Emergenza Internet
II conferenza dell'Associazione Italiana Internet
Providers - 27 novembre 1998
Relazioni e interventi
Giancarlo Livraghi - ALCEI
- Electronic Frontiers Italy
A nome di tutti noi di ALCEI ringrazio l'AIIP per
l'invito a partecipare a questo convegno. E' noto che ALCEI ha l'abitudine di
esprimere le sue opinioni con molta franchezza - e continueremo
a farlo, ogni volta che ci troveremo davanti a un rischio di repressione o
censura o a qualsiasi fatto o progetto che possa ostacolare la libera e civile
crescita delle reti telematiche, la libertà di opinione e la libertà di
scambio di idee e di informazioni. Ma non credo che questo ci ponga in
contrasto con gli obiettivi dell'AIIP e con il tema di questo convegno. Al
contrario, credo che ci sia una naturale e precisa convergenza di intenti.
Ricordiamo, per esempio, che fin dalle sue
origini ALCEI si è sempre opposta rigorosamente al concetto di
"responsabilità oggettiva" degli internet provider; e che fin dalle
sue origini ha espresso la sua preoccupazione per i pericoli di ogni forma di
monopolio, a cominciare da quello della Telecom. (Non è questa la sede per
parlare di monopolio del software, e di come si estenda al controllo della rete;
ma non possiamo dimenticare che anche quello è un problema serio).
Alcuni credono che ci sia un contrasto insanabile
fra le attività d'impresa "con fini di lucro" e le libertà
individuali. Noi non ne siamo affatto convinti. Lavorare, produrre, vendere e
guadagnare sono fattori essenziali di ogni società umana. Anche lo sviluppo dei
sistemi di comunicazione ne trae un necessario e utile nutrimento. Altri forse
pensano che si possano sviluppare attività economiche in rete senza badare alla
cultura e alla libertà di comunicazione; ma anche questo, secondo noi, è un
errore di prospettiva. Le attività commerciali si sviluppano molto meglio in un
clima aperto, in una cultura libera e umanamente viva.
Il ruolo degli ISP è fondamentale per lo
sviluppo della rete. La libertà competitiva di questo settore dev'essere
promossa e difesa. L'intera comunità dei "cittadini della rete" dev'essere,
secondo noi, solidale con i provider nel contrastare ogni monopolio o
distorsione del mercato.
Dobbiamo anche, credo, preoccuparci
dell'arretratezza italiana. Siamo all'ultimo posto nella Comunità Europea per
attività in rete in confronto al PIL. Per densità rispetto alla popolazione
non solo siamo lontanissimi dagli Stati Uniti, dai paesi scandinavi,
dall'Olanda, dalla Svizzera o dalla Gran Bretagna, ma siamo dietro la l'Estonia,
Slovenia, la Repubblica Ceca e l'Ungheria. è vero che la rete sta crescendo in
Italia, specialmente quest'anno; ma siamo ancora lontani da un tasso di crescita
che ci porti a più che raddoppiare (come sarebbe necessario) la nostra
"quota" rispetto al resto dell'Europa.
Sono sicuramente da appoggiare le iniziative dei
provider per allargare e facilitare gli accessi. Secondo noi questo è
"necessario ma non sufficiente". Occorre anche abbattere le barriere
culturali, diffondere una più concreta e umana cultura della rete (non basta
per questo una banale "alfabetizzazione" tecnica). Occorre combattere
ogni restrizione, ogni inopportuna "regolamentazione", ogni
legislazione che, anche partendo da "buone intenzioni", si traduca in
repressione o restrizione della libertà. Occorre combattere con energia le
frequenti "demonizzazioni" o "criminalizzazioni"
dell'internet; ma anche le esagerate elucubrazioni tecnologiche che la fanno
percepire come estranea e remota a molte persone (e imprese) che potrebbero
ricavarne notevoli vantaggi. Occorre dare alle nostre imprese quegli strumenti e
quelle conoscenze che le aiutino a usare questi strumenti per essere competitive
sul mercato internazionale. Che non sono basate sulla tecnologia, ma sulla
cultura di mercato e d'impresa.
Nella "Dichiarazione di Bonn" (7 luglio
1997) l'Unione Europea ha messo in grande evidenza l'importanza delle "reti
elettroniche globali" per lo sviluppo delle imprese europee e soprattutto
delle
"piccole e medie imprese". Un tema particolarmente importante per
l'Italia. Lo sviluppo economico, quindi la creazione di nuovi posti di lavoro,
non riguarda solo l'attività nel campo specifico (tecnologia dell'informazione
e comunicazione in rete) ma tutte le attività di impresa di ogni specie, che
possono usare la rete per crescere e per diffondere i loro prodotti e servizi -
specialmente all'esportazione.
Nella stessa Dichiarazione, l'Unione Europea ha messo in evidenza il problema
dei "non abbienti di informazione", cioè delle persone o categorie
sociali oggi "emarginate" per motivi economici e culturali. Anche
questo è un tema importante, che richiede fra l'altro la diffusione di
tecnologie più semplici e meno costose - e più aperte e compatibili. (Un altro
argomento di grande rilievo che non è possibile approfondire nel breve spazio
di questo intervento).
Finora si è parlato molto, ma si è fatto poco.
Credo che l'impegno comune di tutti, dai cittadini alle imprese, dalla comunità
sociale agli operatori del settore, dalle autorità pubbliche alla scuola, sia
far crescere la presenza italiana in rete. Per la nostra economia e per la
nostra cultura.
Per quanto riguarda le "regole", può
essere utile ricordare che ALCEI fu la prima, già nel 1994, a parlare di
"autoregolamentazione". Ci trovammo allora, e molte volte negli anni
successivi, davanti a tre forme di opposizione. Di chi vuole a tutti i costi
imporre "dall'alto" regole e discipline. Di chi si oppone in modo
estremo a qualsiasi regola, anche alle più elementari consuetudini della
convivenza civile. E di chi, con una certa miopia, bada solo al suo "particulare"
(cioè a interessi di settore o addirittura di singola impresa). Avevamo
proposto allora quelli che forse un po' troppo solennemente chiamavamo "gli
stati generali della telematica", cioè un incontro aperto e chiaro fra
tutti i settori e i "mondi" della comunicazione interattiva per
cercare un'intesa sui principi fondamentali. Se quell'idea non si è realizzata
dipende in parte da un'insufficiente aggressività di ALCEI; ma molto dal
disinteresse di tutti gli altri. Sarebbe stato meglio agire in anticipo, come
noi allora proponevamo; ma "non è troppo tardi" e rimane aperta la
nostra disponibilità al dialogo.
Un punto però rimane fermo nella nostra
posizione: siamo contrari a ogni forma di repressione o censura, comunque
travestita; e crediamo che lo sviluppo della società civile debba basarsi
sull'informazione e la formazione culturale dei cittadini, non sulla
"tutela". Perché se si trattano i cittadini come bambini stupidi e
incapaci è troppo facile che i bavaglini si trasformano in bavagli.
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