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di Manlio Cammarata (Dall'articolo pubblicato
sul n. 170 di MCmcrocomputer - febbraio 1997)
Intervista a
Carlo Pinzani
Il 1996 ci ha lasciato con un'importante
novità nel settore della comunicazione pubblica: il Parlamento sul Word Wide
Web. È solo un inizio, perché il contenuto informativo è ancora insufficiente
e la presenza della Camera dei Deputati è poco più che simbolica. Ma si apre
comunque una fase nuova
Chiedo scusa per l'ennesima autocitazione, ma
questi articoli su MCmicrocomputer costituiscono ormai una memoria giornalistica
della crescita della società dell'informazione in Italia. Dunque torniamo al
numero 153, dicembre 1993, a un articolo che si intitolava "Il Palazzo non
è di vetro". Era un resoconto sui sistemi informativi parlamentari,
completato dalle interviste con i responsabili dell'informatica di Montecitorio
e di Palazzo Madama, Gianfranco Beretta e Carlo Pinzani, ai quali avevo posto il
problema dell'informazione ai cittadini sull'attività della Camera e del
Senato.
L'accesso al sistema per il singolo cittadino - aveva risposto il dottor Beretta
- non è un traguardo a portata di mano, perché è vero che noi abbiamo
centinaia di utenze esterne che, provvisoriamente, non facciamo pagare, ma è
vero anche che le richieste da parte di singoli cittadini sono sempre state
molto poche. E anche quelle poche non abbiamo potuto accoglierle, perché
dobbiamo organizzare l'utenza esterna attraverso punti significativi di
concentrazione. Per esempio una federazione che rappresenta una categoria
professionale va benissimo, noi allacciamo un rapporto con loro, e loro fanno da
sub-distributori. Abbiamo una politica di questo genere con alcuni consigli
regionali, la Lombardia, l'Emilia, il Friuli-Venezia Giulia, la Sicilia. Ma ci
sono regioni dove l'informatizzazione è quasi assente, magari si appoggiano a
società esterne, e quindi non riusciamo a raggiungerle. Ma, oltre alle forme
tradizionali, cartacee, dei resoconti e degli atti parlamentari, c'è un
notiziario sul Televideo, alle pagine 351 e seguenti, che però non dà un
panorama completo.
E per il Senato, il professor Pinzani aveva detto: Il Palazzo non è di vetro
perché l'Italia non è un Paese cablato, se ci fossero reti di trasmissione
dati, un Videotel efficiente, e quant'altro alla portata dei cittadini, non ci
sarebbero problemi di trasparenza. Se il Palazzo non è di vetro, non deriva da
una preclusione. Anzi, siamo pronti a dare il massimo di informazioni, con
un'apertura totale nei confronti dell'esterno. Il Palazzo non è di vetro, non
perché è di cemento, ma perché chi vorrebbe guardare dentro non ha gli
strumenti per farlo... Ho fatto diversi tentativi in diverse direzioni per
utilizzare la tecnologia videotext, ma non è decollata, in pratica ancora non
c'è. Non ci sono interlocutori validi e sufficientemente diffusi e organizzati,
perché il Videotel non è solo un problema di diffusione, è un problema di
organizzazione... Noi lavoriamo, e abbiamo il gusto di lavorare e dare
informazioni, a tutti. Ma ci devono essere le condizioni per farlo. Anche la
gente, se vuole essere informata, deve darsi da fare per procurarsi le
informazioni.
Nell'articolo si parlava di Televideo e Videotel, di trasmissione dati e di
"sportelli del cittadino", ma non di Internet. Perché Internet, in
Italia alla fine del '93, era ancora una cosa strana, utilizzata da una stretta
cerchia di appassionati (forse anche un po' matti) e nessuno pensava che, di lì
a poco, sarebbe diventata uno strumento alla portata di tutti, utile anche per
comunicare col Palazzo.
Domanda e risposta
Sfogliamo ancora le pagine di MCmicrocomputer e arriviamo a poco più di un anno
fa, al numero 156 del novembre '95. Cioè in piena "esplosione" di
Internet. Il titolo era "www.parlamento.it - Waiting for reply...".
