come è avvenuto parecchi anni fa
in Francia con il Minitel. Il treno del Videotel è ormai perso
irrimediabilmente. Frenare lo sviluppo della telematica potrebbe avere
conseguenze devastanti, ancor più di quelle sorte vent'anni fa con l'assurdo
divieto della TV a colori, che ha rallentato lo sviluppo dell'industria dei
media e ha messo a terra quella dell'elettronica, con conseguenze che paghiamo
ancora oggi.
Un'altra indicazione di Massai mi lascia perplesso: quella relativa allo studio
di sistemi alternativi, come l'interattività con la TV per mezzo del telefono.
Dovunque è iniziata la migrazione di tutti i media verso il modello Internet.
Nei negozi stanno arrivando i teleputer, i televisori-PC che consentono di
passare in un istante da Pippo Baudo a Internet. Perché spendere tempo e
risorse su mezzi che tra pochissimo tempo apparterranno al passato, visto che
non è pensabile, nella globalizzazione del mercato, che in Italia possa esserci
uno sviluppo diverso? Nel tempo necessario a mettere a punto gli strumenti di
cui parla Massai, probabilmente qualche milione di cittadini italiani avrà
l'accesso al Web.
[INTERVISTA]
Massai: i rischi
dell'informazione mediata
Il Senato si sta imbarcando su Internet, mentre
alla Camera dei Deputati si è fermato l'originario progetto comune dei due rami
del Parlamento. Eppure in questa legislatura la Camera ha svolto un'attività di
comunicazione pubblica non indifferente, che va dall'apertura di Palazzo
Montecitorio alle visite dei cittadini alla diffusione europea via satellite
delle informazioni sull'attività istituzionale. Da che cosa deriva il ritardo
su Internet?
Lo chiedo al responsabile dell'Ufficio Stampa, dottor Alessandro Massai
Dottor Massai, tra poco chi si collega al
World Wide Web avrà un nuovo importante indirizzo: "senato.it". Come
mai non sarà "parlamento.it", come era stato ipotizzato in una prima
fase? Perché la Camera dei Deputati non è andata avanti nel progetto?
Prima di tutto è necessario riflettere su tre
punti. Il primo è determinare se il diritto di accesso garantito
indifferentemente, indiscriminatamente a tutti, senza nessun tipo di
regolamentazione di coloro che gestiscono le autostrade dell'informazione, e che
quindi regolano la possibilità di entrarvi, è un discorso di reale democrazia
o è invece solo un valido strumento di aggregazione di persone, ma non di vera
trasparenza.
Punto secondo: esiste il pericolo, attraverso questo tipo di nuovi sistemi di
comunicazione, che qualcuno sia indotto a ritenere che coloro che parlano
attraverso questi strumenti rappresentino il Paese: in realtà dobbiamo anche
domandarci qual è il rapporto tra la quantità di persone che utilizzano questi
strumenti e la popolazione in generale.
Il terzo punto punto è: chi garantisce e chi aiuta i cittadini nel districarsi
attraverso l'utilizzo privato, e in certi casi oligopolistico, sia degli aspetti
strutturali - le autostrade - sia dei prodotti che vi circolano?
Queste sono le domande, a cui mancano le risposte. Mancano soprattutto in
Italia, laddove alcune situazioni di carenza normativa hanno permesso il crearsi
di sistemi oligopolistici, la cui regolamentazione, oggi come oggi, appare
sempre più difficile, per il cristallizzarsi di certe situazioni.
Lei si riferisce, evidentemente, al settore
della televisione. Ma quando si parla di telematica non ci sono i limiti fisici
dell'etere, che si oppongono all'aumento del numero dei soggetti che possono
trasmettere i contenuti.
Il problema non è quello dei "soggetti che
possono trasmettere i contenuti", bensì quello dei "soggetti che
controllano i contenitori". Nessuno in tutta l'amministrazione è
minimamente contrario all'utilizzo di un sistema di informazione sempre più
diffuso per i cittadini, come dimostra tutta una serie di iniziative, di cui,
volendo, potremmo parlare. Posto che mi viene da dubitare che sia opportuno
consentire un accesso non guidato agli archivi della Camera, perché questa è
una libertà "non utile", ritengo che sia importante lavorare non solo
sull'ipotesi di garantire ai cittadini l'accesso via Internet o via cavo, ma
anche la possibilità di avere a domicilio, per il momento, in questa fase
transitoria, quanto più possibile di trasparenza sulla Camera, attraverso lo
strumento più normale e più diffuso, che è ancora la televisione. E da qui lo
studio di una serie di possibilità per trasmettere non solo più informazione
video, ma anche informazione dati. Mi si dice che esistono dei sistemi per
eccitare l'interattività attraverso il sistema telefonico collegato a un
elaboratore. Qualcuno è già stato incaricato di studiare anche questa
possibilità.
Si tratterebbe, comunque, di
un'interattività molto limitata.