Nel testo si leggeva: Forse, quando questo numero di MCmicrocomputer giungerà
in edicola, si potrà avere una risposta dalla URL http://www.senato.it,
altrimenti potrebbe essere questione di qualche settimana. Mentre scrivo il Web
è in fase sperimentale interna, ma il mail server funziona già a pieno ritmo e
la posta elettronica si sta diffondendo nei severi uffici di Palazzo Madama e
Palazzo Giustiniani (dove è situato il CED del Senato). In realtà questo Web
è solo una parte di un'iniziativa più ampia, di un Web comune alle due Camere.
Nei mesi passati era stato predisposto un protocollo d'intesa tra le due
presidenze, che riguardava anche Internet, ma poi alla Camera è mancata
l'approvazione definitiva e tutto si è fermato... La presidenza della Camera
non sottovaluta il problema dell'informazione diretta sull'attività
parlamentare: lo prova, fra l'altro, l'istituzione del "numero verde",
voluta dalla presidente Pivetti e lanciata il 1. giugno scorso con grande
clamore, con Pivetti in persona a rispondere al telefono davanti alle
telecamere... Eppure proprio la presidente avrebbe intimato lo stop al progetto
del Web "parlamento.it".
Acqua passata. Ora nessuno più si oppone all'utilizzo di Internet per
l'informazione parlamentare, il nuovo presidente della Camera ha addirittura
annunciato che ogni deputato avrà un notebook e un indirizzo di posta
elettronica, il sito "www.parlamento.it "è una realtà a disposizione
di tutti dal 18 dicembre 1996. Dunque alziamo i calici e brindiamo a questa
novità, che segna un punto di svolta nello sviluppo di Internet in Italia e
sancisce definitivamente il ruolo della Rete nei rapporti tra istituzioni e
cittadini. È vero che i contenuti del Web parlamentare non sono ancora
all'altezza delle aspettative, come si vedrà tra poco, è vero che la presenza
delle istituzioni e della pubblica amministrazione su Internet è ancora al
"carissimo amico...", ma l'importante è che si sia sbloccata una
situazione insostenibile. Ora è possibile, anzi probabile, che ne giro di pochi
mesi abbia inizio una gara tra le amministrazioni centrali e locali, a chi
arriva prima sul Web, a chi fornisce più informazioni, a chi offre ai cittadini
maggiori possibilità di ricerca e di dialogo. È la logica della Rete, che la
burocrazia e le difficoltà tecniche possono rallentare (procedure obsolete,
protocolli incompatibili), ma non fermare. Perché c'è, finalmente, quella
"domanda dal basso" che Internet diffonde e dalla quale si alimenta e
trae forza per espandersi in progressione geometrica; quella domanda che
mancava, o non era visibile, alla fine del '93, quando i responsabili dei
sistemi informativi parlamentari affermavano che "le richieste da parte di
singoli cittadini sono sempre state molto poche" e che "anche la
gente, se vuole essere informata, deve darsi da fare per procurarsi le
informazioni".
Ora "la gente" si è data da fare, si è procurata i PC, i modem e i
programmi, e chiede le informazioni. Questa è la vera novità: ora il Palazzo
deve rispondere. Vediamo come.
Tra informazione e comunicazione
Ci vuole un po' di pazienza per avere sullo
schermo la home page del sito "parlamento.it". Gi accessi sono molti,
molti più delle previsioni, e le linee non ce la fanno (ma, assicurano a
Palazzo Giustiniani, tra qualche settimana il canale passerà da 64 kbps a 2
Mbps). Poi bisogna aspettare che si formino due grandi immagini con le vedute
dei palazzi e quindi si può partire facendo clic sull'una o sull'altra.
Limitiamoci, per ora, al Senato, rimandando la "visita" alla Camera a
quando ci sarà un'informazione aggiornata (per ora c'è una presenza
"statica", conseguenza del ritardo di Montecitorio nell'avviamento dei
lavori per il Web).
Con una profusione di svolazzi e ghirigori (deprecabile soprattutto per il tempo
che richiede la formazione della pagina) appaiono un'antica stampa di Palazzo
Madama, la scritta "Senato della Repubblica" e cinque link: Visita del
Senato, Come funziona il Senato, Attività parlamentare, Senatori e organi del
Senato, Informazioni utili. Scorrendo verso il basso c'è un altro link verso
"Altri siti istituzionali". Tutto qui. Da questo primo impatto si può
capire perché molti sono rimasti delusi dall'esordio dell'informazione
parlamentare sul Web.
Sembra che il Parlamento voglia soprattutto presentare se stesso, più che
instaurare un dialogo con i cittadini (l'impostazione della home page della
Camera è sostanzialmente identica). Si parte con un giro turistico, poi si
spiega come funziona il Senato, al terzo posto c'è una generica indicazione di
"attività parlamentare"; quindi un'altra autopresentazione,
"Senatori e organi del Senato" e infine le prevedibili
"informazioni utili".
È necessario addentrarsi nelle pagine successive per trovare qualcosa di
interessante, e in particolare seguire il link "Attività
parlamentare", che apre una schermata che comprende un notiziario
settimanale (con testi collegati, precisa la scritta), l'attività durante la
legislatura e una voce "servizi informativi per l'utenza
professionale", della quale parliamo più avanti. Facendo clic sul
notiziario settimanale si riceve un lungo elenco di date, si sceglie una data e
si ottiene una cronaca, chiara e sintetica delle attività dell'Assemblea e
delle Commissioni. Nel testo sono presenti i link sui nomi dei Senatori citati e
sui testi in discussione o approvati (non tutti). Se si sceglie il nome di un
Senatore, si va alla sezione "Senatori e organi del Senato" e compare
una pagina di informazioni, con numerosi collegamenti: alla regione e al
collegio in cui è stato eletto, al gruppo e alle commissioni di cui fa parte.
Dunque un vero e proprio ipertesto, ricco di informazioni. Ma nessuno ha una
e-mail (gli analoghi elenchi delle Camere degli USA riportano tutti i numeri di
telefono e gli indirizzi della posta elettronica)
Ma, ecco il punto, sono informazioni organizzate seguendo una visione
istituzionale, burocratica, "unidirezionale", e non cercando di
immaginare e soddisfare le legittime richieste di un cittadino telematico che si
collega al Web parlamentare. Al primo posto il giro turistico e le notizie
storiche, quindi una lezione su come funziona il Senato, l'attività
parlamentare stretta tra questi collegamenti e l'ipertesto elettorale: è questa
la corretta "gerarchia" delle informazioni? Dove sono i
"fatti", gli argomenti dei quali si occupa l'istituzione e che
interessano i cittadini, dove sono i testi dei provvedimenti in discussione?
Le notizie in parte ci sono, ma la struttura del sito è tale da renderne
difficile la ricerca. Per esempio, in uno dei miei primi collegamenti cercavo il
testo della legge-delega sulla protezione dei dati personali. Sono riuscito a
trovarlo solo dopo aver ricevuto l'informazione, per telefono, della data di
approvazione (il 19 dicembre): nel resoconto settimanale dell'assemblea c'era il
collegamento al testo. Ma, se non si conosce la data in cui un provvedimento è
stato discusso, non si può arrivare al testo. Inoltre i link sono soltanto nel
notiziario settimanale, e non negli ordini del giorno e nei resoconti delle
sedute, sicché è impossibile trovare (ammesso che ci siano) i testi dei
disegni di legge presentati e non ancora discussi.
È necessario un "motore di ricerca", come nel sito del Senato
francese, ma prima ancora si devono organizzare in forma più efficace le
informazioni disponibili. Dov'è, per esempio, il testo della Costituzione?
Bisogna andare a cercarlo nella pagina "Come funziona il Senato", e
non è una collocazione del tutto intuitiva. Basterebbe una diversa struttura
della home page e un elenco dei testi disponibili, che non sono pochi e si
accrescono di giorno in giorno, per rendere molto più utile il web
parlamentare.
L'informazione "riservata"
Le informazioni che si possono trovare sul sito
Web del Parlamento sono una piccola parte di quelle presenti nelle diverse
banche dati del Senato e della Camera (si veda ancora l'articolo sul n. 153).