Forse, ma certo per un pubblico enormemente più
vasto di quello che potrebbe procedere via cavo. Ed inoltre non dimentichiamo
quello che a Montecitorio è già stato fatto: partendo dalla base di ipotesi e
studi che venivano dalla precedente legislatura (perché bisogna che
riconosciamo anche i meriti di chi aveva incominciato a pensarci, ma in un certo
periodo politico non aveva potuto concretizzare le sue idee), in questa
legislatura è stato dato un grande impulso all'amministrazione per
concretizzare immediatamente le cose. La riforma del Televideo della Camera dei
Deputati, che è completamente diverso da quello del Senato, perché dà
un'informazione in tempo reale; l'apertura di un numero verde, con quelli che
potranno essere i potenziali sviluppi di una struttura di questo tipo. Che non
sono solo "chiedi alla Camera", ma anche "di' alla Camera",
lascia un messaggio, dimmi alcune cose che vuoi. In terzo luogo un'iniziativa
poco conosciuta da quasi tutti, ma purtroppo soprattutto dalla stampa: la messa
in linea informatizzata degli atti parlamentari in versione sommaria, un'ora
dopo che è avvenuta la discussione, sui terminali collegati anche alla sala
stampa. Peraltro mi sembra che l'utilizzo, rilevato da nostri calcolatori, sia
di un contatto per tutti i primi sei mesi del 1995.
La scarsa preparazione della maggioranza dei
giornalisti su tutto quello che riguarda le nuove tecnologie dell'informazione
è uno degli aspetti più preoccupanti della situazione, per chi segue il
cambiamento e ne conosce i problemi. Ma è un discorso che ci porterebbe lontano
dal nostro tema. C'è anche da dire che spesso anche gli uffici stampa degli
enti pubblici non ci aiutano noi giornalisti a lavorare nel modo migliore.
Mi si dice da varie parti che sia così. Non ne
ho conoscenza diretta. Per quanto ci riguarda abbiamo impostato e realizzato un
nuovo metodo di lavoro: questo ufficio ha moltiplicato i suoi contatti con la
stampa: è ormai un interlocutore abituale di tutti i mezzi di informazione;
distribuisce notizie in via formale e informale; ne verifica la correttezza, ed
è autorizzato, quando necessario, a promuovere le opportune forme di
precisazione. Questo è il mandato che abbiamo ricevuto; non operiamo in conto
proprio, lo facciamo perché è la linea politica dell'amministrazione. E questo
consente di avere sovente un contatto diretto con il cittadino, con tutto ciò
che significa in termini di impatto su tutte le strutture di mediazione
giornalistica.
Che cosa vuol dire?
Le strutture di mediazione giornalistica in
questo momento si trovano a doversi confrontare con talune deficienze di
preparazione. Se la preparazione fosse maggiore, probabilmente riuscirebbero a
individuare sia nuove strade di fare informazione dal Parlamento, sia la
possibilità di fare meglio attività che hanno dimostrato di poter avere un
grande mercato. Altrimenti non si spiega perché avrebbe il successo che ha una
struttura come Il Sole 24 Ore, con quello che le è collegato: una cosa nuova
come la Guida Normativa, e tutta quella serie di strumenti di informazione al
cittadino che finanziano imprese private nella paralisi del
"pubblico".
E qui individuiamo due aree di competenza e responsabilità. Da una parte quella
dell'organo legislativo, cui spetta di assicurare tutta la trasparenza possibile
per quanto riguarda il processo di formazione della legge e la sua decisione
finale. Dall'altro quella dell'esecutivo, ed in particolare del Ministero di
Grazia e Giustizia, attraverso il Poligrafico ed il cosiddetto
"Gazzettiere", che dovrebbe trovare il modo di diffondere nella
maniera più ampia possibile, a tutto il pubblico, la notizia delle norme
approvate da Parlamento e delle loro modalità applicative (regolamenti,
circolari, interpretazioni, eccetera).
La paralisi del soggetto pubblico ha consentito la nascita di numerosi strumenti
gestiti da privati, che suppliscono all'assenza di una funzione indispensabile.
Non è possibile ignorare che anche la struttura centrale dell'esecutivo
incaricata di un compito di informazione al cittadino (il Dipartimento per
l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio) appare incapace (ed
insufficiente) a questo compito, cosicché dalla sua realizzazione si finisce
per parlarne in una struttura del tutto privata, come la "Associazione per
la Comunicazione pubblica".
Bisognerebbe incominciare a capire
esattamente che cosa è la comunicazione pubblica.
La comunicazioni pubblica, fatta dalle
istituzioni e dagli organi dello Stato, è la capacità di far conoscere, al
cittadino l'attività delle istituzioni, o ancora prima, di informarlo
sull'attività delle istituzioni, ma soprattutto di comunicare con il
"cittadino-utente" attraverso tutti i suoi organi, a comunicare
proprio da quelli più lontani dal centro, da quelli che di ogni Amministrazione
sono i "terminali remoti".
Che cos'è la comunicazione, diciamo così, di carattere promozionale, se non è
unita ad una capacità delle amministrazioni, soprattutto a livello locale e
periferico, di agire come comunicatori attraverso ogni terminale? La campagna
delle Ferrovie dello Stato è perfetta dal punto di vista della promozione. Ma
se alla fine di una notte di vagone letto, centoquaranta persone che hanno messo
la macchina sul treno devono aspettare un'ora e tre quarti per riottenerla, non
c'è campagna di comunicazione che possa rendere. Allora c'è dicotomia tra
attività di comunicazione, che in quel momento è solo pubblicità, e attività
reale. E tutto questo è controproducente. A mio parere le istituzioni e gli
organi dello Stato devono "comunicare" prima attraverso le loro
azioni. Poi attraverso le campagne promozionali.
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