L'accesso a questi archivi è riservato a particolari categorie di utenti, che
possono essere interni o esterni. Questi ultimi in alcuni casi possono accedere
gratis, in altri devono stipulare un abbonamento. Anzi, devono essere titolari
di una "concessione", per ottenere la quale devono seguire
l'immancabile trafila cartaceo-burocratica e sborsare un bel po' di soldi. Tutte
le informazioni in merito sono sul Web, basta andare alla pagina "Attività
del Parlamento" e scegliere un link sotto la voce "Servizi informativi
per utenza professionale". Ci sono tutte le indicazioni necessarie,
compreso il testo del "Disciplinare per la concessione di utenza degli
archivi informatici concernenti l'attività parlamentare", le istruzioni
del linguaggio "STAIRS" (STorage and Information Retrieval System) e
la possibilità di acquisire il programma di emulazione del terminale 3270.
I problemi sono due: il primo è il prezzo della concessione, stabilito con un
criterio piuttosto curioso: il privato cittadino paga più di tutti (due milioni
l'anno), mentre per gli enti pubblici il costo è di un milione e per gli organi
dello Stato è tutto gratis; il secondo problema è l'accesso in
"emulazione 3270", il glorioso terminale IBM ancora largamente
presente nella pubblica amministrazione, con il complicatissimo linguaggio
STAIRS, altra eredità dell'era dei mainframe.
Sulla scelta di dividere in due l'informazione dei sistemi parlamentari, una
parte "pubblica" e una parte "proprietaria", sono state
avanzate molte critiche. Ma si deve ricordare che nella parte a pagamento nulla
è cambiato, le modalità e le condizioni per l'accesso alle banche dati sono le
stesse da alcuni anni. L'informazione sul Web è un'aggiunta, che per ora non
modifica la sostanza dei sistemi informativi di Camera e Senato. La risposta
ufficiale, come si legge nell'intervista a Carlo Pinzani, è che le informazioni
presenti negli archivi tradizionali non dovrebbero interessare il cittadino
qualunque, ma solo l'utente istituzionale e professionale, e hanno un notevole
valore aggiunto, che è giusto far pagare a chi può trarre un utile dalla loro
disponibilità. Ma è difficile sostenere che uno studente universitario possa
guadagnare qualcosa dalle sue ricerche, e l'accesso alle università costa un
milione l'anno. Il problema è un altro.
Nei sistemi informativi parlamentari sono presenti anche informazioni che, per
loro natura, sono pubbliche, come i testi dei disegni di legge e delle leggi
approvate, i resoconti delle sedute e via discorrendo. Per avere queste
informazioni l'utente deve studiare il linguaggio STAIRS (occorre un corso di
alcuni giorni) e quindi aprire all'accesso indiscriminato via Internet questi
archivi sarebbe praticamente inutile. Ma anche la maggior parte dei parlamentari
non capace di servirsene, anche se può accedere gratis. Ecco allora il vero
problema che deve essere risolto: trasferire la maggior quantità possibile di
informazioni dal vecchio sistema al "linguaggio" HTML, che chiunque
impara a usare in pochi minuti. Questo metterà in grado molti parlamentari di
consultare gli archivi (e poi di usare Internet e, si spera, di capire le
implicazioni della società dell'informazione). Una maggiore apertura verso
l'esterno sarà l'inevitabile conseguenza di questo sviluppo.
Il fatto è che il passaggio di una così grande massa di informazioni,
strutturate secondo i vecchi schemi, verso la nuova logica del Web non può
essere compiuto in poco tempo. La scelta di partire su Internet con la sola
informazione di attualità è quindi obbligata, deve solo essere completata e
organizzata in forme più accessibili. Nello stesso tempo si deve procedere con
sollecitudine all'aggiornamento "all'indietro" delle più importanti
informazioni custodite dai mainframe.
Diamo a Cesare quel che è di Cesare: considerato l'ambiente nel quale si è
sviluppata l'iniziativa, sarebbe stato difficile fare di più. Il notiziario
settimanale, per esempio, è stato studiato proprio in funzione della diffusione
telematica e, quando ci sarà un sistema per la ricerca delle informazioni, si
rivelerà molto utile. I vincoli culturali e burocratici che bloccano le
istituzioni e buona parte della pubblica amministrazione non si possono superare
in pochi mesi. Lo ha dimostrato, al di là di ogni possibile dubbio, la legge
241 del '90, che imponeva a tutti gli uffici di fornire ai cittadini le
informazioni sui procedimenti amministrativi, dotandosi di opportuni
regolamenti. Ebbene, non tutti gli uffici hanno adottato i regolamenti e molti
se ne sono serviti al contrario, cioè più per stabilire i casi di esclusione
dell'informazione che per favorirne l'accessibilità. Piaccia o no, il Palazzo
continua a non essere "trasparente", perché in troppi casi si
continua a ritenere che i sudditi non debbano disturbare il sovrano con
petulanti richieste sui più svariati argomenti.
Qualcosa si muove, come nel caso del Parlamento, per cambiare questo stato di
cose. Ma non si vede ancora la prospettiva di una svolta. Resta ancora irrisolta
la questione più importante, quella della disponibilità gratuita in rete dei
testi della Gazzetta Ufficiale. Anche al Poligrafico dello Stato, come al
Parlamento e al CED della Cassazione, c'è il problema della conversione degli
archivi, perché non è pensabile che il cittadino, l'imprenditore o lo studente
si mettano a studiare astrusi linguaggi di interrogazione. Si potrebbe però
incominciare, con uno sforzo limitato, a mettere a disposizione i nuovi testi, a
mano a mano che vengono pubblicati. Il costo sarebbe minimo, leggi e regolamenti
richiederebbero solo piccole modifiche per rendere ai cittadini un servizio al
quale hanno diritto.
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, dice il vecchio proverbio. Al
Centro di documentazione elettronica della Corte di Cassazione (che contiene,
fra l'altro, gli altrimenti introvabili testi delle disposizioni comunitarie) la
parola "Internet" suscita costernazione. E intanto dei testi delle
leggi, che non sono soggetti a diritto d'autore, fanno commercio i privati. È
normale che lo facciano e che ricavino un utile dal valore aggiunto che
contengono le raccolte su carta o su CD-ROM, ma è intollerabile che il
cittadino non abbia la possibilità di conoscere la legge senza sottoporsi a
estenuanti trafile burocratiche e senza pagare.
Quanto dovremo aspettare? Forse non molto, perché la diffusione della Rete è
inarrestabile, e con essa si diffonde nel cittadino la consapevolezza del
proprio diritto all'informazione. La richiesta che proviene dai "cittadini
telematici", che rappresentano una fascia sempre più ampia della
popolazione, avrà presto ragione delle resistenze del Palazzo e dei suoi
inquilini.
[INTERVISTA]
Pinzani: il valore
dell'informazione pubblica
Il sito Internet del Parlamento
italiano nasce dal progetto avviato tre anni fa dal Senato, dopo un lungo
percorso segnato dalle lentezze della politica e della burocrazia. È senza
dubbio un passaggio fondamentale dello sviluppo della società dell'informazione
nel nostro paese, ma al suo esordio ha suscitato diverse critiche da parte del
"popolo telematico". Su alcuni punti i rilievi nascono forse da una
presa di contatto superficiale, che non tiene conto del salto culturale che il
Web parlamentare di per sé comporta, né dell'oggettiva difficoltà di
trasformare di punto in bianco le procedure di un vecchio sistema informativo
centralizzato negli schemi e nelle procedure del World Wide Web. Resta tuttavia
un problema aperto: la divisione tra l'area ad accesso libero e quella
"interna", consultabile solo dagli utenti istituzionali e dagli
abbonati paganti.
È un momento di passaggio, o è il risultato di una scelta precisa? Lo chiedo
al professor Carlo Pinzani, vicesegretario generale e direttore del Servizio
Informatica del Senato, responsabile dell'attuale struttura.
Professor Pinzani, sono passati più di tre
anni dal nostro primo incontro, da quel titolo "Il Palazzo non è di
vetro" che a lei non era piaciuto...
Se non ricordo male, lei diceva che non c'era
trasparenza, io sostenevo che la trasparenza non c'era perché non c'erano i
cavi. Più che un problema di trasparenza, oggi c'è un problema di
coordinamento negli organi costituzionali e nella pubblica amministrazione.
L'impressione è che si vada avanti abbastanza in ordine sparso.
Rileggo l'intervista del novembre '93. Lei
diceva: "le megaprocedure, i megaprogetti non vanno in porto. In questo
Paese non si può pretendere di fare un progetto in cui siano coinvolte tre
tipografie (due della Camera e una del Senato) e due rami del Parlamento, nei
quali ci sono almeno sette o otto interlocutori diversi. Se io metto insieme un
gruppo di lavoro che prevede sedici interlocutori tra Camera e Senato, più i
tre interlocutori delle tipografie, il progetto non vedrà mai la luce".
Ora possiamo dire che siete riusciti a mettervi tutti d'accordo?
Sì, ci siamo riusciti. È stato firmato un
protocollo di collaborazione informatica tra Camera e Senato, in cui si dà vita
a una struttura permanente di coordinamento, che funziona, anche se mettere
d'accordo tre tipografie e tutto il resto rimane un'impresa difficilissima.
Però ci stiamo muovendo. Abbiamo un progetto che ci porterà in rete i testi
degli atti parlamentari dopo la metà di quest'anno, proprio attraverso il
procedimento tipografico.
Fin dalle prime settimane di vita del Web vi
sono giunti molti messaggi, con richieste di informazioni, critiche, proposte di
"link" e via discorrendo. È in grado, oggi, l'istituzione
parlamentare, di rispondere a questa richiesta?
Direi proprio di sì, ameno per quanto riguarda
le strutture tecnico-burocratiche; la risposta politica la daranno gli organi
politici, non è compito mio né anticiparla né prefigurarla in alcun modo.
Posso dire che fino a questo momento sia la Presidenza del Senato, sia il
Collegio dei Questori hanno sempre dimostrato la massima disponibilità, la
massima apertura, spesso incoraggiandoci e spronandoci; ci hanno spinto a fare
presto anche quando certe problematiche tecniche avrebbero potuto causare
ritardi.
Oggi il Web del Senato ha un'impostazione
"istituzionale", sembra che dia più spazio al "chi siamo"
piuttosto che al "cosa facciamo", ossia ai contenuti. Inoltre
l'accesso alle banche dati è riservato agli utenti interni e agli abbonati, che
devono sborsare una cifra non indifferente e sottoporsi a una estenuante trafila
burocratica.
La linea di sviluppo del servizio sarà il più
possibile quella della fornitura di "atti pubblici ufficiali". Lei sa
che non siamo nati ieri, l'informatica parlamentare è nata vent'anni fa e
abbiamo un pesante carico di quelli che vengono chiamati "legacy
system". Abbiamo già fatto un piano per risolvere questo problema e
passeremo il più possibile delle informazioni dei "legacy system"
alle nuove forme; sarà il lavoro dei prossimi due anni. Ma in tempi
relativamente brevi, questione di mesi, avremo i testi di tutti i disegni di
legge in linea. Metteremo a disposizione del pubblico di Internet un lavoro
estremamente professionale, che è la ricostruzione minuziosa, puntuale,
dell'iter del disegni di legge. Ma con sistemi di ricerca che, comunque li si
voglia giudicare, daranno luogo a ricerche complesse, articolate. Secondo me
varrebbe comunque la pena di mantenere questo servizio a pagamento, perché è
una cosa che ha valore soltanto per i "professional", per l'avvocato o
il magistrato, oltre che per il parlamentare, mentre il cittadino non dovrebbe
essere interessato a questo tipo di informazioni.
Questa separazione tra il pubblico generico e
il "professional", che è sotto qualche punto di vista è fondata,
contrasta con la mentalità dell'utente-tipo di Internet, che si aspetta di
ottenere gratis qualsiasi informazione che per sua natura sia pubblica. Il
concetto corrente della "teledemocrazia", come dimostrano le reti
civiche, è quello di una discussione alla pari tra tutti i soggetti coinvolti.
Si ritiene che non sia accettabile un'informazione pubblica divisa in classi,
con barriere di tipo economico. Ma c'è un altro problema: nella struttura
attuale manca un motore di ricerca, l'unico criterio di selezione è la data
della discussione e non si sa come trovare un particolare argomento. Possiamo
aspettarci una soluzione in tempi ragionevolmente brevi?
Direi proprio di sì. Lo stiamo già
sperimentando. Il problema è che il motore di ricerca viene dopo la
disponibilità dei testi. Lo sforzo principale in questo momento è di
alimentare l'archivio in linea.
La banca dati con i testi delle leggi
approvate, mi pare che oggi sia disponibile ancora solo sul vecchio sistema,
cioè per gli abbonati e in emulazione di terminale.
Anche lì non c'è il testo delle leggi
approvate, perché ce l'ha soltanto il Poligrafico, non le hanno le Camere per
una serie di validi motivi. Essendo la pubblicazione della legge responsabilità
dell'Esecutivo, e quindi del Poligrafico dello Stato, tutto sommato è anche
giusto che il testo definitivo lo abbiano loro. Le Camere potranno avere, e
avranno, i testi intermedi, quelli approvati dopo ciascun passaggio. Nelle
banche dati attuali non esiste il testo definitivo.
In teoria dovrebbe essere lo stesso del
Poligrafico.
Ci sono una serie di motivazioni che rendono
opportuna la pubblicazione una volta superati tutti i filtri e tutti i passaggi.
Non dimentichiamo che c'è anche un potere di rinvio del Presidente della
Repubblica, e qualche volta è necessaria la correzione di errori materiali, per
i quali il Guardasigilli deve seguire una determinata procedura.
Resta un aspetto di fondo: il cittadino
italiano, che la Costituzione obbliga a conoscere la legge, di fatto non può
conoscerla, sia per il gran numero di leggi, sia per la difficoltà di avere di
volta in volta il testo vigente, e soprattutto perché la Gazzetta Ufficiale è
assolutamente inutile, se non si conosce in quale numero è stato pubblicato un
provvedimento. Di fatto con la Gazzetta Ufficiale lo Stato non soddisfa il suo
obbligo di far conoscere la legge ai cittadini. Tuttavia qui, su qualche disco,
ci sono i testi delle leggi così come sono stati approvati dal Parlamento. È
giusto che l'accesso a questi testi sia a pagamento?
Saranno gratis quando gli organi politici
decideranno di farlo. Tenga presente che tutto questo ha valore informativo
tendenzialmente pari a zero, perché qui c'è una mezza mela, è il testo di una
Camera. Il pezzo dell'altra Camera sta dall'altra parte, ammesso che ci sia, e
va cercato con altri strumenti. Quello che stiamo cercando di fare è mettere
insieme le due mezze mele e fare una mela intera, cioè i testi delle leggi come
escono dal Parlamento. Ma il vero testo della legge è quello della Gazzetta
Ufficiale. A chi interessano i lavori preparatori? A chi usa professionalmente
queste informazioni, allo studio dell'avvocato, al magistrato, al laureando, non
al cittadino in quanto tale. Può anche darsi che questo interesse sia così
diffuso da giustificare un accesso democratico, gratuito. Ma non mi sento di
criticare la posizione di chi ritiene che questo servizio abbia un valore
economico, di chi ritiene che chi produce un bene ha diritto di essere pagato,
in nome della libertà di mercato, anche sulla rete. Non vedo perché
un'istituzione pubblica non possa farlo.
Oggi la "fabbrica della legge" è
presente su Internet, mentre il Poligrafico ha il "prodotto finito" .
Si potrebbe immaginare un accordo tra il Parlamento e il Poligrafico per cui i
testi definitivi delle leggi, quelli del Poligrafico, vengano messi in rete dal
Parlamento?
Ma perché no? Col Poligrafico siamo già
coinvolti in un'operazione di un certo rilievo, per quanto riguarda le leggi
regionali. Intese istituzionali di questo genere sono assolutamente valide, anzi
sono necessarie, da promuovere. Io non vedo nulla di male, anzi, vedo molto di
bene nel fatto che, alla fine del processo legislativo, ai testi parziali
approvati dalla prima Camera, approvati dalla seconda e magari modificati,
approvati dalla prima in un testo che poi va al Poligrafico, siano tutti insieme
sulla rete. Mi va benissimo. Il gruppo per l'informatica Camera-Senato sta
andando proprio in questa direzione, almeno per quanto riguarda i passaggi tra
le Camere, poi si potrà estendere l'accordo al Poligrafico. Il punto è che non
si può attaccare la non gratuità di certe informazioni, senza considerare che
queste informazioni costituiscono un servizio a forte valore aggiunto, con un
costo per l'istituzione che le produce. Un prodotto che, immesso sul mercato, ha
un valore economico. Si tratta di scegliere se questo valore debba essere
sacrificato in nome del più alto valore della trasparenza e della diffusione
della conoscenza dei cittadini, o se debba obbedire alla legge di mercato, per
cui vada pagato. La nostra posizione su questo punto è assolutamente neutrale,
il problema dovrà essere risolto da chi ha la competenza per queste decisioni.
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